Il furbo che scavalca la coda, l'imbroglione di turno, il carrierista senza scrupoli sono tutte modalità con cui l'egoismo fa capolino nella nostra giornata e sembra ricordarci che l'altruismo è solo un'illusione, destinata a dissolversi nel confronto con la cruda realtà. Eppure l'altruismo è alla base della vita e la rende possibile in tutte le sue forme; mentre l'egoismo non è affatto il motore della vita, ma la sua distruzione. Quando facciamo del bene a qualcuno gratuitamente, senza calcoli o secondi fini, stiamo bene, anche se abbiamo sacrificato qualcosa di noi stessi. Ma perché essere altruisti fa stare bene? Nel libro si cerca di rispondere a questo interrogativo, mostrando la potenza del principio dell'altruismo a livello biologico, storico-sociale e psicologico; ma anche dando la parola a coloro che lo hanno criticato, spesso in maniera brillante e arguta. Se l'immagine dell'uomo "naturalmente egoista" ha avuto un successo enorme e duraturo, è perché mette in guardia da una concezione discutibile di altruismo. Contrariamente alle apparenze, l'altruismo autentico è la caratteristica che contraddistingue la persona matura, animata dal desiderio del bello e del gratuito. È la capacità di compiere qualcosa per cui valga la pena di essere vissuti.
Senza vocazione in un mondo privo di destinazione, l'uomo contemporaneo sembra abbandonato alle proprie scelte e mosso da un disincantato e moderno desiderio di Dio, relegato nell'orizzonte di una sensibilità religiosa personalistica e privata, senza implicazioni di appartenenze religiose o morali concrete. Questa cultura del provvisorio, come l'ha definita papa Francesco, genera un'evidente difficoltà a perseverare in una scelta definitiva di vita consacrata. A partire dai dati statistici sugli abbandoni dei religiosi, lo studio si propone di comprenderne i possibili motivi psico-sociologici. L'autore cerca inoltre di individuare i caratteri propri - delineati dal magistero post-conciliare - della perseveranza dei consacrati e di tracciare un percorso in grado di avviare una "teologia della perseveranza" in dialogo con la cultura di oggi. L'intento è coniugare le fondamenta della tradizione cristiana con alcuni contributi della teologia contemporanea in grado di fondare ancora una scelta che sia "per sempre".
L'ambizione che accompagna l'indagine condotta nel saggio è raccogliere il "non detto" dell'originale lettura del cristianesimo, elaborata da Michel Henry (1922-2002). Il riferimento centrale alla realtà della Vita - con le dimensioni ad essa collegate della carne, dell'affettività e dell'identità come "luogo" originario del legame tra Dio e l'uomo, interpella la teologia credente a ripensare in una luce nuova l'"essenza" stessa del cristianesimo. La sfida è quella di ricercare - con e oltre Henry - un modello di rapporto tra fede cristiana e attuazione dell'umano, coerente con la presa di coscienza fondamentale che "il popolo di Dio e l'umanità, entro la quale esso è inserito, si rendono reciproco servizio" (Gaudium et Spes, n°11). Si tratta in definitiva di contribuire a liberare l'attuale cultura europea dalle sue contraddizioni, in forza del rimando all'incessante inedito dell'evento di Gesù Cristo, in quanto capace di ispirare - nella fede del figlio - idee e pratiche più degne per l'uomo.
Il volume raccoglie gli articoli che Francesco Di Felice ha scritto per L'Osservatore Romano negli anni che vanno dal 1971 ai nostri giorni. Sono testi di vario argomento, secondo le richieste legate al momento con riflessioni che vanno dall'istituto della famiglia ai documenti conciliari, dagli approcci esegetici su alcune pagine della Bibbia ai temi di teologia della conversione, dai saggi su alcuni scritto della seconda metà del Novecento ai profili biografici di esponenti nei diversi campi della spiritualità, della storia e dell'arte. Queste pagine vogliono continuare a stimolare e a motivare l'incontro con Dio alla luce della Sua Parola raccogliendo "le fronde sparte" dei suoi scritti, come il Sommo Poeta disse (Inf. XIV 1-3).
In tutto l'arco della sua attività accademica, tra il 1963 e il 1984, Giovanni Moioli si è occupato dell'identità e del metodo della teologia spirituale. Con attenzione e intelligenza si è inserito nel dibattito che, sin dai primi decenni del Novecento, si è occupato di definire l'oggetto della disciplina, la sua natura di "vera scienza teologica" e i rapporti con le altre discipline. Moioli ha, progressivamente, fatto maturare la consapevolezza che la teologia spirituale, all'interno di una rinnovata teologia della fede, appartiene alla sintesi finale dell'intera operazione teologica, studiando, dal suo specifico punto di vista, "la fede in quanto vissuto cristiano concreto e storico". Gli undici contributi - raccolti qui per la prima volta documentano l'interessante percorso svolto dall'autore e costituiscono la base per gli ulteriori sviluppi della disciplina e per il suo inserimento, sempre più consapevole, nel quadro complessivo della riflessione teologica.
Troppe volte, nella storia della spiritualità e della predicazione, la parabola del Padre Misericordioso è stata approcciata in maniera superficiale o inutilmente moralistica. Alessandro Amapani, in questo volume, è riuscito a farne una sintesi biblicamente e teologicamente centrata, accessibile a tutti, capace di smuovere l'anima. Evidente frutto di un suo percorso personale, di una sua vita interiore, questo suo testo è un vero dono per chi vuole approcciarsi al Vangelo col desiderio di farne la bussola delle proprie scelte.
Secoli prima della "Commedia dantesca", Giovanni Scoto Eriugena, monaco, teologo, insigne traduttore e filosofo irlandese alla corte di Carlo il Calvo, produsse uno sforzo simile per esprimere "la delicata relazione tra Creatore e creatura attraverso l'impiego dell'immagine poetica". Nasce così questa raccolta di carmi intensi, complessi e spesso di non agevole interpretazione, dove incontriamo erudite interpolazioni nel tessuto linguistico latino di termini filosofici e teologici in greco. Si tratta di un'opera importante ma fino a oggi poco nota anche agli storici della letteratura medievale, proposta nell'elegante traduzione in lingua italiana, con testo originale a fronte, di Filippo Colnago, arricchita dall'indispensabile commento storico-filologico e teoretico.
La nuova immagine dell'essere umano: da centro del mondo alla integrazione cosmica, dall'arroganza del dominio sul mondo all'umiltà cosmica. Abbondano in circolazione i "profeti di sventura" che raccontano come ineluttabile e irreversibile il declino dell'umanità, angosciata e paralizzata dalle paure, dal senso di distruzione che investe tutto il pianeta, così fragile e vulnerabile, dalla disperazione che prende milioni di donne e uomini di fronte ai pericoli invincibili della povertà, della fame, dell'ignoranza, delle guerre, delle malattie endemiche. Anche nell'Occidente opulento e civilizzato incombe la paura e l'incertezza, generati da un senso di sconfitta. È come se il destino sia sfuggito di mano e non ci sia più il luogo per acciuffarlo. Così si è radicata un'inerzia che impedisce di pensare il cambio di rotta, di immaginare inediti modelli e stili di vita che rendano giusti i rapporti tra le persone e sostenibile la relazione con Madre Terra e con tutte le creature. Si preferisce, perdendo ogni fede e, quindi, ogni fiducia ritrarsi in una solitudine cosmica, unica compagna della quotidianità. Eppure, se siamo stati creati a "immagine di Dio" non è pensabile che Egli ci voglia lasciare infelici, smarriti e senza più mete. Se Egli ha scelto, nel suo unico Figlio, di condividere la nostra umanità è perché la ritiene intrisa di bellezza, di splendore: ci ha proposto di essere costruttori di un "regno altro", rispetto alla mondanità di ogni altro potere civile o religioso.
Con il sostegno della psicoanalisi freudiana, il teologo, psicoanalista e psicologo della religione Antoine Vergote appurerà che la vita spirituale del cristiano, senza essere riducibile alla dinamica propriamente psichica, è profondamente radicata in essa: l'amore-agape, nell'amore-eros; il rapporto filiale con Dio, nella problematica edipica; la malattia e la salute spirituali, nella malattia e nella salute psichiche.
Anima. Dio. Oltre. Sono le tre parole da cui prende le mosse questo viaggio alle soglie della sfera più intima dell'essere umano. Sfera indicibile, inafferrabile, eppure difficilmente negabile. Di fronte a un lutto o a un abbandono, la carne non soffre, ma qualcosa comunque "geme"; e così di fronte a una nascita, a un lieto evento, alla bellezza, qualcosa "si muove". Nondimeno, l'anima non può essere ridotta nei confini angusti della psiche, del cervello e delle sue pulsioni. C'è ben oltre, e quest'"oltre" ci sfugge. Soprattutto in Occidente, alcuni filoni di pensiero della modernità hanno manifestato una dichiarata insofferenza nei confronti del discorso sull'anima, ritenendolo una "pericolosa inclinazione". Alle soglie del terzo millennio, invece, pare sempre più esplicito un riorientamento, anche all'interno di correnti un tempo negazioniste. Questo nuovo sentire, quasi una "rivincita dell'anima", ha preso forma e nome intorno a una parola - spiritualità - sulla quale converge una rinnovata attenzione e attrazione, anche fra chi si è sempre tenuto lontano dalla teologia. Questo libro non vuol essere dunque un trattato, ma una "mappa" che invita a percorrere prospettive che - a proposito di Anima, Dio, Oltre - aiutino a ritrovare un percorso intorno ad alcune domande chiave: è possibile oggi "dire l'anima"? L'anima parla con Dio o dialoga solo con se stessa? Ha senso parlare di "cura d'anime"? E cosa si può ancora teorizzare sul rapporto fra corpo e anima?
Nel volume vengono studiati i due più grandi monumenti della genialità cattolica che sono la Summa Theologiae di San Tommaso e la Divina Commedia di Dante. La luce dei più grandi misteri della fede si riflette continuamente nei due capolavori. Come tutti sanno la fonte teologica primaria della Divina Commedia resta sempre la Summa Theologiae. Tuttavia, ciò che in San Tommaso è rigorosa esposizione dottrinale, in Dante diventa spesso alta contemplazione. Così la via veritatis diventa naturalmente via pulchritudinis, capace di esercitare un fascino straordinario che perdura fino ai nostri giorni. L'autore dichiara, tra l'altro, il suo desiderio di lavorare all'interno di questo studio ricercando anche i punti di contatto fra temi e contenuti dell'oggetto specifico della ricerca e quelli legati a problematiche tipiche dei nostri giorni. Si è prestata inoltre particolare attenzione, alla teologia di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI di cui papa Francesco ha riassunto, in una semplice frase, tutta la grandezza: "Benedetto XVI faceva teologia in ginocchio, e tutti lo sappiamo".
La fede cristiana sa parlare a tutte le età della vita, entra nella storia umana, svela il senso del passare del tempo, trasmette una speranza che attraversa la catena delle generazioni: discernere questa totalità di senso nel passaggio da un tempo all'altro della vita significa imparare a vivere l'oggi, assumere la responsabilità dell'età adulta per progettare un futuro nuovo.