
Dal quartiere Trionfale di Roma rientravano i generali dell'impero dalle battaglie vittoriose. Nella stessa zona, in via Fani, il 16 marzo 1978 si consuma una delle più gravi sconfitte dello Stato italiano: alcuni militanti delle Brigate rosse attaccano la vettura che conduce il presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro a Montecitorio per votare la fiducia al quarto Governo Andreotti. I carabinieri e i poliziotti dell'auto di scorta vengono massacrati. Il leader viene trascinato fuori dall'auto e rapito. Questo libro racconta gli ultimi cinquantacinque giorni di vita dello statista, che verrà assassinato il 9 maggio 1978. Nella prima parte Claudio Martelli ricostruisce quelle settimane drammatiche in cui affiancò Bettino Craxi nel tentativo politico di salvare la vita al leader democristiano: una lucida riflessione sulla «trattativa», che si contrappone alla linea della fermezza scelta dal governo e segna la profonda divisione del Paese in quel tragico passaggio. Nella seconda parte, Francesco De Leo indaga sui retroscena della vicenda nei dettagli, attraverso le testimonianze inedite di alcuni dei protagonisti di allora (Franco Piperno, Claudio Signorile, Aldo Tortorella, Giovanni Pellegrino, Massimo D'Alema, Luigi Zanda, Valerio Morucci), e ricorrendo a documenti come il memoriale di Craxi e il diario inedito di Amintore Fanfani, il presidente Dc del Senato che così scriveva in quei giorni: «In un momento assai delicato della vita nazionale e dei rapporti internazionali è stato eliminato con la violenza il più autorevole statista del nostro Paese».
La ricerca sugli esseri umani, in ambito biomedico o nelle scienze umane e sociali, pone sfide etiche fondamentali. Questo volume, frutto di anni di esperienza sul campo e di un'ampia riflessione teorica, si propone come una guida indispensabile per affrontarle. Partendo da una disamina storica della questione e sottolineandone specificità e nuovi aspetti, offre un quadro completo e aggiornato dei principi fondamentali, delle line guida nazionali e dei documenti internazionali, nonché delle "buone pratiche" per gli operatori. Un'attenzione particolare è dedicata al ruolo cruciale dei comitati di etica della ricerca, con suggerimenti per la loro composizione, funzionamento e interazione con i soggetti coinvolti. Vengono analizzati i principali temi emergenti come il consenso informato, la protezione dei dati personali, le garanzie per i soggetti vulnerabili, l'avvento delle nuove tecnologie (intelligenza artificiale, data science) e forniti strumenti operativi, con indicazioni metodologiche per la loro applicazione concreta. Il volume si rivolge ai ricercatori, ai componenti dei comitati di etica della ricerca (in particolare di quelli istituiti o in fase di costituzione nelle università), agli studenti e a chiunque voglia approfondire le caratteristiche etiche di un lavoro scientifico responsabile.
Dopo quasi quarant'anni dalla fine della Guerra fredda, la guerra è tornata dalla periferia al centro del sistema internazionale, costringendo l'Europa e il mondo a confrontarsi persino con il rischio di uno scontro diretto tra grandi potenze. Questo disincanto è il segno per eccellenza del collasso dell'ordine internazionale: un collasso che investe i rapporti diplomatici, le istituzioni internazionali, la globalizzazione economica e le norme fondamentali della convivenza internazionale - a cominciare da quelle sull'uso e sui limiti dell'uso della forza. Da qui, allora, l'urgenza di chiedersi come sia stato possibile ricadere in questa condizione, dopo le illusioni e l'euforia di soli trent'anni fa. Rinunciando come prima cosa a contrapporre una presunta età dell'oro dell'apertura e dell'ottimismo a una regressione nella chiusura e nel risentimento. E riconoscendo come, in realtà, la condizione attuale sia in larga parte figlia delle forzature, delle amnesie e dei veri e propri errori che l'ordine internazionale liberale ha accumulato già a partire dalla sua fondazione.
Il lusso è un fenomeno che caratterizza la contemporaneità. In diverse forme, si presenta all'esperienza quotidiana attraverso la pubblicità, le vetrine dei grandi marchi della moda, gli schermi degli smartphone. La presenza pervasiva del lusso nelle nostre vite richiama una riflessione su questa categoria. Obiettivo del libro è dunque un'indagine sul lusso attraverso una duplice prospettiva, tematica e storica. Rispondere alla domanda "Perché un'estetica del lusso?" significa porre le questioni del gusto, del possesso, dell'apparire e perfino dell'essere. Non solo, il lusso genera un peculiare tipo di esperienza che oggi, più che mai, orienta la creazione, la pubblicizzazione, la vendita e, da ultimo, l'acquisto di un prodotto. Sullo sfondo di una trattazione sfaccettata, suddivisa in diversi periodi storici ma sempre con uno sguardo al presente, si illumina un fenomeno che riveste particolare importanza nello sviluppo della nostra società e di alcuni dei suoi fenomeni più sorprendenti.
La teologia deve rinnovarsi? Nell'eventualità lo faccia, in che direzione? A domande così impegnative risponde l'autore in questo saggio, primo volume di un'intensa riflessione che muove dalla suggestione di Han Urs von Balthasar sulla necessità di una "teologia in ginocchio" che non perda nulla del rigore scientifico e non indulga al pietismo o al devozionismo, ma stia "con la testa in cielo e i piedi per terra", "fedele alla terra" dove scruta i misteri del cielo. Come esemplificazione e inveramento della proposta teologica, l'autore ha messo mano alla redazione di un salterio nuovo, peculiarmente cristiano, di cui questo volume propone i primi 33 componimenti.
La metafisica si distingue dalle scienze particolari anche per il legame speciale che mantiene nei confronti della propria tradizione. Questa non riveste, infatti, semplicemente un interesse storico-documentario, ma svolge un ruolo di primaria importanza nell'affrontare e risolvere questioni speculative. Allo stesso tempo, tuttavia, la metafisica è caratterizzata da un impulso antitradizionale che si esprime in quella tendenza, tipica di ogni filosofia prima, a "ricominciare da capo". A fronte di questa intima tensione, sorge la domanda che guida questo testo: qual è l'autentico significato metafisico della tradizione? Muovendo dall'analisi del ruolo che la tradizione assume nell'ambito del movimento neotomistico, il presente lavoro articola una risposta di carattere generale: la tradizione che determina la metafisica è la divina Tradizione. Essa assume, in particolare, un carattere che può essere definito come "profetico". In questo modo la metafisica si manifesta, da un lato come una disciplina che rinvia ad una fonte di sapere che la trascende e dall'altro come la depositaria, non tanto di una dottrina, ma di un principio che esige di essere continuamente riappropriato.
Nel Cinquecento si verificarono quattro eventi rivoluzionari: la scoperta dell'America; l'invenzione della stampa; l'invasione musulmana ai confini d'Europa e il primo disordine finanziario globale. L'asse geopolitico dell'Europa si spostò dall'area mediterranea a quella atlantica. Era il Mundus furiosus, come fu definito. Oggi viviamo in un'epoca altrettanto traumatica a causa di quattro fenomeni paralleli: la «scoperta» dell'Asia e principalmente della Cina; l'affermazione della Rete che ci spinge verso una modernità artificiale; la guerra sul fronte orientale, dall'Ucraina al Medio Oriente, che è un unico attacco al nostro mondo occidentale. Mentre il rischio di un disordine finanziario internazionale è alle porte a causa dell'enorme massa di debito accumulata. Dopo aver voluto e fatto la globalizzazione, oggi troppi dei nostri «statisti» attoniti si muovono su questo scenario come «turisti della storia». Con una spiazzante lettura politica ed economica, Giulio Tremonti spiega quanto sia unico il momento che stiamo attraversando e illustra con lucidità la posta in gioco per l'Occidente e per l'Europa.
Il progresso della scienza e delle tecnologie biomediche apre nella vita dell'uomo scenari inediti. La procreazione medicalmente assistita (PMA), la gestazione per altri (GPA) e l'aiuto al suicidio medicalmente assistito sono tra i temi su cui la legislazione inevitabilmente si confronta con la morale, il diritto con l'etica. Il volume propone un quadro aggiornato della normativa italiana in materia e individua i nodi centrali della discussione: i diritti dei genitori e dei figli nati da fecondazione assistita, la donazione di ovuli e gameti, il riconoscimento nel nostro Paese dei bambini nati all'estero da maternità surrogata, il diritto dei malati a ricevere cure palliative e la possibilità di rinunciare ai trattamenti sanitari, l'obiezione di coscienza da parte dei medici, l'esigenza di istituire comitati competenti per l'etica clinica. Ne emerge la necessità di «ricostruire un linguaggio legislativo comune sulle tematiche del vivere e del morire», capace di garantire il valore intrinseco della dignità dell'essere umano.
«Cantami, o Diva, del Pelide Achille l'ira funesta...» Ira è una delle prime parole che definisce la civiltà occidentale e nell'Iliade di Omero segna l'inizio della guerra di Troia che durerà dieci anni. Oggi i comportamenti «contro» persone e cose sono aumentati e hanno assunto forme specifiche: rabbia, aggressività, violenza e distruttività. È il momento d'interrogarsi allora, come fa Vittorino Andreoli in queste pagine, sui processi dinamici che portano a queste azioni che caratterizzano le relazioni umane, i rapporti tra padre e figlio, il mancato rispetto della donna e delle persone più fragili. Al centro domina la frustrazione che esprime il vissuto d'inadeguatezza che la persona avverte nell'ambiente in cui vive: il suo sentirsi incompresa, emarginata. La più rischiosa deriva contemporanea è la distruttività che si caratterizza per la totale assenza di un movente e guida i comportamenti disegnando un'atmosfera di paura e una percezione di impotenza. La cronaca purtroppo è ricca di casi di delitti familiari, di raptus e devastazioni vandaliche nella scuola; soprattutto tra gli adolescenti che provocano danni non solo agli altri ma anche a se stessi. Una delle ragioni che ne è all'origine è lo sfasamento tra realtà e mondo virtuale incoraggiato dalle tecnologie digitali, il comportarsi nella vita quotidiana come ci si trovasse nella finzione, guidati dai «mi piace» e senza regole etiche. Comprendere queste dinamiche è essenziale per favorire una maggiore consapevolezza di sé e prevenire i comportamenti più pericolosi.
Un libro che si propone di mettere in luce gli aspetti "generativi" del mondo digitale, visto come "mondo della possibilità" e non solo come "mondo della negazione". Quello che si sta cercando è un "cambio di narrazione". Dal "distruttivo" al "generativo" senza ingenue illusioni. Il tema della "generatività" è declinato a partire da alcuni elementi che interessano certamente il periodo dello sviluppo ma in realtà sono comprensivi di tutto l'arco di vita del soggetto, in quella che ormai potremmo definire "condizione di vita post-digitale". In modo particolare si analizzano quei temi che rendono "generativo" il digitale e che rappresentano una possibilità di speranza per il futuro: Comunicazione; Creatività; Condivisione; Partecipazione; Relazione; Trascendenza. Prefazione di Domenico Pompili. Postfazione di Alberto Ravagnani.
Hammamet è il luogo scelto da Bettino Craxi per sfuggire ai processi di Mani pulite: una villa in Tunisia sulla «collina degli sciacalli e dei serpenti». Ma è anche la metafora politica della fine della Prima Repubblica e delle sue scorie mai del tutto smaltite. Per questo, rileggere quella vicenda surreale può apparire archeologia politica, ma è una questione aperta e attualissima. Chiama in causa la questione del primato della politica e il rapporto con la magistratura, che tuttora ci riguarda nella sua conflittualità. Fornisce una chiave attraverso cui ripercorrere il declino e l'agonia di un partito, il PSI, e soprattutto dell'uomo che lo aveva plasmato, cercando in parallelo di riformare l'Italia. Racconta la parabola di uno dei politici più potenti e controversi della storia nazionale, travolto dalle inchieste sulle tangenti. Ecco perché, a venticinque anni dalla morte di Craxi, questo libro, nato nel 1995 da decine di testimonianze dirette e da incontri riservati in quella che per i magistrati e una gran parte del Paese era la sua latitanza tunisina, e per i familiari e i socialisti il suo esilio, viene qui riproposto in una nuova edizione ampliata. È un documento che racconta in modo vivido i legami, le ipocrisie, le trame inconfessate che hanno unito la Prima e la Seconda Repubblica: dalla famelica corte finita nell'isolamento, al «tesoro» inghiottito in un labirinto dei prestanomi. Si materializzano attentatori misteriosi, vassalli e nuovi pretoriani, vescovi e donne, statisti, spie e faccendieri. E tutti ruotano intorno a Craxi. È lui il fantasma di Hammamet di cui l'Italia potrà liberarsi soltanto quando sarà riuscita a fare i conti con sé stessa, senza rimuovere le proprie latitanze interiori.
«È stata fatale l'idea di esportare la democrazia liberale, la globalizzazione, la liberalizzazione dei mercati finanziari e della tecnologia, di fare insomma un mondo a immagine e somiglianza degli Stati Uniti, pensando che essi rimanessero al centro del nuovo sistema.» Tra la caduta del Muro di Berlino nel 1989 e la dissoluzione dell'Unione Sovietica nel 1991 si è consumato uno dei più grandi inganni collettivi della storia: l'idea che l'affermazione dell'Occidente avrebbe determinato una diffusione universale del capitalismo democratico e dunque la fine della storia. Le cose però hanno preso un'altra piega. È cominciata una nuova storia che ha segnato la perdita di centralità di quel modello e dei suoi valori. Dai terremoti geopolitici a quelli demografici, dall'allarme climatico a quello per gli abusi della tecnologia, passando per l'arroganza del potere finanziario, il declino del lavoro e quello dell'informazione: in questa ampia e articolata intervista con il giornalista Paolo Pagliaro, Franco Bernabè racconta la storia di una resa, la cronaca di un autogol che vede a rischio la stessa democrazia. Nell'analisi del manager pubblico, unico occidentale per anni nel board del maggiore gruppo petrolifero cinese, emergono così i sintomi della crisi in corso (guerre, debolezza europea, minacce digitali) ma sono anche indicati alcuni colpevoli del naufragio (dalle riforme di Clinton al radicalismo di molti politici e intellettuali) e vengono suggerite le strategie necessarie a «mettersi in salvo», per l'Italia anzitutto.
«Il termine più antico conosciuto riferito alla meditazione è la parola sanscrita Dhyana, che indica un particolare stato di coscienza dove la mente e il cuore tornano puri come quelli di un bimbo, senza nomi, forme, giudizi: la pura consapevolezza di essere.» Daniel Lumera ha abbracciato la via della meditazione oltre trent'anni fa e, da allora, ne è diventato un autorevole punto di riferimento internazionale, nella convinzione che rappresenti una chiave di lettura rivoluzionaria non solo della sfera personale, ma anche di quella relazionale e sociale. Ma quali sono i reali benefici che genera in termini di salute e qualità della vita? E in che modo è in grado di modificare il nostro cervello? Come fa a rallentare i processi di invecchiamento e infiammazione? In che modo potenzia le nostre abilità cognitive e ci aiuta nella gestione dello stress? E che cosa sono gli stati superiori di coscienza? Lo spiega questo libro che ci introduce agli otto passaggi fondamentali dell'antica tradizione indovedica e ci porta all'unione della nostra individualità con la coscienza che contiene l'intero universo. Meditare non è pregare, non è visualizzare, non corrisponde, come erroneamente si crede, alla mindfulness. Nel contesto sociale iper-performante in cui viviamo, rappresenta davvero la medicina del nuovo millennio. Non a caso i Centers for Disease Control and Prevention indicano la meditazione come uno dei trend sanitari in più forte crescita degli ultimi anni e sempre più medici la integrano a scopo preventivo e in associazione alle cure tradizionali. Un libro imprescindibile e autorevole per chi vuole imparare e approfondire l'arte della meditazione.
«Gli avvenimenti della mia vita non sono successi mai casualmente, ma favoriti da incontri con persone straordinarie, ognuna delle quali ha contribuito a ciò che ho vissuto: un'avventura esistenziale irripetibile.» La memoria percorre il filo della vita di Paolo Crepet alla ricerca dell'essenziale: le radici artistiche della sua famiglia, le esperienze molteplici e cosmopolite nella formazione, la meraviglia della scoperta della psichiatria, la nascita della passione per la scrittura. In queste pagine dense di aneddoti e di eventi inconsueti, affiorano innumerevoli incontri singolari, ciascuno dei quali ha contribuito ad aggiungere un tassello al cantiere di un'identità personale e professionale in continuo rinnovamento; su tutti svetta la figura di Franco Basaglia, amico e maestro, l'uomo capace di trasformare la concezione della follia e di riconoscere diritti fondamentali ai più fragili e indifesi. Le grandi tappe della vita vengono così raccontate alla luce di un costante comun denominatore: gli affetti, le emozioni, la capacità di creare fra sé e gli altri un legame che oltrepassi la distanza e il tempo. Ai lettori viene affidato questo insegnamento che affiora da ricordi ironici e benevoli, simili a scogli a cui aggrapparsi saldamente mentre si avanza nell'ampio mare aperto.
Questo tempo globalizzato ci appare complesso, frammentato e povero di gratuità. La cultura dello scarto, le guerre protratte e dimenticate, il gioco cinico della geopolitica, le gravi condizioni in cui versa la nostra casa comune ci interpellano e ci riguardano. L'idea individualistica che l'uomo è un'isola e costruisce il suo io in modo indipendente è un abbaglio, perché la persona umana è parte di una comunità sociale e politica, pur conservando la propria unicità spirituale. Questo libro, nato dall'esperienza in campo umanitario e formativo dell'autrice, è come un "manuale di formazione" per chi opera nel campo della "cura", in tutte le sue accezioni, e al tempo stesso una riflessione e un appello alla società nel suo insieme.
«C'è una tela struggente di Frida Kahlo che mostra una cerva dalla faccia di donna, che corre in un bosco. Il corpo è trafitto da frecce, come un san Sebastiano ferito, ma non soggiogato, mentre sul fondo si intravvede un mare in tempesta.» Quel dipinto per Dacia Maraini rappresenta idealmente la realtà degli abusi, dei femminicidi e più in generale la condizione di inferiorità cui le donne sono state condannate per troppo tempo. «Private di libertà e sottomesse, le donne hanno spesso introiettato il loro stato di inadeguatezza arrivando a considerarlo un fatto biologico. Bravissime a fare figli e accudirli, sono state considerate prive di un proprio pensiero e soprattutto di autonomia e libertà.» Per contrastare questa violenza, secondo la scrittrice che ha creato personaggi letterari femminili indimenticabili, occorre agire sulla cultura, sulle abitudini identitarie, sulle disparità di genere, sulla misoginia linguistica. Le ragioni dello scontro vanno ricercate nel mondo patriarcale in cui siamo ancora immersi e in cui è montata una rabbia vendicativa, una voglia di riportare l'ordine colpendo chi ha preteso indipendenza, riconoscimenti professionali e prestigio. Un percorso difficile e irto di ostacoli paragonabile a quello che ha portato alla conquista della dignità sociale ed economica degli operai contro gli industriali. Uno scontro tra poteri inevitabile e non diverso dalle rivolte dei contadini contro i feudatari, o dalle lotte dei democratici contro i proprietari di schiavi.
Hitler nel "Mein Kampf" scrisse del "dovere sacro" di sterminare gli ebrei; il presidente del Ruanda definì un "dovere collettivo" il massacro dei tutsi; "Si fanno cose terribili e necessarie" affermava uno degli assassini di Aldo Moro; "Per creare un uomo nuovo bisogna distruggere quello vecchio" gli farà eco un neofascista responsabile di decine di omicidi. Per il terrorismo di ispirazione religiosa la violenza è ancora un "dovere sacro", per al-Banna un "obbligo imposto da Allah" e per Bin Laden il "dovere personale per ogni musulmano". Non molto diverso il terrorismo che vorrebbe ispirarsi al cristianesimo, e che spesso si lega al suprematismo bianco, per il quale la ricostruzione dello Stato in termini teocratici è un "obbligo morale", un God-given task. Persino complottisti, mass murderer e serial killer fanno riferimento al dovere. Con "idealismo pervertito" si intende il convincimento che talune azioni malvagie siano opportune laddove commesse in nome di un ideale ritenuto giusto: il proprio Dio, la salvaguardia della propria libertà, del proprio popolo, della vita propria e di chi non è ancora nato. Ma chi definisce il male? E chi la giustezza della causa?
Per i Greci e i Romani l'aspetto e l'esperienza percettiva di esseri e oggetti avevano un ruolo fondamentale, capace di influenzare profondamente la vita sociale, religiosa e politica. Attraverso un innovativo approccio che intreccia la tradizionale impostazione della storia dell'arte con considerazioni di carattere sociale e ricorrendo a numerose immagini e mappe, Tonio Hölscher esplora i fondamentali fenomeni visuali del vivere con le immagini nell'antichità classica, prendendo in esame le loro principali manifestazioni come, ad esempio, i riti e le cerimonie pubbliche, le architetture, l'immagine e il decoro personale.
Che cosa ha a che fare Omero con l'intelligenza artificiale? E I viaggi di Gulliver, i trattati di Giordano Bruno, le opere di Borges: cosa ci possono insegnare dell'accelerazione tecnologica? Nel racconto Nella colonia penale, Kafka immagina un uomo assoggettato al potere della macchina: una figura che sembra perdere del tutto la propria umanità di fronte allo splendore matematico, logico ed efficientista di un automa. È proprio esplorando esempi letterari e filosofici come questo che Andrea Colamedici e Simone Arcagni si interrogano sul nostro futuro in relazione all'incredibile sviluppo dell'intelligenza artificiale e al mistero dell'algoritmo di Babele. Attraverso molti capolavori e autori del passato - dai dialoghi di Platone ad Asimov - possiamo infatti ricostruire il codice genetico della nuova frontiera informatica, mostrando come il suo immaginario sia profondamente intrecciato con la nostra società. Ne emerge un affascinante atlante archeologico della modernità che stiamo vivendo, in cui ogni esempio culturale si lega perfettamente alla dimensione contemporanea e al dibattito che si sta generando sul fronte etico e cognitivo. «La torre di Babele è diventata oggi l'algoritmo di Babele, che si situa all'incrocio tra la spinta tecnologica e l'accumulo dei saperi e che rappresenta una sfida avvincente e allo stesso tempo una minaccia inaggirabile. E incarna un racconto, un simbolismo e una visione straordinari.»
È fuor di dubbio che alcune filosofie storicistiche hanno determinato drammatiche conseguenze, non ancora del tutto esaurite, che hanno segnato l'intero secolo XX. Non è certo un caso che, proprio in Germania, a opera di alcuni teologi cattolici, ci si sia tornati a interrogare sulla "questione concernente la relazione tra storia della salvezza e metafisica". La riflessione si è resa ancora più urgente dopo che alcuni filosofi - tra questi, ad esempio, Popper con The Poverty of Historicism - hanno tracciato in modo inequivocabile la miseria, anche teorica, dello storicismo. Questa analisi appare oggi un po' riduttiva perché lo storicismo dialettico, che Popper critica giustamente, non esaurisce il problema della storia, anzi lo esaspera. Resta però il fatto, come evidenzia legittimamente Ratzinger, che tutta una serie di domande restano, anche se nessuno sembra volersele porre. Tra queste: «Come può divenire storicamente presente ciò che è accaduto? Come può avere significato universale ciò che è unico ed irripetibile?». Forse si dovrebbe avere il coraggio di riconoscere che, nella prospettiva escatologica, troppi livelli si sono confusi e tale confusione ha nociuto, in primis, alla visione cristiana. Questa è stata strumentalizzata, via via, da troppe prospettive politiche ed è finita per essere ridotta a una visione meramente sociale togliendo al Cristianesimo la sua prospettiva ultraterrena, riducendolo così a uno dei tanti criteri d'analisi della realtà presente. Ci si dimentica che simili tentativi accompagnarono da sempre il Cristianesimo. L'Apocalisse si presentò subito come un itinerario di salvezza, ma incontrò immediatamente avversari, si pensi agli gnostici, che ipotizzarono altre vie per raggiungere la salvezza. Questo lavoro vuole evidenziare il filo conduttore, sempre presente nella bimillenaria tradizione della Chiesa, che è quello di proporre una visione escatologica ultraterrena e non legata a ideologie, visioni politiche sorrette da, sia pur nobili, posizioni sociologiche e/o filosofiche.
Sappiamo quanto sia difficile capire il capitalismo senza attraversare la Riforma protestante e il suo «spirito». Conosciamo meno invece gli effetti della Controriforma, e cioè quanto le forme teologiche, sociali, etiche della risposta cattolica alla Riforma di Lutero abbiano profondamente condizionato il modo di intendere l'economia e gli affari in Italia e negli altri paesi cattolici. La forte e capillare reazione della chiesa di Roma - che vide in quanto stava avvenendo in Germania la possibilità della propria dissoluzione - riportò indietro di secoli l'approccio al mercato, ai profitti, agli interessi sul denaro. Si dimenticò l'etica economico-finanziaria dei francescani e si incoraggiò una cultura del consumo e della raccomandazione legata al culto e alla mediazione dei santi e della Madonna. In questo saggio innovativo Bruni analizza queste «ombre», ma anche alcune «luci» di quel tempo che si è prolungato fino alla seconda metà del Novecento. Tra queste, particolarmente luminosa fu la nascita dei Monti frumentari, cioè di migliaia di banche del grano che frati cappuccini e vescovi fondarono come strumento per migliorare le condizioni rurali, soprattutto nel Sud Italia; ed è solo un esempio di quella «terra del noi» in cui è possibile scorgere orizzonti nuovi e persino qualche arcobaleno.
Le pagine di questo libro sono attraversate da due desideri. Da un lato quello di riflettere sull’incontro, ormai in atto da anni, tra i dinamismi della modernità liquida (ipermodernità, postmodernità ) e l’esperienza della Chiesa, in particolare nei suoi terminali più sensibili alla realtà, cioè le parrocchie, le comunità cristiane. Il secondo desiderio riguarda l’altro versante di tale incontro, cioè la comunità cristiana e la crisi della cosiddetta «civiltà parrocchiale», che la modernità liquida sta mettendo brutalmente in luce.
I capitoli del libro si dispiegano, perciò, in un percorso lento che attraversa, di volta in volta, aspetti specifici, seguendo da un lato le tematiche affrontate da Bauman nel suo libro principale e collegandole, dall’altro, ad aspetti centrali nella vita della Chiesa.
Biografia dell'autore
Augusto Bonora, nato a Inzago (Mi) nel 1962, è stato ordinato sacerdote dal cardinale Carlo Maria Martini il 13 giugno 1987. Dopo sei anni presso l’oratorio della SS. Trinità di Milano ha ottenuto la licenza in Teologia spirituale presso l’Università Gregoriana di Roma. Risiedendo presso la comunità familiare di Castellazzo di Basiano ha svolto il compito di cappellano all’Università Statale di Milano, di responsabile spirituale dell’Eremo S. Salvatore, di delegato del Vescovo per la comunità delle «Sorelle della Parrocchia». Dal 2010 è stato parroco della parrocchia di San Galdino e dall'ottobre 2020 è parroco responsabile della Comunità Pastorale Cenacolo in Quarto Oggiaro.
In un presente dominato da terribili conflitti, disastri ambientali e inquietudini diffuse, guardare al futuro con ottimismo sembra un'impresa sempre più ardua: ripiegandosi su se stesso, l'uomo sta a poco a poco perdendo la speranza in un domani migliore. Viene dunque da chiedersi: «Che cosa posso sapere? Che cosa devo fare? Che cosa mi è lecito sperare?». Cercando di rispondere a queste tre fondamentali domande, formulate per la prima volta dal filosofo Immanuel Kant, Vito Mancuso ci guida alla ricerca del significato più profondo e autentico della nostra vita. Togliendo alla ragione ogni pretesa di possedere un sapere su Dio e sull'avvenire, "Destinazione speranza" rifonda il senso della nostra esistenza su un presupposto inedito e dirompente: la libertà di obbedire. Se saremo in grado di essere noi stessi in relazione con gli altri, di resistere all'egoismo favorendo la solidarietà, di ridare valore alla dimensione morale al fine di agire con responsabilità, allora non tutto sarà perduto: solo così, infatti, potremo definirci donne e uomini davvero liberi e guardare con speranza, ragionevole e fondata, al futuro che ci attende.
Era più piccola di Benito ma si comportava come una sorella maggiore, non si interessava di politica ma cercava di influenzare il potente fratello e pagò un prezzo altissimo per il cognome che portava: Mussolini. Edvige attraversa la parabola del fascismo come una comprimaria nell'ombra, eppure c'è sempre ed è a lei che il Duce affida nel 1930 i suoi preziosi diari. Esercita un forte ascendente sul dittatore, lo sa e se ne avvale non per indirizzarne le mosse, ma per perorare le cause di quanti si rivolgono a lei non potendo arrivare a Benito. L'uomo più potente d'Italia non riesce a dire no alla sorella, anche se nel privato sbuffa, persino con l'amante Claretta, per la sua invadenza (è assai diversa, per questo, da un'altra sorella vissuta nell'ombra, quella Paula Hitler con cui l'autore propone un intrigante parallelo). Rachele non la sopporta, è sempre propensa a immischiarsi in affari non suoi. Ha da ridire sul matrimonio della nipote Edda, e Benito alla fine è costretto a evitare ogni contatto tra la moglie e la sorella. La genuinità romagnola si avverte nel suo modo d'essere, ora estroverso ora pudico. È una provinciale e non può giocare a fare l'intellettuale anche se ambirebbe all'alta società dove parte della sua famiglia è entrata non per censo ma di forza, attraverso la politica in camicia nera. La sua storia privata ha sullo sfondo la grande storia: il fascismo, la dittatura, le leggi razziali e l'antisemitismo, il secondo conflitto mondiale, la guerra civile, la fine della guerra che per la sua famiglia e i suoi affetti si tradurrà in un bagno di sangue.
Giuseppe De Rita - ideatore, fondatore e oggi presidente del Censis - è l'uomo che ha portato in Italia la ricerca sociologica sul campo ancor prima che venisse creata una cattedra universitaria di sociologia. Come pochi ha contribuito a descrivere l'Italia nei rapporti periodici come nei suoi articoli per il «Corriere della Sera». In questo libro, scritto insieme al giornalista Lorenzo Salvia, racconta per la prima volta le tappe principali della sua vita intrecciate agli snodi dell'evoluzione politica, sociale ed economica del Paese. Come quando nel 1951 viene «arruolato» nel castello di Sermoneta per i corsi del Movimento ispirato dagli Alleati per defascistizzare l'Italia del Dopoguerra. Da lì nasce una convinzione che manterrà per tutta la vita: l'oligarchia, spesso considerata un pericolo per la democrazia, è in realtà uno strumento necessario per il buon funzionamento delle società moderne. Una idea che si rafforzerà negli anni, durante la sua esperienza allo Svimez, con i suoi viaggi nelle aree interne del Mezzogiorno o nel Belucistan iraniano e poi al Censis. Nel corso della sua vita De Rita incontra, conosce, consiglia (ma litiga anche con) buona parte dei politici e degli imprenditori che hanno guidato il Paese. Tanti gli aneddoti, come la notte in cui sconsigliò (inascoltato) al premier De Mita di introdurre una patrimoniale, i no a chi gli chiedeva un impegno diretto in politica, da Berlusconi a Prodi, o le gelosie della politica sui patti territoriali, inventati da presidente del Cnel. E molte le confessioni personali: gli otto figli, la casa di Courmayeur, l'importanza della fede, la passione per il calcio. A delinearsi in queste pagine è non solo una biografia inedita e appassionante, ma anche una rilettura della storia del Paese attraverso lo sguardo di un suo testimone d'eccezione.
Brunetto Latini (1220/30-1293) fu uno dei protagonisti della vita culturale fiorentina; svolse importanti incarichi politici per il suo Comune, militando nella "parte" guelfa: per questo fu esule in Francia nella fase di supremazia ghibellina e lì compose le sue opere più significative. In quasi tremila versi, il Tesoretto narra il viaggio dell'autore da una selva misteriosa governata dalla Natura fino alla vetta dell'Olimpo, attraverso il regno delle Virtù, il giardino del Piacere e il monastero della Penitenza. Sotto una fantasiosa veste allegorica, il maestro di Dante offre al lettore una piccola enciclopedia scientifica e geografica, e soprattutto un vivace "galateo" ispirato alla conciliazione tra valori cavallereschi e "borghesi" che possiamo ora apprezzare in questa nuova edizione del testo rivisto sui manoscritti più antichi e accompagnato da note puntuali.
Il diavolo può sfoggiare le corna, la coda e le ali, fattezze bestiali, orrifiche o mostruose; ma può anche mostrarsi umanizzato e sensuale, prestante e vigoroso. Può essere enorme come minuto, villoso come glabro, terribile o burlone, ignudo o ben abbigliato. Non esiste un’unica forma, ve ne sono tante; non una sola figura ma migliaia da mettere in fila, da comprendere e giustificare in base alle fonti testuali, alle leggende, agli eventi di cui il demonio rappresenta gli esiti drammatici e nei quali riesce ogni volta a impersonare il nemico di turno, adottando la maschera opportuna. Pur operando un'inevitabile selezione fra le innumerevoli testimonianze figurative, il volume analizza l'evoluzione dell'immagine demoniaca dalle prime attestazioni nella Tarda Antichità fino ai giorni nostri, individuandone via via le strategiche mutazioni, le eventuali novità, le possibili motivazioni storiche.
Dalle pareti rupestri ai moderni touch screen, le superfici sono il medium che ha permesso di visualizzare le immagini mentali al di fuori della caverna della mente umana, di fissare su un supporto quelle immagini che altrimenti sarebbero solo le volatili invenzioni dei sogni e dell'immaginazione. Dalle figurine paleolitiche ai moderni ritratti e alle sculture miniaturizzate l'Homo sapiens viene ancora attratto dalle piccole cose che accompagnano tutta la sua storia evolutiva. A partire da questa convergenza di menti e media, da questo intreccio di corpo, cervello, tecnologie e ambienti è possibile tracciare una mappa delle capacità e delle abitudini cognitive che presiedono al fare-immagine dal Paleolitico a oggi.
Il tema della «corporeità» si sta imponendo con sempre maggiore interesse nella ricerca contemporanea «trans-disciplinare». Inserendosi in questo contesto, il volume propone un approfondimento della concezione del corpo ('sôma') in due opere di Filone di Alessandria (De opificio mundi; Legum allegoriae) e nella Prima lettera ai Corinzi di Paolo di Tarso. Seguendo un approccio «comparativo» vengono analizzate le ricorrenze del gruppo terminologico riguardante il «corpo» e viene puntualizzato il messaggio che emerge dal pensiero dei due autori. La ricerca si compone di quattro capitoli. Nel Capitolo I si segnalano gli elementi che caratterizzano la personalità, la formazione e l'opera di Filone e di Paolo. Il Capitolo II analizza la «corporeità» nel trattato sulla creazione del mondo (Opif.) e dell'uomo (cf. Gen 1,1-31). Il Capitolo III: passa in rassegna i tre libri del commento «allegorico» (LA I-III) evidenziando la profondità della riflessione filoniana sull'uomo, le sue origini e la sua identità psico-somatica (cf. Gen 2,1-3,19). Nel Capitolo IV viene rivolta l'attenzione alla «somatologia paolina» e alla sua specifica declinazione nel contesto corinzio, approfondendo cinque importanti assonanze con il pensiero di Filone e con l'ambiente filosofico e religioso del tempo. Esse sono: 1. Il 'sôma' in relazione alla sapienza-conoscenza; 2. Il 'sôma' in relazione alla sessualità e agli stati di vita; 3. Il 'sôma' in relazione al conseguimento delle virtù; 4. Il 'sôma' in relazione alla realtà comunitaria; 5. Il 'sôma' in relazione al passaggio dalla morte alla vita futura.
Ernest Renan (1823-1892) fu un uomo di genio in grado di suscitare forti passioni. Dopo la pubblicazione della sua "Vita di Gesù", l'ex seminarista divenne per tutti i cattolici "il grande bestemmiatore". Benché la sua adesione al campo repubblicano sia stata tardiva, fu considerato uno dei numi tutelari della Terza Repubblica. Tre problemi guidano il viaggio intrapreso da Franc?ois Hartog sulle tracce di Renan: la nazione, la religione, l'avvenire. Evoluzionista convinto, Renan crede nell'avvenire, ma quale sarà in futuro l'idea di avvenire? E quale sarà la religione dell'avvenire, dal momento che il cristianesimo ha fatto il suo tempo e che un avvenire senza religione è inconcepibile? Forma politica del momento, la nazione non può affatto sottrarsi all'azione del tempo: quale sarà l'avvenire della nazione e dell'Europa? Nel mondo di allora, dominato dalla Germania, la questione della nazione e dell'Europa sono legati. Queste tre domande sono ancora le nostre domande? Attraverso la distanza che ci separa da Renan e utilizzando la sua opera come un prisma, che cosa ci fanno capire del nostro tempo? Fino a poco tempo fa, l'avvenire di Renan poteva ancora essere il nostro; fino a poco tempo fa, la religione sembrava essere alle nostre spalle; la nazione appariva anch'essa come una forma politica esausta e in via di superamento. Ed ecco che tutti questi temi tornano e ci portano a riconsiderare tutto ciò che noi avevamo creduto di sapere sulla nostra condizione.
Nel turbine della vita, siamo felici? La domanda ci può apparire persino superflua, occupati come siamo nelle attività e nei pensieri quotidiani. Come tutti, non se la poneva Giovanni Allevi, immerso in una vita impegnativa: composizione, concerti, tour, registrazioni, conferenze stampa e viaggi in tutto il mondo. Poi, è arrivato lui, il mieloma. Tutto è crollato, la fragilità del corpo è diventata all'improvviso una tangibile realtà quotidiana, è cominciato un lungo e dolorosissimo percorso terapeutico. Ma camminando sopra l'inferno, Giovanni è riuscito a mantenere lo sguardo fisso sui fiori. E ad accogliere così nove specialissimi doni: come la libertà dal giudizio altrui, la coscienza di sé e l'autenticità, la prospettiva regalata dalla storia e dalla cultura, l'amore per la bellezza e per la Natura che guarisce, la gratitudine per gli incontri con persone, come i medici e gli infermieri, capaci di cambiare il corso dei suoi giorni. E una nuova e profonda dimensione dello Spirito che anche oggi, tornato sul palco, si fa tutt'uno con la Musica. Perciò, questo libro non è la storia di una malattia, ma una testimonianza sincera, una riflessione filosofica profonda, la proposta di un modo nuovo per guardare la vita, abbracciando se stessi e la propria umana fragilità. Anche attraverso le difficoltà, quando gli ostacoli sembrano invalicabili, la via verso una più compiuta felicità esiste, e su questa strada ci sono doni da scoprire: aspettano solo che noi impariamo a vederli. Così, come un vaso kintsugi riparato con l'oro, la nostra anima potrà risplendere di una luce nuova.
Questo libro scandaglia a fondo una parte dell'opera turoldiana poco studiata: gli inni liturgici. Nel cammino di fede di padre Turoldo la liturgia ha avuto un ruolo fondamentale. Grazie all'amore per la tradizione che la Chiesa lungo i secoli ha tramandato, il frate Servita ha saputo con originalità, creatività e ispirazione produrre testi nuovi con l'intento di arricchire ciò che già era conosciuto, attribuendo però ad esso uno stile nuovo, più adatto al sentire dell'uomo contemporaneo. L'imponente innario turoldiano lascia senza fiato per la sua vastità e copre tutte le domeniche e le feste principali dell'anno per tutti e tre i cicli liturgici. Come sottolinea fr. Enzo Bianchi nella prefazione, l'autore di questo pregevole saggio, «opportunamente intarsiato di rimandi agli inni, alla traduzione dei Salmi, alle preghiere e alle poesie di padre Turoldo, ha la capacità di interpretare la lettera e lo spirito dei suoi testi, mostra grande intelligenza e raffinata sensibilità che gli permettono di cogliere le profondità bibliche, le intuizioni teologiche, le armonie poetiche e le finezze letterarie ma anche il valore liturgico e propriamente cristiano del corpus innico turoldiano».
Oggi siamo testimoni dell'affermarsi di una nuova ideologia totalitaria: il wokismo o liberal progressismo. Un'ideologia intransigente il cui carattere intollerante è la negazione e, anzi, l'antagonista di un autentico spirito di libertà e di convivenza civile. A partire da questa analisi, questo libro compie un passo in più e suggerisce che il liberal progressismo ha anche superato i confini stessi dell'ideologia e si presenta come un vero culto religioso. Con il suo neo-linguaggio da iniziati e il suo pensiero magico, attraverso un surreale e feroce normativismo moralistico e punitivo, punta a plasmare la società per trasformarla nella civiltà del post-umano, un mondo post-moderno dove ogni riferimento al reale, compreso il corpo, si trasforma in opinione. Di fronte a questa aggressione al buon senso e alla logica, diventa urgente tornare alla natura delle cose e assumersi la responsabilità di tutelare la nostra libertà di espressione, il rispetto dell'etica e della giustizia, la sacralità delle relazioni e la comunità. L'approccio radicalmente ideologico alla crisi dell'Occidente e delle religioni, al cambiamento climatico, alle trasformazioni sociali, conseguenza di uno sviluppo tecnologico e scientifico senza freni, a temi complessi come il fine vita o l'identità di genere ci porta a conservare ciò che amiamo con maggiore urgenza. Emerge un coraggioso sentimento di cura per ciò che ci appare fragile e prezioso: la cultura e la tradizione, il legame con la terra, la memoria, i valori che riteniamo fondamentali. Lungi dall'essere una battaglia di retroguardia e reazionaria questa è, al contrario, una sincera battaglia di libertà e un impegno fondamentale per restituire ancora un senso al vivere, e per trasmettere questa sacralità a chi verrà.
La Generazione Z è la prima ad aver attraversato la pubertà con in tasca un portale verso una realtà alternativa eccitante, ma pericolosa. È la prima ad aver sperimentato la transizione da un'infanzia basata sul gioco a un'infanzia basata sul telefonino, ma anche da un'infanzia libera a una ipercontrollata: mentre gli adulti hanno infatti iniziato a proteggere eccessivamente i bambini nel mondo reale, li hanno lasciati privi di sorveglianza in quello online. Attingendo alle ricerche più recenti, Haidt mostra come questa "riconfigurazione" ha interferito con lo sviluppo di bambini e adolescenti causando ansia, privazione del sonno, frammentazione dell'attenzione, dipendenza, paura del confronto sociale. E mentre ne espone le disastrose conseguenze chiama alle armi genitori, insegnanti, aziende tecnologiche e governi affinché salvino la salute mentale dei più giovani.
Il mondo, per chi lo sa guardare, rivela dimensioni del bello spesso impercettibili a occhio nudo. Il bello che, quando si accende, porta salvezza. Il bello a cui Philippe Daverio ha dedicato la vita. Una visione appassionata, un rigore pieno di ironia, una curiosità eclettica che ritroviamo in questo volume ispirato alla celebre trasmissione televisiva Passepartout. Si va dalla Venezia di Canaletto alla Roma di Caravaggio, dalla Siena del Medioevo alla Genova del "secolo d'oro", dalla Napoli dei Borbone alla Bologna dei Carracci e alla Mantova dei Gonzaga: un viaggio alla scoperta delle più importanti città italiane attraverso artisti, monumenti, antiche dimore e corti di mecenati. In compagnia della sua voce inconfondibile, visitiamo luoghi e conosciamo pittori, incrociamo biografie e scopriamo movimenti, ci soffermiamo su singole opere e componiamo grandi affreschi, scopriamo «l'allodola che salvò Brera» e i «piedi più sporchi della storia dell'arte». Seguendo le sue divagazioni, esploriamo il mondo senza paura di perderci, certi di arrivare sempre al cuore della questione. Un volume elegante, agile e veloce come lo sguardo di Daverio, così sapiente nel posarsi su ciò che è rilevante anche quando è solo un dettaglio, un segreto nascosto, un lampo che attraversa la scena. Il suo modo di narrare l'arte - e con l'arte la storia, la geografia, la filosofia, la musica, la letteratura - rende il passato presente e significativo. Ci trascina in un'avventura che supera i confini dello spazio e del tempo e, alla fine, ci riporta sempre a casa.
«Conosci te stesso» era l'invito dell'Apollo Delfico, che ha innervato tutta la filosofia greca, ben consapevole che ogni conoscenza è vana senza questa, fondamentale. Percorrendo con coraggio e onestà la via del distacco, la filosofia - "esercizio di morte" come la definisce Platone - giunse così alla scoperta della luce che sempre risplende, non alla superficie, ma nelle profondità dell'anima. È proseguendo coerentemente su questa via che la mistica cristiana, obbedendo al precetto evangelico a rinunciare a sé stessi, completò l'invito delfico aggiungendovi: «e conoscerai te stesso e Dio». Anche se nomina non sunt res, niente infatti si addice meglio che il nome di Dio alla luce che esperimentiamo nell'"uomo interiore", essenza dell'anima nostra, quando essa ha fatto il vuoto di ogni accidentale elemento egoico. È giunto probabilmente il tempo che, dopo la morte di Dio e la conseguente perdita di ogni fondamento, l'uomo contemporaneo, naufrago nel mare magnum di vane teologie e psicologie, recuperi l'esperienza di verità della filosofia antica e della mistica cristiana, ritrovando così la conoscenza essenziale: quella di sé stesso e di Dio.
Il mistero più doloroso della storia italiana trova finalmente una spiegazione. A quarant'anni dalla sparizione di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, non esiste una «verità» riconosciuta. Ilario Martella, incaricato all'epoca di indagare sull'attentato a papa Giovanni Paolo II del 1981 e, in prima battuta, sulle sparizioni di Emanuela e Mirella del 1983, inequivocabilmente legate ai fatti di piazza San Pietro, si propone oggi di ripercorrere la vicenda dal principio. Smontate tutte le false piste spuntate in epoche più recenti, giunge all'unica soluzione possibile: i due casi fanno parte di un unico disegno criminale, di una gigantesca e articolata operazione di distrazione di massa compiuta da uno dei servizi segreti più efficienti e famigerati della Guerra fredda: la Stasi tedesca. Armato di una ricca documentazione, divenuta lentamente accessibile solo dopo la caduta della cortina di ferro, l'autore ricostruisce i dettagli di un'operazione spionistica di altissimo livello, nata per sviare l'attenzione pubblica dalle indagini che, partendo dall'attentato al papa, avevano aperto la celebre «pista bulgara». Lo stesso Giovanni Paolo II, in visita alla sua famiglia, definì il rapimento di Emanuela «un intrigo internazionale»: dopo quarant'anni, questo libro finalmente ricostruisce perché.
La pedagogia moderna ha inizio grazie all'Illuminismo e al Romanticismo che danno il via a una rivoluzione nel mondo dell'educazione e generano nuovi stimoli svincolandosi dalle tradizioni precedenti. Si sviluppano così due posizioni contrapposte fra chi sostiene la centralità dell'educatore e chi assegna invece un'importanza primaria all' allievo; correnti di pensiero che, ponendo l'attenzione sull'educazione come un processo unitario di natura etica, hanno dato vita a ricerche che ancora oggi danno a pensare. Questa Nuova storia della pedagogia, che giunge ai giorni nostri, prende in esame le teorie e le figure principali della pedagogia europea e americana: tra gli altri, Rousseau, Kant, Pestalozzi, Herbart, Fröbel, Durkheim, Laberthonnière, Freud, Makarenko, Gentile, Dewey, Montessori, Milani, Maritain, Piaget, Freire, Illich, Bruner, Malaguzzi, Meier, bell hooks. Una pluralità di prospettive che dimostra come la vera ricchezza della disciplina sia la diversità che caratterizza maestri, allievi, famiglie, momenti storici e mondi culturali, ciascuno con le proprie peculiarità, capaci di ispirare riflessioni ed esperienze educative: F. De Giorgi, Come studiare la Storia della Pedagogia; G. Tognon, Jean-Jacques Rousseau; A. Criscenti, Claude-Adrien Helvétius; A. Scotto di Luzio, Immanuel Kant; G. Sola, Johann Heinrich Pestalozzi; E. Scaglia, Albertine Adrienne Necker de Saussure; M.A. D'Arcangeli, Johann Friedrich Herbart; C. Sindoni, Friedrich Fröbel; F. Bellelli, Antonio Rosmini; T. Pironi, Herbert Spencer; T. Pironi, Émile Durkheim; L. Pazzaglia, Lucien Laberthonnière; F. Pruneri, Antonio Gramsci; F. Sani, Sigmund Freud; D. Caroli, Anton Semënovic Makarenko; G. Tognon, Giovanni Gentile; A. Mariuzzo, John Dewey; F. De Giorgi, Maria Montessori; A. Dessardo, Adolphe Ferrière; D. Gabusi, Lorenzo Milani; G. Zago, Jacques Maritain; M. Morandi, Jean Piaget; L. Romano, Françoise Dolto; L. Salvarani, Burrhus Frederic Skinner; P.V. Pignataro, Loris Malaguzzi; V. Schirripa, Paulo Freire; A. Gaudio, Ivan Illich; N. Barbieri, Jerome S. Bruner; L. Bianchi, bell hooks; P. Bonafede, Edgar Morin; S. Salustri, Deborah Meier.
Il libro è un approfondito saggio sull'accompagnamento alla morte, che attinge alla filosofia, alla psicologia, alla spiritualità, alla medicina. L'autore contestualizza l'argomento delineando lo scenario socioculturale e socioistituzionale dello "stare accanto"; affronta il tema della sofferenza psicologica nella malattia cronica e terminale; analizza il concetto di "tempo della malattia", così come vissuto dal malato; si dedica al concetto di "cura" e del "prendersi cura", proponendo spunti di riflessione per chi sta accanto al malato, con l'individuazione di una sorta di decalogo che aiuti a passare dalla "prestazione" alla "relazione".
Cosa ha provato Cristoforo Colombo il giorno in cui è partito per andare oltre l'orizzonte? Cosa ha significato per Dante intraprendere un incredibile viaggio all'Inferno? Quand'è che Spartaco decise di spezzare le catene che lo tenevano prigioniero? In quale modo San Francesco riuscì a convincere il Papa che non avrebbe distrutto ma salvato la cristianità? In che modo i Medici diedero un'impronta decisiva all'intero Rinascimento italiano nonostante la tragedia dell'assassinio di Giuliano, fratello di Lorenzo il Magnifico, durante la congiura dei Pazzi? Oggi, in un'epoca di profonda crisi, politica e sociale, Aldo Cazzullo sceglie tredici grandi eventi del passato per raccontare le svolte principali della nostra storia e il coraggio delle persone che hanno saputo cambiarla. Tredici giornate memorabili, che rappresentano il culmine di una stagione o l'inizio di una nuova era: dalla scoperta dell'America alla disfatta di Caporetto, dal processo di Artemisia Gentileschi alla strage di Capaci. Date, personaggi, luoghi e momenti che hanno trasformato l'Italia e il mondo intero. Per conoscere meglio il nostro passato in un racconto vivido e avvincente che restituisce il senso e il valore della memoria e che indaga la dimensione dell'individuo, quella più appassionante e carica di umanità.
L'amore è un bisogno dell'uomo: un legame che mette insieme due persone facendo trovare a ognuno sicurezza nell'altro. La sorgente dell'amore si lega alla percezione del proprio limite, della fragilità umana. Non riguarda solo «lui» e «lei», esiste anche tra fratelli, tra padre e figlio, tra madre e figlio. C'è nell'adolescenza, diverso da quello che nasce nella vecchiaia. Domina la convinzione che l'amore appartenga alla magia, che sia promosso da «un colpo di fulmine», da «un'attrazione fatale», fino all'immagine di due mezze mele che per caso costituiscono, nell'unione, un frutto unico. Ma è una mitologia da superare. Questa Lettera è rivolta a tutti, giovani e adulti, e mostra che un «vero» amore è una costruzione e richiede la verifica di condizioni che emergono dall'esperienza quotidiana. Non si riducono all'attrazione o alle emozioni di una «sera indimenticabile». Non basta un semplice contratto, ma occorre godere della condivisione e ancor più del compromesso, inteso come saper trasformare due idee diverse in un'unica visione: una risorsa sottovalutata ma necessaria, affinché la relazione d'amore disegni una storia esistenziale che gode del presente, ma senza dimenticare il futuro, come lo spazio dei desideri. Solo così si perpetua quella «forza straordinaria che è parte inestricabile dell'umano».
Teologia ed educazione: un binomio dato a lungo per scontato nella tradizione, che nel corso del XX secolo è andato incontro ad una progressiva crisi per i cambiamenti dei paradigmi teorici e culturali delle due discipline, a contatto con la nuova situazione caratterizzata dalla postmodernità. Dalla metà del Novecento il sapere teologico cerca però di rivedere e ricontestualizzare la prospettiva cristiana sul fenomeno educativo, proprio quando questo sembra monopolizzato dagli approcci scientifico-sociali con vocazione empirica. Questa raccolta di testi distingue tre fondamentali momenti: la prima sezione considera il rapporto, tra la fine del secolo XIX e la prima metà del XX, tra l'educazione e la teologia dominata dal progetto neoscolastico in ambito cattolico e dal protestantesimo culturale in quello evangelico; la seconda si sofferma sul cambiamento di paradigma della teologia contemporanea, mettendone in luce le implicazioni antropologiche, che costringono a rimettere in gioco il problema della libertà e le questioni relative al "senso" del vivere; infine, la terza sezione cerca di mostrare le intersezioni tra la nuova antropologia teologica dell'educazione e i contributi proposti dalle principali teorie pedagogiche, dalla psicanalisi e dalle concezioni evolutive dell'educazione.
Ci troviamo sempre più vicini a una soglia critica nella storia della nostra specie: molto presto l'intelligenza artificiale sarà tutto intorno a noi, organizzerà le nostre vite, gestirà attività complesse e le principali strutture di governo. Vivremo in un mondo dove sarà possibile stampare il dna, dove il dibattito su agenti patogeni ingegnerizzati e armi autonome sarà all'ordine del giorno, dove dotarsi di assistenti robot sarà lo standard e dove l'energia non mancherà. La realtà di domani è questa, eppure nessuno di noi è pronto ad affrontarla. Cofondatore della pionieristica società di intelligenza artificiale DeepMind, parte di Google, Mustafa Suleyman è stato al centro di questa rivoluzione. Il prossimo decennio, sostiene, sarà caratterizzato da una vera e propria ondata di nuove e potenti tecnologie in rapidissima evoluzione. L'onda che verrà mostra come il cambiamento che ci attende genererà un'immensa ricchezza, ma al tempo stesso rappresenterà una minaccia per l'ordine globale. Oggi, mentre i nostri fragili governi vanno incontro al disastro come sonnambuli, l'umanità si trova di fronte a una prospettiva inquietante. Riusciremo a tracciare una via di fuga?
Lo studio ci rende liberi, originali, migliori. Il primo modo che abbiamo di accedere alla conoscenza, da bambini così come da adulti, è osservare la realtà che ci circonda. Contemplando un panorama o una rosa, un tempio o un dipinto, un cielo stellato o una poesia impariamo infatti a cogliere i rapporti tra le cose e a entrare in contatto con il mondo intorno a noi, sino a esplorarne gli spazi più remoti e nascosti. Ma impariamo anche a sviluppare un rapporto sincero e profondo con noi stessi, a riporre fiducia nell'altro, a esercitare la libertà. Nicola Gardini porta la parola «studiare» fuori dalle aule scolastiche, spogliandola dei significati deteriori oggi più in voga: affrancato dal senso del dovere e dell'imposizione, lo studente si fa studioso, finalmente pronto ad accogliere il dono di infinite possibilità. "Studiare per amore" ci offre l'esaltante occasione di scoprire ciò che crediamo di sapere da sempre e invece conosciamo molto poco, con la promessa che, quando volteremo l'ultima pagina, saremo in grado di guardare fuori e dentro di noi con occhi completamente nuovi.
Vendere l'anima al diavolo significa rigettare la concretezza delle cose, scinderla dalla giustizia e dalla verità, cedere all'inganno del sopruso e del luogo comune. Questo libro intende recuperare parole essenziali della filosofia, spesso ormai dimenticate: genealogia, costruzione, fondamento, libertà, simbolo. Ma, soprattutto, verità: dopo millenni di pensiero, di fronte agli inganni e alla superficialità massmediatica, si deve ritrovare il coraggio di cercare la logica, i modi, le ragioni della verità, la sua metafisica e il rapporto con la nostra stessa vita. Confrontandosi con le maggiori tradizioni del pensiero moderno e contemporaneo (Hegel, Nietzsche, Husserl, Heidegger, Merleau-Ponty, Foucault), mettendo in opera dialoghi mai esplorati, in queste pagine si vogliono illustrarne i percorsi critici e gli snodi simbolici: quasi un manuale che rinnova il mito di Faust, rifiutando, non senza una vena di profanazione sovversiva, di firmare un nuovo patto con il diavolo.
L'altra faccia della tragedia israelo-palestinese è a poca distanza: è la rapida evoluzione in atto in Arabia saudita, che allarga su scala più vasta gli esperimenti già avviati a Dubai o nel Qatar. Quell'area compresa tra il Golfo Persico e il Mar Rosso è un gigantesco cantiere di sviluppo, attira un boom di investimenti e di imprese straniere, anche italiane. E accoglie nuovi flussi di imprenditori, turisti, studenti e ricercatori (il nostro Paese si è accorto della svolta con qualche ritardo quando Roberto Mancini ha abbandonato la guida della nazionale di calcio per quella saudita e Riad ha soffiato a Roma la sede dell'Expo). Ma cosa c'è dietro? Una delle chiavi è la laicizzazione in corso, che riduce i poteri del clero islamico, liberalizza i costumi e migliora i diritti delle donne. In questo reportage ispirato dai suoi viaggi più recenti Federico Rampini racconta il «nuovo impero arabo» che resta un regime autoritario (su cui la guardia deve restare alta) ma vuole rilanciare il proprio ruolo mondiale, memore di quella che fu l'epoca d'oro della sua civiltà. E che sembra uscire dal vittimismo antisraeliano spezzando la catena dell'odio nei confronti dell'Occidente (e il suo finanziamento) che ha portato alla diffusione della Jihad e della violenza fanatica. È un'area in forte crescita, segnata da progetti grandiosi di modernizzazione con ricadute nella geopolitica, nell'energia, nell'economia, nella finanza, nella tecnologia e nel campo della lotta al cambiamento climatico. Ma l'Arabia e i suoi vicini più piccoli sono sotto la minaccia permanente di un avversario come l'Iran e del focolaio minaccioso del Golfo di Suez; e il conflitto israelo-palestinese condiziona leader e popoli di tutta la zona. Dal successo nei piani avveniristici di questa parte del mondo dipenderanno anche lo sviluppo dell'Africa, la stabilità del Mediterraneo, la sicurezza mondiale, la transizione verso un'economia meno condizionata dal petrolio. «Bisogna trattenersi, prima di abbracciare visioni del mondo manichee, crociate che oppongono le forze del Bene e del Male. L'Arabia merita di essere studiata più che esorcizzata.»
Le teorie politiche ragionano sui grandi scenari, discorsi affascinanti ma che spesso restano solo parole. C'è poi un pensiero politico che si occupa di quello che ciascun cittadino può fare dal luogo in cui è, agendo innanzitutto sul proprio modo di stare nel mondo. C'è necessità di cittadini e politici che siano consapevoli del valore della politica e agiscano mossi dall'intenzione di dedicare il giusto tempo alla cura della comunità. Così intesa la sapienza politica costituisce una necessità ineludibile. Si può dire che proprio dell'umano è l'esigenza della politica, di una politica capace di visione, di progetto, di forza di attuazione.
Che cos'è la giustizia sociale? Per Friedrich von Hayek era un miraggio, un cliché senza senso, ideologico, incoerente e vacuo. Credeva che il termine dovesse essere evitato, abbandonato e lasciato morire di morte naturale. Per i suoi sostenitori, giustizia sociale è un termine generico che può essere usato per giustificare qualsiasi programma governativo di stampo progressista. In questo volume Michael Novak e Paul Adams cercano di chiarire il vero significato della giustizia sociale e di salvarla dai tanti che se ne vogliono appropriare in termini ideologici. Esaminando figure che vanno da Antonio Rosmini, Abraham Lincoln e von Hayek, ai papi Leone XII, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, gli autori rivelano che la giustizia sociale non è un sinonimo di "governo progressista", come siamo soliti credere. È piuttosto una virtù radicata nell'insegnamento sociale cattolico e sviluppata come alternativa al potere incontrollato dello Stato. Quasi tutti gli operatori sociali si considerano progressisti, eppure molte delle loro "buone pratiche" mirano a dare potere alle famiglie e alle comunità locali. Non pongono l'accento sull'individuo o sullo Stato, ma sul vasto spazio civile che li separa. In questa sorprendente riconsiderazione del suo intento originario, la giustizia sociale rappresenta una virtù immensamente potente per coltivare la responsabilità personale e costruire le comunità umane che possono contrastare la diffusa resa a uno Stato in continua crescita. Prefazione di Flavio Felice.
Per quasi cinque secoli si sono accumulate scoperte scientifiche che hanno suggerito che fosse possibile spiegare l'Universo senza la necessità di un Dio creatore. Inaspettatamente, il pendolo della scienza ha oscillato nella direzione opposta. Dopo aver definito cosa sia una prova nella scienza e le implicazioni delle due tesi opposte dell'esistenza o meno di un Dio creatore, il libro affronta le scoperte scientifiche degli ultimi 150 anni, che hanno portato a una vera rivoluzione concettuale. Solo 100 anni fa tutti gli scienziati pensavano che l'Universo fosse eterno e stabile, mentre oggi sappiamo che ha avuto un inizio, avrà una fine, è in espansione e proviene da un Big Bang. Questo punto solleva la questione di un Dio creatore. La scoperta della regolazione fine dell'Universo, che rende possibile l'esistenza degli atomi, delle stelle e della vita complessa, è un secondo punto chiave che solleva anche la questione della sua origine. In un linguaggio accessibile a tutti, gli autori offrono un'affascinante panoramica delle prove scientifiche dell'esistenza di Dio. Vengono così portate alla luce evidenze razionali convergenti, in campi indipendenti, che gettano una luce nuova sulla questione, forse, decisiva. Con i commenti finali di Vincenzo Balzani, Noemi Di Segni, Roberto Giovanni Timossi, John C. Lennox, Andrew Briggs, Denis Alexander, Luc Jaeger, Cardinale Robert Sarah, e Monsignor André Léonard.
Nel mondo occidentale le immagini dipinte o scolpite sono state per lungo tempo considerate «incarnazioni» del Divino, e hanno trovato in questa loro natura duplice, celeste e terrena insieme, la propria giustificazione. Nel divenire uomo, Cristo stesso si è fatto «figura» fondando per i Padri della Chiesa la legittimità dell'immagine. Le immagini di culto hanno dunque potuto acquistare nei millenni dimensioni affettive e liturgiche: esse sostengono, accolgono, ravvivano il vincolo che tiene insieme una comunità, così nel cristianesimo occidentale sino alla Riforma e nel cristianesimo ortodosso. Questo libro indaga e interroga i teologi della prima età moderna - Erasmo o Calvino - ma anche scrittori e filosofi - Dostoevskij e Florenskij, Heidegger, Simone Weil, Pasolini - che hanno espresso un ragionato dissenso in rapporto alle avanguardie otto-novecentesche, rivendicando invece il fondamento metafisico o religioso dell'immagine.