L’esposizione muove dalla scelta di trattare la soggettività dello Stato e la funzione normativa una di seguito all’altra. Si tratta di una necessità didattica, che corrisponde alla logica strutturale della disciplina. L’ordinamento internazionale è caratterizzato dall’interdipendenza tra i suoi elementi. Privo com’è di un legislatore, le norme che lo disciplinano vengono poste, mutano o si estinguono per effetto della volontà degli stessi soggetti che partecipano della vita di relazione internazionale e a cui quelle norme sono rivolte, in primo luogo gli Stati. Seguendo uno schema coerente con questa premessa, il volume analizza in modo denso, ma rigoroso, tutti gli aspetti istituzionali della materia: i soggetti e le fonti del diritto internazionale, i procedimenti di adattamento del diritto interno al diritto internazionale, i diversi regimi di responsabilità internazionale e i meccanismi di soluzione delle controversie.
La semantica studia in che modo i significati si organizzano nelle parole e nelle frasi delle lingue umane e di altri linguaggi: dalla segnaletica stradale ai gesti, dalle sofisticate simbologie della logica e dei calcoli matematici ai linguaggi di altre specie viventi. Tullio De Mauro coglie in queste pagine ciò che è particolare e specifico del nostro comune e umano dire e capire parole e frasi, mettendo in luce la straordinaria plasticità delle lingue storico-naturali e dell'intelligenza umana. I temi trattati spaziano dai concetti essenziali di 'comunicazione', 'significato', 'senso', 'espressione' alla classificazione dei linguaggi dal punto di vista del significato; dall'enorme ruolo che il linguaggio ha nell'esplicazione dei nostri pensieri e nella nostra vita ordinaria ai fenomeni che riguardano il significato delle parole come gli equivoci o i cambiamenti di senso.
Si è soliti identificare l'ontologia con quel ramo della filosofia che nasce dalla domanda: «Che cosa esiste?». E si è soliti precisare che questa domanda ammette due tipi di risposta. La prima risposta è facile, per non dire banale, e si può riassumere in un'unica parola: «Tutto». Ma asserire che "tutto esiste" è tautologico, cioè privo di contenuto, quindi privo d'interesse. Quando in filosofia ci si domanda che cosa esiste si mira piuttosto a fornire una caratterizzazione dettagliata di questo tutto, ossia a specificare quali entità vi rientrino, o almeno quali tipi di entità. Si mira, cioè, a redigere quello che si potrebbe chiamare un «inventario completo» del tutto. Questo ci porta al secondo tipo di risposta, in merito alla quale filosofi di orientamento diverso hanno manifestato opinioni anche molto divergenti. Il libro ricostruisce le posizioni principali, gli argomenti offerti a loro sostegno e le metodologie su cui riposano.
Ai primi del Novecento il Quarto Stato viene descritto come classe a sé, autoconsapevole e compatta, portatrice di interessi universali di emancipazione: operai, contadini e braccianti chiedevano che venisse loro riconosciuto un potere politico (tramite diritti) che fosse in linea con la loro rilevanza economica e sociale. Gli oppressi oggi esistono ancora, anche se sono meno visibili di un secolo fa e sicuramente molto meno organizzati. È il ‘Quinto Stato’, composto di lavoratori sottopagati e/o precari. Il Quinto Stato è un insieme fluido e variegato, e rispetto alla sua controparte novecentesca presenta alcune decisive differenze: il proletariato condivideva il lavoro di fabbrica, viveva negli stessi quartieri, frequentava le sezioni locali dei sindacati e dei partiti, ed era dunque più facile da organizzare e mobilitare; il precariato di oggi è eterogeneo, disperso, molto connesso, ma solo attraverso i canali ‘freddi’ di internet e dei social media. Quali strategie potranno essere adottate per proteggere dai rischi e dai bisogni questa estesissima classe? Alcune interessanti idee a riguardo circolano già da qualche anno. Da un lato, vi è la riflessione su come fornire sicurezze e protezioni calibrate sulle nuove modalità di lavoro. È la strategia dell’investimento sociale, magari sorretto da un reddito di base universale e incondizionato. Dall’altro lato, si riflette su come approfittare della globalizzazione, della flessibilizzazione e delle nuove tecnologie per progettare un nuovo modello di società. La sfida sociale del Novecento è stata quella di assicurare lavoro e reddito. Quella del nostro secolo potrebbe essere la redistribuzione equa del surplus generato dall’integrazione economica e dalle nuove tecnologie, se questi processi saranno ben gestiti.
Con questa biografia Luciano Canfora si libera da ogni operazione agiografica e indaga quel complesso personaggio che fu Concetto Marchesi, un grande intellettuale italiano, libertario e socialista. L’agiografia su Marchesi ha voluto fare di lui una sorta di sito geologico attraverso la cui stratigrafia ripercorrere l’intera vicenda del movimento socialistico italiano: dai fasci siciliani al PCI resistenziale e poi togliattiano. Marchesi, in altre parole, ha avuto due vite: quella vera di uomo di genio, con la sua grandezza, le sue debolezze, le sue zone d’ombra, il suo fiuto politico talora lungimirante, il suo caratteriale individualismo; e quella del mito postumo – alla cui costruzione, per certi versi, egli stesso non fu estraneo – creato dal ‘Partito’. Uomo complesso, nella sua lunga militanza in tempi di ferro e fuoco, si convinse della necessità di un forte potere personale come unica soluzione del problema politico. L’esperienza che segnò tutta la sua vita fu la resa e poi l’adesione della maggioranza degli Italiani al fascismo. Unico esponente dell’alta cultura italiana legato notoriamente al disciolto, ma mai domato, Partito comunista, Marchesi convisse infatti col fascismo nella difficile posizione dell’oppositore ‘dormiente’ e probabilmente entrista – e cioè, infiltrato nel partito fascista con l’obiettivo di modificarlo dall’interno. Intanto maturava in lui – antifascista comunista – l’opzione, verso cui si orientò anche Antonio Gramsci, per il «cesarismo progressivo», incarnato ai suoi occhi dal potere staliniano. Il continuo rifacimento della sua Letteratura latina è lo specchio di questo suo cammino politico. A sciogliere ogni suo dubbio valse la vicenda della riscossa della Russia contro l’invasione hitleriana. Con la caduta di Mussolini, ogni entrismo sembrava ormai da archiviare, ma così non fu. Per lui, Rettore a Padova sotto il tallone tedesco, ben presto ci furono la fuga e l’esilio. Dalla Svizzera, crocevia dei servizi segreti delle potenze in guerra, egli costituì il perno della rete che aiutava militarmente la lotta partigiana. Fu la sua stagione più esaltante, la «poesia della sua vita», come egli stesso scrisse. Alla prospettiva espressa nel suo celebre scritto Stalin liberatore, rimase ancorato fino al 1956, allorché, nella crisi generale del movimento comunista, si schierò con durezza contro gli apostati e i fuggiaschi. Ma intuì la crisi del sistema. E si decise a optare per il ritiro dalla vita politica: non poté praticarlo perché improvvisamente morì.
Nel 1933 viene lanciato nei cinema USA I tre porcellini di Walt Disney. Questo piccolo avvenimento segna l'inizio della parabola della cultura mainstream promossa dai film delle majors hollywoodiane, raccolta e amplificata dalla radio e dalla tv. Questo tipo di cultura, basata su un'idea consolatoria dell'intrattenimento, fondata su una visione manichea del bene contro il male e sul must del lieto fine, prende forma allora e mette radici nell'immaginario collettivo dell'Occidente. Basti pensare a film come Via col vento, Il mago di Oz e Gli uomini preferiscono le bionde, o a fumetti come Tarzan, Dick Tracy o i supereroi. Dopo la seconda guerra mondiale si assiste invece alla nascita e al successo di una controcultura di massa, animata - sin dai primi anni Sessanta - soprattutto dalla formazione e dal successo della musica rock. Bob Dylan, Beatles, Pink Floyd intrecciano i loro rapporti con il coevo 'nuovo cinema' di Hollywood, da Easy Rider a II laureato, fino alla nuova produzione teatrale di Broadway e alle nuove forme della programmazione televisiva. Una cultura alternativa, con al centro gli afroamericani, i ragazzi e le ragazze delle subculture giovanili, i militanti per i diritti civili. Questa costellazione potente si dissolve a partire dalla metà degli anni Settanta permettendo alla cultura di massa mainstream di rinnovare la sua egemonia, ancora oggi evidente.
L'11 novembre del 1918 segna un momento decisivo della storia d'Europa: la fine di una Grande Guerra. Ma quale è stata l'eredità che ci ha lasciato la Prima guerra mondiale? Per molti aspetti il futuro dell'Europa non è stato condizionato tanto dai combattimenti sul fronte occidentale quanto dalla devastante scia di eventi che seguirono la fine del conflitto quando paesi di entrambi gli schieramenti vennero travolti da rivoluzioni, pogrom, deportazioni di massa e nuovi cruenti scontri militari. Se nella maggior parte dei casi la Grande guerra era stata una lotta fra truppe regolari, i protagonisti di questi nuovi conflitti furono soprattutto civili e membri di formazioni paramilitari. La nuova esplosione di violenza provocò la morte di milioni di persone in tutta l'Europa centrale, meridionale e sud-orientale, e questo ancor prima che nascessero l'Unione Sovietica e una serie di nuovi e instabili staterelli. Ovunque c'erano persone animate da un desiderio di rivalsa, disposte a uccidere per placare un tormentoso senso di ingiustizia, e in cerca dell'opportunità di vendicarsi contro nemici reali o immaginari. Un decennio più tardi, l'avvento del Terzo Reich in Germania e l'affermazione di altri Stati totalitari fornirono loro l'occasione che tanto avevano atteso.
Un manuale di geografia finalmente all’altezza dei tempi in cui viviamo. Un testo che si propone di superare le impostazioni ottocentesche di una disciplina che è tornata a essere di grande attualità nell’epoca delle paure e delle incertezze globali.
Negli ultimi trenta anni il nostro pianeta ha attraversato un vorticoso processo di trasformazione che ha modificato radicalmente i tradizionali rapporti di forza tra i continenti. In tutto questo, la geografia, ovvero la disciplina che studia il rapporto tra l’uomo e lo spazio che lo circonda, è tornata ad avere un ruolo centrale. Da umile ancella al servizio dello Stato moderno e delle sue vocazioni imperiali, forse per prima ha cercato di interpretare i mutamenti epocali che stiamo vivendo. Grazie ai suoi metodi e ai suoi strumenti, ha compreso che il potere, ovvero il rapporto tra società e spazio, ha assunto un carattere frastagliato e molteplice. Dunque, a differenza di altri strumenti didattici che hanno scelto un approccio più tradizionale, questo manuale ha scelto di compiere una scelta innovativa. Ovvero di trattare assieme aspetti politici e geopolitici, economici e demografici proprio per dare meglio conto di questa nuova fase. Migrazioni, cambiamenti climatici, sostenibilità ambientale, guerre: temi e concetti fino a ora poco affrontati dalla geografia, vengono presentati in forma originale e didatticamente efficace.
Pur dominando un territorio limitato e periferico, i Gonzaga sono stati una delle famiglie più importanti d'Europa, protagonisti per secoli della storia italiana. Signori di Mantova, poi marchesi e duchi, si imparentarono con gli Asburgo e annoverarono inoltre nei loro ranghi due imperatrici e una regina di Polonia. La costante promozione delle arti trasformò Mantova in una delle capitali della cultura del Rinascimento. Ai capolavori di Pisanello e Mantegna si aggiunsero nei secoli le meraviglie della Celeste Galleria e i prodigi della musica e del teatro. La cerchia letteraria poté contare su nomi come quelli di Boiardo, Ariosto e Baldassarre Castiglione. Ma come è stato possibile per questa casata ritagliarsi una simile posizione nel mondo e conservarla per quasi quattro secoli? Che origini ha avuto? E a cosa fu dovuto tanto successo? Un affresco ricco di sorprese, una storia di guerre e di congiure, una lotta per la sopravvivenza prima e per la supremazia poi, attraverso cui si dipana, come in un racconto, la vicenda dell'Italia dal medioevo delle grandi abbazie sino all'età comunale e ai principati.
Scritti in latino da Locke tra il 1660 circa e il 1664 nelle forme tradizionali delle discussioni accademiche, i "Saggi" rimasero inediti fino al 1954, anno in cui von Leyden curò l'edizione critica del testo, corredata dalla traduzione inglese. Su questa edizione è stata condotta la traduzione italiana. Una volta pubblicati, questi scritti hanno ribaltato molte erronee interpretazioni del pensiero di Locke e continuano a essere di fondamentale importanza per l'esatta comprensione dello sviluppo del suo pensiero politico. Il saggio introduttivo di Giuseppe Bedeschi mette a fuoco i temi centrali dell'opera e la loro influenza sulle opere successive.