A partire dalle opere di Omero, Esiodo, Erodoto, Callimaco, il libro rintraccia nella cultura greca la costante di un'opposizione tra Altro e Identico, civiltà e selvatichezza, ideale apollineo e frenesia dionisiaca. Una eterna oscillazione a cui presiedono tre divinità: Dioniso, Artemide e Medusa. Dioniso, dio del teatro, porta nel quotidiano l'ebbrezza e il delirio; Artemide, dea della caccia e delle zone di confine tra umano e ferino, tra adolescenza ed età adulta, assolve una funzione di mediatrice nella sua veste di dea dell'ospitalità. Medusa infine, con la sua maschera orrida e grottesca, è figura del disordine cosmico, dell'indicibile. Un classico degli studi sulla mitologia greca, che viene qui introdotto dalle belle pagine di Silvia Romani.
«Un maestro della filosofia contemporanea ci aiuta a spostare lo sguardo per capire di più. Il che significa capire diversamente grazie alla bellezza» Federico Vercellone Dal modello classico all'estetica dell'assenza di regole: la storia dell'idea di bellezza è segnata dal progressivo disgregarsi del paradigma armonico di un perfetto ordine cosmico in cui il bello si collega al vero e al bene. Se in età moderna si fa esperienza del molteplice e dell'individuale, a fine Settecento si approda a una netta rivincita del sublime e del brutto. Ma è soprattutto il Novecento che rivendica il valore estetico della deformità e delle dissonanze come generatori di ordini sconosciuti. E così, malgrado il discredito che in alcune teorie colpisce oggi il concetto di bello, sorprendentemente esso continua a rinnovarsi, sottraendosi a qualunque definizione univoca e conclusiva. Remo Bodei ci ha fornito una chiave d'accesso a un concetto che non cessa d'interrogarci destabilizzandoci.
Viviamo nel presente, ma non viviamo il presente. Facciamo una cosa e ne pensiamo un'altra. La mindfulness offre una opportunità, quella di essere consapevoli, cioè di essere davvero presenti nella propria vita, momento dopo momento, staccandoci da abitudini nocive e dipendenze mortificanti. Possiamo iniziare a vivere con maggior equilibrio psicofisico semplicemente disciplinando con gentilezza la nostra attenzione, recuperando il tempo di guardare veramente alle cose per quel che sono, e non per quello che si è abituati a pensare, a temere o a sperare che siano. Imparare finalmente a rispondere, anziché reagire, allo stress può far emergere un diverso e più sereno rapporto con la complessità del vivere.
Che cosa intendiamo quando rivendichiamo le nostre «radici» culturali? Confondendo memoria privata e memoria collettiva, antropologia e nostalgia, storia e politica, ciò che vorremmo è che il nostro mondo rimanesse quello che abbiamo conosciuto. Nelle «radici» pensiamo di trovare l'autenticità e la purezza, ma le culture sono mutevoli e complesse, non sono musei di sopravvivenze imbalsamate. Una pacata ma stringente riflessione contro ogni uso distorto della tradizione e dell'identità.
Ragione e sentimento sono considerati spesso in contrapposizione, quasi l'una infastidisse l'altro, ma l'emozionalità è una dimensione fondamentale dell'esperienza umana, che non si aggiunge semplicemente alla dimensione cognitiva. Costruzioni complesse, le emozioni investono, dunque, la mente e il corpo, oltre ad essere parte dell'ambiente sociale e culturale che ci circonda. Guglielmo Bellelli ci guida nella psicologia delle emozioni a partire da alcune domande che tutti ci siamo posti: le emozioni sono naturali? A cosa servono? Possiamo controllarle oppure dimenticarle? Si può essere felici?
«L'acuta analisi di Zagrebelsky non ha timore di confrontarsi con dilemmi e incertezze legate alla difficile arte del maestro» (Enzo Bianchi). «Mai più maestri!» si leggeva nel '68 sui muri di Parigi; un motto antiautoritario ed egualitario che riassumeva il sogno di una società più libera. E oggi, esistono ancora i maestri? Nella nostra democrazia, che appiattisce l'alto sul basso, sembra esserci posto solo per influencer, comunicatori e tutor che rassicurano e consolano, e non per guide dello spirito capaci di risvegliare le coscienze. Ma senza maestri si è condannati al pensiero unico e all'omologazione. Senza di loro chi susciterà l'inquietudine del dubbio, chi ci indicherà «l'altrimenti», chi smuoverà energie vitali e liberatorie verso il nuovo? Figure anacronistiche allora, ma necessarie ovunque rinascano una domanda di senso e una esigenza di ethos.
Colossali ecatombi del passato hanno più volte segnato un nuovo inizio per altre forme di vita. La «catastrofe», la resa dei conti finale con la storia, ci affascina da sempre. Soddisfa bisogni psicologici magnificamente rappresentati nell'immaginario classico della fine del mondo vista come catarsi risolutiva, punizione, vendetta. Attraverso le parole chiave dell'attesa - apocalisse, disastro, nemesi, estinzione - queste pagine piene di ironia ci propongono un messaggio positivo di umiltà evoluzionistica e di accettazione della contingenza della vita sulla Terra, per decidere che cosa fare quando anche questa volta il mondo non sarà finito.
«E dovunque si estende la potenza romana sulle terre domate, sarò letto dalla gente, e per tutti i secoli, grazie alla fama, se c'è qualcosa di vero nelle profezie dei poeti, vivrò.» Libri che «non hanno finito mai di dire quel che hanno da dire», i classici sono davvero «infinitamente futuri». Qui Piero Boitani ci consegna pagine acuminate in cui interroga fra l'altro l'Iliade, il poema della forza e della guerra, anzi di un conflitto cosmico, ma anche della pietà che rende l'uomo civile; l'Odissea, il primo e più affascinante romanzo del mondo; Lucrezio, il quale, dopo che i greci hanno scoperto la meraviglia, il pensiero e la scienza, ne ha fatto poesia straordinaria; Virgilio, che consacra la storia del piccolo villaggio divenuto capitale del mondo; Tacito, che denuncia con forza la natura imperialistica del potere romano; Ovidio, che con le Metamorfosi, poema del continuo divenire, crea il primo grande classico post-moderno.
Profezia e utopia, due categorie fondanti dello sviluppo dell’Occidente moderno. La tensione dialettica che le ha caratterizzate nel corso dei secoli e il dualismo istituzionale che si è creato tra potere religioso e potere politico hanno permesso all’Occidente la conquista delle sue libertà, dallo stato di diritto alla stessa democrazia. Oggi, sbiadito ormai ogni progetto utopico, il declino dell’Europa non può essere letto solo come corruzione delle regole e delle istituzioni, ma come conseguenza di una crisi di civiltà.
Guglielmo Giannini e Umberto Bossi, Achille Lauro e Antonio Di Pietro, le campagne di Almirante per la pena di morte e le esternazioni di Cossiga, la rivolta di Reggio Calabria e gli show televisivi di Berlusconi, i referendum radicali contro il finanziamento pubblico dei partiti e i girotondi capeggiati da Nanni Moretti, per finire - momentaneamente - con Beppe Grillo ossessionato dagli zombie e dal "tutti a casa": che cosa accomuna eventi e personaggi così disparati? In varia misura discendono tutti dal populismo, che in Italia ha avuto radici profonde e, dopo aver conosciuto l'apogeo in epoca fascista, si è continuamente ripresentato nel dopoguerra sotto svariate spoglie. Un libro per capire come quella che era considerata una pericolosa patologia possa diventare una componente connaturata ai dei regimi democratici.
Che cosa significa essere ebrei? Nel rispondere a questa domanda il volume ricostruisce la storia del popolo ebraico, della sua religione e della sua cultura. Una vicenda iniziata 2000 anni prima della nascita di Cristo con l'insediamento di una tribù semitica nella terra di Canaan. L'esperienza dell'esilio, la distruzione del tempio di Gerusalemme ad opera dei romani, la diaspora, l'Olocausto, le sfide attuali: momenti fondamentali di un percorso che gli autori seguono con acume ed empatia, organizzando il racconto sul doppio registro degli eventi storici e delle correnti di pensiero teologico e filosofico mettendoci così in contatto con una delle tradizioni culturali che più hanno impregnato la nostra civiltà.
Gesù di Nazaret suscitò, nella Galilea e Giudea del tempo dell'imperatore Tiberio, un movimento di "risveglio" rivolto a Israele e fondato sull'annuncio dell'apertura del regno di Dio. Perché la morte infamante di Gesù non mise fine al suo movimento, che anzi ne trasse spunto per un rilancio del suo messaggio anche oltre le frontiere d'Israele? In che modo si costituì, nel secondo secolo, un sistema di poteri e dottrine che sarebbe stato capace d'imporsi all'impero romano? Il libro ripercorre i modelli di fede in Gesù adottati dai vari gruppi di credenti, illustra la concezione del mondo e la pratica di vita che postulavano, e le ragioni per le quali alcuni di tali modelli risultarono vincenti.
L'esperienza estetica del paesaggio costituisce uno dei tratti costitutivi della sensibilità contemporanea. Partendo dai concetti di natura, ambiente, territorio, il libro mette in relazione il paesaggio con gli ambienti foggiati dall'uomo, come i giardini e le città; ripercorre poi l'emergere del sentimento del paesaggio nei vedutisti e nella letteratura di viaggio. Affronta quindi la peculiarità dell'esperienza estetica del paesaggio, in cui entrano in gioco le categorie estetiche della meraviglia, del pittoresco, del sublime, della grazia e della bellezza. Da ultimo è tracciata un'originale morfologia delle bellezze naturali, con una particolare attenzione per quegli aspetti del paesaggio che più sono stati associati all'emozione estetica: il colore dell'acqua e del cielo, la terra e la roccia, il fuoco e le eruzioni dei vulcani, le rovine, le montagne.
Nell'indagare i caratteri costitutivi della civiltà europea, Paolo Prodi vede nel giuramento la base del patto politico, in quanto richiamo del potere a . una giustificazione metapolitica e sacrale. Col cristianesimo l'invocazione alla divinità, già in uso in età antica a sostegno di testimonianze, promesse o patti, acquista il carattere di sacramento, per poi assumere un valore contrattuale che ne fa il fondamento di tutti i meccanismi della vita pubblica e privata. Nell'evoluzione del giuramento si riflette la storia stessa del sistema politico occidentale, così come nella sua odierna perdita di valore è rispecchiata la crisi dei meccanismi istituzionali e costituzionali elaborati negli ultimi secoli...
"Che figura, figurone, fuguraccia!", "salvare la faccia", "faccia tosta", "sfacciato"... Riproposto in una nuova edizione, questo libro è dedicato a simili modi di dire e affronta una serie di interrogativi concernenti l'esperienza comune: perché la "faccia", intesa come l'immagine che ciascuno offre di sé agli altri, è così importante? Perché riteniamo fondamentale offrire di noi un'immagine positiva?
In un'epoca in cui la religione è tornata a influire fortemente sulle scelte morali e politiche, è possibile pensare a un sentimento religioso staccato dalla fede in questo o quel dio? Diversamente da quanto predicano fedeli dottrinari e atei zelanti, siamo tutti credenti, se credere significa coltivare l'ansia e la meraviglia della scoperta. Per Dworkin, come per Einstein, nella religione si esprime infatti il senso del mistero, del bello e del sublime che ci pervade di fronte all'universo. Né riscossa dogmatica né intransigenza razionalistica: ciò che queste pagine contengono è un'idea di divino come dimensione della ricerca umana, e come senso di infinito che trae nutrimento dalla conoscenza. Presentazione di Salvatore Veca.
Le teorie della giustizia sembrano costruite per mondi ideali e ipotetici, mentre nel mondo reale, nella storia, vittime di ingiustizie terribili sono esseri in carne ed ossa. Che fare davanti alle ingiustizie? Le possibili risposte sono fallaci: la vendetta, reagendo al male con il male, non fa che aumentare il male complessivo; il diritto penale punisce ma non ripara. Tutte le risposte in realtà sono fallaci perché arrivano sempre ex post, quando il male è fatto. La via d'uscita, secondo l'autore, sta in una scelta morale consapevole: riconoscere l'Altro come soggetto degno di rispetto è la condizione minima che impedisce di considerarlo un non-umano, qualcosa di cui si può disporre a piacere. Solo riconoscendo l'Altro si può pensare che ucciderlo non sia né normale né banale.
Madri accoglienti o intrusive, distanti o iperprotettive, madri fredde o incoraggianti, madri che sbagliano: amor di madre o "mal di madre"? Le madri possono essere molto diverse da come ce le aspetteremmo: possono assicurare il benessere psicologico dei figli ma anche arrecare loro gravi danni psicologici, o addirittura essere così violente da ucciderli. Come mai? E i padri? Padri autorevoli, autoritari, assenti, padri "mammo". Quanto è cambiato questo ruolo nel corso della storia? E come mai è così diverso da quello materno? Due storie parallele nella loro complessità che l'autrice scandaglia a partire da fattori evoluzionistici che ci fanno capire cosa può rendere ambivalente l'amore dei genitori. Tra letteratura, cinema, mitologia e cronaca, ancora una volta le vicende storiche e culturali affondano nella biologia.
Disposti in ordine alfabetico quasi a costituire un lessico essenziale, i capitoli di questo volume, da "costituzione" a "videopotere", delineano un percorso logico che va dai fondamenti costitutivi di ogni sistema politico alla riflessione sul destino delle società liberaldemocratiche nel mondo contemporaneo.
Il fascismo pretese di erigere un nuovo Stato, ma riutilizzò abbondantemente in chiave fascista elementi e residui dello Stato liberale. Autoritario e dittatoriale, concentrò il potere pubblico, ma accettò anche la sua pluralizzazione. Eliminò libere elezioni, creò un surrogato della rappresentanza politica, si valse di organizzazioni satelliti, ma ricorse ad amministrazioni parallele per gestire la crisi economica. Si proclamò anti-liberale, anti-parlamentare, anti-clericale, anti-borghese, anti-capitalistico, ma venne a patti con il Re, con il Senato, con la Chiesa e con la borghesia. Riconobbe ed esaltò la società, ma ne rigettò il pluralismo e organizzò lo Stato intorno alla figura di un demiurgo. Fu conservatore ma anche modernizzatore (dalle forme di propaganda all'architettura all'uso del cinema). Il fascismo non si lascia dunque racchiudere in una sola formula e racchiude in sé elementi contraddittori, che Sabino Cassese ricostruisce esprimendo dubbi sul valore euristico della nozione di totalitarismo.
Mai come oggi, in momenti di crisi drammatica per l'Europa comunitaria, ci si è interrogati sull'esistenza e il carattere di un'identità europea. Questo libro affronta il tema in una prospettiva di lungo periodo, delineando il mutevole rapporto tra le sue diverse componenti, nonché l'alterno gioco tra richiamo al passato e distacco dal passato. Lo fa senza indulgere all'abusato mito delle "radici" o di un'"essenza" europea. Al contrario l'autore mostra come l'Europa sia sempre stata il prodotto di processi molteplici, e come nel tempo la sua identità sia venuta configurandosi diversamente: lungi dall'essere qualcosa di stabile, è destinata a mutare anche in futuro, cosi come è mutata, e profondamente, nel corso dei secoli.
Le pene d'amore sono universali, come ci ricordano molte opere letterarie. Se tuttavia i personaggi romanzeschi - da Emma Bovary a Bridget Jones - possono perfino deliziarsi dei supplizi amorosi, nella moderna cultura utilitarista il dolore è sentito come un'esperienza puramente distruttiva, da scongiurare e allontanare da sé. Non si tratta solo di vissuto personale, come suggerito nella terapia di coppia e nella posta del cuore, ma di una condizione tipica dell'individuo contemporaneo, con il suo imperativo di autoaffermazione e le patologie che lo accompagnano: narcisismo, incapacità di scegliere, fobia da impegno, tirannia della bellezza e della moda, mercificazione degli incontri. Ma cambiare si può: per tutti, uomini e donne, la sfida è quella di costruire una nuova e più piena consapevolezza sessuale e amorosa.
Quello qui affrontato è un tema di enorme rilevanza nella storia della Chiesa e in generale dell'Italia moderna. Il saggio disegna infatti la parabola che ha portato la Chiesa della controriforma a proibire la lettura personale delle sacre scritture, un atto che ha molto influito sulla spiritualità cattolica, e contribuito ad approfondire la divisione fra Europa cattolica e protestante, facendo sì che tuttora gli italiani non leggano la Bibbia. L'autrice studia l'atteggiamento della Chiesa italiana rispetto alle traduzioni della Bibbia fra il 1471 (anno della prima edizione in volgare) e la definitiva condanna ai primi del Seicento. Nel corso del Cinquecento, di pari passo con la minaccia luterana, crescono le riserve sull'uso democratico della scrittura, che giungono alla proibizione con gli indici promulgati tra il 1559 e il 1596.
Attraversando i confini fra epoche e letterature il libro illumina le diverse modalità di rapporto con il passato utilizzate dagli individui e dalle collettività, nonché i percorsi che portano alla costituzione di ciò che chiamiamo "patrimonio culturale". Percorsi che cambiano profondamente con la rivoluzione tecnologica. Che cosa significa infatti ricordare a seconda che si parli di libro a stampa, fotografia, scrittura digitale? Per rispondere, l'autrice indaga le funzioni della memoria culturale, concentrandosi sui mezzi grazie ai quali essa si conserva (scrittura, pittura, luoghi, il corpo stesso).
Come avviene che la mente si ammala? Il volume affronta il tema delle malattie della mente presentando le principali determinanti dei disagi psichici e i modelli di comprensione del loro insorgere, e chiarendo inoltre cosa si intenda per sviluppo normale. L'autore tiene conto sia del succedersi storico delle differenti teorie, sia del modello esplicativo più recente, qui definito "del disconoscimento e della dissintonia". Riprendere contatto con le proprie emozioni e fiducia nel proprio modo di sentire sembra essere il compito primario per "curare la mente" e recuperare la vitalità smarrita dal corpo.
Assistiamo oggi a una crisi strisciante, di enormi proporzioni e di portata globale, tanto più inosservata quanto più dannosa per il futuro della democrazia: la crisi dell'istruzione. Sedotti dall'imperativo della crescita economica e dalle logiche contabili a breve termine, molti paesi infliggono pesanti tagli agli studi umanistici ed artistici a favore di abilità tecniche e conoscenze pratico-scientifiche. E così, mentre il mondo si fa più grande e complesso, gli strumenti per capirlo si fanno più poveri e rudimentali; mentre l'innovazione chiede intelligenze flessibili, aperte e creative, l'istruzione si ripiega su poche nozioni stereotipate. Non si tratta di difendere una presunta superiorità della cultura classica su quella scientifica, bensì di mantenere l'accesso a quella conoscenza che nutre la libertà di pensiero e di parola, l'autonomia del giudizio, la forza dell'immaginazione come altrettante precondizioni per una umanità matura e responsabile.
Originale, vivace ed eclettico, questo libro trae dalla storia e dalla letteratura una serie di casi esemplari, narrazioni e riflessioni per affrontare un tema drammatico come quello della disuguaglianza economica. L'intento è spiegare il mistero per cui il reddito e la ricchezza si sono distribuiti per il mondo in maniera tanto disuguale, per non dire iniqua, nel tempo e nello spazio. Apprendiamo così dove si collocava il nonno di Obama nella scala di reddito del Kenya; chi è stata la persona più ricca della storia; quanto incide il luogo di nascita sul reddito futuro; come cambia la disuguaglianza dagli Stati Uniti all'Europa.
Si pongono al servizio degli altri, della difesa della loro comunità, assecondano il destino, gli ideali o l'ambizione, intervengono sul corso della storia con le armi, la fede e il valore: sono gli eroi della guerra. Dalla violenza bruta di Achille al sacrificio consapevole dei soldati del nostro tempo, passando attraverso la lucida follia degli Arditi, il carisma e la visione dei grandi condottieri come Alessandro, la sconfitta e la resurrezione del generale Dallaire, capo della missione Onu in Ruanda, queste pagine ci descrivono l'evoluzione dei modelli esemplari forgiati dai campi di battaglia, i luoghi dove gli eroi della guerra cadono per la gloria degli dèi e il profitto dei padreterni, sopravvivendo nella memoria collettiva per il bisogno dell'umanità.
Non sono solo le verità o le idee ad avere una storia, ma anche il criterio stesso di vero e di falso. Attingendo a Platone, Aristotele, Pausania, Paul Veyne esamina i differenti "regimi di verità" in vigore presso quegli stessi greci a cui i moderni fanno risalire la nascita della storia, della ragione, della scienza. Ecco che la verità si configura come l'effetto del variare dei rapporti e degli interessi; nessuna verità è migliore delle altre, è semplicemente incommensurabile con le precedenti e le successive, perché i suoi orizzonti mutano costantemente.
È la crescita economica l'unico obiettivo a cui deve mirare una politica pubblica? O il fine dello sviluppo non è piuttosto quello di mettere in grado le persone di vivere un'esistenza piena? Dunque creare "capacità" che consentano a ognuno di realizzarsi e di vivere la propria vita all'insegna della pari dignità umana. È questo l'"approccio delle capacità", qui illustrato come nuovo paradigma che misura la ricchezza di uno stato sulla base dei bisogni soddisfatti e delle opportunità realmente offerte ai cittadini.
Questo saggio si concentra sulla dinamica che determina l'adesione a un impegno collettivo o il ripiegamento nella propria sfera privata, identificando le forme di scontento che stanno alla base di tali comportamenti. Hirschman parte dall'analisi dell'individuo che, concentrato dapprima sul suo benessere privato, acquista, per soddisfare i suoi bisogni, ogni genere di beni. Ma che cosa succede quando egli, ottenendo ciò che pure desiderava, scopre di non aver ottenuto la felicità che si aspettava? La delusione lo spingerà probabilmente a impegnarsi in azioni di interesse pubblico. Anche la vita dell'arena pubblica offre però una quantità di delusioni: egli farà allora ritorno al suo mondo privato. Correggendo e integrando i modelli di azione razionale propri delle scienze economiche, Hirschman offre un contributo di grande interesse alla comprensione dei mutamenti dell'azione collettiva e delle sue motivazioni individuali.
Come progettare il mutamento istituzionale? A quali condizioni determinate riforme hanno o non hanno la possibilità di ottenere gli effetti desiderati? Per Sartori le costituzioni non sono soltanto strumenti di organizzazione giuridica del potere, ma anche struttura di incentivi intesa a indirizzare con premi e penalizzazioni il "buon fare" costituzionale. In questa ottica l'autore propone interventi fattivi sulle strutture politiche democratiche fondati sul controllo comparato e sulla convinzione che molto si può apprendere dall'esperienza di altri paesi.
Dopo le mnemotecniche rinascimentali dell'ormai classico "Clavis universalis", Paolo Rossi non ha mai smesso di occuparsi dei teatri della memoria. E in questo libro mostra come, lungi dal costituire un fossile intellettuale, l'arte della memoria abbia subito una serie di rinascite e trasfigurazioni. Ad esempio, le immagini costruite per ricordare che compaiono, fra Cinque e Seicento, negli scritti dei Gesuiti, nella manualistica per i confessori, nei catechismi per gli illetterati, ricompaiono oggi nelle scuole per pubblicitari. Memoria e immaginazione non sono dunque facoltà contrapposte, come vuole certa disinvolta pedagogia antinozionistica.
Martha Nussbaum è da anni impegnata a costruire un nuovo progetto etico-politico, volto a dare un effettivo spessore al concetto di dignità umana e di giustizia sociale. Anche nella più equa delle società contemporanee, destinatario dei diritti individuali è l'individuo razionale, consapevole e indipendente. Ma la realtà, ci mettono ogni giorno sotto agli occhi molte situazioni in cui gli individui non possono contare sulle stesse abilità nell'utilizzare le proprie risorse. Bambini, anziani, persone non autosufficienti, disabili rischiano di non poter esercitare diritti fondamentali di cui pure sono nominalmente titolari. E il problema si complica ulteriormente quando ci occupiamo di culture non-occidentali.
La fine di una relazione amorosa porta con sé conseguenze psicologiche importanti. Facendo parlare i protagonisti, l'autrice individua le ragioni che portano alla rottura, i modi in cui uomini e donne reagiscono alla separazione, le caratteristiche di chi riesce a uscirne bene, e per converso anche le ragioni che rendono durature e felici le coppie. Oggi in particolare si tratta di osservare l'impatto della crisi economica sulle giovani coppie, il ruolo dei social network, i mutamenti indotti dall'allungamento della vita, e cioè dalla presenza di genitori anziani e di figli e nipoti, e l'esperienza di separarsi, ma anche di amarsi, in età più avanzata.
Si tratti di arti plastiche, musica, fotografia, cinema o letteratura, l'arte è un'attività eminentemente collettiva, una catena di cooperazione di cui l'artista è solo un anello. Egli si rifà ad altri artisti del passato o della propria epoca, chiama in causa artigiani e fabbricanti di materiali, collaboratori di vario tipo, intermediari che diffondono l'opera, critici che la discutono, pubblici contemporanei e futuri. Così concepita, l'opera si disvela nella sua genesi materiale e culturale, come un processo segnato da molteplici decisioni e interpretazioni che fanno del "mondo dell'arte" complessivamente inteso il suo vero "autore".
Fra le tragedie shakespeariane, "Amleto" è una delle più misteriose e ambigue; per intenderne il senso, sostiene Carl Schmitt in questo piccolo saggio magistrale, occorre far riferimento a un nucleo di eventi storici di cui Shakespeare fu spettatore, in particolare alla vicenda di Maria Stuarda e di Giacomo I, successore di Elisabetta I al trono d'Inghilterra. Ma a Schmitt non interessa tanto identificare questi con i personaggi di Amleto e della madre Gertrude, quanto vedere come la politica lasci la propria impronta sulle più alte manifestazioni espressive di un'epoca: il genio di Shakespeare sta nell'aver riconosciuto l'elemento politicamente tragico del suo tempo (il destino degli Stuart e la nascita dello Stato moderno) e nell'averne conservato, all'interno del dramma, l'essenza concreta e vitale. Presentazione di Carlo Galli.
Ognuno di noi ha provato la netta e improvvisa sensazione di aver già vissuto, in un passato indefinibile, situazioni assolutamente identiche. Tale anomalia ha però cominciato ad attirare ossessivamente l'attenzione di scienziati, filosofi e poeti solo a partire dalla prima metà dell'Ottocento. Attraverso l'analisi di poesie di Shakespeare, Rossetti, Verlaine e Ungaretti, delle teorie filosofiche di Bergson, Benjamin e Bloch e di ipotesi mediche del passato e del presente, Remo Bodei offre una ricostruzione delle diverse storie che si intrecciano su questo tema, e propone una rigorosa spiegazione del fenomeno.
I saggi qui raccolti, contraddistinti dalla piacevole scorrevolezza delle lezioni da cui originano, costituiscono l'essenza delle riflessioni di Paul Ricoeur sui temi della memoria e dell'oblio. Ma sono anche un contributo al dibattito storiografico che ossessivamente propone di non dimenticare. Ricoeur propugna una cultura del perdono in cui il passato gravato dalla colpa non viene cancellato o rimosso, ma mediante il riconoscimento del ricordo dell'Altro, ne allevia o toglie il peso. Una ventata d'aria fresca, si potrebbe dire, anche per il nostro paese dove il furore della memoria accende talvolta il dibattito pubblico e impedisce analisi più pacate.
In molti ambiti della vita quotidiana (la scuola, il lavoro, la politica, lo sport, lo spettacolo) vengono esaltati il desiderio di imporsi, la spinta a primeggiare e perfino la "sana" aggressività. Chi è più sgarbato e arrogante, più si fa notare e meglio si fa largo. A tale malinconica degradazione dei rapporti umani si oppone con forza questo piccolo libro, che rivendica alla cortesia e alla gentilezza il loro pieno spessore culturale. Manifestazione di rispetto, attenzione e sollecitudine per i propri simili, la cortesia è infatti un potente strumento di composizione dei conflitti e di promozione della convivenza, una dimostrazione di intelligenza nel difficile tentativo di comprendere e valorizzare le ragioni altrui.
Con una nuova introduzione di Michele Salvati, si ripropone qui uno dei testi che hanno segnato il dibattito sul ripensamento della politica nel mondo globalizzato. Giddens si interroga sui caratteri e sul ruolo che deve avere oggi una politica radicale, dopo il declino della prospettiva socialista e il progressivo svanire dei profili tradizionali della destra e della sinistra. Alla crisi di un mondo che ha sfidato i limiti dell'ordine naturale e sociale è possibile rispondere soltanto con una politica che vada oltre contrapposizioni ormai fuori corso, e che, attingendo dal conservatorismo filosofico alcuni principi di base (protezione, conservazione, solidarietà), li metta al servizio di obiettivi appartenenti al patrimonio tradizionale della sinistra: la liberazione, l'emancipazione, l'uguaglianza.
Anthony Giddens, fra i maggiori sociologi del nostro tempo, ha insegnato nell'Università di Cambridge ed è stato direttore della London School of Economics. Le sue opere edite dal Mulino sono: "Le conseguenze della modernità" (1994), "Durkheim" (1998), "Il mondo che cambia" (2000), "La trasformazione dell'intimità" (1995) e "Fondamenti di sociologia" (2006).
Si tratta di una selezione di scritti su alcune figure chiave della letteratura tedesca. Scritti durante l'esilio americano, i saggi scoprono una tradizione diversa da quella fissata dalla letteratura nazionale. La maliziosa ironia di Heinrich Heine, la lotta esistenziale di Franz Kafka con le idee del mondo della vecchia Europa, si ricompongono lungo la corrente della "tradizione nascosta" che è quella della coscienza ebraica, della esclusione che non rinnega la propria storia in cui il futuro era precluso dal passato. Accanto ad essi, altre figure che hanno illuminato con il loro scrivere i tempi oscuri della loro epoca: l'intelligenza erudita e ribelle di Walter Benjamin, il poeta e politico Bertolt Brecht e un piccolo e gustoso ritratto di Charlie Chaplin.
"Un libro straordinariamente ricco e stimolante" (Charles Taylor)
"Bellissimo libro" (Armando Massarenti)
Questo volume va oltre i confini dell'antichistica, per inserirsi con forza nell'odierno dibattito sull'azione etica e politica. I greci furono consapevoli del fatto che valori e ideali devono venire a patti con la "fortuna", ossia con ciò che non prescinde da noi. E' a questa commistione tra ambizione virtuosa e vulnerabilità alla sorte che guarda Nussbaum, rileggendo la tradizione tragica e filosofica. Sulla scia di Aristotele, l'autrice suggerisce che ciò che rischia di contaminare la purezza della virtù e della ragione - impulsi inconsci, passioni incontrollabili - è anche ciò che costituisce la specificità della sfera umana: l'importante è limitare i rischi e arginare il potere della fortuna.
Martha C. Nussbaum insegna Law and Ethics nell'Università di Chicago. Con il Mulino ha pubblicato anche "Diventare persone" (2001), "Giustizia sociale e dignità umana" (2002), "L'intelligenza delle emozioni" (2004), "Le nuove frontiere della giustizia" (2007), "Giustizia e aiuto materiale" (2008), "Lo scontro dentro le civiltà" (2009), "Libertà di coscienza e religione" (2009).
"Il più grande filosofo della scienza mai esistito" (Peter Medawar)
I due saggi che compongono questo libro esprimono il senso profondo che ha animato la battaglia culturale e politica di Popper. Interrogarsi e pronunciarsi sulla validità della nostra conoscenza non significa soltanto affinare la speculazione, ma anche offrire visioni del mondo che possono essere fatte proprie da tutti gli uomini. Popper non ammette fonti privilegiate di verità e giudica deleterio perseguire idolatricamente la certezza e l'oggettività della scienza. La conoscenza è umana e perciò stesso intessuta di pregiudizi, sogni, speranze. Possiamo solo procedere per confutazioni, riconoscendo ed eliminando gli errori, che saremo tanto più sagaci a cercare quanto più consapevoli saremo della nostra imperfezione.
Karl R. Popper (1902-1994) è stato uno dei maggiori filosofi del Novecento. Il Mulino ha pubblicato anche "Congetture e confutazioni" (1972), "Il mito della cornice" (1995), "La conoscenza e il problema corpo-mente" (1996).
Oggetto del volume, che si presenta come un'elegante scorribanda all'interno di qualche millennio della cultura occidentale, è la storia di una famiglia di metafore connesse all'idea del mondo naturale come cosa da leggere, che Blumenberg traccia per episodi salienti a partire dal biblico "libro della natura" scritto da Dio per arrivare all'interpretazione dei sogni freudiana e al DNA come codice da decifrare. Raccontata letteralmente per immagini, per emblemi, quella che si disegna in questo libro è la storia della conoscenza e del rapporto fra l'uomo e il mondo.
"Baudrillard... ha segnato in modo profondo la vita intellettuale contemporanea e la rappresentazione culturale del nostro tempo" (Franco Volpi)
Il consumo è per Baudrillard un processo di comunicazione che trasforma gli oggetti in simboli di un codice inteso a classificare e contrassegnare. Nuove gerarchie sociali vengono così a rimpiazzare le vecchie differenze di classe. Il consumatore vive le proprie scelte come libere, e tuttavia egli stesso - vittima della coazione a distinguersi - cessa di essere persona per farsi oggetto tra gli altri. Sullo sfondo, un sistema di produzione che postula la perpetua eccedenza dei bisogni rispetto ai beni. Un'opera fondativa che non ha perso nulla della sua forza profetica.
Jean Baudrillard (1929-2007) è autore di oltre cinquanta libri tra i quali ricordiamo, pubblicati in italiano, "Il sistema degli oggetti" (Bompiani, 1972), "Lo scambio simbolico e la morte" (Feltrinelli, 1979), "Della seduzione" (Cappelli, 1980), "Le strategie fatali" (Feltrinelli, 1983), "Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?" (Cortina, 1996), "Patafisica e arte del vedere" (Giunti, 2006).
"Ben venga un libro di qualcuno che del teorema di Gödel può scrivere con cognizione di causa; Gabriele Lolli è... uno dei pochi filosofi della matematica che sanno di che cosa parlano, e ne parlano bene" (Piergiorgio Odifreddi)
Fra le maggiori acquisizioni scientifiche del XX secolo, insieme alla teoria della relatività, all'invenzione del computer, alla scoperta del DNA, i teoremi di Gödel sono la risposta della civiltà contemporanea alla domanda perenne sullo statuto della matematica. Oggi i teoremi di Gödel, che hanno raggiunto il largo pubblico e sono diventati un argomento nelle dispute sulla mente, vengono letti non come teoremi di matematica, ma come affermazioni sulla natura umana, o sulle nostre capacità cognitive. In modo accessibile ed esauriente il volume illustra la scoperta gödeliana rintracciandone il sostrato filosofico.
Gabriele Lolli insegna Filosofia della matematica alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Tra i suoi libri con il Mulino "Beffe, scienziati e stregoni" (1998), "Filosofia della matematica" (2002) e "Sotto il segno di Gödel" (2007); con Bollati Boringhieri "Il riso di Talete. Matematica e umorismo" (1998), "La crisalide e la farfalla. Donne e matematica" (2000) e "QED. Fenomenologia della dimostrazione" (2005).
"il principio della restrizione dei poteri governativi [è] il principio fondamentale del liberalismo politico. La democrazia moderna non può essere separata dal liberalismo politico. Il suo principio è che il governo non deve interferire in certe sfere di interessi proprie dell'individuo"
Nella storia del pensiero liberal-democratico, un posto centrale è occupato dalla teoria politica di Hans Kelsen, in particolare dai saggi qui riproposti. Nell'affrontare questioni fondamentali del dibattito politico: che cos'è la democrazia, come funziona, se e perché è preferibile ad altre forme di organizzazione politica, Kelsen ne individua l'essenza nella dialettica fra libertà e costrizione sociale, e fra maggioranza e minoranza, ed elabora una teoria della democrazia fondata sul relativismo dei valori e sul compromesso politico. Ciò presuppone il primato della costituzione, e la condivisione dei principi della tolleranza, del rispetto delle minoranze, della libertà di parola e di pensiero.
Hans Kelsen (1881-1973) è stato uno dei maggiori teorici del diritto nel Novecento. Rimosso dall'insegnamento in Germania all'avvento del nazismo, emigrò in Svizzera e poi negli Stati Uniti, dove insegnò nelle Università di Harvard e della California.
"Harald Weinrich ha scritto uno straordinario libro sul tema dell'oblio" (Marco Belpoliti)
"Un libro straordinario per ampiezza d'orizzonte e capacità di dominarlo" (Cesare De Michelis)
La storia degli individui come delle società procede in un intreccio di memoria e oblio dove l'una non sta senza l'altro. Rileggendo i grandi monumenti della letteratura e del pensiero occidentale, Weinrich ricostruisce modi e significati del dimenticare in un originale percorso che parte dall'Ulisse omerico e attraverso Ovidio e Dante, Agostino e Casanova, Goethe e Nietzsche, Freud e gli autori testimoni della Shoah giunge al mondo d'oggi: un mondo smemorato, capace di creare e distruggere informazioni con altrettanta rapidità. E forse questo flusso di informazioni non è che un affluente del Lete, il fiume dell'oblio.
Harald Weinrich, professore emerito di Linguistica e filologia romanza nell'Università di Monaco, insegna al Collège de France. Con il Mulino ha pubblicato fra l'altro: "Tempus. Le funzioni dei tempi nel testo" (II ed. 2004), "Il tempo stringe" (2006), "La lingua bugiarda" (2007) e "Piccole storie sul bene e sul male" (2009).
"Il più autentico e grande filosofo italiano del dopoguerra" (Giacomo Marramao)
Con "Il problema dell'ateismo" Augusto Del Noce si confronta con la modernità, compiendo una serrata critica della sua filosofia come processo di secolarizzazione che conduce all'idea dell'uomo creatore e trova il suo compimento nell'antropologia materialistica del marxismo. Autentico classico del pensiero cattolico, in questa nuova edizione il libro è arricchito da un saggio di Massimo Cacciari
Augusto Del Noce (1910-1989) ha insegnato nelle Università di Trieste e di Roma. Il Mulino ha pubblicato anche "Riforma cattolica e filosofia moderna" (1965) e il postumo "Giovanni Gentile. Per una interpretazione filosofica della storia contemporanea" (1990).
"Un'opera intramontabile" (Samuel Huntington)
Le tesi elaborate in questo libro ormai classico non hanno mai smesso di suscitare un'eco estesa ben oltre il mondo degli studiosi. L'espressione "familismo amorale", coniata da Banfield per spiegare l'arretratezza, o meglio la mancanza di reazione all'arretratezza, di Montegrano (dietro cui si nasconde Chiaromonte, in Basilicata, alla metà degli anni '50), è diventata di uso corrente per etichettare una molteplicità di fenomeni, ma soprattutto per individuare un presunto "difetto" fondamentale della società italiana. Avverso allo spirito di comunità, disposto a cooperare solo in vista di un proprio tornaconto, il familista amorale si comporta secondo la seguente "regola aurea": massimizzare i vantaggi materiali e immediati della famiglia nucleare, nel presupposto che tutti gli altri agiscano allo stesso modo. Una interpretazione discussa ma di indubbia efficacia nell'indicare i guasti provocati dalla cronica carenza di senso civico.
Edward C. Banfield (1916-1999), consigliere di diversi presidenti americani, ha insegnato nelle Università di Chicago e Harvard. Tra le sue opere ricordiamo "Political Influence" (1961) e "The Unheavenly City Revisited" (1974).
Lo studio dell'intelligenza costituisce una delle aree più affascinanti e sfuggenti della psicologia. È affascinante perché va al cuore del funzionamento psichico dell'uomo nelle sue forme più elevate, è sfuggente in quanto tocca temi controversi e sovrapposti, come il rapporto tra natura e cultura. Cos'è l'intelligenza? Come si misura? Intelligenti si nasce o si diventa? Frutto del lavoro di ricerca di uno dei più reputati studiosi italiani nel campo dell'apprendimento, della memoria e dell'intelligenza, questo libro presenta un'approfondita e articolata analisi delle diverse teorie sull'intelligenza e sulla sua misurazione, delle sue basi biologiche e del ruolo svolto dall'esperienza e dall'educazione, proponendo inoltre una nuova visione del costrutto.
La società attuale manca di espressioni efficaci di riconoscimento e valorizzazione delle persone. Nonostante leggi e regole, di fatto siamo tutti esseri spersonalizzati, schegge di un mondo frammentato che isola, suscita sentimenti di impotenza, ci fa sentire tutti egualmente inadeguati. Attingendo anche al proprio percorso individuale di ragazzo cresciuto a Chicago in una casa d'accoglienza, Sennett affronta il tema della deprivazione e del riscatto, della diseguaglianza e delle varie istituzioni preposte al Welfare, e mostra come solo il rispetto sia in grado di restituire a ciascuno un'identità accettabile. Pur prendendo atto che le persone non sono uguali, che talune hanno più talento di altre, che talune sono più dipendenti e meritevoli di compassione, il vero rispetto - quello suscettibile di riverberarsi nella vita collettiva - consiste nell'incoraggiare ciascuno a dare il meglio di sé secondo e capacità.