Se la cultura è capacità di ricordare, di non dimenticare, di rendere durevole nel tempo ciò che è caduco nella parola, di far rivivere il passato evocandolo e descrivendolo con amore, questa è dunque la funzione che spetta a questa raccolta di proverbi e di antichi detti di Roma, tramandati di bocca in bocca sino a oggi. Detti e proverbi che, strappati a una tradizione orale che va ormai scomparendo e raccolti in volume, assumono tutta l'importanza di un diario popolare, nel quale una mano invisibile è venuta annotando fatti, costumi, esperienze, incontri, personaggi e leggende di una città che da venti secoli è l'ombelico del mondo. Ma soprattutto emerge quella precisa filosofia di vita della plebe romana che si è sempre contentata di godere delle piccole gioie quotidiane, testimone indifferente (e impotente) delle lotte di potere e di possesso che avevano e hanno Roma come teatro. Così in queste pagine dominano il fluire delle stagioni storiche, l'umanità dei personaggi e la bellezza dei luoghi, in una cinica luce di taglio che investe ogni vicolo, ogni cupola, ogni palazzo, ogni finestra.
Luca Lazzarini detto Lazzaro ha ventisei anni, un'auto a metano e un sacco di problemi. Vive in un paesino sprofondato nella bassa padana, è ancora vergine, certo non bello e di una timidezza patologica. Vivacchia Luca, lavora a testa bassa per dimenticare i suoi insuccessi, non riesce a farsi valere neppure sul lavoro e le sue serate sono fatte di pochi amici fidati e qualche partitella a carte con i vecchietti del circolo Arci. Un fratello ritardato di cui vergognarsi e una madre che ancora non gli ha perdonato di essersene andato di casa completano il quadro. Ma di tempo Luca non ne ha più. Una brutta tosse trascurata, lunghe analisi mediche e una diagnosi che non lascia scampo. Insieme all'angoscia e alla paura arriva, però, anche la fede e ha la voce di Don Edoardo, il sacerdote degli anni del catechismo, perso di vista da anni. Ed è questo incontro a far nascere in Lazzaro il desiderio di voler dare un senso al tempo che gli rimane. E così, anche l'incontro con Anna, prostituta dal viso bellissimo e dall'atroce passato, riesce a fargli superare definitivamente la paura di vivere e di morire.
Per cinquant'anni un terribile segreto è rimasto nascosto, chiuso dentro a un baule in soffitta: foto, documenti, pagine di diario. È il racconto drammatico e insieme commovente - dell'Olocausto visto attraverso gli occhi di una ragazzina che ha sperimentato sulla propria pelle la deportazione, la morte dei suoi cari, la liberazione dalla prigionia. Una ragazzina che però ha chiuso dentro al suo cuore questa tragica esperienza, senza farne parola con nessuno, nemmeno con il marito, per decenni. Finché, ormai anziana e prossima alla morte, ha deciso che il mondo dovesse conoscere la sua storia. Una voce vera e diretta dell'orrore nazista nelle sue semplici parole di bambina. Una storia di dolore, perdono, amore e perdita. Da non dimenticare, per non dimenticare.
È bastato poco perché papa Francesco diventasse popolare, e la chiave del suo successo è in buona misura legata alla sua arte di parlare, affidata in larga parte alle sue omelie, spesso pronunciate interamente a braccio. Omelie nelle quali il papa, con l'umiltà che lo distingue, espone pensieri e concetti comprensibili a tutti: l'odio, l'invidia e la superbia sporcano la terra, la bontà e la tenerezza non devono fare paura. Se nel nostro cuore non albergano la misericordia e la gioia del perdono, non siamo in comunione con Dio. Osservare solo i precetti della chiesa non basta: è l'amore che salva. Questo libro raccoglie le parole del papa dai giorni immediatamente successivi alla sua elezione al soglio pontificio, fino a oggi. Una testimonianza diretta di un nuovo modo di intendere la missione che lo attende e di una diversa via per arrivare al cuore dei fedeli.
L'itinerario roesleriano della "Roma sparita" è quasi obbligato. Di conseguenza anche il raggruppamento degli acquarelli; l'importanza e la mole delle "riprese" risulta infatti condizionata dai punti nevralgici dell'intervento urbanistico. Perciò si ritrovano in prima fila le moriture sponde del Tevere, un fiume così generoso nell'offerta di soggetti affascinanti tra l'Isola Tiberina, il Porto di Ripetta e i ponti. Seguono i Prati di Castello, una sorta di "bosco viennese" affacciato sul fiume, che la memoria pittorica di Roesler Franz ci ha tramandato con tutto il loro incanto. Tempestivo altresì l'intervento del pittore e fotografo romano nel Ghetto, come lo è nei confronti delle chiese, delle torri e dei palazzi trasteverini, destinati presto a essere trasfigurati e sfigurati dai restauri. Da Borgo, poi, all'epicentro del Campidoglio e a Testaccio, dall'Aventino al Celio per finire nei "quadri variati e solitari". Livio Jannattoni, accompagna a "commento" i 120 acquarelli di Ettore Roesler Franz. Così la scrittura si amalgama all'immagine; il pittore e lo scrittore diventano una sola cosa.
C'è una Roma nascosta, di cui si sono perse le tracce tra le anse del Tevere, i vicoli del centro e dei quartieri popolari. È una città lontana da quella di oggi, dove i segni del suo glorioso passato si sono mimetizzate, e vanno cercate con grande attenzione tra il tessuto urbano moderno. È la Roma dei fasti dell'impero ma anche del cupo Medioevo, passata attraverso il Rinascimento, le inquietudini del Risorgimento, fino alle guerre mondiali e al dopoguerra. Scopriremo così una città insolita, dalle usanze ormai perdute: i giochi da osteria, i rimedi popolari, le ricorrenze più curiose, le origini del romanesco e i personaggi che hanno dato un carattere deciso alla città. Andremo alla ricerca del suo lato oscuro ed esoterico, per conoscere poi la Roma industriale, fiumarola, quella nascosta nelle viscere della terra, quella malavitosa o perduta tra peccati, cortigiane, omicidi e intrighi di palazzo.
Irène Némirovsky, condannata al silenzio e all'invisibilità ancor prima che al campo di sterminio (le leggi antisemite varate nell'ottobre del 1940 dal governo di Vichy non le consentono più di pubblicare), con lucida determinazione trasforma la scrittura non in atto d'accusa ma in sottile vendetta, in smascheramento. Come l'ignobile figura materna di tanti dei suoi racconti, sotto la sua penna il paese d'elezione resta senza trucco e belletto e si mostra nella sua oscena decrepitezza. Dietro l'eleganza e il savoir faire dei francesi, sotto il loro habitus culturale, appaiono meschinità, volgarità, grettezza. Lo stesso gelido attaccamento alle cose che la scrittrice ha vivisezionato nella sua fiction.
Nella Galilea schiacciata dalla tirannia di re Erode, la giovane Miryam di Nazareth si è ormai abituata a vivere in un'atmosfera di continua violenza e incertezza. Intelligente e vivace, ha imparato a non farsi notare, perché anche il più piccolo pretesto può attirare i mercenari del re, pronti a seminare terrore e morte. Quando però l'amato padre Joachim viene arrestato ingiustamente, la ragazza non può rimanere a guardare e chiede aiuto a Barabba, giovane ribelle che le deve la vita, e al suo esercito di diseredati. Insieme mettono in atto un piano coraggioso e salvano Joachim dalla crocifissione. Poi però i due giovani continuano la lotta contro l'ingiustizia e la tirannia, su strade diverse: Barabba, esaltato dal successo, raduna i leader ebrei per incitarli alla lotta e pianificare una rivolta su vasta scala, mentre Miryam sfida le convenzioni che vorrebbero le donne mute e obbedienti e si schiera apertamente contro l'uso della violenza. E, con sua grande sorpresa, un uomo l'ascolta. Colpito dal suo coraggio e dalla sua intelligenza, quell'uomo, Yossef, le farà un'offerta che cambierà per sempre la sua vita e quella di tutto il popolo ebraico.
L'amicizia, dopo la sapienza, è per Cicerone il più prezioso tra i beni umani. Quel sentimento limpido e disinteressato che non nasce dalla ricerca dell'utile, ma da un'inclinazione assolutamente naturale che unisce due o più uomini, diviene la più nobile delle coesioni quando si allarga alla sfera pubblica e favorisce così il bene dello Stato. La sua più autentica e felice manifestazione è proprio in quella concordia sociale e civile che è alla base della moralità della cittadinanza e della forza di una repubblica. A distanza di duemila anni, un testo di sorprendente attualità.
Pubblicati postumi, questi 38 stratagemmi di Schopenhauer rappresentano un utile strumento per trasformare qualsiasi disputa in una vittoria. Non importa se l'opinione professata sia giusta o sbagliata, vera o falsa: esistono modi precisi per ribaltare le discussioni e superare dialetticamente chiunque. Sono precetti di immediata applicabilità, quasi i princìpi di una scienza, e spaziano dalla nobile disamina delle parole dell'avversario fino ad astuzie retoriche in grado di sgretolare le certezze di chi ci fronteggia: sfruttare i pregiudizi altrui, generalizzare e banalizzare, ritorcere le contraddizioni (oggettive e soggettive), suscitare nell'avversario la confusione con domande inaspettate o l'ira con affermazioni provocatorie, proporre in tono denigratorio l'opposto della propria tesi al solo scopo di evidenziarne l'assurdità, fino a spingersi all'estremo dello sproloquio privo di senso o dell'offesa diretta, pur di ricacciare indietro l'oppositore.