In questo breve saggio l'autore si propone un triplice obiettivo. Il primo riguarda la chiarificazione di alcuni termini andati arbitrariamente in disuso e che sviano dalla corretta conoscenza del fenomeno. Il secondo è quello di proporre un modello interpretativo della pedofilia che non tenga solo conto delle situazioni prossime agli eventi criminosi, ovvero quelle a ridosso dei fatti, bensì quelle remote, che non sembrano avere nulla a che fare con i gesti ed i comportamenti di chiara matrice patologica. Questi comportamenti entrati nello stile di vita di tutti vengono sottovalutati e tolgono al bambino la sana attenzione derivante da un?educazione serena ed equilibrata. Essi richiedono l'attenzione simultanea di tutti coloro i quali, a vario titolo, ruotano attorno al bambino ed alle sue necessità tra cui in primo luogo la protezione dalle insidie del mondo. Il terzo obiettivo è quello di indurre nel lettore un sano protagonismo che prenda il suo inizio da una revisione personale dello stile di vita, del proprio comportamento quotidiano e dei valori. In tal senso le sollecitazioni che provengono dal modello presentato in questo saggio miranti l'individuazione delle cause remote, si basano sull'assioma che tutti noi possiamo avere una qualche responsabilità, oppure possiamo dare un contributo determinante alla soluzione.
Accompagnato da Virgilio, Dante visitò tutti e nove i cerchi dell'Inferno, dove si puniscono per l'eternità i malvagi irredimibili; ma nel ventre di quel luogo spaventoso non trovò traccia dei disabili. Eppure, a quel tempo, essi erano considerati portatori del peccato massimo, e cioè la non conformità fisica e mentale al paradigma della specie umana, come dire all'immagine di Dio. Il decimo cerchio è quel pezzo di Inferno che va cercato sulla terra. Da sempre l'esser fuori da una norma è considerato un attentato all'ordine naturale delle cose, un pericolo da combattere con ogni energia. La presenza di caratteri che differenziano un individuo dalla maggioranza dei suoi simili è in grado di produrre uno svantaggio sociale, un handicap, e lo relega ai margini della comunità di appartenenza, quando non lo estromette del tutto. Nel corso dei secoli il significato di disabilità è stato molto più affine a quello di colpa e peccato, oppure di inutilità; talvolta anche di crimine. La storia della disabilità è la mappa delle più irrazionali e ataviche paure dell'uomo; l'orrore della diversità, di tutto ciò che in qualunque modo non è conforme alla corrente idea di normalità; il sospetto che possa portare sciagura e morte; la conseguente, feroce determinazione a cancellare per quanto possibile ogni segno della differenza o almeno a irreggimentarlo per negargli potenza e renderlo innocuo. Presentazione di Giorgio Cosmacini.
Anche i genitori invecchiano e per un figlio è sempre difficile accettarlo. Come affrontare le loro nuove debolezze, fragilità, le continue richieste di attenzioni, e l’ineluttabilità della loro disperazione. È inevitabile sentirsi impreparati a diventare genitori dei propri genitori ma è una situazione che prima o poi ogni figlio si trova davanti. Ed è di questo delicato momento che ci parla Sophie Fontanel. Ci racconta di una madre di ottantasei anni, con la memoria che va e viene, che ogni tanto cade e si fa male, che improvvisamente ha bisogno di cure continue e che non sa più stare da sola. Ci descrive come la sua vita di donna in carriera, indipendente, libera si trasformi radicalmente. I sensi di colpa, le preoccupazioni, le corse in ospedale, le vacanze cancellate all’ultimo momento. Ma Sophie Fontanel ci parla anche del grande amore che le unisce, della loro complicità, dei segreti, le confidenze, di quel rapporto unico e speciale che solo una madre e una figlia hanno. E di come in un momento come questo, in cui le parti sembrano invertite, in realtà un figlio ha ancora tanto da imparare dal proprio genitore. Perché non si finisce mai di crescere.Compralo su LibreriaColetti.it
L ºimmaginario popolare pensa alla terza et√† solo come disfacimento fisico, indebolimento delle facolt√† cognitive e affettive, lento ritiro dal mondo, inevitabile declino verso la morte. Contro questi equivoci protestano le analisi pi√π recenti della psicologia, della sociologia e dell ºantropologia: la longevit√† dischiude infatti una forma di vita originale e rilevante, durante la quale si apprende quanto √® sfuggito nel tempo del vigore fisico e si riesce a comprendere l ºumano per intero. Se il mondo esterno non lusinga pi√π come terreno di conquiste, si apre invece quello interiore, che porta a compimento l ºesistenza e a maturazione i suoi frutti: la serenit√†, l ºesperienza del limite, la saggezza, la tolleranza, il senso dell ºumorismo.
L ºuomo non si afferma solo quando trasforma con la propria azione il mondo esterno: il pi√π grande successo lo raggiunge quando muta e migliora se stesso. Finch√© si vive si √® sempre posti a confronto con un compito, non si finisce di imparare e crescere. A patto che la longevit√†, nonostante i disagi dell ºet√† che avanza e la salute che si fa cagionevole, non sia subita, ma accettata e vissuta come momento per realizzare davvero se stessi. La piena maturit√† ha bisogno di tempo, di molto tempo, che diventa opportunit√† unica per chi la sa sfruttare.
Mario Bizzotto ha studiato teologia a Vicenza, Verona e Vienna dove ha completato gli studi teologici conseguendo il dottorato in filosofia con una dissertazione su San Bonaventura. In Italia ha continuato lo studio della filosofia insegnando ermeneutica, etica filosofica e antropologia allo Studio teologico San Zeno di Verona. Tiene corsi di antropologia medica all ºIstituto Internazionale di Teologia Pastorale Camillianum di Roma. Presso Studium √® autore de Il corpo e il volto (2005), pubblicato in questa collana. Tra le altre sue pubblicazioni segnaliamo: Erkenntnis und Existenz. Conoscere e interpretare; Rinascita dell ºetica; Il Grido di Giobbe. L ºuomo, la malattia, il dolore nella cultura contem poranea; Esperienza della morte e speranza.
In forma di romanzo, con notevole padronanza di scrittura, l'avvocato Giorgio Aldo Maccaroni ci racconta fatti veri, dolori autentici, disperazioni apparentemente senza sbocco, ma anche solidarietà profonde, che nascono precoci e contagiano gli adulti.
«La vecchiaia è una brutta bestia», si sente dire. Ma non solo; e non sempre.
La vecchiaia può essere il momento di massimo splendore di una vita intera, vissuta pienamente in ogni sua età. Momento in cui la persona umana, ricolma di emozioni e di esperienza, “vede” un po’ meglio tante cose, decantate nel tempo, e desidera che il frutto dolce e maturo non si perda. Vuole donarlo, metterlo a disposizione dei figli, dei giovani, di chi si affaccia adesso a questa avventura.
La longevità diffusa, fenomeno recente nella storia dell’uomo e soprattutto crescente, per certi versi anche problematico e spiazzante, diventa quindi un patrimonio da custodire, da non lasciar disperdere. La longevità è il frutto di tante conquiste dell’umanità. È segno di civiltà. È una ricchezza preziosa soprattutto nel campo delle relazioni, essendo il collante naturale di una società dispersa, sbattuta di qua e di là da abitudini e idee disordinate, con le famiglie divise e indebolite dai molti impegni di una vita frenetica e confusa.
Ma proprio perché culmine di una lunga vita, una vecchiaia di successo non ce la si inventa: longevi si diventa. Perché si raccoglie solo ciò che si è seminato. Una vecchiaia serena e piena la si costruisce da giovani e prima ancora da bambini.
Un libro utile ai longevi per le mille informazioni e la “visione” che fornisce, ma ancora più utile ai giovani che hanno il tempo di prepararsi adesso, consapevolmente, a vivere al massimo (anche) l’età più piena: per trovare tutti insieme, in una equilibrata riconciliazione e nella collaborazione intergenerazionale, la strategia vincente che ottenga la soddisfazione di tutti nell’affrontare il mondo che cambia, che non è più lo stesso anche nella demografia. Perché si dice che la civiltà e la ricchezza di un popolo dipendono, nel breve, dall’economia, nel medio periodo dalla politica, e nel lungo dalla demografia.
«Un libro importante che apre nuovi orizzonti»: Carlo Vergani, uno dei maggiori gerontologi italiani.
La ricerca affrontata nel libro nasce dall’esigenza di aumentare l’impatto delle politiche regionali nei confronti delle persone con disabilità per migliorarne il benessere individuale, quello delle famiglie e della collettività, e ottenere così un’inclusione più duratura e partecipata. Questo processo segue un impianto teorico e d’intervento in grado di cogliere la multidimensionalità e la dinamicità che caratterizzano il benessere e il ben diventare delle persone con disabilità, impianto innovativo rispetto ai presenti modelli teorici di riferimento negli studi sulla disabilità. Questo libro è orientato a un preciso approccio teo rico: quello delle capability, elaborato dal Premio Nobel per l’economia Amartya Sen e portato avanti da sempre più numerosi studiosi internazionali. Gli autori non solo recepiscono le formulazioni più consolidate di tale approccio ma, sulla scorta dei problemi incontrati nella ricerca, hanno rielaborato ed esteso vari aspetti di quella teoria quali le relazioni di prossimità e le capability collettive.
In questo libro vengono riportate storie vere (alcune già pubblicate sul La Vita del Popolo di Torino) di persone che si trovano in situazioni di oggettiva difficoltà e fatica, determinate a volte da un handicap, o da una malattia, dal disagio sociale o da sofferenze di altro genere.
Il «filo conduttore» che caratterizza queste testimonianze è quello della «speranza». Sono queste persone stesse che manifestano la «gioia di vivere» nonostante i gravi fardelli da portare. Sono gente normale, ma con qualcosa di speciale.
Il loro messaggio è soprattutto un invito a «guardare oltre» per sapere scorgere le piccole bellissime cose di cui la vita è costellata e delle quali non sempre ci rendiamo conto.
siamo circondati da persone speciali, che non si servono delle proprie qualità umane straordinarie per svettare su chi, come noi, fatica a districarsi tra i mille problemi del quotidiano: sono persone che ci trasmettono, con la semplicità del loro sorriso e del loro raccontarsi, una gioia sincera, profonda e contagiosa.
(L’autrice)
Punti forti
Storie vere e testimonianze di persone che vivono situazioni di difficoltà, disabilità e malattia, caratterizzate dal senso della speranza che va oltre la sofferenza.
Vengono spesso citate e descritte molto opportunamente le attività significative di associazioni e/o comunità come: Comunità di Sant’Egidio, R.a.Vi (Ricominciare a vivere), Scout, La Piccola Casa della Pivina Provvidenza del Cottolengo ecc.
Destinatari
Educatori/Studenti/Parrocchie
Sacerdoti/insegnanti/associazioni/gruppi
Per chi fa volontariato (Anno delVolontariato)
Autrice
Chiara Bertoglio è nata nel 1983, inizia lo studio della musica a tre anni si diploma in pianoforte all’età di 16 anni e ottiene inoltre diplomi in Svizzera, in Inghilterra e nell’ambito dei Corsi triennali di perfezionamento dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma. Attualmente studia per un PhD (dottorato di ricerca) presso l’Università di Birmingham (UK). È concertista, insegnante di pianoforte e ha partecipato a concerti e a programmi radiofonici e televisivi in Italia e in tutta Europa. Collabora con testate prestigiose come Panorama, e La Vita del Popolo di Torino. Tra le sue pubblicazioni: Voi suonate amici cari (ed. Marco Valerio Editore 2005); Per sorella musica (Effatà 2009); Logos e musica: Ascoltare Cristo nel bello dei suoni (Effatà 2009).
L’adozione matura su storie di sofferenza, di perdite, di separazioni che bambini e adulti. Eppure oggi non ci si interroga quasi più se la coppia abbia fatto o meno indagini per l’accertamento dell’infertilità, ci si interroga invece su quanto i percorsi e i fallimenti dei tentativi di procreazione assistita abbiano lasciato segni nella loro storia. Anche l’età dei bambini, le loro storie di istituzionalizzazione, il ripetersi di separazioni e perdite, i maltrattamenti e gli abusi subiti, appaiono quasi una costante nell’esperienza adottiva. Ben sappiamo quanto il trauma agisca da attivatore inconscio e quanto le emozioni ad esso collegate tendano a contagiare le relazioni che ognuno stabilisce e da cui ognuno dipende. Questo libro è uno strumento per condividere le modalità con cui i professionisti tendono a difendersi e/o gestire proprio questi aspetti.
E' un volume indirizzato al grande pubblico, con una particolare attenzione ai giovani e a quanti operano, a diverso titolo, con i minori. Prefazione di Alfonso Paggiarino. Conoscere le storie di minori detenuti per riflettere sugli stili di vita e comportamentali dei giovani di oggi: è questo, in sintesi, l'obiettivo che l'Autore si è proposto nel libro, dove riporta i colloqui avuti con gli adolescenti rinchiusi nell'Istituto penale per i minorenni del Triveneto, e le interviste e le riflessioni di alcuni specialisti che operano fuori e dentro la struttura.
Come si possono spiegare i comportamenti autodistruttivi, se l'uomo si caratterizza per una fondamentale tendenza all'autoconservazione? Nel libro alcune storie di vita vissuta.
Il volume descrive l’opera della Casa do Menor São Miguel Arcanjo in Brasile. Siamo nel pieno del disastro prodotto dalla miseria e dal narcotraffico.
Il fenomeno delle bande armate di minorenni, per non dire di bambini, è certo una delle aberrazioni più vistose provocate dagli squilibri economico-sociali a livello internazionale, i quali fanno cadere intere regioni, paesi e parti di popolazioni in una situazione che, per riprendere le parole di Majid Rahnema, non ha più nulla a che fare con la povertà, ma riguarda un livello radicale di miseria materiale e spirituale. Il fenomeno delle gangs e di gangsters-bambini ha ancora in Brasile dimensioni impressionanti. Qui si inserisce l’esperienza di Renato Chiera e della Casa do Menor.
La vasta esperienza con bambini e adolescenti vittime della droga, del narcotraffico, della prostituzione e della violenza nella Baixada Fluminense e in molte altre zone del Brasile lo ha portato alla conclusione che questo dramma sia dovuto a una serie di «assenze» dello Stato, della società, della famiglia, di opportunità, di futuro, sintetizzate in una assenza di presenza di amore. Padre Chiera propone, quindi, una «Pedagogia Presenza»: essere presenza accanto ai bambini e ai ragazzi esclusi, per restituire loro la capacità di sentirsi amati, di amarsi, di amare gli altri e, in questo modo, di raggiungere la maturità completa.
Presenza, da un lato, ci restituisce uno spaccato drammatico della realtà brasiliana, ma, dall’altro, ci pone in un’esperienza di speranza. Il libro propone una riflessione su tale esperienza, con lo scopo di contribuire a un progetto di educazione non solo dei meninos de rua brasiliani, ma anche nel cuore della vecchia Europa, e di stimolare la revisione del ruolo dello Stato, della società e delle associazioni in questo ambito tanto delicato. Un libro dedicato agli operatori sociali, agli educatori e alle famiglie, in qualsiasi parte del mondo.