Il testo Dostoevskij, abitare il mistero, raccoglie i contenuti e il vissuto del VII Convegno Internazionale di «Poetica & Cristianesimo», che ha costituito una riflessione e un approfondimento del rapporto tra il Cristianesimo del grande scrittore russo e il senso di vuoto dell’uomo contemporaneo. Si è voluto analizzare la sua opera in una prospettiva interdisciplinare (dalla teologia all’antropologia, alla cinematografia) onde mettere in risalto, nella poliedricità dei suoi scritti e del suo pensiero, il modo in cui ci fa entrare nel mistero di Dio e dell’uomo e che cosa ci dice oggi. Il Convegno si è chiesto se abitare la narrativa cristiana e anti-moralista di Dostoevskij possa contribuire a capovolgere la prospettiva dell’anti-moralismo post-moderno di matrice nichilista e rendere più vivibile il mondo del XXI secolo.
Federica Bergamino ha conseguito il dottorato in Filosofia presso la Pontificia Università della Santa Croce (Roma 2002), attualmente è professore associato di Antropologia e Letteratura nella Facoltà di Comunicazione Sociale della stessa Università; membro della Société Internationale pour l’Étude de la Philosophie Medievale (SIEPM), e del Seminario Interdisciplinare Poetica & Cristianesimo. È coach professionista ACC (Associate Certified Coach) in ICF (International Coach Federation) dal 2011. Nel 2017 è diventata professionista certificata di intelligenza emotiva con Six Seconds, una organizzazione non profit che nasce a partire da una metodologia ideata nel 1967 da insegnanti, pedagogisti e formatori di San Mateo in California che ha come obiettivo lo sviluppo emozionale della persona. Ha pubblicato principalmente su Tommaso d’Aquino, sul rapporto tra filosofia, letteratura e vita umana, le relazioni interpersonali, il perdono. Le sue attuali aree di ricerca riguardano il rapporto tra psicologia, antropologia e letteratura, le emozioni e il dramma come elementi essenziali intrinseci alla comunicazione, i fondamenti antropologici e psicologici del coaching e le neuroscienze.
Se pensiamo alla caduta di Adamo ed Eva ci vengono subito alla mente i grandi affreschi sul peccato originale e sulla cacciata dall’Eden e non possiamo non considerare quella storia nei termini del mito, o della favola. C’è però molto altro, perché la caduta dei progenitori è stata concepita per molti secoli, e fin dentro la modernità, come il preambolo per comprendere la natura umana, da quel momento preda di passioni antisociali. Che cosa sarebbe successo alla nostra convivenza se Adamo ed Eva non fossero caduti, se fossero rimasti nello stato di innocenza? È questa la sorprendente domanda controfattuale che filosofi, teologi, intellettuali si sono posti non per immaginare un mondo perduto, ma per poter meglio capire il nostro. Dal rigore di Agostino alle narrazioni storiche di Tolomeo da Lucca, dal sempre innovatore Tommaso d’Aquino al francescano Ockham, da Wyclif a Suárez e a molti altri, in un conflitto continuo e creativo di idee, di teorie, di immagini, di posizioni irriducibili e di aperture sempre nuove, lo stato d’innocenza è il luogo paradossale per pensare l’ambiguità della convivenza, l’ambivalenza della politica, il perimetro della natura umana. Tutt’altro che semplice favola, stato d’innocenza è uno dei nomi della realtà.
Šestov mostra la lotta agonica che si deve combattere se s’intende sottrarre la ragione al dominio del due più due uguale quattro, e aprire la strada al “capriccio di Dio”; capriccio posto a garanzia della Sua libertà assoluta, contro cui si infrange ogni necessità o sistema di conoscenza sicuro e rassicurante, che pretenda di mettere fine a ogni possibile ricerca.
Questo libro di Erich Przywara, per la prima volta tradotto in italiano, riserva molte sorprese al lettore che si cimenta nella sua riflessione. Esso offre la possibilità di incontra- re alcune intuizioni davvero folgoranti sul cristianesimo e sulla sua forza rinnovante il pensiero e la vita. Nel 1947, dopo il crollo del regime nazista egli compone Was ist Gott? Eine Summula (Cosa è Dio? Una piccola summa), ponendo fin dal titolo una domanda diventata cruciale per la possibilità di rifondare un discorso sull’identità del cristianesimo in Europa: «la questione dell’immagine di Dio» . Questo percorso su «cosa è Dio» – in parte trattato teologico e in parte testo di riflessione spirituale – porta l’Autore a considerare il problema teo-logico, cristo-lo- gico, ecclesio-logico ed antropo-logico. Was ist Gott? è la testimonianza di un teologo che vuole contribuire alla ricerca di un’identità davvero cristiana all’interno del contesto europeo in anni di crisi e svolte epocali. Egli stesso scrive: «questa Summula appartiene alla memoria [...] della vecchia Monaco, ma ugualmente fa parte di un “futuro da scoprire”».
Il testo è anche un utile strumento per comprendere al- cune delle radici profonde della proposta teologica, ec- clesiale ed antropologica – davvero significativa – che il vescovo di Roma, Francesco, sta facendo a tutta la Chiesa e al mondo.
In edizione economica, la traduzione italiana dell'opera più importante di sant'Anselmo d'Aosta. Cur Deus homo ("Perché Dio [si è fatto] uomo", o "Perché un Dio uomo") è il titolo di un saggio di teologia che il monaco e filosofo Anselmo scrisse nel 1098. Il testo è considerato da alcuni addirittura il più importante e impegnativo sul piano dottrinale della produzione di Anselmo. Redatto in forma dialogica (tra Anselmo e Bosone) e articolato in due libri di diversa lunghezza, il Cur Deus homo è storicamente legato alla dottrina della sostituzione o soddisfazione vicaria: la salvezza dell'umanità è resa possibile dall'offerta libera che il Cristo, Dio-uomo, fa di se stesso al Padre per pagare il debito contratto dall'uomo con il peccato d'origine.
Nell'anno giubilare 2016, l'iniziativa «La Misericordia e le sue opere» ha realizzato un cammino ricco e coinvolgente per tutta l'Università Cattolica del Sacro Cuore, con un'adesione e una partecipazione che sono andate ben oltre le aspettative. Questo volume documenta un'antologia delle diverse manifestazioni che si sono svolte durante l'anno: workshop, mostre, eventi teatrali, letterari, musicali e il Convegno nazionale «Educati dalla Misericordia: un nuovo sguardo sull'umano». Le quattro sezioni - Musica, arte, letteratura e storia; Famiglia e scuola; Povertà e giustizia; Economia -raccolgono tematicamente workshop ed eventi; in apertura viene proposta la lezione magistrale del Cardinale Angelo Scola e in chiusura l'intervento di Monsignor Nunzio Galantine L'iniziativa non è stata estemporanea; anzi, ha assunto il ruolo di «possibile paradigma dell'azione educativa; come esempio di un'università che si rapporta con il mondo contemporaneo per gettare ponti e rendere più inclusiva la società in cui opera» (Franco Anelli, Magnifico Rettore dell'Università Cattolica del Sacro Cuore).
Riscoprire nell'amore misericordioso di Dio il "cuore del vangelo" implica anche - e forse soprattutto - considerare la misericordia come il criterio per bene interpretare la Legge di Dio nel suo aspetto "oggettivo". Il libro propone all'attenzione del lettore in primo luogo questo compito, nonostante tutto poco rilevato nei recenti studi sulla misericordia. Ferretti mostra, al tempo stesso, come tale compito comporti rilevanti problemi teorici e pratici - vere e proprie sfide alla teologia e alla prassi della chiesa. È necessario, per esempio, superare del tutto il fondamentalismo biblico e la concezione arcaico-sacrale di Dio, ripensare il rapporto tra rivelazione e morale, evidenziare l'intimo intreccio di misericordia, giustizia e verità. Ma occorre anche approfondire la natura dell'ermeneutica teologica e impegnarsi a una lettura con misericordia dei "segni dei tempi" odierni: la secolarizzazione, la postmodernità, la povertà nel mondo globalizzato dell'economia finanziaria.
«Più si teologizza, meglio si filosofa»: con queste parole Emmanuel Falque guida il lettore nel metaforico "passaggio del Rubicone", che conduce dalla riva della filosofia a quella della teologia sconvolgendo i canoni tradizionali del rapporto tra le due discipline. Mettere in dialogo questi versanti opposti - nel tentativo di innovare un'antica tradizione che affonda nel pensiero medievale e ha vari sviluppi nell'età contemporanea - significa predisporsi a una loro nuova comprensione, alla scoperta della potenza euristica di questi diversi e autonomi ambiti del sapere, dove l'uno arricchisce l'altro. Una prospettiva che conduce al superamento del ruolo ancillare della filosofia rispetto alla teologia e alla liberazione della teologia tramite la filosofia, con l'audacia che caratterizza la svolta teologica della fenomenologia francese nel suo aprirsi alle tematiche religiose. La proposta di Falque è una originale ermeneutica cattolica che si pone in dialogo con Husserl, Heidegger, Ricoeur, Lévinas, Merleau-Ponty, Derrida, Rahner, von Balthasar, Bultmann, de Lubac, e ruota attorno ai temi del "corpo", della "voce", del "Kerigma" e del "credere". La "decisione per la fede" è il timbro del suo pensiero: un sapere filosofico-teologico "trasformante".
Con Schaeffler la libertà può essere definita come capacità di "fare esperienza", ovvero capacità di un dialogo con il reale in cui ne va della forma della libertà stessa. Quanto è cercato da Schaeffler è una figura di coscienza capace di apprezzare la normatività del fenomeno contingente, senza rimanere fissata in forme aprioriche incapaci di coglierne la novità, senza ridurre il fenomeno a momento apparente di un processo di automediazione. Il contingente tuttavia non è singolarità che frammenta il reale ma, esattamente nella sua irriducibili, luogo in cui risuona quell'unico appello che si fa momento propulsore per l'evoluzione della coscienza e ragione della continuità del dialogo. Può questo modello essere produttivamente assunto dalla teologia come strumento filosofico per il lavoro dell'ermeneutica teologica e come proposta per una teoria della coscienza credente?
Il libro raccoglie tre opere giovanili del filosofo russo, a cui si aggiungono i «versi scherzosi» d'apertura del poema intitolato "Tre appuntamenti", che, scritto in tarda età, funge, secondo le parole dello stesso autore, da «piccola autobiografia» di un'esperienza mistica che lo segnò in gioventù. Seguono i "Principi filosofici del sapere integrale", in cui viene indagata quella forma di «sapere integrale» che il filosofo cercherà per tutta la vita, e il ciclo di lezioni Sulla "Divinoumanità", dove l'autore si interroga sulla crisi religiosa della cultura europea del suo tempo e analizza il nesso divino-umano nell'evoluzione del mondo, con particolare attenzione al rapporto tra mentalità occidentale e orientale. In chiusura, i capitoli finali de La critica dei principi astratti - opera rimasta incompiuta -, che offrono l'analisi del caos intellettuale di fine '800, correlata alla parzialità dei processi conoscitivi dell'uomo, nel quale si compenetrano elementi contraddittori e dispersi, che trovano la possibilità di essere ripristinati nella figura di Cristo. Prefazione di Vincenzo Rizzo. Introduzione di Sergio Givone.
«Dunque ora non tenderà forse la mano per cogliere anche il frutto dell'albero della vita e mangiarne e vivere in eterno?», domanda il Maestro, citando il terzo capitolo della Genesi, in apertura del libro V del Periphyseon. La questione è centrale nella filosofia, nella teologia e nell'immaginario stesso di Giovanni Scoto, questo straordinario pensatore irlandese che, in pieno Medioevo, è capace di sovvertire la tradizione. Perché si tratta di vedere come con quelle parole la Genesi non predichi condanna e morte, ma invece prometta «il ritorno della natura umana a quella stessa felicità che aveva perduto peccando». Giovanni Scoto, allora, riorganizza la sequenza biblica e unifica le quattro immagini, «quella del tendere la mano, del cherubino, della spada di fiamme e della via che conduce all'albero della vita, come quattro inseparabili simboli di speranza per l'umanità». E un tratto di quella originalità della quale è cosciente l'autore stesso. Il quale si serve della sua conoscenza dei Padri greci per moltiplicare le immagini come in una girandola. Ecco la lievitazione, ecco l'aria «totalmente trasformata nello splendore del sole, a tal punto che niente appare in essa se non la luce: per quanto la luce sia una cosa e l'aria un'altra, pure la luce predomina nell'aria sicché sembra esservi soltanto luce». Ecco il «ferro liquefatto», che pare trasformarsi in fuoco. Proprio con l'aria e con il fuoco Giovanni Scoto sembra ritornare, come in un grande cerchio, all'inizio di Sulle nature dell'universo. Ma passando alla «celebrazione dell'unione finale della natura umana tutta con Dio», l'ultimo libro del trattato costituisce una nuova, eclatante interpretazione dei testi fondanti della cristianità. «L'interpretazione», scrive Peter Dronke, «che tiene insieme la mano tesa dell'uomo con il cherubino e la spada di fiamme, la via e l'albero della vita e l'accensione del fuoco, è tale da confutare ogni suggestione di barriera o di minaccia. Trasforma ciascun dettaglio in un auspicio del ritorno. Nella sua tecnica di trasformazione, mostra quello che Coleridge chiamò il "potere esemplastico" dell'immaginazione. È l'opposto del distinguere significati allegorici separati; è una capacità di unificare le immagini, fondendole invece di lasciarle come fili separati. Nei rari momenti alti come questo, l'immaginazione fa di più che radunare: dà a più significati un'unica forma.»
Nella quiete estiva di un giardino, nel paesaggio incantato della Versilia, due amici dialogano sulla religione nel nostro tempo e sull'essenza dell'esperienza religiosa, quasi a esaltare il contrasto tra l'armoniosa bellezza della natura - ma anche l'?indifferente suo corso - e le sgomentanti lacerazioni che segnano la ventura umana. Nello spazio di un interrogare inquieto quanto aperto alle ragioni dell'altro si dipana uno scambio di pensiero che va dalla riflessione sul presente ai vasti orizzonti di tematiche teologiche e filosofiche, fino al problema, cruciale oggi come pochi altri, del dialogo tra le fedi. Un itinerario che inanella in un nodo indissolubile autobiografia e storiografia filosofica, etica ed ermeneutica, memoria del tempo ed eternità presente nell'attimo che dilegua.