Emergenze climatiche e crisi ambientali, conflitti per l'energia e fondamentalismi religiosi, turbocapitalismo in panne ed eclissi degli idiomi minori: agli esordi del nuovo millennio, ci troviamo immersi in un "tempo che strapiomba", si aprono nuove difficili sfide, che stiamo affrontando inconsapevoli. Una certa teoria del progresso, sordida e indifferente all'etica, rischia di portarci verso l'autodistruzione. Sono riflessioni come queste ad angosciare oggi Andrea Zanzotto, maestro di coscienza, oltre che autore di versi fra i più importanti e profetici del Novecento. In queste conversazioni, frutto di una lunga amicizia e consuetudine, il poeta ripercorre con Marzio Breda la propria esperienza umana, culturale e creativa. Soprattutto, tratta alcuni temi chiave del nostro presente, quando è più che mai necessario riscoprire il passato per sondare il futuro: paesaggio e linguaggio, storia e memoria, fede e politica, eros e psicoanalisi...
"Mario Luzi ha scritto nuove poesie fino agli ultimi giorni della sua vita, con un'energia e una luminosità invidiabili. Dopo "Dottrina dell'estremo principiante" (Garzanti 2004) Luzi stava cominciando a dare un qualche assetto a questi suoi ultimi versi e aveva fatto trascrivere a Caterina Trombetti, in sezioni distinte, trentacinque poesie, che costituiscono l'ultima serie di testi ordinata dall'autore, di cui si è avuto qualche anticipo su riviste e nell'antologia personale, allestita da Paolo Andrea Mettel in "Autoritratto" (Garzanti 2007). Insieme a questo gruppo "Lasciami, non trattenermi" (incipit della sua probabile ultima poesia) presenta altri inediti assoluti, scritti nell'ultimo anno, che si possono considerare in qualche modo "approvati": si tratta di vari testi, recuperati tra dattiloscritti e autografi - con evidenti segni di rilievo e di evidenza d'autore - e anche di una "parlata", ovvero una sorta di monologo, intimo e dolente, sulla propria vicenda coniugale, all'indirizzo della propria sposa, nel momento della sua irredimibile vecchiezza; una poesia, composta sul valico del 2002-2003, che - per mio tramite - volle affidare al figlio Gianni, con implicita destinazione postuma." (Stefano Verdino)
Nel 1999 Paul Krugman aveva raccontato le crisi che hanno devastato diverse economie in Asia e in America Latina, lanciando un terribile monito: può accadere anche da noi, e possiamo andare incontro a una nuova Grande Depressione. Così come i batteri diventano resistenti agli antibiotici, anche la moderna finanza è diventata immune ai rimedi escogitati dopo la crisi del '29. I primi anni del nuovo millennio, con il boom di Wall Street e il trionfo della finanza allegra, sembravano smentire questa previsione. Poi è arrivato il "grande crac" del settembre 2008, e nelle stesse settimane Paul Krugman ha vinto il Premio Nobel per l'Economia. In questa nuova edizione del Ritorno dell'economia della depressione, ampiamente rivista e aggiornata, Paul Krugman ci fa capire come la "deregulation" e le dinamiche di un sistema finanziario svincolato da ogni controllo abbiano prodotto la peggiore crisi dagli anni Trenta a oggi. E ci illustra le misure che bisogna prendere perché fenomeni del genere non si ripetano.
La Chiesa cattolica attinge abbondantemente alle risorse pubbliche dello Stato italiano: ogni anno milioni di euro vengono dirottati dal governo centrale e dagli enti locali, che si sono fatti di recente ancor più solerti. Questo tuttavia non impedisce al Vaticano pesanti incursioni nella vita pubblica del nostro paese: è pressoché impossibile che un provvedimento legislativo venga approvato senza il suo benestare; e quando accade, le resistenze della Chiesa cercano di impedirne l'applicazione. È una situazione abnorme, che trova il suo fondamento nel Concordato siglato l'11 febbraio 1929 da Pio IX con Benito Mussolini, che lo stesso pontefice aveva definito "l'uomo della Provvidenza". Quel patto venne accolto dalla Costituzione repubblicana attraverso l'articolo 7. Infine nel 1984 il Concordato fu rinnovato dall'accordo tra Craxi e Giovanni Paolo II. Oggi il trattamento privilegiato di cui gode il Vaticano non ha più alcun fondamento giuridico, argomenta Michele Ainis: l'articolo 7 era una norma provvisoria, e oggi è un farmaco scaduto. Oltretutto quelle dei vertici della Chiesa si configurano come vere e proprie ingerenze di uno stato straniero nei nostri affari interni. Infine, in una società sempre più complessa, i privilegi concordatari creano inevitabilmente una disparità di trattamento rispetto a cittadini italiani che seguono altre fedi (e soprattutto a quelli che non si sentono affiliati ad alcuna chiesa).
Gli anni dello sterminio porta a compimento uno dei maggiori sforzi compiuti da uno storico contemporaneo per ricostruire e comprendere l’evento chiave del Novecento: la persecuzione e lo sterminio di milioni di ebrei nell’Europa occupata dai nazisti.
Per portare a termine il loro piano, i tedeschi avevano bisogno della collaborazione delle autorità locali e dei vari corpi di polizia e della passività delle popolazioni, a cominciare dalle élite politiche e spirituali. Ma era necessaria anche la disponibilità a obbedire agli ordini da parte delle vittime, che così speravano spesso di veder alleviate le loro sofferenze o di sopravvivere abbastanza a lungo da ottenere un visto per sfuggire agli aguzzini.
Saul Friedländer studia la macchina nazista ai suoi diversi livelli e nei diversi paesi: ci permette finalmente di capire la scala, la complessità e l’interdipendenza dei vari fattori che resero possibile lo sterminio. Il materiale esaminato è enorme: non solo documenti ufficiali, ma anche diari, lettere e memorialistica. Questa poderosa sintesi non addomestica la memoria dell’orrore, ma ci restituisce una terribile pagina di storia in tutte le sue sfaccettature, erigendo un autentico monumento alle sue vittime. L’opera di Friedländer – lo sforzo dell’intera vita di un grande studioso – rappresenta una svolta nella storiografia del Novecento: grazie a lui disponiamo finalmente della ricostruzione definitiva dell’Olocausto.
Con il termine amore possiamo intendere vari tipi di amore: l'amore di Dio, l'amore della sapienza, l'amore del prossimo, l'amore coniugale, l'amore filiale... A ognuna di queste possibilità sono legate questioni e domande che hanno attraversato l'intera storia dell'umanità. Riguardo alla divinità, uno dei temi al centro del pensiero filosofico e teologico riguarda il rapporto tra conoscenza di Dio e amore di Dio, e più in generale il rapporto tra amore e conoscenza. Allo stesso modo, riguardo all'amore di coppia, mille riflessioni ha sempre suscitato il rapporto tra desiderio e amore, tra passione e amore, tra l'amore fisico e quello spirituale. "Meglio in due che da soli" esplora questi diversi aspetti dell'amore, partendo in primo luogo dalla Bibbia ma senza dimenticare la lezione della filosofia ebraica, in particolare quella antica e medievale. Emerge così con coerenza un quadro che abbraccia i precetti del matrimonio e le estasi mistiche, l'erotismo e il rapporto con il creato. Per culminare con una riflessione su quella che sembra la negazione assoluta dell'amore e il trionfo dell'odio e del male, la Shoà.
La stazione è gremita. Tra la gente che si affretta, c'è una bambina. Sta salendo su un treno diretto a Losanna. È sola. Indossa un cappotto blu, le trecce bionde le incorniciano il viso, negli occhi ha un'espressione piena di paura. Quel treno la porterà lontano, lontano da una madre bellissima ed elegante, eppure vittima di una malattia che la rende fragile e vulnerabile. Anni dopo quella bambina è diventata una giornalista di successo, sposata con due figlie, ma non ha perso quell'incertezza nello sguardo. Ne è passato di tempo, i ricordi dell'infanzia sembrano cosa lontana. Eppure basta poco per farli riaffiorare. Basta un'inattesa donazione da parte dei genitori che decidono di offrirle la vecchia casa di Tours, quella dove ha trascorso gli anni più difficili, scanditi dall'incertezza e dall'insicurezza, quando la madre passava da una clinica all'altra. In quella villa, in quel giardino curato in maniera maniacale ed esperta, la protagonista si trova di nuovo bambina. Ma questa volta deve prendere in mano la sua vita, affrontare il passato, guardare finalmente sua madre negli occhi.
"Mi ero trovato in Germania al momento dell'ascesa e dell'espansione del nazismo a un'età - quella di Pollicino - che interessa al capo degli Orchi e avevo sentito quanto il nuovo regime fosse imperniato su di me e i miei simili. Era effettivamente una delle caratteristiche del fascismo quella di sopravvalutare la giovinezza, di farne un valore, un fine in sé, un ossessione pubblicitaria. Un movimento giovane, di giovani, per i giovani, questo era lo slogan più spesso ripetuto in Italia. E si deve convenire che la vita politica fascista ha qualcosa d'infantile, voglio dire che si manifesta a un livello che la mette alla portata dei più giovani con le sue sfilate, le sue feste, i suoi falò, le sue adunate, le sue organizzazioni giovanili." (Michel Tournier).
"Quanta stella c'è nel cielo" non è un errore, è il primo verso di una ballata amara del giovane Petöfi, il grande poeta ungherese. Quei versi sono tra le poche cose che Anita porta con sé, insieme a molti ricordi laceranti. Anita non ha ancora sedici anni. È una sopravvissuta ai campi. È bella, è sensibile, le prove della vita le hanno tatuato l'anima. Sta fuggendo da un orfanotrofio ungherese per andare a vivere a casa di una zia, Monika. Eli, il giovane cognato di Monika, è venuto a prenderla al confine per accompagnarla nel viaggio in Cecoslovacchia, dove si ritrova clandestina in un mondo ancora in subbuglio. Ma tutto questo a Eli non interessa: lo attira solo il corpo di quella ragazza e già sul treno, affollato di una moltitudine randagia, inizia a insidiarla in un gioco cinico e crudele. Un romanzo dai risvolti inattesi. Racconta come si possa tornare dalla morte alla vita. E come, a volte, il cammino per ritrovare la speranza possa seguire trame imprevedibili. Protagonista, intorno ad Anita, è un'umanità dolente, alla ricerca di una nuova esistenza: c'è chi vuole dimenticare e chi vuole ricordare, chi mette radici e chi si imbarca per la terra promessa. Edith Bruck offre in queste pagine la storia palpitante di un'epoca cruciale del dopoguerra, quando tutto era in fermento. Una meditazione sulla speranza, sulla straordinaria forza e fragilità di chi va verso una rinascita. E la grande capacità della Bruck è il risvegliare violente emozioni nel lettore.