"Per chiarire la scienza obiettiva, e tutte le altre acquisizioni dell'attività umana, dev'essere, innanzitutto, preso in considerazione il concreto mondo-della-vita. Considerato nella sua universalità realmente concreta, esso, in quanto attualità e in quanto orizzonte, include in sé tutti i complessi di validità raggiunti dagli uomini rispetto al mondo della loro vita in comune e, in definitiva, li riferisce nel loro complesso a un nucleo del mondo che dev'essere messo in luce per via astrattiva: il mondo delle dirette esperienze intersoggettive".
"Come quando qualcuno, attendendo di udire una voce desiderata, allontanatesi dagli altri suoni risvegli l'udito a quel suono che è il migliore a udirsi, quando giunga, così anche quaggiù bisogna lasciar andare i suoni percepibili coi sensi, tranne che per il necessario, e custodire la facoltà di apprendere dell'anima pura, pronta ad ascoltare le voci di lassù".
"Un paradigma in cielo": così Platone definisce nella Repubblica il suo modello utopico di società giusta, una sorta di stella polare per l'orientamento morale e politico dell'esistenza umana. Questo libro ricostruisce la storia delle interpretazioni antiche e soprattutto moderne del pensiero politico di Platone: un viaggio avventuroso attraverso le grandi filosofie dell'Ottocento e i conflitti politici e ideologici del Novecento, che hanno via via configurato un Platone liberale e socialista, totalitario (secondo i casi nazista o comunista), e infine persino antipolitico. Da questa complessa vicenda interpretativa c'è molto da imparare su Platone, e ancora di più sulle esperienze intellettuali della nostra modernità.
Ci troviamo, oggi, dinanzi a un incredibile potenziamento dei mezzi a disposizione per comunicare, lavorare, produrre, incrementare, potenziare e migliorare la gamma delle nostre prestazioni. È come se, per la prima volta nella nostra storia, si facesse largo l'idea che in linea di principio non v'è più alcun ostacolo alla possibilità di disporre in modo incondizionato non solo del mondo, ma anche di noi stessi. Tuttavia, in questa sterminata proliferazione di dispositivi funzionali, qualcosa sembra paradossalmente non funzionare come dovrebbe. La "macchina" gira a una velocità inaudita, ma in questo vortice - che la nostra quotidianità subisce come un destino inevitabile - fatichiamo a trovare una collocazione capace di donare senso alle nostre azioni. Il disorientamento è totale. Cultura dell'effimero, iperattivismo sfrenato, comunicazione senza contenuti, sono alcuni dei fenomeni analizzati nelle pagine del libro, con l'obiettivo di disegnare il profilo dell'epoca in cui viviamo, e aiutarci a capire "dove siamo finiti". Ma anche da dove, forse, è possibile ricominciare. Il volume costituisce un'impietosa riflessione sull'ideologia contemporanea e sui suoi meccanismi di dissimulazione; da ogni pagina traspare l'insofferenza e il disagio nei confronti di una cultura rassegnata e opportunista, del tutto incapace di assumersi la responsabilità per una progettualità di lungo respiro.
Il legame tra diritti e dignità umana è un punto fermo nel pensiero giuridico corrente, fondato sul postulato che tutti gli uomini siano egualmente degni e si debbano reciproco rispetto per la comune umanità. Ma a questa accezione 'genetica' e ugualitaria della dignità umana, oggi prevalente, si sono contrapposte storicamente concezioni diverse, elitarie e subordinate all'esito dell'azione individuale. Umberto Vincenti risale alle origini classiche del concetto di dignitas hominis e ne ricostruisce il lungo percorso, fino alla odierna formulazione dei diritti: umani, inviolabili, fondamentali, della personalità.
La vita è sempre emotivamente "intonata". I sentimenti dell'allegria e della tristezza, dell'euforia e dell'angoscia, della felicità e della malinconia (ma anche le situazioni apparentemente "apatiche", come quelle della noia) pervadono l'esistenza e le conferiscono una colorazione particolare. È solo all'interno di questa atmosfera emozionale che avviene il contatto con gli oggetti, la percezione delle cose e delle persone, l'incontro con il mondo. Le tonalità emotive stanno dunque a fondamento di tutta la vita psichica: sono i modi del sentire che schiudono (o precludono) le molte forme dell'essere nel mondo. Il trattato di Otto F. Bollnow a cura di Daniele Bruzzone, esplora la natura e le implicazioni filosofiche, psicologiche ed etiche di queste tonalità emotive, dialogando con pensatori come Kierkegaard, Scheler, Heidegger, Jaspers, Binswanger, ma anche con scrittori e poeti come Goethe, Hölderlin, Baudelaire, Proust, Huxley. Ne scaturisce un quadro di straordinario interesse non soltanto per i cultori dell'antropologia filosofica, ma anche per quanti lavorano nell'ambito delle relazioni umane e, in generale, per chi è interessato a conoscersi meglio e a comprendere la vita emotiva.
Narra un antico testo persiano che quando Giuseppe fu messo in vendita dai suoi fratelli si presentarono molti compratori, tra cui una vecchia che stringeva alcuni gomitoli di lana."Anima semplice" le disse il sensale "come puoi comprare un simile gioiello di schiavo con i tuoi gomitoli?" "Lo so che non potrò comprarlo" rispose la vecchia "mi sono messa in fila perché amici e nemici possano dire: anche lei ci ha provato". La vecchia, spiega Luisa Muraro nelle prime pagine del suo nuovo libro, è un esempio dell'anelito di chi cerca e, pur sapendo che non potrà mai raggiungere lo scopo, non rinuncia ad avvicinarsi. Cosa sarebbe, infatti, la vita senza grandi desideri? Nella cultura che cambia senza andare avanti, in un'economia che si espande ma non fa crescere né la gioia né il senso di sicurezza, nella vita che sembra tutta un mercato, con l'umanità stretta fra il troppo e troppo poco, traspare l'intuizione che il reale non è indifferente al desiderio e non assiste indifferente alla passione del desiderare, nonostante ci capiti spesso di fare l'esperienza di una loro apparente, reciproca estraneità. Come per la vecchia della lana, ci sono tanti modi di "andare al mercato", scrive Luisa Muraro, contro la parzialità della ragione e a difesa delle "illusioni" che la poesia e la religione ci aiutano a intrattenere oltrepassando il livello del conformismo, forti nella certezza di essere destinati a qualcosa di grande.
Il contributo filosofico di una grande figura del secondo Novecento
Lanza del Vasto è stato studente a Pisa dove si è laureato in Filosofia e dove ebbe la sua prima conversione; la seconda fu quando, nel 1938, restando cattolico, si pose al servizio di Gandhi. Dall'India ritornò per fondare delle Comunità sul modello gandhiano, che si sono poi diffuse in vari paesi d'Europa e del mondo. Per quasi tent'anni ha insegnato ovunque una sua maniera specifica di concepire la nonviolenza e con essa un cristianesimo rinnovato; il tutto all'interno di una particolare concezione filosofica elaborata durante la giovinezza. Questo pensiero folosofico fu oggetto della sua tesi di laurea pisana e venne da lui rielaborato per tutta la vita intrecciando sistematicamente matafisica, teologia, etica ed estetica, dandolo poi alle stampe con il titolo La Trinité Spirituelle(1971). Il 26-27 gennaio 2007 si è svolto a Pisa un convegno che per la prima volta ha valorizzato il Lanza del Vasto filosofo. E' risultata una filosofia che unisce strettamente pensiero e pratica di vita, e che, nel panorama del XX secolo, è sicuramente originale per aver superato la divisione tra Occidente ed Oriente, mediante una riflessione profonda sui temi fondamentali della filosofia dei due mondi.
Contro la proliferazione dei bisogni e dei consumi: il testamento intellettuale di un pioniere dell'ecologia
"Che noi si sia dominati dal nostro lavoro è un'evidenza da centosettanta anni. Ma non lo è il fatto che siamo dominati nei nostri bisogni e desideri, nei nostri pensieri e nell'immagine che abbiamo di noi stessi. Questo tema appare già ne Il traditore ed è sviluppato in quasi tutti i miei testi posteriori.. Partendo dalla critica del capitalismo, si arriva all'ecologia politica che, con la sua indispensabile teoria critica dei bisogni, conduce di ritorno ad approfondire e a radicalizzare ancora la critica del capitalismo. Non direi dunque che c'è una morale dell'ecologia, ma piuttosto che l'esigenza etica di emancipazione del soggetto implica la critica teorica e pratica del capitalismo, della quale l'ecologia politica è una dimensione essenziale."
Oltre la fantasmagoria dello spettacolo e delle merci, di fronte alla violenza e allo sfruttamento, la riflessione filosofica cerca nel passato l'imprevedibilità del presente
Alla fine del secolo passato - nell'euforia dilagante della New Economy e dei processi finanziari globali - l'idea della fine della storia divenne senso comune: sembrava possibile una sorta di "capitalismo pacificato", disposto a superare ogni conflitto e a rimodulare giocosamente le memorie e gli stili del passato. Le tragedie del '900 potevanno essere dimenticate: una "realtà virtuale", immateriale, prometteva di liberarci dai pesi del corpo e della materia, divulgando l'illusione che la violenza e lo sfruttamento fossero sul punto di svanire dalla storia, lasciando il posto a una pace universale. Certo, già allora per credere a tale utopia bisognava essere ciechi alla contemporanea distruzione delle altre culture in ogni parte del mondo o salutarla come un progresso benefico e inevitabile. Oggi è fin troppo facile dire che nessuna utopia ha subito più cruda smentita. Questa constatazione ci impone l'esigenza di dare un'altra lettura e un'altra teoria di quegli stessi fenomeni: perché il lavoro immateriale non ha prodotto forme di liberazione ma colonizzazione e sfruttamento delle capacità mentali dell'uomo? Perché fuori dell'Europa si concentra comunque una densità ed una violenza di sfruttamento che non ha nulla da invidiare all'accumulazione originaria della prima rivoluzione idustriale? Perché la tecnica digitale invece di potenziare la comunicazione tra gli uomini, crea uno spazio astratto in cui i singoli faticano a mantenere la propria identità? Questo libro rievoca autori e forme di pensiero del '900 che possono aiutarci a rispondere a tali domande e propone una riflessione sulla società dello spettacolo sia nella sua forma democratica che in quella totalitaria. Il possibile è ciò che sorge oltra la fantasmagoria dello spettacolo e delle merci, che, seducendo la nostra immaginazione, ci lascia al contempo schiavi di una esistenza immutabile.
Umberto Bresciani, nativo di Cremona, ha conseguito il dottorato in Lettere cinesi alla National Taiwan University di Taipei, Taiwan. Attualmente è docente presso l’Università Cattolica Fujen di Taipei. Esperto dei temi attinenti al dialogo religioso e culturale con il mondo cinese, ha pubblicato, in particolare, Reinventing Confucianism. The New Confucian Movement (Taipei 2001)
Descrizione
Il pensiero cinese contemporaneo appare fortemente contrassegnato dal cosiddetto movimento dei “Nuovi Confuciani” (New Confucian Movement). Opponendosi al radicale rifiuto del confucianesimo operato da molti intellettuali cinesi del XX secolo, questo movimento si propone di recuperarne i valori, facendo proprie al tempo stesso le istanze di modernizzazione provenienti dalla cultura occidentale. Esso ottiene oggi sempre più favore in Cina, contendendo il predominio culturale al marxismo e al liberalismo.
Il libro offre un’ampia e dettagliata introduzione alla filosofia cinese contemporanea e a questo importante ambito ancora poco noto al mondo occidentale. Vengono qui presentate la storia e le principali dottrine del movimento, approfondendo le figure degli esponenti di tre generazioni, dal 1921 ad oggi. Frutto di una ventennale e minuziosa ricerca delle fonti e e corredata da ricca documentazione, la ricerca, già pubblicata in lingua inglese, ha ricevuto ampi apprezzamenti dalla comunità accademica internazionale.
Ernst Jünger e Carl Schmitt, pur avendo fatto parte di quella grande corrente di pensiero anti-moderno che fu la Rivoluzione Conservatrice, hanno avuto come tratto comune quello di aver anticipato le trasformazioni e le pulsioni del nuovo secolo. Questi due grandi pensatori tedeschi si sono lasciati alle spalle, almeno dal punto di vista dell'elaborazione teorica, 'esperienza traumatica dei conflitti mondiali e dei totalitarismi e, sin dal primo dopoguerra, hanno intercettato le degenerazioni e le fughe in avanti della modernità. Lo hanno fatto con stili e vocazioni diversi, pur percorrendo per larghi tratti sentieri paralleli.