
L'idea di un nuovo inizio per la filosofia è al centro del percorso di questo libro, contrassegnato da tre grandi aree tematiche. Anzitutto il confronto con la scienza a partire da quello che Husserl, al termine della vita, chiamò "un piccolo inizio". Poi l'analisi del potere invisibile delle cose e delle azioni, con il suo intreccio imprevedibile e gli effetti di ritorno sulle metamorfosi dei viventi, sui loro contesti di senso e sui nostri pensieri. Infine il grande tema dei discorsi come luogo primario del processo di ominizzazione e del cammino plurimillenario della cultura, caratterizzata oggi dall'esigenza di una "nuova alleanza" tra sapere filosofico, impresa scientifica e figure culturali operanti in varie forme sul pianeta. Questo chiarimento delle figure del sapere e dello stesso procedere della filosofia in base alla dinamica dei discorsi mira a cancellare quel dualismo cartesiano mente-corpo che ancora domina sottilmente l'organizzazione ideologica della grande impresa della conoscenza. La costruzione della oggettività scientifica in cammino trova qui il suo definitivo chiarimento di senso, grazie all'originale interpretazione del carattere strumentale del lavoro umano e della sua natura originariamente tecnica.
La serie di questi studi è attraversata da tre prospettive filosofiche. Nella prima, viene ricercato per il sé uno statuto che sfugga alle alternanze della esaltazione e della decadenza, che affettano le filosofie del soggetto alla prima persona: dire sé non è dire io. Ritenuto il riflessivo di tutte le persone grammaticali, il sé postula la deviazione attraverso analisi che portino ad articolare in modo diverso la questione chi? Chi è il parlante del discorso? Chi è l'agente o il paziente dell'azione? Chi è il personaggio del racconto? A chi viene imputata l'azione posta sotto l'egida dei predicati "buono" od "obbligatorio"? Indagini essenzialmente improntate alla cosiddetta filosofia analitica, con la quale l'ermeneutica del sé entra in un dibattito molto serrato. Seconda prospettiva: l'identità suggerita dal termine "même" va scomposta in due principali significazioni: l'identità-idem di cose che permangono immutate nel tempo, e i'identità-ipse di colui che mantiene se stesso soltanto sul modo di una promessa mantenuta. Infine l'antica dialettica del Medesimo e dell'Altro deve essere rinnovata se l'altro da sé si dice in molti modi: il "come" dell'espressione "sé come un altro" può significare, allora, un legame più stretto rispetto a qualsiasi comparazione: sé in quanto altro.
"Nei Santi diventa ovvio: chi va verso Dio non si allontana dagli uomini, ma si rende invece ad essi veramente vicino". È con questo giudizio che papa Benedetto XVI ha voluto concludere la sua prima lettera enciclica "Deus Caritas est". In questo libro l'autore offre una esemplificazione di questo "duplice movimento" dell'amore. Due principi (Elisabetta d'Ungheria, Viadimir Ghika), un soldato (Lorenzo della Risurrezione), un professore universitario (Federico Ozanam), un'educatrice (Elisabetta Anna Seton), una suora della carità (Caterina Labouré), una fanciulla (Laura Vicuña), due protagonisti della vita sociale e politica (Dorothy Day e Giorgio La Pira) rappresentano un campionario storico molto variegato, ma tutti hanno assecondato lo stesso duplice "movimento": quello dell'amore di Cristo che li affascinava e li attraeva (un vero irmamoramento) e quello dell'amore del prossimo al quale si sentivano interiormente destinati. Diversi erano i poveri - incontrati nella spianata di un castello medievale, o nelle carceri di regime, o alle porte di un convento, o in un corteo di operai -, ma identica fu la passione (come quella di Cristo, che fu un intreccio di operosa attività e di patimento salvifico e di indicibile trasporto d'amore) vissuta dai santi.
Oggi si sta comprendendo una cosa di cui il XIX secolo non poteva avere nemmeno un presentimento, ovvero che il simbolo, il mito, l'immagine appartengono alla sostanza della vita spirituale, che è possibile mascherarli, mutilarli, degradarli, ma che non li si estirperà mai... Le immagini, i simboli, i miti, non sono creazioni irresponsabili della psiche; essi rispondono a una necessità e adempiono una funzione importante: mettere a nudo le modalità più segrete dell'essere. Ne consegue che il loro studio ci permette di conoscere meglio l'uomo, l'"uomo tout court", quello che non è ancora sceso a patti con le condizioni della storia. Ogni essere storico porta con sé una grande parte dell'umanità prima della Storia. [...] Oggi si comincia a vedere che la parte anti-storica di ogni essere umano non affonda, contrariamente a quanto si pensava nel XIX secolo, nel regno animale e, in fin dei conti, nella "Vita"; anzi, al contrario deriva e si innalza ben al di sopra di essa: questa parte astorica dell'essere umano porta, come una medaglia, l'impronta del ricordo di un'esistenza più ricca, più completa, quasi beatifica.
Il libro in cui Lewis racconta il suo passaggio dall'ateismo al cristianesimo. È una storia, come dice l'autore, "insopportabilmente personale". Chiunque però cominci a leggerla la lascerà a malincuore come accade ad ogni vera storia, come accade quando uno scrittore sa "creare" un mondo, sia che lo inventi, sia che lo testimoni. E i lettori di Lewis sanno che egli è magistrale in ambedue i casi. Si legge la storia di questa conversione senza accorgersi di percorrere una lunga strada: dai passatempi dell'infanzia alle emozioni dell'adolescenza, all'inizio della maturità. È come assistere all'indagine di un detective che voglia andare a fondo di un "caso" che lo appassiona.
I quattro amori che l'autore distingue nell'animo umano sono l'affetto, l'amicizia, l'eros, la carità. Ognuno di essi, preso singolarmente, è stato trattato piuttosto spesso: da san Bernardo a san Paolo, da Ovidio a Stendhal. Più difficile, invece, è trovare chi li abbia considerati insieme. Lewis l'ha fatto. Egli vede ciascuno dei "quattro amori" emergere nell'altro, ci mostra come uno possa anche trasformarsi nell'altro, ma non perde mai di vista la reale e necessaria differenziazione tra loro. L'autore delle "Cronache di Narnia" sa essere lucido e vigoroso nell'incidere queste fondamentali linee dell'animo umano e il risultato è un ritratto parlante dell'unico e profondo desiderio di felicità, in cui ciascuno sarà indotto a ritrovare familiari somiglianze.
Si discute del "lascito" dell'Expo di Milano. I contributi di questo volume danno una risposta che solo pochi anni fa sarebbe apparsa assurda, più che provocatoria. In termini incalzanti, il volume dimostra la rinnovata centralità dell'agricoltura, del concreto rapporto degli esseri umani con la terra. E ciò non solo dove si lotta per la sopravvivenza, ma dappertutto, in Italia e nel mondo. Prefazione di Carlo Petrini.
La religione biblica è una Rivelazione di tipo storico. È un seme deposto nel terreno del nostro mondo e della nostra storia, è una parola affidata a persone e a eventi situati entro le nostre coordinate spazio-temporali; è poi, col cristianesimo, Verbo divino che si fa carne in un uomo concreto, Gesù di Nazaret. Per questo, la Bibbia si svolge nella storia, s'interessa di scienza, riflette usi e costumi, adotta lingue e stili. Eppure non è un manuale di storiografia, né una cronaca, né un testo di scienza o di pura e semplice letteratura. In essa s'intrecciano, infatti, in modo compatto storia ed eterno, spazio e infinito, carnalità e spiritualità, fisica e mistica, immanenza e trascendenza, uomo e Dio. In queste pagine si cerca di raccogliere e verificare criticamente i dati storici e geografici che la Bibbia presenta, confrontandoli con i documenti e con i reperti storici a noi pervenuti. Un viaggio in sessanta tappe, partendo da un ambito spaziale delimitato com'è quello della Mezzaluna Fertile, l'area del Vicino Oriente nel cui grembo anche le guide, i re, i profeti, i sapienti ebrei, Gesù e i suoi discepoli vissero e operarono. Certo, Gerusalemme sarà il centro vitale, ma l'orizzonte spesso s'allargherà, fino a raggiungere Roma e persino "gli estremi confini della terra". (At, 1,8)
Dall'8 dicembre 2015 al 20 novembre 2016 papa Francesco ha indetto a Roma e in tutto il mondo il Giubileo Straordinario della Misericordia. Già dalla costruzione delle basiliche dei due grandi apostoli Pietro e Paolo, in epoca costantiniana, Roma diviene meta di pellegrinaggi continui. Nel 1300 papa Bonifacio VIII indice il primo Giubileo: la città, dove prima ancora che a Gerusalemme si andava a venerare le tombe degli apostoli, divenne immenso teatro della grande ritualità dell'ottenere il perdono e dell'onorare Dio glorificandolo con le meraviglie dell'arte e onorando i santi. Nell'indizione del Giubileo cristiano gli uomini sono chiamati a mettersi in cammino per andare a ricevere quel perdono che farà di loro persone del tutto nuove. Il libro espone anzitutto le intenzioni di questo papato e il senso della storia dei giubilei. Mostra i cammini tradizionali per Roma e fa comprendere come in ogni diocesi ci siano luoghi giubilari. Ma è Roma la meta giubilare per eccellenza, e il volume ne racconta i luoghi più importanti (le sette chiese, le chiese della Litania Septiformis, le nuove chiese del Giubileo 2016), illustrandoli con un apparato iconografico importante comprensivo di fotografie aeree, piante e ricostruzioni. Una guida alla Roma sacra che mostra accanto ai monumenti famosi anche i luoghi più segreti, carichi di simboli, di cui il turista e il pellegrino potranno andare alla scoperta.
Il volume mette in luce la peculiarità delle grandi stagioni della metropoli del Bosforo. Quella romana, con la sua trasformazione in capitale dell'Impero d'Oriente, quella bizantina, capitale di un commonwealth mediterraneo e balcanico e centro di diffusione del cristianesimo ortodosso, come una seconda Roma. Infine quella ottomana, capitale di un impero turco che dominò per secoli anche sul Mediterraneo arabo e islamico e sui Balcani, sino alle porte di Vienna. L'opera mette in luce anche le continuità di forme artistiche nell'estrema diversità dei periodi, anzitutto il capolavoro dell'architettura cristiana dei primi secoli, Santa Sofia, che farà da modello alle moschee degli ottomani e al genio architettonico rinascimentale di Sinan. La grande arte paleocristiana e bizantina vedrà il suo seguito nell'ornamento turco ottomano. Nel mondo islamico, infatti, gli ottomani non saranno aniconici, in quanto figli di una Costantinopoli in cui si svolse la guerra iconoclasta e in cui le immagini prevalsero. Nell'800 la città diverrà culla internazionale della fotografia e vedrà lo sviluppo delle immagini riproducibili.