
Meditazione e silenzio sono due gemelli che nascono insieme, prima l'una o poi l'altro, e viceversa. Se tali dimensioni sembrano essere, in prima battuta, prerogative dell'Oriente, esiste invece un'ampia e ricca tradizione cristiana di meditazione silenziosa a partire già dai primi secoli. John Main, monaco benedettino John e una delle figure più significative del Novecento per la riscoperta della meditazione in Occidente, ci accompagna nelle affascinanti vie del silenzio che portano a riscoprire la presenza interiore di Dio, l'autentico tesoro di essere destinatari del suo amore, tanto da arrivare a lasciar andare ciò che non è essenziale, fino ad abbracciare il mondo intero. L'antologia, con Introduzione di Laurence Freeman, suddivisa in tre sezioni: «Lasciare andare», «Abbracciare il mondo» e «Cento pensieri sulla preghiera, Dio, l'amore», presenta alcuni testi rappresentativi dell'insegnamento di Main, portato avanti dalla Comunità Mondiale della Meditazione Cristiana (WCCM).
Tra 1774 e 1778 il filosofo Gotthold Ephraim Lessing dà alle stampe sette frammenti attribuiti a un immaginario Anonimo di Wolfenbüttel. In essi il vero autore, H.S. Reimarus, per primo osserva, con sguardo storicamente disincantato, la discontinuità tra il messaggio di Gesù e le forme della sua trasmissione. Il sesto frammento, qui proposto con ampio commento, esamina le contraddizioni presenti nei racconti evangelici della risurrezione, che rendono impossibile dimostrare se sia realmente avvenuta: i discepoli potrebbero aver sottratto il corpo dal sepolcro e attribuito alla morte del maestro un significato di redenzione che in origine essa non aveva. Queste riflessioni sono il fondamento del dibattito ancora aperto sulla figura storica di Gesù. Una chiave per comprendere il significato della risurrezione per la ricerca storica, ma anche della ricerca storica per la risurrezione.
Sebbene le scoperte scientifiche e i progressi della tecnica illudano l'uomo di essere padrone della propria esistenza, egli è continuamente posto di fronte all'imprevedibile. Il mistero della realtà ci provoca a pensare per tentare di comprenderlo: quanto ci è dato vivere viene dal caso, dal destino o dalla Provvidenza? Il volume interroga la storia della fede e del pensiero per risalire alle origini filosofiche e bibliche dell'idea di Provvidenza. è un invito a riflettere sul rapporto tra azione divina e avvenimenti determinati da scelte umane, tra miracolo e leggi di natura, tra cura di Dio per le creature e presenza nel mondo del male. In prospettiva cristiana, sentirsi parte di un disegno diventa allora, da limite, occasione per realizzare se stessi nell'affidamento all'Altro.
«Dal punto di vista artistico-letterario il Vangelo secondo Luca è nel suo insieme il più elegante e forbito di tutti i Vangeli. [...] Tale perizia viene ravvisata dai moderni soprattutto nel fatto che egli sa adoperare con naturale maestria e buon gusto letterario forme stilistiche diverse, da quella classica, a quella biblica, a quella popolare, a seconda delle fonti e del materiale che ha sotto mano, infondendo alla narrazione una grazia semplice e composta che raggiunge qualche volta il sublime e l'universale» (dall'Introduzione di Pietro Rossano).
Più che tecnica di preghiera, la meditazione è un modo di essere e di vivere, un'esperienza pura di unione con Dio. Una pratica che John Main sperimenta a contatto con le religioni orientali e scopre profondamente radicata nella tradizione cristiana. I testi qui presentati, raccolti da Laurence Freeman, allievo ed erede dell'autore, toccano alcuni cardini del suo insegnamento: la semplicità della meditazione, il mantra come risonanza armonica di Dio in noi, l'importanza di riscoprire il valore del silenzio e la gioia del Vangelo, il distacco da sé e da ciò che è transitorio per avvicinarsi agli altri e all'Altro. La ricerca di Dio è allora ricerca d'amore, non conquista del pensiero ma esperienza che coinvolge la persona nella sua totalità. Ne risulta una proposta capace d'intrecciarsi alle questioni religiose e sociali che animano il mondo di oggi, un richiamo a «essere pienamente vivi», a «rispondere in modo totale alla realtà del qui e ora».
Nella società attuale l'idea cristiana di Dio sembra aver perso ogni potenziale di provocazione, condannata all'indifferenza e all'inattività. è necessario liberarla da tutto ciò che, nel corso di secoli, l'ha paralizzata fino a soffocarla per conferirle un senso nuovo e riscoprirne le implicazioni per l'esistenza. L'autore propone allora, sulla base del Vangelo di Giovanni, l'idea che Dio è de-coincidenza: non può essere ridotto al dogma o all'ideologia, lo si può pensare solo disfacendo ogni definizione, ogni significato attribuitogli dalla tradizione, per intenderlo invece come l'apertura da cui scaturisce l'inaudito. Questo genera inevitabilmente nel pensiero un senso di vertigine. Come noi viviamo solo se de-coincidiamo dal già vissuto, se apriamo nella nostra vita nuovi "possibili", così Dio è vita se è de-coincidenza.
Questo breve trattato sull'amore - in tutte le sue accezioni, da quella sensibile alle vette dell'estasi mistica - si colloca nell'ampia analisi compiuta da Josef Pieper sulle virtù, cardinali e teologali. Il testo, che si rifà tanto ai classici della filosofia e della teologia - Platone, Agostino, Tommaso d'Aquino, Francesco di Sales, Karl Barth, Anders Nygren - quanto alla psicanalisi del Novecento, da Freud ai suoi contemporanei americani, fornisce l'impianto architettonico della virtù e, al contempo, della persona umana. è un dialogo con il lettore stesso, che vedrà in queste pagine declinate le varie sfumature dell'amare - carnale, psicologica, spirituale - e insieme un ritratto del suo essere uomo e creatura di Dio. «L'essenza dell'amare e dell'essere amati», scrive nella Prefazione Andrea Aguti, è per Pieper «sentirsi, nonostante tutto, "giustificati nella propria esistenza"».
Com’è possibile che il cristianesimo sia davvero una religione universale? Quali sono i processi e gli stili dell’evangelizzazione? In modo pionieristico e profetico, nell’immediato secondo dopoguerra, il teologo parigino Jean Daniélou traccia in questo saggio orizzonti e criteri che mantengono intatta la loro attualità. Incarnazione e redenzione, Pentecoste e Parusia, storia e mistero e altre tensioni generative che innervano la storia della salvezza vengono esplorate con il piglio dell’intellettuale e con l’ardore del missionario. Una raccolta di meditazioni nate all’interno dell’esperienza del Circolo san Giovanni Battista, di cui Daniélou fu instancabile animatore per decenni. L’affresco di una teologia della missione che già all’epoca delineava il nascente volto di un cristianesimo in India, in Cina, in dialogo con religioni e culture mondiali.
Jean Daniélou (1905-1974), cardinale francese, è stato tra i maggiori teologi del Novecento. Nel catalogo Morcelliana ricordiamo, di Daniélou, Il mistero dell’avvento, I Vangeli dell’infanzia, Saggio sul mistero della storia e, di G. Pasquale, Jean Daniélou.
I testi qui proposti cercano di dare una risposta alla "questione ebraica". Interpretata come esigenza di una rinascita spirituale e culturale prima che politica, essa è meta di un cammino personale che muove da spunti diversi, tutti volti a superare, con uno sguardo universale, la crisi del rapporto dell'uomo con la realtà: il sionismo di Theodor Herzl; la responsabilità verso la verità di Achad Haam; il tentativo, compiuto da Hermann Cohen, di conciliare l'amore per Dio e la filosofia, la Scrittura e le verità di Platone e Kant; la possibilità, testimoniata da Franz Rosenzweig, di un dialogo fecondo tra religiosità ebraica e cultura occidentale. Queste figure dell'ebraismo sono per Martin Buber, ciascuna a suo modo, maestri, se maestro è colui che crede nella verità anche in "un tempo in cui gli uomini vivono in illusioni di comodo".
Martin Buber (1878-1965) è stato uno dei più importanti pensatori tedeschi del Novecento. Tra le sue opere nel catalogo Morcelliana: Amicizia nella Parola. Carteggio (con F. Rosenzweig, 2011); Religione come presenza (2012); Israele e i popoli. Per una teologia politica ebraica (2015); La vita come dialogo (Scholé, 2019).
I testi qui per la prima volta raccolti rientrano nell'ampia ricerca che Ricoeur svolge su questioni di filosofia politica, dove la disamina del concetto di tolleranza (e dei suoi opposti) è condotta secondo la dialettica dell'et et: mostrare affinità e differenze tra i concetti e gli slittamenti di significato nei diversi piani del discorso. La tolleranza ha tre giustificazioni - politico-giuridica, culturale e teologica - e nasce come contingenza propria dell'età moderna, per poi diventare condizione di possibilità di una vita giusta. Nell'età post-moderna l'esito inatteso: la tolleranza rischia di scivolare nell'indifferenza. Di qui l'intollerabile, «ultimo rifugio di tolleranza pensata e voluta», paradossalmente esso stesso intollerante quando si erga a giustiziere dell'immoralità degli altri. La stessa indignazione necessita quindi di prudenza e mitezza: è un invito all'etica di compromessi ragionevoli. La tolleranza, in tal senso, resta una virtù incompiuta, un compito senza fine.
Gesù è stato un rivoluzionario, un capo politico sfortunato nella sua iniziativa di ribellione antiromana, oppure un difensore dell'ordine stabilito? Oscar Cullmann, di fronte alle teorie scientifiche contrastanti del suo tempo, ha voluto in questo libro - edito per la prima volta nel 1970 e più volte ristampato - esaminare sul piano puramente storico ed esegetico l'atteggiamento di Gesù sulle questioni fondamentali del culto ebraico, del problema sociale e di quello politico. Gesù attende un Regno che non è di questo mondo ponendosi oltre l'alternativa tra ordine stabilito e rivoluzione. Sebbene non risparmi le critiche più aspre alle istituzioni esistenti, altrettanto nettamente respinge le tendenze politiche rivoluzionarie del suo tempo: nel loro ideale, che mescola il messianismo religioso alle aspirazioni politiche, vede una, se non la tentazione diabolica per eccellenza e proclama la necessità prioritaria assoluta della conversione personale del cuore. Una pietra miliare nel dibattito sul Gesù storico.
Sono qui raccolte le ventisette lettere che Pietro Rossano scrisse al "rabbino di Asti" Paolo De Benedetti nell'arco di un ventennio (1968-1988). Traspare l'esperienza di un'amicizia autentica tra due intellettuali di alto calibro, che condividono impressioni, letture e pareri. Si trovano tracce del contesto storico e delle vicende culturali di quegli anni, specialmente di ambito editoriale: De Benedetti ha lavorato in Bompiani, Garzanti e Morcelliana, mentre Rossano è stato direttore editoriale di una collana di Utet e poi di un'altra di Rusconi. è proprio come direttore editoriale e curatore di libri che lo ricorda De Benedetti, in una testimonianza riproposta nel libro. Ma è la sapienza la cifra più sintetica per parlare di questo rapporto: quella della Bibbia, da entrambi studiata e amata, del giudaismo, della filologia che dice cura e passione per la Parola e le parole, del dialogo, unica strada per incontrare se stessi e la pace.
In risposta ai tragici eventi della Seconda guerra mondiale, Gabriel Marcel si interroga sul ruolo del filosofo «chiamato a confrontarsi con l'ansia di un mondo in cui la possibilità di una distruzione totale non appare più come un'ipotesi remota». Questo scritto, presentato per la prima volta al lettore italiano, riconosce agli intellettuali il compito di "essere in situazione", di uscire dall'isolamento e riprendere contatto con la realtà, di indagare il mondo nella sua assurdità senza tentare di semplificarla. Il cuore della Filosofia non è l'astrazione dalla vita, ma il dialogo continuo con essa. Le riflessioni di Marcel si rivelano attuali di fronte alle sfide che oggi minacciano l'equilibrio globale, dal cambiamento climatico alla crisi delle democrazie, dalla disuguaglianza economica alle minacce dei nuovi conflitti. Si ripropone così la necessità, per il filosofo, di tornare a riflettere criticamente sulle radici della propria vocazione.
Il volume presenta in prima edizione italiana le tre celebri conferenze tenute nel 1968 dal filosofo John Niemeyer Findlay sul tema dell'Assoluto. Il nucleo della teoria qui esposta è che tutte le cose, dai corpi fisici agli oggetti dello spirito, sono unite da una rete di relazioni. Compito della filosofia è percorrere queste connessioni per ascendere all'essenza, indagare l'assurdo e il negativo dell'esistenza per cogliere in essi le tracce di un trascendente che dà loro significato e offre una possibilità di redenzione. I temi trattati - lo Spazio e il Tempo, la sostanza e la causalità, la vita interiore della mente, la conoscenza, i valori morali, il male - sono per Findlay passi verso la definizione di un Assoluto che sappia risolvere in una sfera oltremondana le contraddizioni di questo mondo.
Con il termine "anima" la teologia cristiana, riprendendo alcune acquisizioni della cultura biblica e della filosofia greca, ha voluto salvaguardare l'identità singolare dell'essere umano e la sua destinazione a superare la morte. Negli ultimi decenni, alcuni orientamenti delle neuroscienze hanno invece ritenuto che anche la dimensione "spirituale" degli esseri umani sarebbe espressione di processi neuronali. Il libro si confronta con questi orientamenti per verificare se quanto la tradizione ci ha lasciato in eredità sia da abbandonare o non piuttosto da interpretare come utile strumento per riaffermare l'originalità dell'essere umano tra i viventi. L'obiettivo che l'autore si prefigge è anzitutto metodologico: di fronte al fenomeno umano qual è la spiegazione che meglio corrisponde all'aspirazione al trascendimento che anche la cultura e la tecnica testimoniano? Il confronto si sviluppa a partire dai grandi pensatori del passato - in particolare Tommaso d'Aquino - e dalla ricerca esegetica attuale.
«Una donna schizofrenica in forma grave doveva essere trasferita in un altro ospedale per essere sottoposta a cure psichiatriche. Gli autisti dell'ambulanza vennero mandati in una stanza nella quale la donna stava seduta sul letto, vestita, con la borsa pronta. Nel momento, però, in cui la si invitò ad alzarsi, la paziente diventò con tutta evidenza di nuovo schizofrenica, oppose resistenza, si spersonalizzò e alla fine dovette essere sedata. Quando l'ambulanza era già in viaggio ci si accorse che si aveva a che fare con uno scambio di persona. La signora sull'ambulanza era una donna che intendeva andare a trovare un parente». Ecco uno degli esempi con cui Watzlawick mostra come la normalità nelle relazioni umane sia sempre una costruzione dei singoli individui. Costruzione che, lungi dal portare al relativismo e al nichilismo, paradossalmente consente all'uomo di essere libero.
Re, saggio e architetto, e, più tardi, mago, profeta, esorcista e compositore, Salomone è una delle figure più complesse e famose della letteratura antica. Se le sue immagini più familiari sono ispirate da ciò che racconta di lui la Bibbia ebraica, meno conosciute sono le tradizioni su Salomone elaborate dal giudaismo rabbinico e i ricchi ricami narrativi costruiti dai Maestri ebrei. Le pagine di questo libro offrono per la prima volta al lettore italiano leggende rabbiniche tradotte dall'ebraico o dall'aramaico - oltre a tre saggi introduttivi che inquadrano la figura e la recezione di Salomone. Radicate nell'antico folklore di Israele, sono allo stesso tempo innovative perché forniscono nuove interpretazioni e prospettive sia degli episodi biblici sia dei loro protagonisti.
Sono qui presentate due meditazioni bibliche che Karl Barth ha dedicato all'Avvento e al Natale. Soffermandosi sulle figure di Giovanni Battista e di Maria, che incarnano la condizione dell'attesa per l'adempimento della promessa di Dio con la venuta del Redentore, Barth offre ai suoi ascoltatori una profonda penetrazione teologica del testo sacro. Questa prosegue nella seconda meditazione, che si sofferma sul mistero natalizio: ascoltando l'invito a «non temere», ne considera la realtà come motivo di nuovo splendore al mondo intero, e, nel nascondimento dell'Uomo-Dio, sa vedere il momento della rivelazione divina.
Costante è stato il confronto di Ricoeur con Kant, in particolare con la dottrina del male radicale contenuta in La religione nei limiti della semplice ragione. I saggi qui per la prima volta tradotti e raccolti possono essere visti come la ricapitolazione di questo confronto, una messa a punto sulla filosofia della religione kantiana, intesa come «ermeneutica filosofica della speranza». Un'ermeneutica che ha a suo fondamento un enigma storico-esistenziale - «il fatto che il libero arbitrio esiste solo sotto la forma del servo arbitrio» - e un paradosso antropologico: l'inerenza nell'uomo di una tendenza al male morale innestata su una disposizione al bene. Il male - quale inversione, nelle massime dell'azione, della priorità tra il dovere e il piacere - è sì radicale ma non originario: sta qui, nota Ricoeur, il pelagianesimo di Kant. Per lui la religione è, nella sua essenza, rigenerazione del principio buono nella volontà cattiva. Una rigenerazione che è una dialettica tra sforzo morale e dono della grazia.
In questo straordinario «resoconto» di un viaggio a Lourdes, compiuto per osservare con imparzialità scientifica i fenomeni considerati miracolosi presso il famoso santuario, Carrel narra come venga coinvolto nella vicenda di una ragazza ammalata, gravissima e incurabile, che viene condotta dalla Madonna in una estrema speranza di guarigione prodigiosa. Contrariamente a ogni sua previsione di medico saldamente legato a una visione «positiva» dei fatti biologici, egli assiste al miracolo, che descrive con partecipazione ansiosa, incredula e poi stupefatta. L'autore non depone il suo atteggiamento da scienziato, tuttavia entra «in una indicibile confusione di pensiero», poiché nelle domande che gli si affollano dentro non si tratta «di una semplice adesione ad un teorema di geometria, ma di cose che possono cambiare l'orientamento della vita». Ed ecco la conversione, della mente e del cuore, e lo sbocciare in lui della preghiera. L'autore, pur non diventando un «bigotto» e mantenendo la sua vigile disposizione critica, diventa e rimane un cristiano, come attestano le originali Meditazioni e i Frammenti di diario qui aggiunti.
Il primo fra i maestri del Ratzinger teologo è senza dubbio il pensatore italo-tedesco Romano Guardini, a cui torna spesso in quasi tutti i suoi scritti. Sono qui pubblicati - e introdotti da Silvano Zucal, curatore dell'Opera Omnia di Guardini - i due testi a lui interamente dedicati. Quella di Guardini è sempre stata per Ratzinger una voce ancora attuale che va resa nuovamente udibile: senza alcuna esitazione scommetteva che la diversità che lo caratterizza, per il diverso destino epocale in cui Guardini ha vissuto, avesse in sé quella "forza dell'incontro" che può ricondurci davanti a noi e in noi stessi.
La riflessione di Schwarzschild sul divieto di idolatria - tema fondamentale per la fede e la prassi religiose del mondo ebraico - è un commento filosofico-rabbinico al precetto di non farsi alcuna immagine di Dio. È, però, anche un'applicazione di questo comando alla storia del sentimento religioso e della spiritualità, dal momento che farsi immagini costituisce un bisogno umano che, proprio perché tale, va sottomesso all'imperativo divino. Rinunciando a stigmatizzare le pur pericolose idolatrie del nostro mondo, Schwarzschild si concentra sulla "madre di tutte le idolatrie", quella religiosa, perché è l'idolatria che pretende di non esserlo, quella che si smercia per veritas e vera religio. Nell'approccio di questo originale pensatore ebraico, idolatra è chiunque creda o pensi che si possa eliminare la cesura tra divino e umano, tra idealità e realtà. La proibizione dell'idolatria diventa, in questa prospettiva, la formula negativa con cui si tutela la primaria e più alta verità della rivelazione divina e della riflessione razionale umana: esiste un Dio uno e unico, nel quale l'unità numerica sfuma e si trascende nella sua dimensione morale.
Paolo Sacchi, grande figura di ebraista e storico di fama internazionale, ben noto per la ricchezza del suo lavoro sulla Apocalittica e la "Bibbia dei Settanta", ritorna qui a interrogarsi su Gesù e dunque sui Vangeli. Focalizzandosi sul Vangelo di Marco, tenta di capire che cosa Marco abbia voluto dire mettendo in bocca a Gesù l'enigmatica e ancor oggi discussa espressione "Figlio dell'Uomo", che va intesa a partire dal rapporto dell'evangelista con la tradizione apocalittica: «Gesù si autorivela come Figlio dell'Uomo perché Dio lo rivela come Figlio di Dio». Tale rivelazione dà anche il significato all'Ultima Cena, dove Gesù stringe il suo Patto, con la promessa di risurrezione, con i discepoli e quindi con tutti gli uomini. Sono pagine che sorprendono il lettore, perché, come scrive l'autore, «nello scorrere degli anni ho amato sempre più Gesù. Ho studiato la sua vicenda con un entusiasmo particolare che vorrei comunicare al lettore con parole che, pur nella freddezza dell'esposizione, lo lasciassero trapelare».
Che ne è della fede in questo mondo secolarizzato? La mentalità occidentale, che pone al centro l'essere umano e le sue esigenze materiali, pervade il mondo. Forse la fede non esiste più o magari ce n'è troppa, ma non di tipo religioso, dato che spesso viene confusa con credenze varie e con opinioni più o meno giustificate. Eppure, anche in tale mentalità continua a esserci bisogno di credere, ma non sono più le religioni monoteistiche a dirigere le dinamiche umane. Per fare i conti con questi fenomeni occorre approfondire in cosa consiste davvero il rapporto con Dio, quali sono i significati e le forme della fede, che si configura come un'esperienza di relazione e di fiducia in grado di dare senso a ogni altra nostra relazione, di offrire prospettive ulteriori. L'esito di questa indagine è un cristianesimo come "religione impossibile", che, nella sua trasgressività, permette di considerare l'"impossibile" come una possibilità e in tal modo salva dalla compromissione con il male che caratterizza l'agire umano.
In questo breve, denso volume Hubert Jedin ripercorre, con la consueta chiarezza e la rigorosa documentazione delle sue opere maggiori, la storia dei Concili, dagli otto Concili della Chiesa unita sino al Vaticano II. Attraverso queste importanti occasioni d'incontro e di verifica, il lettore può ripercorrere l'intera storia della Chiesa, dai primi secoli sino ai giorni nostri, con i suoi personaggi maggiori e minori, i suoi momenti più importanti, i successi e le sconfitte. Un libro fondamentale, utile per comprendere meglio la Chiesa di oggi.
"Tutti proviamo, prima o poi, una ""notte dell'anima"": un lutto, una separazione, una malattia o un'ingiustizia che paiono senza rimedio. Certezze distrutte e speranze stroncate, che ""infrangono il cuore"" e ben riassunte nell'antica esperienza ebraica dell'esilio. - Un viaggio terapeutico nella saggezza dei maestri di Israele. La fede qui descritta non è la ""soluzione"" al dolore dei cuori affranti, ma è la ""scintilla"" che riaccende il motore spento e che riattiva le nostre più intime energie. - Dio è il guaritore dei cuori infranti: è in esilio con noi, condivide la nostra lotta quotidiana in cerca di più luce e più senso. - Un percorso spirituale che mentre sollecita l'intelligenza, consola il cuore e blocca la deriva della rassegnazione e la fuga nell'illusione."
Poesie nonsense, cantilene, strofe dedicate ai tanto amati gatti delineano il volto sconosciuto ai più di Paolo De Benedetti. Una raccolta di componimenti che svela l'ironia sottile del Rabbi di Asti, la passione per i giochi linguistici, sensati e non, nati nelle redazioni dell'editore Bompiani dall'intesa con Celestino Capasso, Mario Spagnol, Umberto Eco e Giampaolo Dossena, e proseguiti poi come attività parallela ai libri di esegesi biblica e teologia. Completano la produzione nonsensica una lettera a Eco, Micceide e le melanconiche lamentazioni per la perdita degli amici felini, "angeli" del Creatore, per i quali l'autore litiga con Dio.
Confrontarsi con alcuni orientamenti delle neuroscienze significa accettare che siano messe in discussione le acquisizioni della tradizione filosofica e teologica, secondo le quali gli esseri umani si stagliano al di sopra di tutti gli esseri viventi perché, essendo dotati anche di un principio spirituale, costituiscono il confine tra il mondo dello spirito e quello della materia. Ma per comprendere il fenomeno umano basta attenersi all'indagine scientifica? Nessuna demonizzazione dei saperi scientifici, piuttosto un tentativo di comprendere i dati che essi offrono alla teologia, la quale ha la convinzione di dare un contributo per la custodia dell'essere umano da ogni possibile manipolazione cui lo si esporrebbe qualora lo si considerasse soltanto un vivente tra gli altri.
Cuore e ragione in Pascal sono indissolubilmente legati come esprit de finisse ed esprit de Gèometrie: nella loro unità costituiscono la facoltà conoscitiva, del vero e del bene, propriamente umana. I testi qui tradotti insieme all'opuscolo incompiuto De l'esperit geometrie illuminano la genesi dell'epistemologia pascaliana, fungendo da "discorso sul metodo".
Collocato tra le ortodossie e la critica radicale alla religione, tra lo scandalo delle divisioni fratricide tra Chiese, delle guerre di religione, e lo scetticismo libertino e ateo, Herbert di Cherbury - statista e filosofo inglese (1582-1648) - delinea un'autentica terza via nel dominio religioso che fa di lui, come già Wilhelm Dilthey aveva colto, l'esponente di quella linea speculativo-teologica «trascendentale o spiritualista» che, dal Cinquecento in poi, muovendo dal teismo rinascimentale e dalla mistica, aveva dichiarato l'universalità della rivelazione, il primato della coscienza e del lumen Dei in essa inscritto sul dogma e sulle istituzioni. Herbert, in questo senso, scrive Dilthey, è colui che «primo tra tutti nell'Europa cristiana pose le basi dell'autonomia della coscienza religiosa mediante l'analisi della capacità conoscitiva in materia di religione». Tra le sue opere ricordiamo, oltre a De religione laici (1645) - qui tradotto e commentato da Gabriella Bartalucci -, De ventate (1624), De religione gentilium (postumo, 1663) e l'Autobiografia (postuma, 1769). Roberto Celada Ballanti.
Il tema della giustificazione - l'azione salvifica di Dio, che rende l'uomo "giusto" ai Suoi occhi -, attorno a cui ruota lo Scisma protestante, fu una questione decisiva per il giovane Lutero, e oggetto precipuo della sua esegesi biblica, in particolare delle lettere paoline. Il volume ricostruisce questo particolare aspetto della dottrina luterana facendo luce, al tempo stesso, sul senso della Riforma nel suo differire dalla teologia cattolica. L'interpretazione luterana del concetto di "grazia" - ripresa e commentata in queste pagine - rappresenta anche il focus di una più profonda conoscenza fra le due confessioni, e il modo per superare reciproci pregiudizi e condanne dottrinali sulla via della comune fede in Cristo, di cui tanto più bisognosi sono gli uomini del nostro tempo.
Come può declinarsi una teologia razionale alla fine della modernità? Holm Tetens esplora la via di un discorso razionale su Dio, essenzialmente basato sulla negazione dell'autorità di fonti esterne alla ragione - siano i testi sacri, la dottrina, l'esperienza di fede... - e sul principio di non contraddizione. Elaborare tesi e argomentazioni chiare, condivisibili universalmente, sulle questioni inerenti l'esistenza di Dio e il suo rapporto con la natura, con il mondo e con l'uomo, è un tentativo inusuale per la teologia e la filosofia contemporanee, le quali rinviano perlopiù la discussione dei contenuti teologici alle particolari tradizioni ermeneutiche, riducendo la religione come oggetto di studio alla sua dimensione storica. La prospettiva qui sviluppata da Tetens è in grado di rimettere in questione la differenza fra teismo e naturalismo, mostrando come il primo sia una valida opzione razionale anche per l'uomo d'oggi.
«Un lettore del testo di Mosca Mondadori può sentirsi estraneo alla sua esperienza spirituale e tuttavia esserne attratto, non tanto in ragione del suo mito fondante - in questo caso il Cristo -ma dal fatto di potere, in ragione di quel mito, guardare al mondo e ai suoi orrori sotto il segno del riscatto e della redenzione. Ma perché questo accada bisogna operare perché accada, è necessario un atto di donazione, è necessario identificarsi in Cristo, modellare su di lui la propria vita. "La morte nell'Amore - scrive Mosca Mondadori - ed è Cristo a trascinarci in essa. È Lui a portarci dentro l'Origine dove noi vivremo per sempre". Mosca Mondadori sperimenta quest'elevazione, si sente "innalzato d'improvviso nella gloria". Detto questo, perché mai un laico dovrebbe essere interessato a questi testi? Direi, proprio in ragione della loro assurdità. Credo quia absurdum.» (Salvatore Natoli)
Il carmelitano Giovanni della Croce (1542-1591) è considerato uno dei più importanti mistici cristiani. Come si apprende in queste pagine, la sua figura rappresenta la cifra stessa del mistico moderno nella propria vocazione universalistica. Nel saggio del 1948, qui per la prima volta tradotto da Domenico Bosco, Jean Baruzi, collocando Giovanni della Croce dentro la storia della religione, ne ritrae al tempo stesso la forza poetica - di alcuni celebri simboli: la "notte", la "fiamma" - e quella speculativa. Un modo di esprimere l'indicibile - foriero di profonde intuizioni metafisiche sul rapporto fra Dio, gli uomini e il mondo - che per Baruzi assume la dignità di metodo filosofico: una filosofia della religione che si fonda sull'esperienza e la logica della mistica.
Le parole di San Francesco d’Assisi che danno il titolo a questo volume, suggeriscono una riflessione biblica, ebraica e cristiana, sul tema del creato divenuto molto popolare con l’attuale pontificato. Un'attenzione a "madre terra", alla "nostra casa comune" che si estende, secondo papa Francesco, alla società odierna in senso lato. Contributi di Jean Louis Ska, Daniel Marguerat e Romano Penna.
Questo libro ricostruisce il percorso compiuto dalla Chiesa nella sua relazione con il moderno, assumendo un punto di vista specifico: l'atteggiamento elaborato dal papato. Se il confronto di quest'ultimo con la cultura moderna era iniziato già nel corso della Rivoluzione francese, il punto di partenza prescelto è il pontificato di Pio X che, con la solenne condanna del modernismo nell'enciclica "Pascendi" del 1907, segna una svolta: il moderno, da avversario con cui misurarsi anche per poter essere al passo con i tempi, diventa il nemico che penetra nascostamente all'interno della Chiesa per dissolverla. Vengono qui delineati i tratti fondamentali con cui ciascuno dei pontefici successivi, fino a papa Francesco, si è confrontato con questo insieme di problemi, cercando di definire una linea di presenza della Chiesa nella modernità. Tra continuità dottrinali, differenze pastorali e, talvolta, innovazioni teologiche.
Un volume di spiritualità, sul modello della meditazione monastica degli antichi Padri della Chiesa: in preciso riferimento alle Scritture, l'autore commenta i temi della speranza e del perdono, quanto mai attuali.
L'autore mette in risalto la specificità della meditazione buddista, basata su una modalità essenziale: la consapevolezza, come presenza a se stessi e, nello stesso tempo, presa di distanza dal mondo. Questo genere di meditazione ha una valenza spirituale che permette di afferrare il significato anche esistenziale del buddismo: essa è un valido antidoto contro le situazioni di disagio e ansia tipiche della nostra cultura. E' però soprattutto il suo valore conoscitivo a essere qui indagato: il metodo proposto per prendere coscienza di sé - e la sua forza mistica di possibile via al normanna - costituisce un fertile terreno di dialogo tra scienze cognitive e fenomenologia, che sono invitate a riconoscersi reciprocamente integrandosi per giungere a un'autentica concezione dell'io nel suo rapporto con la trascendenza.
La bioetica, per definizione, è un terreno nel quale si confrontano la vita e la riflessione teorica e normativa su di essa. È perciò anche il luogo di aspre opposizioni cui assistiamo nell'odierno scenario culturale, e non sempre riconducibili alla divisione fra laici e cattolici. La vera contrapposizione su cui il volume fa luce è quella fra una bioetica ideologica e una bioetica critica, capace di fornire argomenti per discutere le singole questioni e non per confutare un presunto nemico. Un modello di bioetica dialogica, o "in punta di piedi", che in queste pagine individua alcuni momenti significativi dell'esistenza come possibili luoghi di convergenza delle diverse riflessioni sull'umano. Seguendo, e sviluppando, la prospettiva di Ricoeur, l'etica applicata alla vita si misura qui con le sue esperienze-limite - la malattia, il dolore, la morte - che consentono di pensare i concetti di "fragile" e "prezioso" fuori dall'opzione relativista o fondamentalista, ma in un'etica della cura.