Non ci sarà alcuno "scontro di civiltà". Quello che oggi si profila è al contrario un potente movimento di convergenza su scala planetaria nella comune direzione del progresso. E il mondo musulmano non sfugge alla regola. Contro le tesi allarmistiche che vedono nel fondamentalismo islamico la causa primaria di una società chiusa e retrograda, e di un'insanabile frattura con l'Occidente, gli studi demografici di Youssef Courbage ed Emmanuel Todd dimostrano che i paesi musulmani stanno vivendo un cambiamento profondo e radicale, in grado di plasmare le tradizioni e i modelli culturali più rigidi. Dal Marocco all'Indonesia, dalla Bosnia alla Turchia, all'Iran, all'Arabia Saudita, i dati parlano di diminuzione del tasso di fecondità, di aumento dei livelli di alfabetizzazione di uomini e donne, di erosione dell'endogamia: sconvolgimenti che si accompagnano a una graduale rivoluzione delle strutture familiari, dei rapporti di autorità, dei riferimenti ideologici, e che alimentano l'ascesa dell'individualismo. Alla luce di questa analisi, le intolleranze, le violenze e le convulsioni che scuotono oggi l'islam rappresentano in realtà una classica reazione al disorientamento provocato da ogni processo di transizione una reazione destinata alla sconfitta e a cui non sono stati estranei i grandi mutamenti demografici che in passato hanno cambiato il volto dello stesso Occidente cristiano.
Fra duelli di spade, colpi di moschetto e il fragore del fuoco dei cannoni, continua l'avventura rivoluzionaria dei coloni americani, alimentata da una crescente fierezza patriottica e da un rinnovato, incontenibile spirito indipendentista. E l'inverno del 1776, dopo dieci anni di tensione, finalmente è arrivata la resa dei conti, e il governo ribelle di Philadelphia, deciso a liberarsi dal giogo della tirannia britannica, ha autorizzato la creazione della marina militare degli Stati Uniti - un imperdonabile affronto alla flotta più potente del mondo. Il brigantino armato Charlemagne mostra ancora i segni dell'ultima avventura nelle acque di Bermuda, ma la lotta per la libertà impone una nuova, audace impresa: assalire il deposito d'armi britannico sull'isola di New Providence, nelle Bahamas. Il tenace capitano Isaac Biddlecomb, disincantato ma fiducioso reduce di sanguinose battaglie sui mari, si trova così a guidare il primo assalto anfibio della storia navale americana, scoprendo però che il più insidioso pericolo da affrontare è un equipaggio indisciplinato e diviso, sull'orlo dell'ammutinamento per via degli odi trasversali. Di fronte alla minaccia di essere tradito e di perdere il comando della sua nave, Biddlecomb deve trovare il modo di unire i propri uomini contro il comune nemico e portare a termine la delicata missione. Nel frattempo la marina reale inglese si prepara ad affondare il Charlemagne - e la Rivoluzione - sotto il devastante attacco dei suoi cannoni.
Autrice di fama mondiale, amata per la sua particolare sensibilità letteraria, Sue Miller torna a parlarci di famiglia, maternità e fedeltà, attraverso l'intenso ritratto di due donne che agli opposti stadi della vita si trovano a dover affrontare problemi paralleli. La giovane Meri si è appena sposata con Nathan, un brillante docente universitario. Una gravidanza inattesa la costringe a riflettere su se stessa, sullo scarto - che col passare del tempo si fa sempre più ampio - fra aspettative e realtà. Delia, la raffinata vicina di casa, è la moglie del senatore di lungo corso Tom Naughton. L'infedeltà cronica di quest'ultimo è un fatto risaputo nei circoli mondani e politici di Washington, ma ogni volta che s'incontrano, i due sembrano vivere un riavvicinamento profondo e sincero. Com'è possibile, di fronte all'ennesima umiliazione, provare ancora una forma d'amore? Fino a che punto un cammino segnato dai compromessi e dalle delusioni può culminare nella grazia e nel perdono?
Spesso l'intero progresso tecnico e scientifico è attribuito a un ristretto numero di menti geniali che si eleva al di sopra della gente comune. Ma la verità è che la scienza è sempre stata il prodotto di uno sforzo collettivo, e che di volta in volta il risultato del singolo si è avvalso di una consolidata esperienza popolare. Questo studio ripercorre il cammino della scienza dalle sue radici primitive ai nostri giorni illustrando il contributo imprescindibile dei cacciatori-raccoglitori, dei contadini, dei marinai, dei minatori, dei fabbri, delle masse anonime di lavoratori che nei secoli hanno ricavato i propri mezzi di sussistenza dal confronto quotidiano con la natura. La medicina si sviluppò attraverso le proprietà terapeutiche delle piante, scoperte dai popoli preletterati. La chimica e la metallurgia mossero i primi passi nelle antiche fucine, nelle botteghe dei vasai e nelle buie gallerie delle miniere, dove nacquero anche la geologia e l'archeologia. La matematica deve la sua esistenza e molti dei suoi progressi alle pratiche millenarie di mercanti, agrimensori, contabili e meccanici. Contro il retaggio della "tradizione eroica", la ricerca storica di Conner rintraccia le origini trascurate delle grandi scoperte scientifiche per rivelare il vero genio. Quello del popolo.
In "Fuga, ferro e fuoco" s'intrecciano due racconti ambientati in epoche distinte. Da una parte la rivolta di un gruppo di suore nella città messicana di Puebla, nell'anno di grazia 1776; dall'altra, la vicenda personale dello scrittore, vecchio e malato, che si lascia alle spalle una vita priva di emozioni, e si ritira in una casa della Puebla di oggi per scrivere il suo romanzo. Mentre evoca quel lontano successo - la ribellione delle suore contro il potere delle autorità religiose e civili - la città è sconvolta dagli scontri fra studenti e polizia. In questi disordini, ecco il figlio rivoluzionario dello scrittore, che cerca riparo nella casa del padre per curare un compagno ferito. Il passato e il presente risultano così molto meno distanti di quanto si potrebbe pensare, e da queste coincidenze storiche nasce un senso più profondo e complesso della realtà e del romanzo.
La fisica non è forse una scienza noiosa, in grado di confondere le idee al più innocente degli studenti e di far vacillare il più convinto dei professori? Questo breve saggio è la risposta - negativa - a tale domanda. L'intento dell'autore è infatti dimostrare che la fisica può essere interessante e avvincente e che la generale diffidenza nei suoi confronti dipende in realtà dal fatto che il suo aspetto ludico non è ancora stato approfondito e divulgato adeguatamente.
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E se la storia degli Stati Uniti l'avessero scritta gli indiani, gli schiavi, i minatori, gli operai, gli immigrati, le donne? È quanto si è chiesto Howard Zinn affrontando questo libro e ripercorrendo i cinque secoli di vita del Nuovo Mondo. L'arrivo di Colombo sul continente, visto attraverso gli occhi degli arawak, apre un emozionante racconto che rivela le condizioni dei nativi durante la conquista del West, le proteste contro gli obiettivi imperialistici della Guerra ispano-americana, le lotte per la fine della schiavitù, la nascita dei sindacati e i primi scioperi, le rivolte prodotte dalla vertiginosa crescita economica dell'Ottocento e dall'ascesa degli Stati Uniti al rango di superpotenza. Il viaggio prosegue nel Ventesimo secolo attraverso il suo carico di guerre e rivoluzioni, speranze e disinganni. Zinn descrive la resistenza popolare all'aggressiva politica estera del governo, le grandi battaglie per i diritti civili e l'emancipazione femminile, le conquiste e le delusioni del pacifismo, le vicen de dei movimenti di contestazione fino alle soglie cupe del presente, con la guerra al terrorismo e il conflitto in Iraq. Corredata da un pratico glossario e accompagnata da testimonianze dirette di schiavi fuggitivi, attivisti politici e reduci di guerra, l'appassionante ricostruzione di Zinn scava nelle multiformi contraddizioni della democrazia americana.
Il New Deal di Franklin Delano Roosevelt è oggi considerato come un ideale democratico, la fiera risposta americana a una crisi economica che spinse la Germania e l'Italia verso la deriva del fascismo e del nazionalsocialismo. In realtà, negli anni Trenta, le tre forme di governo non erano così diverse come si è soliti credere. Prendendo le mosse dalla Grande depressione, Schivelbusch indaga la nascita e la fortuna di un nuovo tipo di stato, sostenuto da una massiccia propaganda governativa, guidato da una figura carismatica e volto alla salvaguardia della stabilità e del potere costituito. Emergono così sorprendenti somiglianze fra le politiche di Roosevelt, Hitler e Mussolini: il controllo governativo dell'economia e della società; il valore simbolico delle grandi opere pubbliche, che non solo crearono nuovi posti di lavoro, ma si imposero come vivide emanazioni dell'autorità statale; la forza persuasiva delle "chiacchierate al caminetto" di Roosevelt e dei discorsi di Mussolini alla radio; l'architettura monumentale che plasmò Washington come Berlino; le martellanti campagne di arruolamento dei cittadini, chiamati a essere leali difensori della patria; l'esaltazione dei concetti di nazione, popolo e terra. Frutto di un'analisi scientifica dei programmi e delle strategie politiche, questo studio comparato, lungi dal minimizzare le essenziali differenze fra i tre regimi, ne approfondisce i comuni elementi populisti e paternalisti.
Emozioni, idee, paure, desideri, spiritualità, e tanti altri aspetti della nostra vita che ci caratterizzano come esseri umani dipendono dalle complesse operazioni del nostro cervello. Quando ci interroghiamo su noi stessi, sono molte le domande che sorgono: l'anima non è altro che il risultato di reazioni chimiche ed elettriche? Un aspetto tanto importante della nostra esistenza come l'amore deriva semplicemente da certe connessioni neuronali? È possibile manipolare il pensiero degli altri? Gli artisti hanno un cervello diverso da quello delle persone comuni? Ciò che ci dice il nostro inconscio è quello che siamo? Inganniamo le nostre percezioni? Abbiamo lo stesso cervello dei nostri antenati dell'età della pietra? La quantità di interrogativi che suscitano il cervello e il suo modo di funzionare è infinita. Scienziati, filosofi, artisti, tutti i grandi pensatori sono stati attratti da questo enigma nel corso della storia, ma il Ventesimo e il Ventunesimo secolo stanno finalmente offrendo le chiavi di accesso a quelli che sembravano misteri insondabili. Sollevando i dubbi che tutti noi ci poniamo, l'indagine condotta da Eduardo Punset ci introduce alle riflessioni degli studiosi più autorevoli in materia, permettendoci di esplorare i grandi segreti racchiusi nel cervello umano.
In un'importante mostra d'arte di Milano compaiono sei quadri neri di sconosciuta provenienza. Un errore? Uno scherzo? O forse la chiave di un nefasto mistero? Un art detective e una cerchia di esperti e professionisti del settore, fatalmente attratti dall'enigma, scoprono che le tele imbrattate nascondono non solo antichi dipinti, ma anche l'inquietante capacità di resistere al fuoco e agli agenti naturali, risalendo alla leggenda di quadri che in passato portarono alla rovina chi volle distruggerli. Testi d'epoca, diari e carteggi resuscitano una fantasmagorica galleria di artisti, cortigiane, fanatici visionari, nobili diabolici, trasformando l'indagine in un vorticoso e imprevedibile viaggio a ritroso nel tempo, attraverso calcoli alchemici ed echi simbolici, lotte sanguinarie, macchinazioni perverse, società occulte ed estasi dionisiache, sulle tracce degli arcani segreti della Cromantica, l'arte magica che sta all'origine dei dipinti. La visione diviene morboso delirio, l'arte trasmuta in prezioso artificio e il gioco allucinatorio si traduce in una sinistra cospirazione che incombe sul presente.