È il 22 ottobre del 1983 quando Giovanni Paolo II, con rescritto personale, istituisce il Centro Televisivo Vaticano. In trent'anni di storia lo sviluppo dei media ha segnato le tappe del cammino del CTV che, accanto alla propria opera professionale di documentazione e produzione, ha saputo individuare significativi momenti di formazione, adattandosi al cambiamento del profilo tradizionale della sua audience. Il presente volume ripercorre e analizza il ruolo del CTV nell'ultimo trentennio e si avvale dei contributi di accademici, giornalisti ed esperti del settore: Giuseppe Busani, Barbara Castelli, Alessandro Di Bussolo, Ruggero Eugeni, Enrique Fuster, Aldo Grasso, padre Federico Lombardi, Fiona Mitchell, Cecilia Penati, Paolo Peverini, Roberto Romolo, Thomas Rosica, Federico Ruozzi. Da approcci diversi - e di respiro internazionale - viene ripercorso il ruolo storico del CTV tra contesto mediale, aspetti socio-culturali ed elementi di storia della Chiesa, sottolineando così il successo ma anche la grande responsabilità del Centro Televisivo Vaticano nel raccontare il Papa e le attività della Santa Sede.
‘Sempre connessi’ potrebbe essere lo slogan che descrive in modo sintetico uno dei tratti distintivi della società attuale, soprattutto per quanto riguarda le generazioni più giovani, particolarmente sensibili e aperte alle nuove modalità di stabilire relazioni e rapporti ‘in rete’. Certamente si tratta di una ‘rivoluzione tecnologica’ non-neutrale che suscita spesso reazioni radicali e di segno opposto e interroga chi ha responsabilità educative. Quali rischi e quali opportunità può comportare l’utilizzo delle nuove tecnologie rispetto alla vita delle famiglie? Come e perché è importante raccogliere la sfida che i nuovi spazi sociali online lanciano alla relazione tra genitori e figli? Attraverso la presentazione di riflessioni multidisciplinari e dei risultati emersi da ricerche condotte in ambito sociologico, pedagogico e psicologico, questo libro si pone l’obiettivo di approfondire cosa significa per la famiglia fronteggiare l’insieme dei cambiamenti tecnologici che, dall’avvento di internet, influenzano la vita quotidiana dei suoi membri. Nell’ambito di tali trasformazioni, uno sguardo specifico è rivolto al mondo dei social network, la cui ampia diffusione, soprattutto nelle giovani generazioni, interpella la specifica cura relazionale e socio-educativa propria della famiglia.
La collana «Studi interdisciplinari sulla famiglia » è lo strumento di divulgazione culturale scientifica del Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia (CASRF) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Il Centro, che opera dal 1976, si occupa di ricerca scientifica sulla famiglia e di formazione di alto livello rivolta a professionisti che lavorano con e per le famiglie. In esso si confrontano competenze pluridisciplinari attinenti principalmente gli ambiti psicologico e sociologico, con aperture alla teologia, alla demografia, all’economia, alla giurisprudenza e alla storia. Gli studiosi che fanno parte del Centro si riconoscono in una specifica prospettiva relazionale di comprensione dei fenomeni familiari che viene indicata nel settore psicologico come approccio relazionale simbolico. In tale ottica la famiglia è intesa come luogo costitutivo del legame tra generi, generazioni e stirpi. Ad essa è riconosciuto lo statuto di ‘soggetto societario’, protagonista attivo nella costruzione dell'identità personale, dell'azione educativa e delle politiche sociali.
Sono numerose in Italia le trattazioni di storia del pensiero morale e, più rare, le introduzioni di carattere sistematico all’etica, ma non si assiste spesso al tentativo – quanto mai necessario – di proporre l’etica generale avendo discusso per ogni aspetto speculativamente rilevante, come in una medioevale quaestio disputata, tutte le posizioni più significative, anche se concettualmente e temporalmente distanti fra loro. Anche in etica una posizione, per essere giustificata, deve fare criticamente i conti con le altre e rispondere alle principali obiezioni. Così accade che la risoluzione di un’aporia possa essere favorita dalla riscoperta di concezioni e soluzioni contenutisticamente e temporalmente lontane da quelle in voga. Anche se implicitamente, o talora esplicitamente, qualcuno sembra negarlo, non pare possibile in filosofia, e in particolare in etica, un progresso lineare come nelle scienze ‘dure’. Di qui l’importanza della conoscenza approfondita delle diverse tradizioni che sono state variamente riprese fino ai giorni nostri e delle teorie etiche classiche. Nella discussione intrapresa da Ricken sono in gioco le principali prospettive dell’etica contemporanea: quella di derivazione kantiana con le sue riprese, in particolare da parte di John Rawls e di Jurgen Habermas; quella di ascendenza empirista e utilitarista; quella di derivazione aristotelica e tomista. In questo senso il volume rappresenta una novità nel panorama italiano, particolarmente utile per gli studenti universitari di Filosofia morale.
Friedo Ricken (1934) è stato per lunghi anni professore di Etica presso la Hochschule für Philosophie di Monaco di Baviera. Profondo conoscitore della filosofia antica e della contemporanea etica analitica ha pubblicato numerose opere, tra cui la presente, per la prima volta tradotta in italiano, è la più nota.
Nel terzo Convegno del ciclo "Religiosità e civiltà", tema delle Settimane della Mendola, Nuova Serie, sono state indagate le varie modalità con cui il cristianesimo si è aperto alla conoscenza delle altre religioni. In particolare si è esplorato come, con varie modulazioni, i cristiani di età medievale abbiano percorso itinerari che, a partire dalla coscienza del loro essere profondo, li hanno portati a misurarsi con i messaggi delle altre religioni, utilizzando sia l'osservazione empirica, sia lo studio approfondito delle altrui tradizioni culturali, sia la traduzione e la riflessione sui testi sacri delle altre fedi religiose, con particolare riguardo al Corano. I singoli casi di studio sistematico di argomenti particolari sono anche serviti per verificare come il confronto tra gli aspetti culturali e le forme cultuali delle altre religioni non abbia portato a uno scontro di civiltà, come alcuni studiosi hanno recentemente sostenuto, bensì, allontanando ogni facile irenismo, a una effettiva difficoltà di realizzare un vero e proprio dialogo. Sono indubbiamente emersi gli influssi reciproci, sul piano del comportamento etico, e a volte sul terreno delle liturgie, ma a tratti sono stati messi a nudo gli scontri violenti, specialmente contro i pagani delle pianure dell'Est europeo, o contro gli ebrei presenti in Occidente, o contro i musulmani durante le diverse spedizioni crociate.
"Ciò che bisogna opporre alla deriva distruttiva del business non è la 'gratuità', e neppure un''etica degli affari' o un''economia del dono', ma l''economia', semplicemente l'economia, anche se deve essere un'economia all'altezza del suo stesso nome. Quest'ultima, per essere tale, è come obbligata a rispondere a un doppio imperativo: essa deve misurare e calcolare (non può mai procede a caso: necessita di una ratio), ma al tempo stesso deve anche riconoscere che il suo calcolo (la sua ratio) è destinato per delle ragioni essenziali a misurarsi con l'incalcolabile. Uno stimolante saggio filosofico che, partendo da un'analisi approfondita delle radici antropologiche dell'abitare umano, arriva a denunciare la perversione di molta 'finanza creativa' e l'ingenuità delle diverse 'etiche degli affari'."
Antonio Genovesi può essere a ragione considerato uno dei fondatori della moderna scienza economica. L'eclettico pensatore napoletano cominciò a occuparsi quasi esclusivamente di economia, etica e antropologia solo negli ultimi quindici anni della sua vita. Primo in Europa a ricoprire una cattedra di Economia (istituita a Napoli nel 1754), potè diffondere il proprio magistero non solo in Italia ma in tutto il contesto illuminista. Le "Lezioni di commercio o sia di economia civile" costituiscono il corpus del corso universitario svolto da Genovesi, ma soprattutto racchiudono la summa della sua riflessione sui temi economici. Antonio Genovesi visse nella medesima epoca di Adam Smith, ne condivise la critica del mondo feudale e la convinzione che il mercato avrebbe contribuito alla costruzione di un mondo più egualitario e più libero. Ma mentre Smith aveva una visione pessimistica dell'uomo improntata all'individualismo degli interessi (il bene comune è affidato alla "mano invisibile" del mercato), Genovesi era convinto che la persona fosse l'equilibrio di due forze: quelle dell'interesse per sé e della solidarietà sociale; il soggetto gli appariva come una realtà relazionale fatta per la reciprocità. Di qui la sua idea di mercato come "mutua assistenza", una intuizione originale che oggi sta vivendo una nuova giovinezza. Introduzione di Luigino Bruni e Stefano Zamagni.
L'uomo semplificato è l'ultima frontiera della concezione tecnico-scientifica del mondo. Oggi l'ideale di una vita senza complicazioni viene posto nella linearità dei processi e nell'economia delle operazioni tipiche della macchina. L'efficienza è la porta della felicità. Questo non è lo scenario di una fantasia letteraria o la profezia apocalittica di qualche visionario nemico del progresso. È il contesto della nostra vita, la banalità del nostro quotidiano. Pensiamo infatti a come la televisione, il computer, i tablet e gli smartphone costituiscano il paesaggio d'oggi, regolando le relazioni con gli altri e il rapporto con il mondo. Ma pensiamo anche alle procedure standardizzate e automatizzate in cui ci imbattiamo ogni volta che cerchiamo di interpellare un gestore telefonico, un ufficio amministrativo, o anche solo un bancomat o il self-service di un distributore di benzina. Il libro del filosofo francese Jean-Michel Besnier nasce proprio dall'intento di aprirci gli occhi per vedere con chiarezza a cosa rinunciamo quando accettiamo che uno standard tecnologico diventi ciò che ci caratterizza come umani. Le macchine, egli dice, rendono sì semplice la vita (e a volte la salvano, questo non va dimenticato), ma al prezzo di livellarla a colpi di algoritmi e calcoli matematici. E non si tratta di un discorso nostalgico o conservatore...
Nei quattro anni delle sue sessioni, il Concilio Vaticano II colpì l'attenzione dei media con le coreografiche cerimonie pubbliche, mentre i suoi accesi dibattiti occupavano spesso le prime pagine dei giornali. Non si trattava di un interesse superficiale: l'opinione pubblica di tutto il mondo percepiva la portata delle grandi trasformazioni in atto nella Chiesa cattolica. Per giudizio unanime, il Concilio è considerato il più importante evento religioso del XX secolo, i cui effetti e risonanze si propagarono ben oltre i confini della compagine ecclesiale. Questo di John O'Malley è il primo libro - solidamente fondato sulla documentazione ufficiale - a offrire una narrazione, scorrevole e avvincente, di che cosa accadde nel Concilio, dal momento in cui Giovanni XXIII lo annunciò il 25 gennaio 1959, fino alla conclusione l'8 dicembre 1965. I grandi temi che emergono dal racconto, sapientemente collocati nel loro contesto storico-teologico, diventano illuminanti chiavi di lettura per comprendere ciò che era in gioco nelle assise conciliari. Che cosa è successo nel Vaticano II restituisce il 'dramma' del Concilio attraverso i colori vividi dei suoi personaggi e dei loro aspri conflitti. Lasciandosi alle spalle le logore categorie di 'progressisti' e 'conservatori', O'Malley disegna una cornice interpretativa a partire dai tre grandi problemi di fondo che hanno attraversato il Vaticano II, tra loro strettamente connessi...
L'ambiguità della scuola italiana appare radicale: forma cittadini, sviluppa talenti e genera intelligenza, ma crea anche sconfitti, produce indifferenza e induce emarginazione. L'impegno necessario a liberarla dalle sue annose criticità richiama quello profuso nell'innalzamento dell'obelisco in piazza San Pietro nel 1586. Sollevato da terra per mezzo di una fabbrica imponente di argani ingegnosi, evitò il crollo grazie all'esperienza e intraprendenza dell'operaio Bresca il quale, accorto che i canapi cui era assicurato stavano cedendo, gridò nonostante il divieto di parlare durante i lavoro: "Acqua alle funi!". Fu ascoltato. I canapi bagnati ressero allo sfarzo, e l'obelisco venne posizionato al centro della piazza, dove tutt'ora si trova.
Dall'Antigone di Sofocle agli studi sul totalitarismo di Hannah Arendt, attraverso i contributi di Jacques Derrida e di Carl Schmitt, Alessandra Papa offre un interessante percorso filosofico dedicato al tema dell'inimicizia come relazione interpersonale e come 'luogo' teorico della politica e della cittadinanza. Un itinerario in cui, attraverso un dialogo e un confronto con molte voci del pensiero classico e della contemporaneità, si profila, con accenti innovativi, la questione antropologica come domanda sull'identità dell'uomo, cioè come discorso che interpella ognuno di noi in quanto artefice e preda delle dinamiche dell'ostilità, del conflitto, della guerra. Da Antigone che, per seppellire il cadavere del fratello, in nome della pietas, viola la legge della città, diventando così una nemica del potere, fino alle dinamiche della distruzione fisica del nemico che nelle logiche totalitarie istituisce il terribile segreto su cui fondare l'identità della politica, il volume ci introduce a una fenomenologia della vittima e del carnefice quale spaccato della condizione umana. Di fronte a un 'altro' che diventa segno di una minaccia reale o fittizia alla nostra identità, la vera sfida è quella di impedire che ogni forma di inimicizia degeneri in una violenza totalitaria che ci impedisca di cogliere il valore dell'umano come terreno su cui fondare un mondo comune e una polis accogliente. In fondo, in ogni nemico c'è, al contempo, un altro e noi stessi.