
Un libro per avvicinare i piccoli al mondo della natura. Gli animali dei diversi ambienti si presentano ai bambini in modo giocoso e educativo. Le illustrazioni ritraggono ogni animale da vicino, mentre una filastrocca racconta di sé e delle sue abitudini, invitando il lettore ad interagire con lui. Età di lettura: da 4 anni.
Un libro per avvicinare i piccoli al mondo della natura. Nelle pagine di questo libro gli animali si presentano ai bambini in modo giocoso e educativo. Le illustrazioni ritraggono ogni animale da vicino, mentre una filastrocca racconta di sé e delle sue abitudini, invitandoci ad interagire con lui. Età di lettura: da 6 anni.
Un libro per avvicinare i piccoli al mondo della natura. Nelle pagine di questo libro gli animali si presentano ai bambini in modo giocoso e educativo. Le illustrazioni ritraggono ogni animale da vicino, mentre una filastrocca racconta di sé e delle sue abitudini, invitandoci ad interagire con lui. Età di lettura: da 6 anni.
Un definitivo volume di riferimento e insieme una accessibile introduzione per il grande pubblico
Questo volume intende offrire al lettore uno strumento di sintesi, aggiornato e riccamente illustrato, sull’architettura dei popoli precolombiani in Mesoamerica, dopo che, per decenni, il lavoro dell’archeologo messicano Ignacio Marquina ha costituito il fondamentale riferimento sul tema. A giustificare la nuova impresa editoriale che qui presentiamo non è stata semplicemente la necessità di mettere in valore le nuove e ricchissime scoperte archeologiche degli ultimi decenni. Si è trattato sì di svolgere un aggiornamento dello stato di conoscenze dell’architettura delle varie culture della Mesoamerica, ma anche di proporre finalmente l’architettura precolombiana all’interno della Storia dell’Arte Universale, con l’evidente ausilio dell’archeologia e dell’antropologia. Sotto la direzione di María Teresa Uriarte il volume inizia proprio col porre il problema storico-artistico dell’architettura precolombiana nella sua genesi, nel suo svolgimento e nelle conseguenze sull’architettura messicana sino all’età contemporanea. Altro elemento oggi fondamentale della storia dell’arte è l’individuazione del «contesto» antropologico da cui l’architettura è scaturita. Al legame cultura-architettura, sempre nell’ampia parte introduttiva che impegna i primi capitoli, viene affiancata l’identificazione delle tecniche. L’opera prosegue con la valutazione dell’evoluzione storica dell’architettura nelle varie zone e culture della Mesoamerica. Il libro possiede uno straordinario accompagnamento iconografico a colori che lo rende accessibile anche al largo pubblico. Inoltre gode di ampi apparati scientifici, planimetrie e disegni compresi, che lo rendono il primo reference attualmente disponibile sulla materia. Il direttore dell’opera, oltre a scrivere in prima persona, ha coinvolto alcuni tra i maggiori studiosi messicani e nordamericani a dare una sintesi interpretativa e attualizzata delle loro conoscenze sulle varie zone-culture della Mesoamerica.
Una sintesi unica nel suo genere su una delle sorgenti artistiche e spirituali dell'umanità
Il buddhismo è la più antica delle religioni missionarie. Unico fattore di unità del continente asiatico, ha ispirato un’arte di grande spiritualità, parte essenziale del patrimonio universale. Tracciarne il panorama in un’unica opera è un’autentica sfida. L’assenza di un dogma unitario, la grande varietà ed eterogeneità delle tradizioni da un territorio all’altro, la grande disomogeneità del grado di conservazione di monumenti e loro decorazioni e una ricchissima bibliografia rendono particolarmente complesso il suo studio e difficile ogni tentativo di sintesi. Ma è proprio a causa della vastità dell’impegno e per evitare sovrapposizioni o contraddizioni che questo progetto, al quale Gilles Béguin, appassionato conoscitore della materia, pensa già da molto tempo, ci sembra la sola risposta possibile. La forma editoriale scelta, pur conservando le caratteristiche di un libro d’arte, è quella di un Atlante storico, il che significa che accanto alle fotografie dei monumenti ci sono piante, ricostruzioni e una cartografia inedita. Si tratta del più vasto apparato iconografico mai raccolto in un unico volume sull’arte buddhista. Questa opera non si rivolge quindi ai soli specialisti, sempre avidi di nuovi e inediti orientamenti, ma aspira anche a soddisfare la curiosità del lettore colto, fornendogli una introduzione chiara e pratica, punto di partenza per eventuali successivi approfondimenti, un autentico viaggio attraverso lo sviluppo dell’arte buddhista da un angolo all’altro del continente asiatico.
Fra arte e storia naturale una botanica del XXI secolo
Botanica Magnifica presenta 251 straordinarie fotografie di Jonathan M. Singer, vincitore dell’Hasselblad Laureate Award, che ritraggono - nelle parole di un critico di ARTnews - piante e fiori rari ed esotici a grande scala e con eccellente dettaglio emergente dall’ombra di uno stile evocativo delle pitture degli Antichi Maestri. Ispirato dal lavoro dei grandi artisti botanici che lo precedettero, Singer ha sviluppato uno stile di fotografia digitale che possiede sia la chiarezza sia la qualità artistica dell’illustrazione botanica tradizionale; attraverso le lenti della sua fotocamera cattura non solo la fisicità della pianta, ma anche la sua essenza. In realtà, molti di questi ritratti rivelano delicate strutture delle piante a un livello di dettaglio irraggiungibile con pennello e colore, dandoci una percezione completamente nuova della complessità e della personalità di questi organismi viventi. L’edizione originale di Botanica Magnifica, che consiste di cinque volumi sontuosamente rilegati a mano, era limitata a sole dieci copie, la prima delle quali è stata recentemente donata alla Smithsonian Institution.
Il grande formato double-elephant (cm 68,5 x 101,5) dell’edizione è stato scelto perché fosse in linea con quella del famoso folio Birds of America di Audubon, e in verità Botanica Magnifica, nel campo della storia naturale, è una delle poche opere fotografiche che possano competere con quella di Audubon per portata e maestria. In elogio del formato double-elephant di Botanica Magnifica, il direttore del Dipartimento di Botanica della Smithsonian ha affermato: "Tutti quelli che hanno visto le fotografie sono rimasti straordinariamente impressionati dalla forza, dal dettaglio e dalla profondità dell’opera". Come l’edizione maggiore, questo volume è diviso in cinque sezioni: I) Orchidaceae, che introduce all’enorme diversità delle orchidee; II) Florilegium, che mostra la complessità e la bellezza dei fiori, capolavori dell’evoluzione; III) Proteus, che, rubando il nome al multiforme dio marino della mitologia greca, illustra le forme evolute dalle piante per sopravvivere; IV) Zingiberaceae, tributo alla famiglia dello zenzero, che comprende piante tropicali comuni e rarità minacciate di estinzione; V) Botanicus, selezione di esemplari spettacolari e bizzarri della famosissima collezione botanica di studio del Museo Nazionale di Storia Naturale della Smithsonian Institution. Le piante raffigurate in ogni sezione di Botanica Magnifica sono disposte per lo più in ordine alfabetico per nome scientifico e ciascuna è accompagnata da una chiara descrizione botanica del soggetto con cenni di geografia, folklore, storia e conservazione. Inoltre ciascuna delle cinque sezioni è preceduta da una pagina pieghevole che ritrae una pianta eccezionale in una dimensione sfarzosa. Con meravigliose riproduzioni e testo affascinante, Botanica Magnifica è uno dei volumi più straordinari di fotografia naturalistica mai pubblicato. Gli autori si augurano che una tale opera possa incoraggiare maggior presa di coscienza del regno delle piante e stimoli la preoccupazione di un’urgente necessità di preservare le specie che stanno scomparendo.
Il modello del giardino in Italia e in Europa
Non si può parlare dei famosi giardini romani, interni alla città e nella campagna, senza ricordarsi che prima di essi sorsero già nel Medioevo i giardini vaticani: proprio questi furono l'oggetto di imitazione per i giardini romani. Pur celeberrimi, i giardini vaticani mancano di uno studio che li inserisca come imprescindibile pietra miliare nella storia del giardino occidentale e nella storia dell'arte. Le prime notizie sui giardini vaticani ci giungono in rapporto ad alcune trasformazioni avvenute nel XIII secolo. Gli ultimi grandi cambiamenti si avranno negli anni Trenta del XX secolo, quando il Vaticano divenne uno Stato. Questa pubblicazione ripercorre tutta la loro storia, evidenziando realizzazioni, esperimenti e trasformazioni che concernono 22 dei 44 ettari totali della Città del Vaticano.
Sulla base di una vasta ricerca dei documenti originali, è stato possibile ricostruire le origini dei giardini e la presenza di una collezione di piante tale da farli considerare il più antico orto botanico d’Italia; il configurarsi di tipologie architettoniche e del verde destinate a costituire modelli per lo sviluppo delle ville; la presenza quali curatori dei giardini di personalità come Michele Mercati (tra il 1570 ed il 1580) che vi ha introdotto piante provenienti dalle Americhe e all’epoca rarissime e di Johannes Faber (dal 1600 al 1629), illustre botanico membro della prestigiosa Accademia dei Lincei. Per i giardini sono stati evidenziati i significati simbolici, la compresenza di attività produttive e di funzioni di delizia, il ruolo di decoro ma anche quello di supporto scientifico alle scienze botaniche. L’importanza dell’acqua, sia quale elemento simbolico sia vita per le piante e le fontane, è tema che percorre tutta la storia, soprattutto dopo la conduzione dell’acqua Paola e la realizzazione delle spettacolari e scenografiche fontane volute da Paolo V. Non meno interessante è la ricostruzione delle pratiche di giardinaggio, degli interventi in prima persona di pontefici giardinieri come Leone XIII che si occupava della vigna, fino alla eliminazione di ogni elemento di ruralità per destinare tutto lo spazio a disposizione per la bellezza ed il decoro. Il volume si conclude con gli interventi di Pio XI che, dopo il Concordato del 1929, ha realizzato numerosi edifici, fontane, monumenti e soprattutto nuovi giardini che vedono il trionfo del revival del giardino all’italiana, con elaborati parterres, aiuole geometriche, graziose fontane. Un ultimo capitolo è dedicato alle ville dove i pontefici villeggiavano, prima che la Villa di Castel Gandolfo divenisse residenza estiva ufficiale, con un’anticipazione sulla storia di questa villa che presenta ancora molti aspetti sconosciuti ed inediti.
Uno strumento unico e riccamente illustrato: la storia millenaria del giardino in occidente
Dalle lontane origini mesopotamiche alla rinnovata coscienza attuale della necessità di pensare il mondo come un giardino affidato alla responsabilità di tutti, si svolge l’avventura di pensiero e di vita sociale che questo libro presenta. Attraverso il giardino ellenistico e romano e poi quello medievale, il lettore è condotto all’innovazione del giardino rinascimentale italiano. Questo, pur continuando l’immagine medievale di hortus conclusus, costituisce una svolta quanto a disegno e tecnica di realizzazione e diviene un modello da imitare in tutta Europa. Spazio di rappresentanza e di loisir, è anche luogo di studio e di sperimentazione scientifica. Nella Francia d’ancien régime la dimensione del giardino come luogo di esercizio pratico e simbolico del potere viene sottolineata con la forza del rigore formale che Versailles, Fontainebleau, le Tuileries impongono a tutti i sovrani europei, dalla Prussia all’Italia. Ma tanto uso porta a vedere i limiti del formalismo alla francese: cadono i confini del giardino e oltre essi si inizia a vedere il paesaggio, una natura non più ostile e separata. È la grande stagione del paesaggismo, che inizia in Inghilterra per diffondersi altrove e impone una diversa riflessione sul rapporto tra artificiale e naturale, sugli elementi che compongono giardino e paesaggio, sul recupero dell’antico e l’introduzione di finto antico, sull’assunzione di apporti esotici e la costruzione di architetture apposite come padiglioni e belvedere. Le nuove forme di urbanesimo introdotte dall’Ottocento impongono però anche di ripensare la forma del giardino, vuoi come ridotta espansione verde delle abitazioni suburbane, vuoi come parco aperto a tutta la cittadinanza. Il volume segue poi il destino di questa ricchissima varietà di apporti nell’America tra Ottocento e primo Novecento, dove la diversa scala degli spazi selvaggi e delle urbanizzazioni impone soluzioni e collegamenti inediti, che si riflettono poi nell’esperienza europea del Novecento. Il percorso del libro si conclude nei nostri anni, quando va in frantumi la separazione tra giardino e paesaggio e il giardino penetra nella città in modi finora impensati, come la trasformazione di viadotti abbandonati in giardini pensili, la creazione spontanea di verde urbano in spazi di risulta e la trasformazione di pareti di grandi edifici urbani in muri vegetali. Oggetto di grandi sperimentazioni, il tema del giardino si presenta oggi in tutti i livelli e gli ambiti della vita sociale come riflessione e invenzione del modo di rapportarsi con la natura, teso tra la progettazione della comunità degli abitanti e l’autorappresentazione degli architetti paesaggisti e della comunità politica.
In questo libro viene esplorato il legame originario e sempre vivo che intreccia la vita politica americana alle radici religiose, cristiane e puritane, che ne fondano la convivenza civile. L’autore, romanziere e saggista di fama in Francia, ci offre sul tema un’opera lucida e appassionata, scritta con stile conciso e ritmato, documentatissima sul piano storico e attenta all’osservazione anche minuta della società americana contemporanea. La storia politica americana ha da sempre rivelato un profondo debito verso i fondamenti religiosi che segnano e definiscono l’identità della nazione: ciò tanto nello svolgersi delle dinamiche politiche interne, e in particolar modo elettorali - con i costanti richiami alla legge e alla volontà divina che tanto stupiscono il disincantato spettatore europeo -quanto nel dispiegarsi della politica estera, da sempre segnata da una sorta di predestinazione alla potenza e da un «destino manifesto» che ne guida le sorti. Il libro di Colosimo disegna i tratti fondamentali della religione civile americana, una religione che plasma la convivenza civile del paese, ma che non si affranca dalle religioni confessionali né dai fenomeni millenaristi e settari che negli USA. hanno assunto dimensioni enormi, violentemente amplificati dai mezzi di comunicazione di massa. Una religione civile che ha i suoi riti, i suoi dogmi, i suoi templi; un lessico simbolico e spettacolare cui qualsiasi attore politico, non importa quanto innovatore, deve adeguarsi per poter raggiungere e gestire il potere. Un’acuta capacità di osservazione unita alla diretta conoscenza dei testi fondatori della cultura politica e religiosa americana guidano questo racconto-saggio affascinante quanto inquieto, ma anche animato da una sincera ammirazione per il ribollente scenario della società americana, la cui natura aperta e multietnica costituisce in qualche modo il contrappeso vitale al rigido determinismo della sua religione politica.
Lo spazio e il tempo sono oggi scossi dalla scienza e dalla tecnologia e l'incontro fra i popoli e le loro tradizioni si fa sempre più problematico creando scontri di civiltà e problemi di convivenza. Si è tanto sofferto per i fanatismi politici, religiosi e culturali, che siamo legittimamente assetati di una comprensione universale. Un tipico esempio di questa mentalità è la sindrome del villaggio globale. Per nobile che sia l'intenzione, rimane pur sempre il risultato della mentalità colonialista. Eppure c'è sete di vera comprensione: "Non possiamo vivere in un mondo a compartimenti. L'altro diviene un problema proprio perché invade la mia vita ed è irriducibile al mio modo di vedere. Se un estremo è pensare che noi siamo nel giusto e gli altri in errore, l'altro estremo è ritenere che siamo tutti adatti per un tipo di villaggio globale". Fra questi due estremi, emergono sempre più le parole pluralismo e interculturalità a rappresentare un terzo atteggiamento, fondamento di una comprensione universale. Interculturalità non significa relativismo culturale (una cultura vale l'altra), né frammentazione della natura umana. Il rispetto della dignità umana esige il rispetto culturale, inscindibile da una mutua conoscenza - senza la quale cadremmo nella tentazione di imporre la nostra cultura a modello della convivenza umana.