Un libro che racconta 20 storie di imprese, produzioni e progetti "minimi" e che descrive un modello economico e sociale proiettato "in direzione ostinata e contraria" rispetto al mainstream: quello delle produzioni agricole contadine, delle filiere corte, delle reti locali, delle imprese lillipuziane, dei piccoli Comuni virtuosi, dell'informazione indipendente, dei comitati contro lo scempio del paesaggio, delle "piccole opere", del crowdfunding, dell'economia delle relazioni, infine, per usare un'espressione sintetica. Qualche esempio. Una cooperativa agricola di proprietà di tutti che produce pasta bio pagando il giusto i suoi contadini, una "città visibile" e senza rifiuti, una fabbrica di cemento sottratta alla mafia, le forme di "piccola distribuzione organizzata", una Confindustria "etica" in Val di Susa, un documentario indipendente e altre imprese finanziate dal basso, un pescatore senza strascichi, i "folli" viaggi del turismo responsabile, le cooperative incarcerate, i ristoranti con l'anima e il cibo equo che viene da lontano, la banca che oggi finanzia l'Italia dell'economia solidale. E tante altre minuscole storie.
L'obiettivo di creare un'economia verde, ossia di spostare i cicli economici verso produzioni e consumi che sostengano e rispettino i cicli naturali, anziché distruggerli, richiede un'azione che coinvolge tutti i settori delle nostre società, nessuno escluso. Ma non ci potrà essere alcun giovamento se la green economy replicherà i meccanismi oligopolistici e assai poco democratici dell'economia "fossile". Infatti le fonti rinnovabili e l'efficienza energetica sono, per definizione, democratiche e diffuse. Proprio per questo non si possono fondare solo sul profitto, o peggio, sulla speculazione finanziaria. Tra bamboo bond e carbon market, questo libro è un viaggio nell'economia mondiale, per evitare che anche dalla green economy traggano vantaggio sempre i soliti noti.
"Fermare il cemento e il consumo di suolo fertile deve diventare una delle priorità di un paese che si voglia chiamare civile" (dalla prefazione di Carlo Petrini, fondatore di Slow Food). Questo libro è un vademecum per passare all'azione: un "manuale di partecipazione" che raccoglie tutte le risorse a disposizione del cittadino per far valere i propri diritti e tutelare il territorio e racconta 19 "storie da copiare", dalla resistenza dei comitati alle scelte virtuose delle pubbliche amministrazioni.
Gli ingredienti di questo libro sono unici. È infatti la prima guida che raccoglie i "ristoranti con l'anima" in Italia: locali che hanno scelto di far entrare in cucina prodotti biologici, dell'orto, di produzione locale, a filiera corta, di commercio equo e solidale, vegetariani e vegani, artigianali, legati alla biodiversità o a Presìdi Slow food, "resistenti" alla mafia o frutto del lavoro di cooperative sociali. I loro piatti sono capolavori del gusto e del giusto: solari come un abbinamento tra una pasta di grano Senatore Cappelli e il vino Centopassi di Libera. Dal cappello del cuoco compare per magia la dignità del lavoro di persone disabili, il rispetto dell'ambiente e dei viventi, il valore della tradizione, l'uso di energie rinnovabili, il rifiuto di ogni spreco, la partecipazione alla rete dell'economia solidale.
Le banane eque - ormai è chiaro a tutti - non crescono sugli scaffali. I prodotti del commercio equo e solidale arrivano infatti da lontano, nel tempo e nello spazio. E tuttavia ci sono diventati familiari e - dal caffè all'artigianato - hanno tutti un volto e una storia. Sono l'avanguardia dell'economia solidale: hanno cambiato la lista della spesa di un italiano su cinque e la maniera di valutare il prezzo di un prodotto o leggere la sua etichetta. "Un commercio più equo" racconta questo straordinario percorso, attraverso le voci autorevoli di chi il fair trade lo ha sognato, immaginato, progettato e realizzato - in Italia e nel mondo - ha aperto le prime botteghe, ha fatto i conti con la crescita e le sue contraddizioni. In parte il commercio equo resta infatti un ossimoro: pratiche commerciali e spirito solidale, produttori nel sud e consumatori del nord, piccole dimensioni e grande distribuzione. Ma la tensione a superare questa contrapposizione sprigiona un'energia capace ribaltare il mondo.
Sullo sfondo del mercato globale, tenebrosi personaggi tirano i dadi decidendo la vita o la morte per fame di milioni di persone. È "Il Grande Gioco della Fame": le mani della finanza internazionale muovono sul terreno di gioco pedine inconsapevoli. L'avido speculatore, il perfido hedge fund, la potente banca manovrano risparmiatori ignari e il contadino del Sud del mondo. Questo manuale d'istruzioni ci spiega i rudimenti per divertirsi con "Il Grande Gioco della Fame" e racconta con disarmante chiarezza l'intreccio tra speculazione finanziaria e cibo. Un perverso ma affascinante meccanismo per guadagnare tantissimi soldi scommettendo sulla vita altrui. La differenza tra questo e gli altri giochi? Semplice: "Il Grande Gioco della Fame" è reale.
Dopo il crollo finanziario del 2001-2002, l'Argentina ha dato vita a un inedito fenomeno. Le "imprese recuperate", cioè autogestite dagli stessi lavoratori per fronteggiare il rischio chiusura, sono un'esperienza che può essere letta non solo in chiave squisitamente economica, ma anche dal punto di vista sociale e politico. L'autore analizza il processo che ha portato l'Argentina dalla condizione di paese tra i più ricchi al mondo ad una sequenza di crisi-crolli, processi di deindustrializzazione ed impoverimento, per arrivare al nodo cruciale del crollo finanziario del 2001 ed alle conseguenti risposte sociali, tra cui quella delle "imprese recuperate". Una delle caratteristiche più interessanti di questo fenomeno sociale è il rapporto con la comunità locale, i diversi soggetti del territorio in cui è localizzata l'azienda. Che si tratti di un grande albergo o di un'azienda industriale l'impresa "recuperata" svolge un ruolo politico-culturale e sociale che va al di là della mera produzione di beni o servizi: è esattamente il contrario di quello che avviene con le imprese capitalistiche. Ed il rapporto di scambio sociale e culturale con il territorio è tanto più ricco ed articolato quanto più l'impresa "recuperata" ha creato al suo interno forme di partecipazione e di democrazia nella gestione dell'impresa.
La cooperativa sociale è un'impresa passionale, un'azienda con l'anima, ma soprattutto una forma d'organizzazione che ha retto alla prova del tempo e accumulato saperi ed esperienze utili ad affrontare anche l'incerto futuro del nostro paese e del suo welfare. Questo libro racconta le cooperative sociali, a 20 anni dalla Legge istitutiva n. 381/91.