"Se ti vuoi guadagnare mia figlia, va' dal drago del bosco grande e strappagli tre delle sue penne d'oro." Con queste parole il ricco oste caccia il figlio di un povero taglialegna. A malincuore, ma ben deciso ad assolvere il compito, il giovanetto si mette in cammino verso il castello del drago. Farà ritorno maturo e trasformato. Età di lettura: da 4 anni.
Alle soglie dei novant'anni, in modo del tutto imprevisto, con spregiudicata disinvoltura Milosz si racconta, proiettando in un vivace diorama tutta la sua vita intellettuale e creativa. Frammenti narrativi o filosofici si alternano a poesie, aforismi, aneddoti; saggi brevi, citazioni, criptici ritratti di scrittori compaiono accanto a scorci di paesaggio, ricordi personali, canzoni, resoconti giornalistici, perfino al biglietto di una piccola ammiratrice.
"Tululù", ossia sciocchina: così viene chiamata Matilde dalla piccola Assunta, nata dalla sua breve unione con Bruno, un manovratore di treni arido e sbrigativo che l'ha abbandonata per fuggire con un'altra. Siamo alla periferia di Trieste, in un pertugio di Novecento grigio e imprecisato, dove tutti i personaggi sono destinati a una differente solitudine: Bruno che, scaricato dall'amante, vorrebbe rientrare nel nucleo familiare ma viene respinto dalla figlia; Assunta stessa la quale, legatasi a un antiquario anch'egli ambizioso e anaffettivo, scivola in un opaco ménage borghese; e Matilde, il cui destino è concentrato nell'ultima disperata discesa in città, quando indossa i "vestiti buoni" di vent'anni prima per andare dalla figlia.
Mille favole si concludono con le nozze fra i due protagonisti, che si sono a lungo cercati e a lungo vivranno poi felici e contenti. Ma felici e contenti non sembrano proprio Carluccio Ottantaquattresimo, re dei Capogiri, e la figlia dell'imperatore di Poponia, che stanno per sposarsi all'inizio della "Principessa dalle lenticchie". Carluccio odia gli umili legumi, e le lentiggini della promessa sposa glieli ricordano: saranno necessari dieci anni di guerra e una drastica dieta per rimettere a posto le cose. Età di lettura: da 7 anni.
All'indomani del disastro dello Space Shuttle Challenger, nel 1986, il presidente degli Stati Uniti istituì una commissione governativa incaricata di far luce sulle cause della tragica esplosione. A farne parte fu chiamato anche Richard Feynman, e furono in molti a chiedersi quale apporto potesse dare, fra ingegneri, astronauti e tecnici aerospaziali, un sia pur celebre fisico teorico. Ma fu proprio Feynman a dimostrare, fra lo sbalordimento generale, che l'incidente era stato causato da una semplice guarnizione di gomma. La relazione che presentò figura in questo libro che raccoglie saggi di diverso argomento: dalla sociologia della scienza alla struttura dei calcolatori, dalla pedagogia al rapporto tra scienze e religione.
Il volume è una raccolta di racconti che, come i capitoli di un romanzo, compongono un'unica, grande storia: quella della conquista di una maturità che per il giovane Isaac McCaslin si compie quando uccide la prima preda, o forse nell'istante in cui la preda lo riconosce abbastanza uomo e accetta di farsi uccidere da lui. Perché la foresta di Faulkner è luogo fisico e proiezione metafisica, e l'uomo, attraverso il rituale della caccia, vi giunge a comprendere se stesso e la propria identità in rapporto agli altri e soprattutto rispetto alla natura. Una natura selvaggia e nobile, potente e senza tempo, il cui simbolo è il grande orso zoppo, Old Ben, inseguito e braccato da cani e cacciatori anno dopo anno.
L'ispettore Janvier si è beccato una pallottola in pieno petto mentre sorvegliava la pensione di rue Lhomond dove vive un certo Paulus, che qualche giorno prima ha rapinato con una pistola giocattolo un localino di Montparnasse. Dopo aver escluso quasi subito che sia stato il giovane ladruncolo, il commissario Maigret decide di venire a capo della faccenda: lo ha promesso al povero Janvier e a sua moglie, che aspetta il terzo figlio e ogni giorno va a trovarlo in ospedale con gli occhi pieni di lacrime.
Quando Saul Steinberg arrivò a Milano dalla Romania, nel 1933, aveva diciannove anni. Al Politecnico, dove si laureò in architettura, incontrò Aldo Buzzi: fra i due nacque una solida amicizia, ma nel 1941, a causa delle leggi razziali, Steinberg dovette lasciare fortunosamente l'Italia. Nel 1943 divenne cittadino americano e partecipò alla guerra come ufficiale di marina. Alla fine della guerra, nel 1945, a casa di Buzzi cominciarono ad arrivare lettere d'oltreoceano. Si riallacciò così un rapporto che non si sarebbe mai interrotto e si inaugurò un carteggio che copre l'arco di oltre mezzo secolo e che ci offre l'autoritratto di uno dei più grandi disegnatori del Novecento.
Rykwert si interroga sul modello di città che gli abitanti elaborano o sognano. E lo fa analizzando anzitutto la situazione che coincide con l'origine stessa della città in senso moderno, il "rito etrusco" che fondava la città romana. Rykwert dimostra come la configurazione dell'urbe, con le sue mura, le porte, il foro, i templi, costituisse anche e soprattutto una forma simbolica nella quale si rispecchiavano i miti, i rituali, le credenze di tutta una civiltà. E si tratta di credenze collegabili, con accostamenti illuminanti a fenomeni e testi di varie civiltà arcaiche: indiane, africane, amerindie.