C'è già tutto Ratzinger in questo libro, tanto prezioso quanto poco conosciuto, che risale alla sua stagione giovanile. Al centro vi è il problema della politica, affrontato con il metodo che caratterizza l'autore sin dalla formazione, e cioè con uno sguardo storico e teologico rivolto con attenzione alla tradizione cristiana, ripensata con intelligenza filologica e creatività. L'interesse è qui rivolto esclusivamente al mondo antico e ai Padri della Chiesa, rappresentati da due nomi significativi: Origene e Agostino. Attraverso lo studio della patristica viene così impostata in modo originale l'indagine su un tema che, a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, diventa di attualità con la teologia politica. Per Ratzinger seguendo Agostino, che insiste sulla presenza permanente nella Chiesa dell'unità delle nazioni preannunciata a Pentecoste - l'aspirazione è quella di "rendere presente la nuova forza della fede" in questo mondo provvisorio. Dove il cristianesimo relativizza tutte le realtà, compresa quella politica, perché guarda all'unico assoluto.(Giovanni Maria Vian)
L'estetica è una disciplina le cui categorie mutano al variare dei tempi. Ecco perché non può essere sistematica: nella molteplicità delle forme dell'arte si riflette la pluralità delle sue prospettive. Queste pagine cercano di rendere tale complessità riformulando la riflessione estetica in tre interrogativi - cos'è arte, bellezza, immaginazione? - e affrescando itinerari per una sua definizione. Di qui le tre sezioni del libro. L'arte: nell'antichità si declina come mimesis, in differenti accezioni - da Platone fino a Giordano Bruno. È la dialettica tra arte e verità a divenire dominante nella modernità diversamente declinata in Hegel, Schopenhauer, Schelling, Vico. L'età contemporanea coglie la differenza fra opera e rappresentazione: un tema esplorato da Heidegger, Adorno, Merleau-Ponty. La bellezza: se nell'antichità è sinonimo di equilibrio e perfezione (Agostino, Vitruvio, Platone, Plotino, Firenzuola), nel moderno richiama un modello di universalità (Kant, Burke, Baumgarten, Winckelmann, Hegel). Il contemporaneo invece propone altri modelli: la bellezza dell'effimero, la bellezza artificiale. L'immaginazione: è imitare immagini o produrne di proprie? È un concetto che oscilla tra phantasía e imaginatio, e muta da Aristotele fino ai moderni - Montaigne, Spinoza, Hume, Kant, Novalis - rovesciando il suo significato, nell'età contemporanea, da rappresentazione in irrealtà, creazione d'essere e potenza trasformatrice.
TITOLO: «Tu non uccidere»
Mazzolari e il pacifismo del Novecento
DESCRIZIONE: Aprendo Tu non uccidere, don Primo Mazzolari aveva avvertito: «Ci siamo accorti che non basta essere i custodi del verbo di pace, e neanche uomini di pace nel nostro intimo, se lasciamo che altri – a loro modo e fosse pure solo a parole – ne siano i soli testimoni».
Più che un manifesto programmatico, il saggio (uscito nel 1955) rappresenta il compendio del pacifismo mazzolariano. L’impegno per la pace del prete cremonese si collegava, infatti, ad un originale percorso, non privo di tortuosità, dentro al quale il “bagno” nella storia aveva sollevato interrogativi brucianti, via via ricomposti in riflessioni destinate a trovare sintesi mai definitivamente compiute. Sotto questa lente interpretativa, la ricerca mazzolariana non rimase chiusa ai fermenti, pur contraddittori, che lacerarono la cristianità, ai quali anche il breve ma denso scritto fu debitore.
Questo volume rappresenta un tentativo per cogliere la “lezione” di un grande testimone della pace del Novecento.
COMMENTO: Una lettura innovativa del rapporto di don Primo Mazzolari e la politica della Pace tra la Prima Guerra Mondiale e il secondo dopoguerra.
SAGGI DI: Alberto Melloni, Guido Formigoni, Luigi Lorenzetti, Paolo Trionfini, Massimo De Giuseppe, Daniela Saresella, Lorenzo Bedeschi.
COLLANA: I Testimoni - Fondazione Don Primo Mazzolari n. 4
È noto che il metropolita Anthony Bloom non scrisse mai nulla. Si rivolgeva a ogni genere di ascoltatori, sia che gli fossero personalmente conosciuti, sia che si trattasse di un pubblico anonimo. Dagli anni Sessanta le sue predicazioni e i suoi discorsi cominciarono ad essere registrati e in seguito trascritti. In questo modo è nato anche il presente Living prayer (1966), Per una preghiera viva. La propria esperienza spirituale non era per lui un possesso geloso, ma il dono di un incontro con Dio cui l'uomo partecipa liberamente e responsabilmente, una relazione molto personale, da condividere con gli altri. Insisteva spesso sul fatto di non essere teologo, di non aver mai frequentato una scuola teologica. La sua ricchezza nascosta era la preghiera, una specie di specchio nel quale l'uomo si vede alla luce di Cristo, avvertito come presenza discreta e reale. La preghiera aveva per Bloom una finalità pratica, permettendogli di essere sempre "presente" alla realtà, "qui ed ora", con grande consapevolezza di persone, tempi, avvenimenti e cose. La preghiera era per lui tutt'altro che estraniazione, piuttosto non-dispersione, antidoto alla vana agitazione, rigetto della piccineria meschina. Ecco, era attenzione, rispetto, di ogni persona, di ogni creatura, di ogni fatto.(Enzo Bianchi)
In questo ormai classico studio Jacques Maritain affronta uno dei problemi di maggiore attualità: il rapporto tra persona e società. In esso l'autore, riferendosi alla concezione tomistica, critica le tre principali filosofie sociali e politiche - individualismo borghese, anti-individualismo comunista, anti-comunismo e anti-individualismo totalitario o dittatoriale - che, ognuna a suo modo, con la divinizzazione o con la "organizzazione" dell'individuo considerato come entità materiale, hanno condotto a una svalutazione della persona umana in quanto entità spirituale.
DESCRIZIONE: Queste “scintille”, brevi brani da cui dovrebbe accendersi il lento fuoco d’una meditazione quotidiana, illuminano con intensità crescente squarci del pensiero teologico e spirituale di Guardini. Vi domina il senso dell’abbandono fiducioso all’occhio misericorde di Dio. Al suo sguardo, ogni inadeguatezza, tutto ciò che in noi è indegno e cattivo, che di giorno in giorno ci contrista, non è ancora mortale, se non si sottrae a quella luce di verità e insieme di amore infinito. È questa disposizione come una sorgente inesauribile donde zampilla il rinnovamento: tutto è possibile nella forza liberatrice di Dio.
COMMENTO: Un pensiero di Guardini per ogni giorno dell'anno. Una guida spirituale per scoprire nella vita quotidiana il volto di Dio. PRIMA EDIZIONE
ROMANO GUARDINI (1885-1968) è stato una delle maggiori figure della storia culturale europea del sec. XX. Presso la Morcelliana è in corso di stampa l'Opera Omnia.
Chiamato al compito abbastanza difficile di definire lo spirito della filosofia medioevale, ho accettato, pensando all'opinione assai diffusa che, se il Medio Evo ha una letteratura e un'arte, non ha una filosofia propria. Tentar di sceverare lo spirito di questa filosofia, era impegnarsi a fornire la prova della esistenza, o a confessare ch'essa non è mai esistita. Cercando di definirla nella sua propria essenza, mi sono visto condotto a presentarla come la "filosofia cristiana" per eccellenza. Non si tratta di sostenere che il Medio Evo abbia creato questa filosofia dal nulla, non più di quanto abbia tratto dal nulla la sua arte e la sua letteratura. Non si tratta neppure di pretendere che nel Medio Evo non ci sia stata altra filosofia che la cristiana, non più di quanto si potrebbe pretendere che tutta la letteratura medioevale e tutta l'arte medioevale siano cristiane. Il solo problema da esaminarsi è sapere se la nozione di filosofia cristiana abbia un significato, e se la filosofia medioevale, considerata nei suoi rappresentanti più cospicui, non ne sia precisamente l'espressione storica più adeguata. Lo spirito della filosofia medioevale, quale lo s'intende qui, è dunque lo spirito cristiano, che penetra la tradizione greca, la elabora dall'interno e le fa produrre una visione del mondo, una Weltanschauung, specificatamente cristiana.
La preghiera del Signore appartiene agli scritti più noti di Romano Guardini. Un linguaggio magistrale, una vicinanza intima alla Sacra Scrittura, una fede viva, che impronta in profondità l'esistenza personale, caratterizzano il suo pensiero, teologico e spirituale. La petizione o domanda "Sia fatta la tua volontà" è il "filo rosso" di questo libro. In undici meditazioni l'Autore esplica e interpreta il Padre nostro e le sue petizioni. Sa e riconosce che, in questa sua opera, è in debito anche verso i grandi pensatori e oranti cristiani, che fin dai primi secoli hanno speso i loro sforzi nella spiegazione di questa preghiera, l'unica insegnata direttamente da Cristo (cfr. Mt 6,9; Lc 11, 2).
Un antico maestro della Mishnà, Ben Bag Bag, diceva: "Volgila e rivolgila, tutto vi è in essa [nella Torà]" (Avot 5,22). Tutto è nella Torà, ma bisogna voltarla e rivoltarla: Dio ha parlato, ma l'uomo deve metterci il commento. Intorno a questi due pilastri dell'ebraismo si "aggirano" le pagine che seguono: si aggirano perché non hanno una meta, un punto di arrivo, ma vogliono solo essere momenti di una frequentazione infinita (una ruminatio, direbbero i Padri) della Torà scritta e orale. Ci sono tanti modi di introdurre al giudaismo: infatti il giudaismo è plurale, e questa pluralità nelle idee, nei tempi, nei luoghi, nelle identità - è la sua forza. Perciò molte sono le porte per entrarvi e viverci, o anche solo per conoscerlo. Una porta è quella che anche il Nuovo Testamento indica nel farsi carne, cioè realtà variamente terrena e sensibile, della parola (per Israele la Torà, per i cristiani Gesù). Fuori di questa concreta "vocalità" divina - se così si può dire -, di Dio non sapremmo mai nulla, se non, appunto, chiamarlo Ain, "Nulla", o Mi?, "Chi?", secondo i maestri della qabbalà. Ma Ain è divenuto Anì, "Io", e perciò abbiamo un Tu e non siamo più soli.
DESCRIZIONE: Il tema della nuova definizione della morte su base neurologica, e in connessione a ciò quello del trapianto di organi da soggetti in stato di morte cerebrale dichiarati cadaveri, è tornato negli ultimi tempi all’attenzione anche in Italia. Quantunque – a quarant’anni dall’introduzione, con il Rapporto di Harvard, di quella nuova definizione – le voci di dissenso stiano crescendo anche in ambito medico, vogliamo qui riproporre la prima grande critica fatta a quella definizione da un classico del pensiero filosofico del Novecento, nonché uno dei protagonisti dell’attuale dibattito bioetico: Hans Jonas. Quella critica, infatti, contiene in nuce tutti i problemi che sono ancora in discussione e li affronta con un linguaggio rigoroso, ma accessibile anche al pubblico di non specialisti, ed è significativo che essa stia al centro dell’attenzione nel recente documento del Council on Bioethics americano che riapre ufficialmente il dibattito sulla morte cerebrale.
COMMENTO: Il celebre saggio di Hans Jonas che contesta la definizione di morte cerebrale decisa dal Protocollo di Harvard del 1968. Un saggio toccante, profondo, di un maestro dell'etica contemporanea.
HANS JONAS (1903-1993), allievo di Heidegger e Bultmann all’Università di Marburgo, è stato tra i maggiori filosofi della seconda metà del Novecento. Tra le sue opere in italiano: Lo gnosticismo; Dalla fede antica all’uomo tecnologico; Il principio responsabilità; Il concetto di Dio dopo Auschwitz. Presso la Morcelliana: Scienza come esperienza personale. Autobiografia intellettuale (1992); Agostino e il problema paolino della libertà. Studio filosofico sulla disputa pelagiana (2007).