Tra i molti capolavori misconosciuti del Rinascimento, un posto particolare occupano i dialoghi latini di Giovanni Pontano. Uomo politico di primo piano, fine diplomatico ai vertici del regno angioino per quasi mezzo secolo, raffinato poeta e instancabile animatore della vita intellettuale di Napoli, Pontano fu uno dei principali esponenti della letteratura italiana ed europea del Quattrocento. I tre dialoghi qui presentati ne rispecchiano la poliedrica personalità, mettendo in scena una satira contro la superstizione (Caronte), un'esaltazione della bellezza della poesia di Virgilio (Antonio) e un sapido quanto spietato autoritratto di un uomo ormai anziano ma non per questo più saggio o virtuoso (Asino). L'edizione, curata da Lorenzo Geri, è corredata da un profilo di Pontano e dei suoi tempi e offre una traduzione scorrevole e un ricco apparato di note.
Il nome di Dante è nel pensiero di molti indissolubilmente legato al titolo della sua opera maggiore: la "Divina Commedia". È facile dimenticare che il grande poema fu solo il punto d'arrivo di un percorso iniziato nella prima giovinezza. Leggere le "Rime", dai sonetti giovanili alla vitalistica esuberanza di "Sonar bracchetti" e alle atmosfere oniriche di "Guido, i' vorrei" fino alle liriche poi raccolte nella "Vita Nuova", come "Donne ch'avete" e "Tanto gentile", significa accompagnare Dante nel lungo viaggio alla ricerca di una propria voce poetica che avrà come meta finale la "Commedia". Teodolinda Barolini analizza da punti di vista innovativi e spesso inediti le singole rime, facendo luce sull'evoluzione artistica e ideologica del poeta e sui rapporti che intercorrono tra le "Rime" e il capolavoro della maturità.
La fuga di Enea, il buono e leale principe troiano, dalla sua patria verso l'Italia trascende la particolare vicenda per farsi metafora di ogni itinerario umano, costellato tanto di impedimenti quanto di incontri fondamentali. Composta nel I secolo a.C., l'Eneide non è semplicemente uno dei massimi vertici della poesia epica virgiliana, ma è divenuta un'opera capace di dialogare con il lettore nel corso dei secoli, attraverso la continua raffigurazione di momenti emblematici, di scelte supreme e di rinunce dolorose. In questa edizione l'autore ne fornisce una nuova traduzione in un italiano alla portata di un qualsiasi lettore dotato di cultura media, intelligenza e un po' di passione per i classici.
Nell'estate del 1940, un ragazzo di undici anni ascoltò il padre che leggeva e spiegava ai fratelli maggiori l'Inferno di Dante; le due estati seguenti toccò a Purgatorio e Paradiso. Mezzo secolo più tardi proprio quel ragazzo, Vittorio Sermonti, avrebbe letto e spiegato Dante ai microfoni della radio e in letture pubbliche affollatissime. E grazie a questa edizione definitiva di un classico di alta divulgazione, i lettori italiani hanno di nuovo la possibilità di accostarsi a una poesia capace di illuminare anche il nostro tempo. I quattro volumi sono raccolti in un cofanetto.
Lo Stilnovo è la prima, autentica rivoluzione culturale della letteratura italiana, pronta a sostituire alla passata interpretazione cortese e feudale dell'amore e della realtà un nuovo codice, creato da giovani intellettuali aperti a posizioni filosofiche d'avanguardia, e capaci di produrre per un nuovo pubblico una nuova poesia, paradossalmente democratica ed elitaria insieme. Questa raccolta propone un'ampia scelta antologica, da Dante stesso all'amico Guido Cavalcanti, da Guinizzelli a Cino da Pistoia, da Lapo Gianni a Dino Frescobaldi.
Da Bembo a Torquato Tasso, dalle poetesse alle varie forme di classicismo, dall'Accademia fiorentina al gruppo napoletano. E quindi, un ampio panorama delle aree linguistiche di diffusione europea del petrarchismo, che tocca Francia e Portogallo, Spagna e Inghilterra, per approdare alle esperienze neolatine fuori d'Italia. Questa raccolta, che riunisce sotto il segno del Petrarca esperienze italiane ed europee, documenta come il "Canzoniere" e i "Trionfi" abbiano avuto un ruolo determinante per la nascita e lo sviluppo della grande poesia alle soglie della modernità.
Questa breve antologia costltuisce la settima e ultima parte dell'opera "I Veda", una traduzione dei passi più significativi e pregnanti delle Sacre Scritture degli hindù curata da Panikkar e pubblicata in questa stessa collana. Pur indirizzata principalmente a un uso liturgico, essa è tuttavia essenziale per comprendere il mondo vedico, il senso di solidarietà cosmica, fratellanza universale e unione con il divino custodito come un tesoro segreto nel "tempio interiore" di ciascun uomo.
In questo trattato del 1867 Bachofen offre un ampio quadro della religiosità orfica e delle sue successive, divergenti manifestazioni, dalla severa purezza dell'ars bene vivendi et bene moriendi della Scuola Italica alla travolgente sensulità del culto di Dioniso. Le sue fonti in questo itinerario non sono solo letterarie (Plutarco, Porfirio, Cicerone e Macrobio, per esempio), ma soprattutto artistiche.
I "Carmina Burana" (una raccolta di circa 250 componimenti poetici rinvenuti in un codice risalente al XIII secolo) costituiscono uno dei momenti più significativi della poesia del Basso Medioevo. Conosciuti soprattutto per la riduzione musicale che ne fece Carl Orff, sono spesso liquidati come canti goliardici dedicati ai temi della taverna e dell'amore carnale. In realtà i "Carmina Burana" costituiscono un documento importantissimo per ricostruire alcuni momenti della storia medievale vista dalla parte dei "chierici", gli studenti che si trasferivano da un'università all'altra e riversavano in questi testi la loro contestazione nei confronti delle autorità e della Chiesa.
Il diario che quasi quotidianamente Michel de Montaigne scrisse dal 5 settembre 1580 al 30 novembre 1581 nel corso del lungo viaggio che lo portò da Beaumont-sur-Oise ad attraversare l'Italia fino a Roma, che raggiunse il 3 novembre 1580, per tornare infine nella sua tenuta di Montaigne, nelle vicinanze di Bordeaux. Quello dell'autore degli Essais può essere considerato come il primo grande viaggio compiuto da un intellettuale a scopo formativo, e da questo diario derivano infatti tutti quelli che autori come Goethe, Heine, Mommsen, De Sade, Montesquieu, Stendhal scriveranno sulle loro esperienze in Italia.
Nato a Darmstadt il 1 luglio 1742 Georg C. Lichtenberg, diciassettesimo figlio di un pastore protestante, è uno dei più originali scrittori e pensatori tedeschi del XVIII secolo. Spirito inquieto e bizzarro, geniale ma debole (era malato di nervi e etilista), cominciò a raccogliere dal 1766 fino alla morte, osservazioni, notazioni personali, motti di spirito, giochi di parole che spaziavano dal feudalesimo germanico alla riflessione morale, alla teoria della conoscenza, alla sessualità, all'attrazione per la morte.
Heinrich Heine compì un viaggio in Italia dall'agosto al dicembre 1828 lungo un percorso che dal Brennero attraverso Trento, Verona, Milano e Genova lo condusse in Toscana, dalla quale dopo alcune settimane fece poi ritorno in Germania. Le "Impressioni di viaggio" riferite all'Italia che, al pari di altre parti relative a varie tappe tedesche, prendono spunto da questi vagabondaggi sono molto lontane dalla forma della relazione di viaggio. Esse sono, piuttosto, godibili strumenti comunicativi condotti con singolare maturità dal giovane autore, sul filo narrativo del viaggiare, per catturare l'attenzione del pubblico dei lettori e, attraverso le mille rifrazioni della divagazione, dell'ironia, della polemica e del capriccio
Collocandosi tra medioevo ed età moderna, Niccolò Cusano consegnò al suo tempo travagliato da gravi conflitti in seno alla Chiesa e allo Stato un cristianesimo rinnovato, con particolare attenzione alle nuove esigenze culturali.
Osservazioni, aforismi, notazioni, umori e malumori, slanci e ritrosie, cinismo, diffidenze, autoironia di un grande narratore che scrive ironicamente in queste pagine: "Se scuoti un aforisma ne cade fuori una bugia e ti avanza una banalità".
Al-Tabari è uno storico persiano della metà del IX secolo che ha scritto in arabo, lingua egemone dell'epoca, una grande "Storia degli inviati (di Dio) e dei Re". Nella sua storia racconta le varie fasi della vita del Profeta, dalla sua chiamata al monte Hirà alla rivelazione che scorre nel Corano e poi, via via, l'égira a Medina, le prime spedizioni e la conclusione della sua vita terrena. Le battaglie di Badr e di Uhud, avvenute in sperdute località di un'Arabia grande come l'India e che hanno sempre costituito punti di riferimento fondamentali nella cultura di ogni musulmano, compaiono e rivivono in questa storia con lo stesso pathos che ritroviamo nei racconti a noi più noti delle battaglie di Salamina e delle Termopili.
Il Sutra del Loto è la mistica visione del Buddha a cui, per quasi venti secoli, si sono inchinati India, Cina e Giappone e l'hanno fatta propria.
Fra il 1821 e il 1823 Alessandro Manzoni aveva lavorato ai suoi "Promessi Sposi" scrivendone una prima stesura che portava il nome dei due protagonisti: Fermo Spolino e Lucia Zarella. "Fermo e Lucia" è suddiviso in quattro tomi. Il primo comprende, se pur con notevoli variazioni, il materiale narrativo che costituirà i primi otto capitoli dei "promessi Sposi". La maggior parte del secondo tomo è invece dedicata alla storia della monaca di Monza, la Signora, ancora chiamata Geltrude e non Gertrude come nell'edizione definitiva del romanzo. Il testo qui riprodotto è quello contenuto nei capitoli I-IX del secondo tomo di "Fermo e Lucia".
si immagina tra Petrarca stesso e Sant'Agostino; ma essi non sono che personificazioni e drammatizzazioni delle due contraddittorie componenti dell'anima del poeta l'anelito religioso da una parte, la brama di gloria e la schiavitù d'amore dall'altra in contrasto tra loro. Ci troviamo di fronte quindi allo stesso conflitto che dà vita alla grande poesia delle "Rime". Ma nel "Secretum" Sant'Agostino non esce vincitore dal colloquio la cui chiosa potrebbe essere un verso del "Canzoniere" stesso: "ch'io vedo il meglio ed al peggior m'appiglio". Petrarca, infatti, continuerà a scrivere poesia d'amore negli anni successivi: solo concludendo le "Rime", all'avvicinarsi della morte, nella preghiera alla Vergine chiederà che lei lo perdoni dell'"error" e prenda atto dei suoi "cangiati desiri", affinché "almen l'ultimo pianto sia devoto". Si può ben dire che, per Petrarca, letteratura e vita coincidono.
Di solito sono gli dei che fulminano gli uomini. In questo libro, invece, abbiamo un filosofo che fulmina gli dei, al plurale come al singolare. E non è detto che le sue saette siano meno micidiali di quelle celesti. E se Nietzsche, con l'enfasi abituale, proclama la morte di Dio, Schopenhauer, ora con il suo sarcasmo ora con la sua logica implacabile, quel dio lo uccide davvero, togliendo qualsiasi validità teoretica al teismo. Questi scritti, alcuni dei quali ancora inediti per il lettore italiano, sono il migliore antidoto contro il rigurgito pauroso di fideismo e di superstizione, ma servono anche per smoccolare e intonacare la filosofia, sulla quale i ciarlatani hanno sparso una coltre di fumo che non le appartiene.
La vita e le imprese, dalla giovinezza alla maturità, di un eroe del Risorgimento. Con una appendice di scritti politici. Introduzione e note di Giuseppe Armani.
Un'introvabile pantera dal respiro profumato: è questa l'immagine con cui Dante definisce l'oggetto della propria ricerca nel "De vulgari eloquentia", il trattato dedicato al problema della lingua poetica italiana. Un libro che rievoca con esplicito orgoglio le esperienze letterarie di gioventù del suo autore, sancisce il trionfo del "nuovo stile" e che soprattutto non smette di affascinarci per l'intelligenza e la capacità dantesche di anticipare tutte le questioni che hanno caratterizzato la nostra modernità, dalla storia della lingua a quella letteraria, dalla metrica alla filosofia del linguaggio. Questioni che il puntuale commento di Giorgio Inglese contribuisce a sottolineare e a chiarire in maniera perfetta.
La storia di Firenze raccontata da un grande politico e prosatore del Cinquecento. Introduzione e note di Alessandro Montevecchi.
Clizia, pubblicata a stampa nel 1537, ma già circolante in forma manoscritta, riprende a grandi linee la vicenda di una commedia di Plauto, la Casina; l'Andria traduce l'omonimo testo di Terenzio; il Dialogo, di attribuzione non del tutto certa, è una voce importante della cosiddetta questione della lingua nel XVI secolo, ed è nota soprattutto per le pagine sui rapporti tra la parlata fiorentina e lo stile comico.
I "Frammenti" lasciati da Pascal dopo la sua morte vennero pubblicati per la prima volta nel 1670, solo in parte, disposti secondo un ordine e con un titolo - "Pensées sur la religion" - assolutamente arbitrari. Oggi sappiamo che il disordine in cui furono trovati è solo apparente, e dunque questa edizione li ripropone nell'ordine voluto dall'autore stesso, rispettando quello che almeno in parte doveva essere il piano del libro al quale Pascal stava lavorando e che non fu mai compiuto. Una volta completata, l'opera avrebbe dovuto costituire una sorta di difesa della cristianità, ma Pascal non era un teologo, bensì un uomo di scienza, un moralista capace di penetrare il pensiero umano, un grande letterato. Quel libro si sarebbe dunque potuto definire la sua autobiografia spirituale. Questa edizione è corredata di un ricco apparato filologico che sottolinea le numerose varianti del testo pascaliano, mentre il testo francese a fronte permette al lettore di comprendere lo sforzo compiuto per rispettare, nel tradurre, il ritmo e la struttura vorticosa della lingua di Pascal.
Pubblicando nel 1613 le "Novelle esemplari", Cervantes non tace l'orgoglio di considerarsi "il primo ad avere scritto in lingua castigliana novelle", alla maniera italiana. Narrazioni "esemplari", dunque, come modelli al radicamento in Spagna di un genere letterario di grande efficacia per delineare figure e casi avvincenti che rechino anche lezioni di vita ispirate a una moralità laica, prima ancora che cristiana. Un'altra ragione dell'esemplarità di queste novelle, però, è implicita: esse offrono lo spazio più congeniale a un'arte del narrare che delle convenzioni di una poetica esalta tutti gli ingredienti e le suggestioni, e questi combina e manipola in un gioco inesausto e sempre sorprendente di trame e linguaggi, di calchi e parodie.
Ispirate da una passione d'amore pienamente vissuta, e trasposta con singolare immediatezza stilistica in espressione poetica, le "Rime" di Gaspara Stampa descrivono le gioie e i turbamenti di una donna capace di perseguire con risolutezza e coerenza, ma non senza dolore, una scelta di vita libera e raffinata, in un ambiente ostile, tollerante solo nei confronti della dissolutezza maschile. Una donna nella quale oggi si riconosce uno dei talenti più colti e dotati del suo tempo, ma la cui opera suscitò spesso in passato una curiosità sospettosa, volta più all'indagine biografica che alla serena e obiettiva valutazione critica.
Spirito bizzarro e mordace, segnato dalle vicisitudini di una vita irrequieta, Luigi Pulci gravitò con alterna fortuna nella cerchia culturale di Lorenzo il Magnifico, opponendo alle tendenze raffinate dell'umanismo platonizzante una vena beffarda e popolaresca, che aveva le sue radici nella tradizione volgare fiorentina. Scrittore d'istinto sempre pronto a cogliere il lato grottesco dela realtà, Pulci diede la sua massima prova con il poema in ottave "Morgante", elaborato a partire dal 1461, sulle tracce di un anonimo cantore trecentesco che ripeteva le gesta di Orlando e dei paladini erranti, traditi dal perfido mago Gano di Maganza.
Monumento supremo del classicismo di primo Ottocento, l'Iliade montiana riuscì nell'ardua impresa di mettere d'accordo, unendoli in un consenso senza riserve, classicisti e romantici. Come scrisse infatti Madame de Staël nel "manifesto" del Romanticismo italiano, "l'Europa certamente non ha una traduzione omerica, di bellezza ed efficacia tanto prossima all'originale, come quella del Monti [...]. Niuno vorrà in Italia por lo innanzi tradurre la Iliade, poiché Omero non si potrà spogliare dell'abbigliamento onde il Monti lo rivestì". Sull'unicità e grandezza della traduzione montiana si sofferma anche l'introduzione di Michele Mari. Sottolineata soprattutto l'eccezionale unità di tono del poema, il curatore analizza i passaggi che, in un interminabile labor limae, portarono Monti alla stesura della quarta e definitiva versione, quella del 1825 qui presentata, e fornisce un ricco apparato di commento delle più significative varianti rispetto alle precedenti edizioni.
Scrivere un'autobiografia a poco più di quarant'anni può sembrare prematuro: ma non quando si ha avuto il destino di vivere negli anni e con l'intensità di Vittorio Alfieri. Iniziata dopo che Alfieri aveva portato a compimento l'esperienza delle tragedie e vissuto la delusione della degenerazione della rivoluzione francese, la Vita è molti libri in uno. Si alternano i ricordi dell'infanzia e le avventure della maturità, gli amori e gli entusiasmi letterari, la riflessione politica e quella poetica, sino a trasformare quest'opera nell'unico, autentico romanzo del nostro Settecento.
Per Ebrei e Cristiani, i Salmi sono rivelazione divina: essi costituiscono la preghiera più usata da tutti i credenti, dice San Tommaso, perchè il Salterio contiene in sè tutta la Scrittura". "
I Discorsi non sono un trattato sistematico, ma un insieme di osservazioni che, in forma di libero commento ai primi dieci libri delle Storie di Livio, investono i grandi problemi connessi alla dinamica della vita storica e politica. Sono inoltre un’opera scritta con impareggiabile vigore di stile e segnata da una straordinaria capacità di analisi. Una lettura – qui presentata dall’approfondita introduzione di Gennaro Sasso e arricchita dall’esaustivo apparato di note di Giorgio Inglese – indispensabile a chi voglia penetrare nella sua autentica complessità il pensiero politico di Machiavelli, troppo spesso irrigidito in formule spregiudicate e semplicistiche.
Fra la verità e il giudizio umano, fra il coraggio e il dubbio, che si alternano come onde di nebbia lungo tutto il romanzo (e proprio le nebbie, le nuvole, i vapori delle tempeste ne sono immagini chiave), si scorge a tratti la figura sfuggente del protagonista, dipinta con elusiva precisione. E' Lord Jim, uno dei personaggi più celebri, complessi, difficili e amati di Conrad, con il suo idealismo tenebroso, problematico ed essenzialmente umano.
In questa antologia Alessandro Bausani ha raccolto i più affascinanti tra gli oltre cinquantamila distici del Divan, il canzoniere in cui il massimo poeta dell'Islam ha intessuto musicalità e misticismo in versi di straordinaria bellezza.