L'autore osserva i profondi mutamenti della percezione del tempo nella società contemporanea in relazione alla perdita di significato del lavoro. Alla frantumazione della figura del lavoro salariato tradizionale corrisponde la trasformazione del significato sociale del tempo e l'esplosione del tempo libero nelle sue varie forme. E' il segno di un mutamento d'epoca, ma anche di una crisi della società che è paradossalmente in ritardo rispetto alle modalità delle sue organizzazioni pratiche.
la competizione di supremazia tra fede e ragione trova nella supremazia semandica del linguaggio una risposta, che la ragione esperta non puo`disconoscere. In questo saggio si ripercorre l itinerario ideale della crisi scientista proponendo gli esiti piu`coerenti. La competizione di supremazia tra ragione e fede, che conosce una lunga storia filosofica, trova indirettamente, nella vicenda del positivismo logico del secolo appena concluso, un esito largamente favorevole alla ripresa del discorso religioso. I neopositivisti, forti di un criterio assoluto di discriminazione di senso, quale credevano che fosse il principio di verificazione, importato supinamente dalle scienze della natura, avevano rigettato come insensato il discorso metafisico e quello religios
Seminario tenutosi presso la biblioteca della Pro Civitate christiana di Assisi e i cui contenuti specifici sono raccolti in questo volume. Con la fine del secolo breve" e l'inizio del terzo millenn io un nuovo personaggio e`salito alla ribalta della sto-ria: lo straniero, cioh l'uomo ch e e`estraneo al paese in cui si insedia e che e`alla ricerca di nuove chances di vita, di nuove esperienze capaci di dare un senso alla propria esistenza, puo`senza rinunciare al proprio passato e senza rinnegare le proprie radici. Lo straniero e`dunque un "segno dei tempi" e, come tale, costituisce una sfida per il mondo occidentale. Autori: vittorio cotesta, professore di sociologia nell'universita di salerno; ca rmine di sante, biblista; roberto gatti, professore straordinario di filosofia politica nell'universita di perugia; dan iella iannotta, docente di storia del linguaggio nell'unive rsita di roma tre; roberto mancini, professore as-sociato di ermeneutica filosofica nell' universita di macerata; godfrey igwebuike onah, docente di an-tropologia filosofica nell universita urbaniana di roma; antonio pieretti, ordinario di filosofia teoretica nell universita di perugia; sergio sorrentino, docente di filosofia della religione nell universita di salerno. "
Risolvere il problema del male è sempre stata l'ambizione di ogni tentativo di teodicea. Come gli altri esemplari del genere, il saggio di Rosmini utilizza, vagliandoli uno per uno, una serie - storicamente 'codificata' - di complicati meccanismi giustificativi. L'idea centrale di questo lavoro non è tuttavia quella di analizzare soltanto la soluzione offerta, indovinandone in 'filigrana' illustri interlocutori come Leibniz, Rousseau, Malebranche, Bayle e Spinoza: è fin troppo semplice mostrare come anche la teodicea rosminiana funzioni solo per i 'grandi numeri'. Meno semplice è capire perché il singolo soggetto sofferente è 'fatto fuori', evacuato dal discorso teodiceizzante. Da qui, l'idea di rovesciare l'approccio: non, quindi, cercare nella soluzione proposta dalla teodicea le ragioni che dovrebbero spiegare il problema del male, bensì cercare nella costituzione stessa del male come problema le ragioni della teodicea come discorso. Ne emerge una 'grammatica' del patire, strutturata secondo una duplice catena di 'significanti', attorno a cui il 'significato'/soluzione del male appare costruito, 'detto' secondo precise regole di un 'dire' che, manco a dirlo, non è mai di qualcuno che soffre. Tanto più strano se si pensa che, tra i 'significanti' del linguaggio rosminiano del male, si incontrano le parole di Giobbe. Certo, si tratta di un Giobbe cristianamente trasvalutato. Ma che ne è della teodicea come discorso se, per dire il male, si utilizza la 'grammatica' jobica, senza alleggerimenti 'terapeutici'? Non accade forse che il singolo soggetto sofferente è finalmente in questione, avendo per la prima volta voce nel 'capitolo' della propria sofferenza?
Paolo Gomarasca (1970) si è laureato in Filosofia nel 1994 presso l'Università Cattolica di Milano. Nel 1996 ha lavorato alla Facoltà di Teologia di Lugano, occupandosi della filosofia morale e dell'antropologia teologica di Antonio Rosmini. Nel 1997 ha conseguito il Diploma di studi approfonditi (DEA) in Filosofia all'Institut de Philosophie de l'Université Catholique de Louvain-la Neuve in Belgio, lavorando sull'etica di Lévinas. Dal 2001, è dottore di ricerca in filosofia e collabora al corso di Antropologia filosofica sotto la direzione scientifica del prof. Botturi. Ha pubblicato "Rosmini e la forma morale dell'essere" (Milano 1998). Diversi altri studi su Rosmini e sul tomismo trascendentale della scuola di Maréchal sono apparsi su «Divus Thomas» e sulla «Rivista rosminiana di filosofia e di cultura», del cui Consiglio scientifico è membro.
In questi saggi Frege espone la sua visione dei rapporti che intercorrono fra logica, verità, significato e conoscenza. Le tematiche inaugurate da Frege sono state al centro del dibattito in filosofia del linguaggio e nella logica per tutto il secolo XX, da Russell, Wittgenstein e Carnap fino a Quine, Davidson, Kripke, Purnam e Dummert.
LEZIONE INAUGURALE DI FILOSOFIA TENUTA DALL AUTORE IN CUI SI APPROFONDISCONO IL PROBLEMA DI DIO NELLA FILOSOFIA MODERNA presentazione di sua ecc.za angelo scola. Temi tratta ti: - la filosofia mode rna e il problema di dio; - il problema di dio. La pr ospettiva razionalista" e quella "empirista"; - la c ritica kantiana e la soluzione hegeliana al problema di dio; - teologia filosofica e dimostrazione dell'esistenz a di dio; - conclusione : una messa in discussione della interpretazione "immanentistica" della filosofia moderna."
Il libro contiene una certa polemica antiempiricista ed una forte polemica contro Umberto Eco, senza voler minimamente negare il suo acume ed i suoi meriti nel campo ristretto della semantica. Mi sento più vicino non soltanto alla filosofia trascendentale del soggetto, ma anche al Sofiste di Platone e ad Heidegger.