
La direzione spirituale tocca i dinamismi più delicati e intimi direzione
della vita cristiana e per essere praticata con intelligenza esige profondo rispetto delle persone, saggia discrezione e solida competenza.
Partendo da una lettura teologica della realtà cristiana, l'autore descrive la direzione spirituale come un ministero pastorale inscritto nella comunità ecclesiale e a servizio dell'azione dello Spirito. E con equilibrato senso teologico e umano racconta la pratica del colloquio spirituale, l'educazione degli atteggiamenti cristiani di fondo, l'introduzione alle scelte di vita e al discernimento degli spiriti.
Il volume espone infine i principi generali sulla funzione educativa della direzione spirituale, offrendo al lettore orientamenti sull'unione con Dio, l'abnegazione evangelica, la dimensione ecclesiale e apostolica della vita cristiana.
Gli individui sono tutti diversi fra loro. E non è solo questione di genere, statura, pelle, capelli, iride degli occhi. Non è un fatto che riguarda solo il corpo, ma anche il carattere, le emozioni, le simpatie e le antipatie, le paure, i ritmi del pensare e del vivere. Ciascuno di noi lascia un'impronta, anche solo digitale, che è solo sua. In questo scenario di tante diversità, ve ne sono alcune che possono ingannarci e farci credere che la realtà umana sia composta da due categorie, riconducibili al normale e all'anormale. In realtà, tutti nasciamo fragili, anche se ci illudiamo che si tratti di una malattia infantile che passa crescendo, oppure di qualcosa che appartiene agli altri e che si possa conoscere solo dall'esterno attraverso una fredda e scientifica diagnosi. Invece, nessuno è al riparo dalla fragilità, dalla quale cerchiamo comprensibilmente e invano di difenderci, una dimensione che riguarda tutti e coinvolge pienamente i processi dell'educazione e le pratiche della cura di sé e degli altri.
Questa indagine sulla Sindone si propone di offrire un'informazione corretta e documentata sul dibattito, ricco e complesso, a volte confuso e tormentato, che circonda il telo di Torino. Il volume ricostruisce la storia del lenzuolo funebre e di sudari e veli analoghi, commenta i testi sulla passione di Gesù, illustra le ricerche della scienza e le posizioni della Chiesa cattolica, la storia delle ostensioni pubbliche e della devozione popolare. In appendice, cinque interviste offrono altrettanti sguardi sul mistero del telo torinese: la parola passa dunque al biblista Giuseppe Ghiberti, allo storico Andrea Nicolotti, al giornalista Marco Fracon, al fondatore del Gruppo Abele e di Libera Luigi Ciotti e al parroco ortodosso Lucian Rosu. L'intento è "raccontare" la Sindone senza pregiudizi, ingenuità e forzature, evitando di prendere posizione a favore o contro la sua autenticità, ma anche senza dimenticare che il telo di Torino, con il suo fascino, i suoi lati oscuri e problematici, è una straordinaria icona cristiana, testimone della sofferenza dell'uomo in ogni tempo.
Lo scudo di Achille, minuziosamente descritto da Omero nell'Iliade, è una raffigurazione del mondo che attribuisce la difesa della vita felice e prospera al guerriero valoroso, all'eroe, al re capace di governare il suo paese e di proteggerlo dai nemici. La Bibbia, lontana dal mondo aristocratico e sublime dell'epopea, non conosce oggetti simili; la morte che si aggira sugli omerici campi di battaglia assume qui il volto prosaico della fame che il profeta Eliseo, nel Secondo libro dei Re, scongiura con una semplice manciata di farina. In un racconto di Dostoevskij si narra invece della cipolla che cresce in ogni orto e non richiede né poteri eroici, né sapienza profetica per strapparla e tenderla a chi ne ha bisogno, perché la salvezza consiste nel trovare l'elemento giusto al momento e nel modo giusto.
"Accendere la passione per la lettura è un processo misterioso. Non ci sono regole e non si danno istruzioni per l'uso. È in gioco la motivazione. Il docente appicca un fuoco destinato a bruciare in modo autonomo. Non è solo un docente. Casualmente, come accade, è un piromane". Quando Stendhal scopre che del suo libro De l'amour, dopo anni dalla pubblicazione, si sono vendute solo tre copie si fa dare dal libraio l'indirizzo dei tre compratori e vuole conoscerli di persona per chiedere loro un giudizio su quelle pagine. Oggi anche gli scrittori dispongono di profili Facebook e i lettori hanno dimestichezza con i mezzi di comunicazione elettronicamente assistiti, che velocizzano ogni ricerca, ma ridimensionano la funzione che la pagina scritta ha sempre esercitato: il raccoglimento interiore e la conoscenza di sé. Il pamphlet di Franco Ferrarotti riassume i rischi individuali e sociali del tramonto della "civiltà della carta" e critica la pervasività del digitale. "Non credo, come molti dicono, che si tratti solo di usare bene Internet. Usato bene o male, questo straordinario strumento ha effetti collaterali inevitabili: schiaccia sul presente, non consente il ritorno critico su di sé e sulle proprie esperienze passate, attenua il vincolo logico nella costruzione delle proposizioni, privilegiando l'affastellamento dei temi su un piano orizzontale".
Un inno di Quaresima ricorda che il digiuno, non solo del cibo, favorisce l'autentica vita cristiana: "Usiamo in modo più sobrio parole, cibi, bevande, sonno e giochi, e rimaniamo, con maggior attenzione, vigilanti". In un messaggio per la Quaresima, Benedetto XVI indicò ai cristiani il digiuno come pratica penitenziale da riscoprire. Prese spunto dall'episodio del Vangelo di Matteo in cui si narra che Gesù rimase nel deserto quaranta giorni senza cibo e alla fine ebbe fame. Le parole e l'esempio del Signore, diceva il papa, mettono in luce la ragione profonda del digiuno e rigettano il fariseismo di chi si limita ad osservare le prescrizioni legali, ma con il cuore lontano. Molto diffuso nella prima comunità cristiana, come appare dagli Atti degli apostoli, il digiuno è stato considerato dai Padri della Chiesa una forza che aiuta a contrastare peccato e bramosie, aprendo la strada di Dio. Nell'odierna cultura del benessere la pratica terapeutica della dieta ha preso il sopravvento su quella religiosa del digiuno e sul suo significato più profondo, che consiste, come aveva intuito Paolo VI, nella chiamata cristiana a non vivere per se stessi, ma per il Signore e per i fratelli.
La superbia appare come espressione di un vasto insieme di vizi: orgoglio, tracotanza, boria esteriore, desiderio di abbassare gli altri per emergere, arbitrio. San Tommaso, sulla scia di sant'Agostino, la definisce "desiderio disordinato di eccellenza". Esiste, infatti, in ciascuno di noi il legittimo desiderio di realizzare pienamente se stesso. Si tratta di uno stimolo, potente e positivo, a cercare di dare il meglio nelle diverse situazioni. La forza seducente e il fascino della superbia consistono proprio nell'esaltare il desiderio naturale di eccellere, incentrando in modo assoluto l'attenzione su se stessi e oltrepassando la propria misura. Esistono rimedi? Innanzitutto favorire una sana autostima, virtù laica che si contrappone alla superbia ed è una qualità indispensabile per vivere, e poi trovare il modo di entrare nella complessità propria e altrui, affinando la capacità di ascoltare e la curiosità di capire se stessi e gli altri. La virtù opposta alla superbia è l'umiltà, che non va confusa con la ritrosia, la timidezza, la mediocrità, la vigliaccheria. L'umiltà, infatti, non comanda di esagerare i difetti né di negare le proprie doti né di fuggire tutti gli onori, ma ne reprime ogni ricerca esagerata e non giustificata per beneficiare dell'eccellenza in modo equilibrato.
Vizio difficile da descrivere, l'accidia è soprattutto incuria e indifferenza, scoraggiamento e disgusto, "male di vivere" e principio di disperazione. Essa si manifesta attraverso il languore inattivo, l'assenza di concentrazione, la lentezza nell'operare il bene, la noia generalizzata, la paura del vivere e del morire. Non è semplice pigrizia, ma debolezza dell'anima e assenza di attrazioni, anche se può manifestarsi come "fuoco inquietante" e umore euforico. Sentimento per sua natura oscuro, complesso, confuso e sfuggente, l'accidia è dunque capace di molteplici espressioni, talvolta opposte nella loro apparenza, ma unite dalla medesima radice: l'annebbiamento della gerarchia dei valori, che ricopre tutto di un manto grigio e omogeneo. Gli antichi la definivano "tentazione meridiana", poiché caratterizza soprattutto la metà della giornata, ma anche il mezzogiorno della vita, e in passato era considerata una malattia tipica della vita monastica. Oggi, al contrario, essa viene sempre più considerata come uno stato d'animo universale e moderno, innestato sulle ferite interiori, sull'indecisione e sulla mancanza di desiderio. Sull'incapacità di riaccendere uno sguardo svuotato e assente nella direzione della gioia e della letizia.
Descrizione dell'opera
Negli anni della persecuzione dell’imperatore Decio, il presbitero di Roma Novaziano scrive una lettera pastorale in cui ripercorre le motivazioni del rifiuto cristiano degli spettacoli pagani. Il tema, già affrontato da Tertulliano e qui riproposto all’attenzione della comunità cristiana con nuove sfaccettature, offre oggi all’analisi storico-religiosa alcuni punti fermi: il rischio della contaminazione con l’idolatria; il rifiuto degli usi e dei costumi pagani in forza di una nuova morale e di una propria concezione del mondo; la necessità di un riconoscimento e di una forte autoaffermazione della comunità dei cristiani sulla base della lettura e dell’interpretazione del testo sacro.
Il testo è offerto in traduzione italiana.
Sommario
Introduzione. Gli spettacoli.
Note sull'autore
Novaziano. La sua data di nascita, non tramandata da alcuna fonte, viene di norma collocata intorno all’anno 200, in considerazione del ruolo già rilevante nella comunità romana attestato nel 250. Dopo l’elezione di Cornelio a vescovo di Roma (251), Novaziano si fece consacrare vescovo e difese posizioni intransigenti finendo per essere scomunicato nel Sinodo di Roma. Sarebbe morto martire nel 257 sotto Valeriano.
Descrizione dell'opera
La rivelazione biblica del volto di Dio muove da un orizzonte apparentemente paradossale: il Signore è il Totalmente-Altro, l’Altissimo, l’Ineffabile, il Tre volte Santo, non raffigurabile in alcuna figura terrena e non identificabile con nessun idolo, e tuttavia è il Dio-con-noi, un Dio che si rende personalmente presente e s’interessa alle sorti del suo popolo, descritto perfino con sentimenti umani come la “collera” e la “gelosia”. La sua trascendenza si coniuga, in mirabile unità, con l’immanenza del suo amore misericordioso e la sua tenerezza.
Il coinvolgimento di Dio nella “condotta” e nella “sorte” dell’uomo raggiunge il suo compimento e il suo vertice insuperabile nel Nuovo Testamento, allorché l’Unigenito stesso del Padre si fa carico della condizione umana e l’assume in prima persona dal Primo Testamento al Nuovo, Dio si rivela sempre come un Dio-di-compassione-amante, vicino ai suoi e che si prende cura di loro con straordinaria amorevolezza.
L’epoca moderna e post-moderna, prima con l’illuminismo e adesso con il bio-tecnologismo, hanno privato il nostro tempo di una filosofia del cuore, facendo prevalere il logos sul páthos e dimenticando che i grandi pensieri – secondo la formula cara a Nietzsche – vengono dal cuore, prima che dalla testa. Due concezioni in conflitto tra loro, dalle quali derivano due opposti sguardi sul futuro: nella prima prevale esclusivamente il logos, come egemonia assoluta della ragione e unico criterio di scelta, mentre nella seconda l’armonizzazione feconda tra logos e páthos, ragione e sentimento. L’assenza di una teologia della tenerezza – come teologia del “cuore di carne” in opposizione al “cuore di pietra” – è all’origine di quel principio di necrofilia che domina lo scenario odierno. Come vincere il principio di morte se non con la ricerca di una cultura centrata sul “vangelo della tenerezza”, facendo prevalere la potenza dell’umile amore sulla brutalità della forza?
Sommario
Introduzione. I. «Misericordia» e «tenerezza». Deposito lessicale e orizzonti tematici. II. La «tenerezza» di Dio nel Primo Testamento. III. La «tenerezza» di Dio nel Nuovo Testamento. IV. La tenerezza di Dio nella Chiesa apostolica. Conclusione generale.
Note sugli autori
Carlo Rocchetta,già docente di Sacramentaria alla Pontificia Università Gregoriana di Roma e alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale, è socio fondatore della Società italiana per la ricerca teologica e dell’International Academy for Marital Spirituality. Per EDB dirige il Corso di teologia sistematica e ha pubblicato, tra l’altro, I sacramenti della fede (1982; 8a edizione, interamente riscritta in due volumi, 32001); Sacramentaria fondamentale (42007);Il sacramento della coppia (52010); Teologia della tenerezza (52014); Viaggio nella tenerezza nuziale. Per ri-innamorarsi ogni giorno (52010; nuova edizione 2014); Elogio del litigio di coppia. Per una tenerezza che perdona (62013);Briciole di tenerezza. Per educarsi allo stupore di essere (22008);Gesù Medico degli sposi. La tenerezza che guarisce (32008); Le stagioni dell’amore (2007); Vite riconciliate. La Tenerezza di Dio nel dramma della separazione (2009); Il Rosario della Tenerezza (2010);Teologia della famiglia (22013), Abbracciami. Per una terapia della tenerezza. Saggio di antropologia teologica (2012; 2° edizione rivista e integrata, 2013), «Guarì tutti i malati». Gesù medico delle anime e dei corpi (2013), Un Dio vicino. Novena alla divina Tenerezza (2013),Questo mistero è grande. Via Crucis degli sposi per gli sposi (2014).
Rosalba Manes, consacrata ordo Virginum e biblista, ha conseguito la licenza in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico e il dottorato in Teologia Biblica presso la Pontificia Università Gregoriana, dove insegna. Tiene corsi di Sacra Scrittura presso vari istituti di formazione teologica ed è impegnata in varie forme di apostolato biblico. Per San Paolo ha pubblicato Il ritorno. La sfida della riconciliazione nella parabola del figlio prodigo (2013) e ha curato Lettera a Tito. Lettera a Filemone. Nuova Versione dai Testi Antichi 51 (2011).