La religione - in particolare il cristianesimo - è sul viale del tramonto? Apparentemente sì. In Occidente, soprattutto in Europa, seminari, chiese e parrocchie si svuotano ogni anno di più. Gli scandali che hanno per protagonista il clero emersi in molte nazioni - i crimini della pedofilia, ma non solo - minano dalle fondamenta la struttura della Chiesa, indebolendo l'eredità millenaria del messaggio di Cristo. Parallelamente, nella società civile si radica e diffonde l'idea secondo la quale chi si dichiara credente e praticante merita la patente di oscurantista e retrogrado. La forza culturale del cristianesimo è dunque messa in discussione da una laicità che sempre più trova nel progresso tecnologico la chiave per rivoluzionare i concetti stessi di vita, verità, civiltà e progresso. Ebbene, questo libro propone una tesi di fondo opposta. Dati alla mano, dimostra che nel mondo le grandi religioni non solo non arretrano, ma avanzano. Nei numeri e nella vita quotidiana di milioni di persone, che di fatto restano credenti - talvolta in modo sorprendente - perfino in Paesi dove la secolarizzazione sembra trionfare. Soprattutto la fede cristiana ha ancora molto da dire agli uomini e alle donne di oggi, anche perché veicola fiducia nella ragione, promuove la pace e la concordia, valorizza l'altruismo, rafforza i legami familiari, propone valori preziosi per la crescita dei giovani. Persino la pandemia non ha eliminato il bisogno di pregare. Ci sono insomma tutte le premesse per immaginare che quello del futuro sarà un mondo religioso.
Il 12 maggio 1003 muore a 63 anni Gerberto d'Aurillac, già abate di Bobbio, arcivescovo di Reims e di Ravenna, papa con il nome di Silvestro II. Dialettico, matematico e inesauribile bibliofilo, l'inafferrabile papa dell'anno Mille è stato uno straordinario protagonista del Medioevo europeo e dell'evoluzione del sapere sperimentale. Si narrava tuttavia che fosse diventato famoso e potente grazie ai favori del diavolo. I detrattori e gli inesauribili avversari delle sue scalate al potere hanno osteggiato in ogni modo la sua cultura eterodossa. In un intreccio di scienza e magia, di vita reale e di leggenda ha così preso forma un mito che va oltre la biografia del personaggio e oltre il Medioevo, in un mutevole paesaggio di episodi e avventure che si organizzano in un indimenticabile quadro storico.
«Un libro toccante, esigente e di incomparabile ricchezza spirituale» Robert Sarah Quello dei Ventuno giovani cristiani copti decapitati dall'Isis il 15 febbraio del 2015 è stato definito come "il più grande caso di martirio cristiano del nostro tempo" (Anba Macarius). La straordinaria compostezza mostrata dai 21 martiri che affrontano la morte invocando il nome di Gesù Cristo ha suggerito a Martin Mosebach l'idea di un libro diventato la scoperta di una storia perduta, quella del cristianesimo copto. Gli incontri e i dialoghi intrattenuti con le famiglie dei giovani martiri e con i rappresentanti del clero copto ci aprono ad un contatto vivo con una fede millenaria. Il reportage è così diventato un magistrale saggio di profondità antropologica, sociologica e storica. La secolare persecuzione subita dai copti a partire dalla conquista araba sembra oggi rivelarsi una speciale grazia. Questa "Chiesa dei martiri" nasconde un destino, un tesoro, una missione: contribuire a trasmettere, in modo credibile, ad un tempo incerto e desolato come il nostro, la fede e la liturgia del primissimo cristianesimo. Un viaggio, dunque, nella "storia perduta del cristianesimo", in quel millennio d'oro della Chiesa mediorientale a cui un'Europa smarrita e sazia dovrebbe ricominciare a guardare per riscoprire se stessa. Un nuovo, straordinario miracolo che si aggiunge alle storie ammalianti raccolte da Martin Mosebach. «Perché volete incontrare queste persone? Non aspettatevi troppo. Sono tutte uguali. Voi potete far visita a qualsiasi famiglia copta e troverete ovunque lo stesso atteggiamento verso la Chiesa, la stessa fortezza e la medesima disposizione verso il martirio. Qui non vi è una Chiesa occidentale in una società occidentale. Noi siamo la Chiesa dei martiri. Non vedo alcun problema ad affermare che nessun copto nell'Egitto settentrionale tradirebbe la fede». Prefazione del card. Robert Sarah.
Può, un libro rivolto a chi non indossa più la talare e l'àbito della sua consacrazione, diventare un libro di spiritualità? Può, una veste che si logora e passa, segnalare una verità eterna e che cambia la vita? Può una tradizione secolare, multiforme e che si adatta ai luoghi e alle persone, essere espressione dell'unica fede in Cristo Signore? Può un sacramentale di stoffa raccomandare al Cielo chi lo indossa e difendere dalle tentazioni chi lo ama? A partire dalla propria intuizione e storia, ma attraverso la storia e le leggi e la vita ecclesiastiche, l'autore risponde a tutte queste domande; offre la premessa di antropologia soprannaturale che conduce sia a una vita virtuosa sia ai segni; approfondisce e unifica il tema; difende da inconsistenti obiezioni l'uso dell'àbito; si appoggia a tanti fulgidi esempî; ed infine esalta e suggerisce il santo equilibrio cattolico. De habitu sancto ovvero La fede fa l'àbito rompe parecchi luoghi comuni, primo fra tutti quello che l'àbito non faccia il monaco.
Una serie di aneddoti storici sui papi che, a modo loro e nelle diverse epoche, hanno contribuito a cambiare il volto della Chiesa.
Il 2 marzo 1939 il cardinale Eugenio Pacelli veniva eletto papa, e dieci giorni dopo saliva al soglio pontificio con il nome di Pio XII. Fu dunque suo il compito - tutt'altro che semplice - di guidare la Chiesa negli anni terribili del-la Seconda guerra mondiale. A conflitto finito, Pacelli fu salutato come il salvatore di Roma dallo scempio dell'occupazione nazista: politici di primo rango e influenti personalità del mondo ebraico ne elogiarono il comportamento e l'operato. Di lì a poco, però, quella visione cambiò radicalmente. Prima la stampa sovietica poi la celebre pièce teatrale "Il vicario" lo descrissero all'opinione pubblica sotto tutt'altra luce. Cominciò a serpeggiare la cosiddetta «accusa del Silenzio», che voleva Pio XII omertoso rispetto all'orrore dei campi di concentramento e in buona sostanza complice dei nazisti. Dove stava la verità? Cosa sapeva davvero il papa delle atrocità commesse durante la guerra? Quanto erano fondate le ricostruzioni che parlavano di uno scambio epistolare tra lui e Roosevelt per prevenire l'escalation della guerra, di reti segrete per supportare la fuga dei perseguitati dal regime, di battesimi improvvisati volti a salvare migliaia di ebrei dalla deportazione? Da allora le valutazioni su Pio XII non si sono più ricomposte, e ciclicamente le discussioni sulla sua controversa figura tornano a infiammarsi. Così, deciso a spiegare le azioni del suo predecessore, papa Francesco ha da poco desecretato i documenti a riguardo. Johan Ickx lavora da più di due decenni negli archivi della Santa Sede, e oggi dirige l'Archivio Storico della Sezione per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato: chi meglio di lui, dunque, può raccontarci cosa dicono quelle carte, e fare finalmente chiarezza? Affidandosi alle sole testimonianze documentali autentiche, l'autore di questo libro ricostruisce per noi le vicende che videro protagonisti Pacelli e i suoi più stretti collaboratori, il celebre Bureau, dipingendo una serie di ritratti tanto vividi quanto accurati. E provando a fare luce su uno dei grandi misteri irrisolti della Seconda guerra mondiale.
Le tre "Confutazioni contro di iconoclasti" di Teodoro lo Studita, monaco bizantino vissuto tra l'VIII e il IX secolo, sono un trattato in forma dialogica che testimonia tutta la forza spirituale del Santo nell'affrontare, con franchezza d'animo e profonda convinzione, l'eresia iconoclasta. Le argomentazioni dell'autore, esposte secondo la logica del sillogismo di tradizione greca, manifestano la sua straordinaria cultura, dimostrandosi fondate e inattaccabili, non lasciando spazio al dibattimento perché la verità è unica ed eterna. Il libro di Antonio Calisi - noto iconografo e conoscitore della teologia e della liturgia bizantina - è la prima traduzione in lingua italiana del testo antico edito da Migne nella Patrologia Graeca (vol. 99) e offre un notevole contributo alla conoscenza della questione delle icone e del dibattito sull'ipostasi di Cristo. Un utile supporto di studio per gli appassionati della teologia dei Santi Padri e della storia della Chiesa nell'impero bizantino ai tempi di Teodoro lo Studita. La prefazione è opera di Emanuela Fogliadini.
Il mondo universitario del XIII secolo, con le sue «libertà» e le sue «costrizioni», è il contesto in cui si è elaborata la teologia di grandi dottori della Chiesa come Alessandro di Hales, Bonaventura e Tommaso d'Aquino. Verger ci introduce a quel mondo, mostrandoci il suo costituirsi e il suo organizzarsi in istituzione, le sue tensioni interne, gli interessi e i controlli politico-religiosi che vi si manifestano, le prassi dell'insegnamento, ma anche i fattori che finirono per garantire ai teologi uno statuto sociale, mezzi concreti di esistenza e di lavoro, libertà di pensiero e di parola. Sarebbe impossibile comprendere lo sviluppo della teologia del XIII secolo se si trascurasse il nuovo quadro istituzionale dell'università, nato dalla convergenza, eccezionale nella storia, della riflessione dei maestri, dell'entusiasmo degli studenti, dell'interesse dei prìncipi e della sollecitudine della Chiesa. Apre il volume un saggio dello stesso autore dedicato alla sociologia della conoscenza teologica nel Medioevo, che ripercorre le tappe di tale appassionante evoluzione.
In questo volume voci diverse per ambito tematico e cronologico, oltre che per metodo, si misurano con un tema difficile, che attraversa la storia di genere aprendosi a nuovi spazi di indagine lungo le vie del sacro. I contributi raccolti coprono un orizzonte assai vasto, che pone nuove domande su cesure e continuità storiche nell'ambito dell'Europa cristiana, dal tardo antico all'età contemporanea. Nel percorso si incontrano persone e immagini, donne che agiscono in carne e ossa e al tempo stesso riflettono la loro cultura di appartenenza: vengono restituite le vicende di badesse, mistiche, fondatrici di movimenti religiosi, donne che scendono sui campi di battaglia veri e propri o in quelli della politica. Ne risulta illuminata la complessità e la ricchezza dell'esperienza femminile, il cui ruolo si muove tra uno specifico carisma e il trovar posto negli edifici concettuali e sociali della tradizione cristiana.
L'affermazione del primato del papato romano; la nascita e lo sviluppo del monachesimo; gli Ordini mendicanti e le nuove forme di religiosità basso-medievale: mille anni di sperimentazione continua, e talora di veri e propri rivolgimenti, che hanno plasmato le strutture istituzionali della Chiesa. Una nuova edizione con aggiornamenti bibliografici.
L'omelia Non si parli in pubblico per compiacere fu presumibilmente pronunciata tra maggio del 386 e gennaio 387 ad Antiochia di Siria. Lo sforzo pastorale si concentra sulla figura del sacerdote che riveste il ruolo di pastore d'anime; il testo prende avvio dal comando paolino ammonisci, rimprovera, esorta (2Tm 4,2), ma in questa sede il pastore intende soprattutto sollecitare a ricordare i propri peccati, finalizzato al pentimento (?????o?a) e alla confessione (??a????????). Il pentimento è di tipo personale, in cui il fedele chiede a Dio di perdonarlo, perciò si instaura un rapporto diretto con lui al fine di reintegrarlo (??a???o?a?) nella comunione universale. Boccadoro compie una fine analisi psicologica dell'insinuarsi del peccato, offendo altresì dei criteri di discernimento riguardanti le parole, i pensieri e le azioni, indugiando sull'utilità di questo ricordo che «consola la mente, induce ad umiliarsi e attira l'affetto di Dio».