
L'evoluzione tecnologica e la larga diffusione dei dispositivi ICT (Information Communication Technology) o in altre parole dei dispositivi elettronici ed informatici/telematici, hanno profondamente mutato il nostro modo di vivere, al punto da segnare un vero e proprio confine culturale fra "epoche" vicinissime nel tempo. Nel giro di poco più di tre decenni le attività di studio, lavoro, tempo libero, comunicazione e accesso ai servizi sono state completamente trasformate dall'utilizzo sempre più intenso e pervasivo delle tecnologie avanzate; le generazioni dei "nativi digitali" hanno modi di pensare e di agire che non possono prescindere dalla tecnologia. È naturale che in questo quadro anche le soluzioni di ausilio progettate per le persone "con bisogni speciali" si siano evolute grandemente, spesso trainate dall'evoluzione del mercato di consumo e dalla sempre maggiore confidenza delle persone con i dispositivi tecnologici. In definitiva questa pubblicazione intende contribuire allo sviluppo di una conoscenza sistematica dell'ampio mondo degli "ausili tecnologici", prendendolo in considerazione nei suoi diversi aspetti.
"In un bilancio dell'attività letteraria svolta nel 1848, Kierkegaard dichiara che 'La malattia mortale è certamente la cosa più perfetta e più vera ch'io abbia scritta' e la sua pubblicazione, come la scelta dello pseudonimo, gli procurò pene di spirito senza numero. Dalle indicazioni lasciate nelle Carte inedite sappiamo che nel suo primo abbozzo l'opera era stata concepita in forma di una serie di 'Discorsi edificanti' (i Talers Form) e riuscì invece il trattato più teoreticamente teso e organicamente costruito della teologia kierkegaardiana. [...] Si può ben dire che nessuno scritto dà, più di questo, il timbro profondo della sua anima e l'esatta impressione del suo potere di scavare i recessi più impervi dello spirito. Possiamo senz'altro dire che con 'La malattia mortale' si compie una nuova crisi definitiva nell'opera kierkegaardiana, che raggiunge la compiuta forma della sua maturità e positività." (dallo scritto di Camelia Fabro)
L'attuale contemporaneità è caratterizzata dalla persistente e pervasiva messa in discussione dei costitutivi antropologici fondamentali. La "grammatica" dell'umano, che, strutturalmente, si dà nell'identità differente del maschile e del femminile, viene continuamente disarticolata dal diffondersi delle teorie del gender che determina lo stravolgimento del proprium dell'umano. Il presente lavoro, intendendo offrire coordinate per ritessere il tessuto antropologico ed etico nella contemporaneità, opera una ripresa e un approfondimento del tema con lo scopo di riproporre la "normatività" autentica della "grammatica" dell'umano, la quale, fondata sulla significazione della differenza del maschile e del femminile, individua nella reciprocità la dimensione antropoetica fondamentale del costituirsi e relazionarsi umano.
"Questo romanzo è il primo che ho scritto; quasi posso dire la prima cosa che ho scritto, se si eccettuano pochi racconti. Che impressione mi fa, a riprenderlo in mano adesso? Più che come un'opera mia lo leggo come un libro nato anonimamente dal clima generale d'un'epoca, da una tensione morale, da un gusto letterario che era quello in cui la nostra generazione si riconosceva, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Al tempo in cui l'ho scritto, creare una 'letteratura della Resistenza' era ancora un problema aperto, scrivere 'il romanzo della Resistenza' si poneva come un imperativo; ...ogni volta che si è stati testimoni o attori d'un'epoca storica ci si sente presi da una responsabilità speciale ...A me, questa responsabilità finiva per farmi sentire il tema come troppo impegnativo e solenne per le mie forze. E allora, proprio per non lasciarmi mettere in soggezione dal tema, decisi che l'avrei affrontato non di petto ma di scorcio. Tutto doveva essere visto dagli occhi d'un bambino, in un ambiente di monelli e vagabondi. Inventai una storia che restasse in margine alla guerra partigiana, ai suoi eroismi e sacrifici, ma nello stesso tempo ne rendesse il colore, l'aspro sapore, il ritmo..." (Dalla presentazione di Italo Calvino). Postfazione di Cesare Pavese.
La carriera scolastica ancora oggi risulta influenzata da molteplici aspetti riconducibili all'origine sociale degli studenti. Tuttavia, nello spiegare questo fenomeno gli studiosi tendono a considerare in maniera distinta gli aspetti economici e quelli culturali piuttosto che interrogarsi sul loro legame. Il volume colma questa lacuna, evidenziando come il rapporto di studenti e famiglie con la scuola cambi a seconda della classe sociale di appartenenza. A partire dai dati dell'Indagine Istat sul percorso di studio e lavoro dei diplomati, l'autore coniuga le categorie classiche della letteratura sociologica con le più recenti declinazioni sul tema, il rigore metodologico con la combinazione eclettica di sofisticate tecniche di analisi, riuscendo così a svelare l'ambivalenza della scuola. Questa istituzione, infatti, da un lato riproduce le diseguaglianze tra le classi sociali; dall'altro permette a molti studenti di modesta origine sociale di seguire traiettorie "eretiche", caratterizzate da mobilità educativa. Il rapporto dialettico tra dispositivi scolastici e disposizioni sociali, tra ideologia e struttura sociale, spinge il lettore a riflettere sulle ragioni della "continua riforma" del sistema di istruzione negli ultimi due decenni. Il volume è corredato da un allegato on line disponibile nell'area Biblioteca multimediale del sito www.francoangeli.it.
Il testo si propone come strumento didattico per i corsi di "alfabetizzazione informatica" di numerose facoltà universitarie, in particolare dell'area umanistica, e si caratterizza per le seguenti peculiarità: il taglio non specialistico ma rigoroso, la semplicità di linguaggio, la trattazione non solo dell'aspetto tecnico degli argomenti, ma anche di quello etico, sociale ed economico. La nuova edizione del testo è stata completamente rivista e aggiornata alla luce degli ultimi sviluppi avvenuti in questi ultimi anni nel campo dell'informatica. In questa edizione è stato inoltre riorganizzato l'indice degli argomenti, al fine di offrire un percorso di studio più consequenziale e lineare ed è stato dato ampio spazio, in particolare, al tema dell'open source, del cloud computing e della sicurezza informatica. Infine, è stato rivisto l'apparato iconografico, con l'inserimento di nuove immagini esplicative. Nel prezzo è incluso il codice d'accesso alla piattaforma Connect contenente 600 domande in formato digitale e la versione e-book del manuale.
Sparse tra le varie opere, le idee di Rousseau in materia religiosa si trovano compendiate nella Professione di fede del Vicario savoiardo, capitolo centrale del vasto romanzo pedagogico "Emilio".
Nella Professione si trovano alcune importanti pagine su Gesù, inteso come un grande sapiente posto a confronto con Socrate e Catone. Così è parso opportuno arricchire questa edizione con un'Appendice in cui sono stati raccolti quasi tutti i testi sullo stesso tema presenti nell'opera di Rousseau: ne emerge la concezione che egli si faceva del "Cristo dei Vangeli."
Questa quinta edizione nasce dalla necessità di aggiornare il testo alle radicali modifiche apportate al Codice delle Assicurazioni del d.lgs. 12 maggio 2015, n. 74. Queste modifiche sono, non solo la conseguenza del recepimento delle regole Solvency II ma anche di un mutato sistema di fonti normative, sempre più di origine europea, e di un sistema integrato di vigilanza, realizzato attraverso l'istituzione dell'EIOPA. Pertanto i mutamenti riguardano, non solo l'assetto economico-patrimoniale delle imprese di assicurazione, ma anche la valutazione della componente "rischio" e le fonti regolamentari, ora prevalentemente di origine europea. Quanto ai regolamenti IVASS si è provveduto, come di consueto, ad aggiornare il manuale a quelli ad oggi promulgati.
Trovare un fondamento per una paideia filosofica attraverso una metafisica dell'essere: questo il fine che può riscontrarsi nei primissimi studi di Edda Ducci. Anche lei, dunque, si pone la domanda che tanto ha inquietato gli spiriti ricercanti della filosofia: "quale la verità dell'essere?". E proprio in queste pagine iniziali la studiosa casentinese ha tentato di offrire una risposta attraverso le voci di due commentatori alessandrini. Simplicio e Filopono, da lei allora frequentati, "tappe non inutili e forse obbligate ella scrive per chi voglia affrontare seriamente il perenne interrogativo". Tale fine diviene vitale per il pensiero filosofico-educativo di Edda Ducci, maturato attraverso Platone e il mito della caverna e intento ad offrire stimoli per una corretta azione educativa in cui la comprensione del proprio essere risulti essenziale per partecipare autenticamente alla propria natura e alla propria storia. In un tempo di aridità e di crisi per l'identità personale, l'impegno dell'autrice, che passa da una "filosofia dell'essere" ad una "pedagogia dell'essere", insegna che solo attraverso la decodificazione sempre più agile di situazioni interiori, e il ruminare la parola metexis, si può seriamente intendere la significanza dell'essere uomo in educazione.
Si ripropongono qui pagine di cultura pedagogica già apparse in anni lontani, sul finire del travagliato Novecento. Secolo travagliato con pedagogie travagliate ma vive, dinamiche accompagnatrici della formazione storico-politica di classi ascendenti e con il desiderio espresso di miglioramento delle proprie condizioni iniziali. Questo il passaggio necessario, in quegli anni, per una mobilità sociale ascendente e per la conquista di un posto consono a sé nella società mutante. Un compito che la scuola e l'Università hanno assolto con molta dignità. Poi sono arrivate le accelerazioni, i mutamenti di paradigma, le soluzioni salvifiche, l'efficienza strumentale, la centralità del successo economico... e la marginalizzazione della "scuola per il cittadino". La scuola e la pedagogia sono state chiamate a "professionalizzare", a guardare con occhio più che attento al mondo del lavoro, al tasso possibile di "impiegabilità". Ma l'uomo dove si formava? Dove trovava gli spazi per la cura di sé, per la formazione di un'anima non utilitaristica e non utilizzabile da altri? E i maestri, di cosa erano maestri? Continuavano a formare spiriti critici o ammaestrati esecutori di piani governativi o super-governativi?
Dopo il '45 è sembrato che l'Europa riuscisse a mettere fuori gioco la guerra, sconfessando così gran parte del suo stesso passato. Ora però essa è nuovamente circondata da una conflittualità minacciosa, e per le nostre democrazie si sta forse annunciando un appuntamento fatale con la storia: un appuntamento nel quale mille indizi sembrano indicare che la guerra possa tornare d'attualità. Ma l'Europa saprà ritrovarne le categorie culturali, prima ancora che le armi? Provenienti dal mondo della storia, della geopolitica, della filosofia e della letteratura, quattro autorevoli voci fanno i conti con l'evoluzione dell'atteggiamento europeo sulla guerra: Massimo Cacciari; Lucio Caracciolo, Ernesto Galli della Loggia, Elisabetta Rasy.