
“Un libro utile per le donne…
indispensabile per gli uomini!”
Daniel Goleman sul Cervello delle donne
• Nel cervello dei maschi lo spazio dedicato all’impulso
sessuale è due volte e mezzo maggiore rispetto a quello
delle donne. Che lo hanno sempre sospettato.
• Sono gli ormoni rilasciati dal suo cervello a far
cadere l’uomo in un sonno profondo dopo il sesso.
Da tenere a mente se lei invece è in cerca di coccole.
• Gli adolescenti hanno il cervello così pieno di testosterone
da percepire i volti altrui più aggressivi di quanto sono
in realtà. Ecco perché ce l’hanno con il mondo.
L’amore, il sesso, il tradimento, la paternità: non sono solo il carattere e le circostanze sociali, ma anche e soprattutto i geni e gli ormoni a determinare cosa succede nell’universo complesso e affascinante che è il cervello maschile. La neuroscienza ha scoperto per esempio che gli uomini usano circuiti cerebrali alternativi rispetto alle donne per elaborare informazioni connesse a difficoltà emotive: ecco perché, davanti alle lacrime di lei, la mente di lui attiverà il processo “soluzione del problema” e non quello “comprensione e consolazione”, e cominceranno a volare le stoviglie. La risonanza magnetica evidenzia che nel maschio l’organo sessuale recepisce l’attrazione più rapidamente del cervello: se lei è abbastanza vicina, può quindi accorgersi che gli piace un attimo prima che se ne accorga lui. Ricerche sui topi hanno decretato che esiste un ormone della monogamia: se lui tradisce non è colpa solo di “quella scostumata”. Con molti esempi concreti tratti dalla sua lunga esperienza di neuropsichiatra, Brizendine svela finalmente i segreti dell’organo maschile più incompreso. Che non resta immutato dall’infanzia alla vecchiaia: il cervello inondato di testosterone dell’adolescente è molto diverso da quello di un neopapà, addolcito da un’incursione di ormoni femminili, ma anche da quello di un innamorato o di un pensionato. Rendersi conto che incompatibilità e catastrofi relazionali sono in gran parte il risultato di “incomprensioni chimiche” è dunque il primo passo per fare la pace con se stessi e con le proprie pulsioni. E magari per farla finita con l’eterno e forse ingiusto grido di esasperazione femminile: “Ma non capisci proprio niente!”.
Caterina, la nonna che con il proprio fastidio per fascisti, comunisti e democristiani ha rappresentato il primo esempio di un revisionismo non fazioso; l’amore di Gianna, l’orgogliosa figlia di un fascista rapata a zero per la vendetta dei “vincitori”; i corpi dei partigiani fucilati e dei fascisti impiccati. E ancora i personaggi più influenti di tutta una stagione politica e giornalistica: Giulio De Benedetti, Eugenio Scalfari, Claudio Rinaldi, Junio Valerio Borghese, Almirante dagli occhi magnetici e il doppio Fortebraccio dell’“Unità”. Il revisionista è un formidabile ritratto, affollato di esseri umani, del nostro Paese dal dopoguerra a oggi. Ed è anche il racconto autobiografico dell’avventura umana e intellettuale di Pansa, alla ricerca di verità dimenticate o scomode. Il più controverso tra i giornalisti italiani ci racconta la sua vita e la nostra Storia, viste con gli occhi di chi ha saputo mantenersi sempre fedele ai fatti e lontano dalle ideologie politiche di ogni colore.
Il neorealismo di Berto non era un’obbedienza alla moda
corrente dei neorealisti tesserati. Eterno goliardo, Berto
non si vendeva, restava imprevedibile e inclassificabile,
gregario neppure di se stesso.
Giancarlo Vigorelli
Settembre 1942-maggio 1943: è l’intervallo in cui si svolgono, sul fronte africano del secondo conflitto mondiale, le vicende raccontate da Giuseppe Berto nel suo “diario di guerra”. Biondo e scapigliato capo manipolo in camicia nera, il personaggio-Berto che anima questo memoir è un ben strano volontario, che parte a tutti i costi per l’Africa, salvo confessare subito la sua “profonda avversione per le divise”. Il resoconto di quei mesi passati sotto il cielo afri cano, dell’attesa estenuante del combattimento e dello scontro, è opera realistica e insieme di pura invenzione, romanzo che Berto stesso indicava come il “libro spartiacque” nel proprio itinerario di scrittore. La sua voce di autore irregolare, tra i più interessanti del nostro Novecento, si libera in queste pagine da qualsiasi retorica per chiedere, con sobria onestà, che “la guerra sia finalmente perdonata”.
La democrazia non è il prerequisito della crescita
economica. Al contrario, è la crescita a essere
un prerequisito della democrazia.
E l’unica cosa di cui non ha bisogno sono gli aiuti.
L’analisi-choc del perché l’iniezione
di aiuti economici nelle casse dei paesi
africani è un’iniezione letale.
Il 13 luglio 1985 va in scena il concerto “Live Aid”, con un miliardo e mezzo di spettatori in diretta: l’apice glamour del programma di aiuti dei Paesi occidentali benestanti alle disastrate economie dell’Africa subsahariana, oltre mille miliardi di dollari elargiti a partire dagli anni Cinquanta. Venticinque anni dopo, la situazione è ancora rovinosa: cosa impedisce al continente di affrancarsi da una condizione di povertà cronica? Secondo l’economista africana Dambisa Moyo, la colpa è proprio degli aiuti, un’elemosina che, nella migliore delle ipotesi, costringe l’Africa a una perenne adolescenza economica, rendendola dipendente come da una droga. E nella peggiore, contribuisce a diffondere le pestilenze della corruzione e del peculato, grazie a massicce iniezioni di credito nelle vene di Paesi privi di una governance solida e trasparente, e di un ceto medio capace di potersi reinventare in chiave imprenditoriale. L’alternativa è chiara: seguire la Cina, che negli ultimi anni ha sviluppato una partnership sofisticata ed efficiente con molti Paesi della zona subsahariana. Il colosso cinese, che non deve fare i conti con un passato criminale di colonialismo e schiavismo, è infatti in grado di riconoscere l’Africa per la sua vera natura: una terra enorme ricca di materie prime e con immense opportunità di investimento. Definita l’anti-Bono per lo spietato pragmatismo delle sue posizioni, in questo libro Dambisa Moyo pone l’Occidente intero di fronte ai pregiudizi intrisi di sensi di colpa che sono alla base delle sue “buone azioni”, e lo invita a liberarsene. Allo stesso tempo invita l’Africa a liberarsi dell’Occidente, e del paradosso dei suoi cosiddetti “aiuti” che pretendono di essere il rimedio mentre costituiscono il virus stesso di una malattia curabile: la povertà.
A 25 anni Agastya pensa di sapere tutto sull'India. In fondo non si è mai mosso da lì, ha generazioni di bengalesi purosangue alle spalle e suo padre è uno stimato governatore. Perfino il nome che porta, ispirato dal Ramayana, è la quintessenza dell'indianità. Che poi gli amici lo abbiano sempre chiamato English - l'Inglese - è tutt'altro affare. Con il suo inseparabile Marco Aurelio, i dischi di Ella Fitzgerald, il jogging mattutino e un costante male di vivere tipicamente occidentale, Agastya non sospetta cosa sta per succedergli, quando ottiene un posto da funzionario nello Ias, la pachidermica macchina amministrativa indiana. Niente di ciò che ha vissuto o letto lo ha preparato a Madna, il rovente paesino del Sud dove viene spedito per il tirocinio. Improvvisamente circondato da una folla di burocrati, svitati e perditempo, alla mercé di un cuoco misteriosamente incapace di comprendere l'elementare concetto della bollitura dell'acqua, stremato da una canicola tropicale e da un muro impenetrabile di spleen, Agastya scopre poco alla volta che quasi nulla di ciò che credeva di sapere sull'India - o su stesso corrisponde al vero.
“Credo proprio di aver conosciuto
un mondo ancora immutato dalle sue origini.
Terre estreme, immense e ancora senza storia,
dove nulla muta, ma tutto si ripete
in un ciclo eterno...
Con la mente ho spaziato sognando
impossibili orizzonti fino a dare proporzioni umane
agli infiniti, fino a confondermi nell’universo.”
Ambienti naturali intoccati, sfuggiti a un destino di distruzione, o finora risparmiati, le Terre Alte illustrate in questo volume sono come quelle che da ragazzo Walter Bonatti sognava sulle pagine dei viaggiatori del passato, siti intatti e segreti che alimentavano la sua fantasia. Molti anni dopo, divenuto viaggiatore, Bonatti ha avuto l’opportunità di avvicinare quei preziosi luoghi che egli definisce come i sopravvissuti frammenti dell’origine del mondo, e di fermarli con la sua macchina fotografica. Dalle vette delle Alpi al Venezuela, da Capo Horn all’isola di Pasqua, dalle isole Vanuatu all’Himalaya, fino al vulcano Nyiragongo, il grande alpinista ed esploratore italiano ci conduce in un viaggio d’autore a 360 gradi intorno al globo. Un libro illustrato unico e prezioso, ora riproposto in edizione economica, che raccoglie le foto provenienti dall’archivio personale dell’autore.
Aforismi inediti
2007-2009
“Da quando Dio ha un cuore umano,
il male non ha più l’ultima parola.
Il messaggio di Fatima
ne è un’ulteriore conferma.”
Dalla Presentazione di Papa Benedetto XVI
Tra il 2000 e il 2003 il cardinale Tarcisio Bertone raccolse, per volontà di papa Wojtyla, la testimonianza definitiva di suor Lucia, l’ultima dei tre pastorelli di Fatima. Da quegli incontri emerge l’evento prodigioso che segnò l’intero Novecento: le profezie sulla Seconda guerra mondiale, le deviazioni della Russia diventata atea e comunista, il lungo enigma del “Terzo Segreto”, ufficialmente svelato da Giovanni Paolo II nel 2000. Attraverso una rigorosa ricognizione dei documenti che riporta, tra gli altri, le pagine autografe di suor Lucia e l’interpretazione teologica dell’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Ratzinger, Bertone, che con lui ha condiviso la storia della pubblicazione e di interpretazione della Terza Parte del Segreto, mette in luce la rilevanza di un messaggio che è fra i più “politici e profetici” del XX secolo e tocca il destino dell’intera umanità. In Fatima c’è il “mistero di sangue” che ha segnato la vita di Karol Wojtyla, quel “vescovo vestito di Bianco che cammina fra i cadaveri dei carbonizzati”, e c’è Benedetto XVI che, quasi a sigillo dei suoi primi cinque anni di pontificato, va pellegrino nel santuario portoghese. Da Segretario di Stato, Bertone si sofferma sull’accidentato cammino della Chiesa nel mondo contemporaneo, e allo stesso tempo sulla centralità della devozione mariana per due papi tanto diversi tra loro come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. A distanza di quasi un secolo il messaggio della Madonna di Fatima non ha perso la sua efficacia: continua a essere una provocazione spirituale per un Occidente in bilico tra relativismo e indifferenza, tentato di vivere come “se Dio non esistesse”. Materia incandescente di riflessione e invito personale alla conversione, alla penitenza, alla preghiera.
L’avventura del Santo Graal
della cartografia:
il certificato
di nascita dell’America.
“Oltre alle tre parti conosciute dell’orbe terracqueo, ne esiste una quarta
che si estende al di là dell’oceano, e che ci è sconosciuta.”
— Isidoro di Siviglia (ca. 600 d.C.)
Stampata in mille copie nel 1507, scomparsa per secoli, ritrovata nel 1901 da un gesuita tedesco, e infine acquistata nel 2003 dalla Biblioteca del congresso per dieci milioni di dollari. Sembra la trama di un thriller ma è cronaca: la storia vera della mappa di Waldseemüller, la prima testimonianza a noi nota della parola “America” e una tra le prime rappresentazioni del mondo che indichino l’esistenza di una terra inesplorata e di un altro oceano fra Europa e Asia. Un’intuizione incredibile, dato che il nuovo continente sarebbe stato riconosciuto come tale solo nel 1513. Fu solo un caso? O Martin Waldseemüller e il suo collega Matthias Ringmann avevano accesso a documenti di esplorazioni precedenti, di cui oggi si è persa la memoria? Da questa domanda si dipana una saga affascinante che dai monasteri benedettini del Medioevo ci porta nel cuore dell’età delle scoperte, nel fermento intellettuale e politico di un tempo che cambiò letteralmente la faccia della Terra. Dalle pagine di Lester riemergono le voci di Cicerone, che descrisse un mondo circolare diviso in cinque zone, di Matthew Paris che poneva l’est in cima alla mappa, di Amerigo Vespucci i cui piccanti resoconti delle abitudini degli indigeni convinsero Waldseemüller a dare il suo nome al nuovo continente, e di moltissimi altri. In questo libro ricco e avventuroso sono gli stessi esploratori che salparono verso l’ignoto, e gli scienziati che con le loro intuizioni scardinarono i preconcetti della geografia, a guidarci alla scoperta di un mondo nuovo: il nostro.
Un innocente
sbattuto
in prima pagina.
Un caso
strumentalizzato
dalla politica.
Ma chi era davvero
il mostro
di Roma?
Fra il 1924 e il 1928 Roma è sconvolta da una serie di rapimenti, stupri e omicidi. La stampa si butta a capofitto sulla vicenda, senza risparmiare ai lettori i particolari più morbosi delle sevizie subite dalle vittime, tutte bambine tra i due e i nove anni. L’opinione pubblica inorridisce e invoca al più presto l’arresto del colpevole. Sono gli anni dell’omicidio Matteotti, gli anni cioè delle prove di forza del regime fascista che non ammette debolezze o esitazioni. Per questo interviene a fare pressione sulla polizia Mussolini in persona: come scrivono i giornali dell’epoca, “rabbrividendo nelle più profonde fibre del suo tenerissimo cuore di padre” chiede che, una volta per tutte, quegli orribili delitti vengano puniti. Serve un capro espiatorio. Lo sfortunato si chiama Gino Girolimoni: contro di lui si costruisce un castello indiziario fragilissimo, eppure l’uomo finisce in carcere. Rilasciato in sordina, su di lui resta per tutta la vita il marchio dell’infamia: termina i suoi giorni in miseria, ricordato da tutti come il mostro di Roma. Perché quest’uomo ha dovuto pagare? Chi si voleva coprire accusando un innocente? In una ricostruzione avvincente e documentata, Federica Sciarelli ed Emmanuele Agostini svelano tutti i retroscena di una vicenda giudiziaria esemplare per la strumentalizzazione politica che se ne fece. Rileggendo le testimonianze e i verbali dell’epoca, con sguardo lucido e imparziale, mettono in luce le contraddizioni e la superficialità nelle indagini. Seguendo l’inchiesta da una nuova prospettiva, gli autori arrivano a sfiorare una terribile verità. E a rendere finalmente giustizia a Girolimoni, da tutti considerato colpevole fi no a prova contraria.