Questo numero di Limes si concentra, come suggerisce il titolo, sulla presenza islamica in Europa. Un universo estremamente variegato di cui vengono analizzati casi nazionali e locali specifici, per evidenziarne caratteristiche, risorse e problematicità in una fase di profondo ripensamento del multiculturalismo e dei modelli d'integrazione e convivenza storicamente perseguiti nel Vecchio Continente. Germania, Francia, Inghilterra, Polonia e, ovviamente, Italia sono alcuni dei contesti presi in esame in questa panoramica dell'islam continentale. La prima parte - "Migrazioni, terrorismo, identità: le (non) strategie europee" - si focalizza sui metodi, più o meno vaghi, adottati dai paesi europei per affrontare un insieme di fenomeni complessi, come quelli migratorio e terroristico appunto, e le loro conseguenze strutturali. La seconda parte - "Come (non) conviviamo con i musulmani nelle città europee" - analizza invece nel dettaglio alcuni casi locali, italiani ed europei, per carpire la natura del rapporto tra comunità islamiche e realtà urbane in cui dimorano. Nella terza parte - "Strategie degli Stati musulmani e dei jihadisti" - vi è un capovolgimento di prospettiva, incentrato su alcuni esempi tra i paesi di provenienza delle comunità musulmane del continente europeo e sulle componenti più radicali dell'islam politico.
"Quando apparve in prima edizione nell'ormai lontanissimo 1961, questo libro rappresentava una pietra miliare. La critica storiografica sul Sufismo, o mistica islamica, era ancora relativamente poco sviluppata, a parte alcuni grandi autori come Louis Massignon, e soprattutto non godeva della vasta circolazione libraria di cui gode oggi. Ho letto il libro di Gardet e Anawati più volte e ancora oggi costituisce, per alcuni aspetti, un testo di riferimento utile, che dà informazioni meditate, che affronta la materia in modo non superficiale, ma direi quasi teoretico. Un testo che viene qui proposto al lettore italiano in un'edizione riveduta e aggiornata nei riferimenti bibliografici." (Dal testo introduttivo di Massimo Campanini)
Il declino politico dell'Islam rispetto all'Occidente si è verificato mantenendo l'ibridazione tra religione e politica che è stata invece abbandonata dalle altre religioni monoteistiche; e ricorrendo alla religione come antidoto a tale declino, anziché alla sua separazione dalla politica. Il risultato è il perdurante costituzionalismo confessionale dei paesi islamici, e l'impari conflittualità con l'Occidente, dall'11-9-2001 riproponendo la tramontata formula del califfato operante con un jihad come lotta sacra degradata a conflitto terroristico.
Recita loro la storia dei due figli di Adamo, in tutta verità, quando offrirono a Dio un sacrificio e quello dell'uno venne accettato e non venne accettato quello dell'altro. Costui disse: "Io ti ucciderò", e il fratello rispose: "Dio accetta solo il sacrificio di chi Lo teme, e se stenderai la mano contro di me per uccidermi io non stenderò la mano su di te per ucciderti perché ho paura di Dio, il Signore dei mondi". (Corano, 5, 27-28)
«Ciao Burgio. Stammi bene e prega Allah che ti dia la sua retta via e ci guida verso sé nella sua luce inshallah il paradiso...». È l'ultimo messaggio inviato tramite un sms da Monsef a don Claudio Burgio. Porta la data di sabato 17 gennaio 2015. Monsef, che per quasi cinque anni ha vissuto nella comunità di accoglienza per ragazzi in difficoltà Kayròs, è partito all'improvviso, insieme con Tarik. Destinazione: Siria. Sono diventati combattenti di Daesh. Monsef è il più giovane jihadista partito dall'Italia alla volta dell'autoproclamato e sedicente Stato islamico. Tra l'incredulità e la riflessione, una lunga lettera del sacerdote formatore a Monsef per entrare senza reticenze nel dramma di questa storia e, al contempo, per invitare a riflettere sul senso dell'educare e del trasmettere la fede in Dio.
"'Il personalismo musulmano', che qui si pubblica nella prima versione italiana, uscito in edizione originale francese nel 1964, è un tentativo di leggere l'Islam in chiave umanistica attraverso la categoria del personalismo, che forse l'autore sentiva consonante alla sua formazione culturale e ideologica proprio per il suo possibile implicito radicamento nella problematica religiosa. Il breve scritto è importante perché si spinge a leggere il Corano in chiave filosofica, un tentativo assai poco praticato da parte dell'intellighenzia musulmana del Novecento." (Dalla Prefazione di Massimo Campanini)
Islam e cristianesimo - pubblicato per la prima volta nel 2004, a dieci anni dalla morte dell'autore - riunisce due testi inediti. Il primo, intitolato I tre pilastri del conformismo, si compone di tre capitoli: «Siamo tutti figli di Abramo», «Il monoteismo» e «Le religioni del Libro», nei quali l'autore analizza e smonta i tre concetti. Secondo Ellul, la comune discendenza abramitica sulla quale si fonderebbe la parentela tra ebrei, cristiani e musulmani è priva di fondamento. Inoltre l'Islam nega al cristianesimo lo statuto di religione monoteista: a Gesù Cristo, incarnazione di un Dio d'amore, i musulmani contrappongono Allah, sovrano unico e inaccessibile nonché giudice implacabile delle azioni umane. L'autore, infine, nell'analizzare i testi sacri alla base delle due religioni, evidenzia alcune differenze inconciliabili: se il Corano è il libro della costrizione, della sottomissione e non offre all'uomo alcuna speranza di salvezza, la Bibbia, al contrario, contiene una promessa di libertà, e la rivelazione di un Dio che parla al credente e soffre con lui. Il secondo testo è una prefazione scritta da Ellul per il libro di Bat Ye'or «The Dhimmi. Jews and Christians under Islam», in cui è affrontato il problema della dhimmitudine, cioè la condizione degli "infedeli" nelle società islamiche. L'Islam vi è presentato come una religione che non si evolve né dal punto di vista giuridico né da quello politico, che ha stabilito uno status di inferiorità per i popoli sottomessi.
In questo libro Maometto racconta la vita di Maometto. Magdi Allam scrive un racconto sconvolgente rivolto a una maggioranza, anche di musulmani, che non sa nulla del fondatore dell'islam o ne ha un'immagine mistificata. I fatti descritti sono conformi a quanto è riportato nei testi ufficiali e, proprio perché i fatti corrispondono a quelli che sarebbero accaduti secondo Maometto, non sono da considerarsi veritieri di per sé. Non è pertanto un testo oggettivo sulla vita di Maometto, bensì la rappresentazione della vita di Maometto secondo Maometto. Ci sono fatti realmente accaduti che si sovrappongono alla visione di una realtà inverosimile, talvolta sognata e inventata, spesso manipolata spregiudicatamente per accreditare la sua superiorità sull'insieme dell'umanità quale "Messaggero di Allah". Nel suo insieme sembra di leggere un romanzo, eppure è questa la realtà in cui credono i musulmani, che sostanzia la loro fede, che ispira la loro spiritualità, che forgia la loro mente, che determina la loro azione. Di conseguenza, è questa la realtà che condiziona la vita di tutti noi, costretti a subire il terrorismo islamico dei tagliagole, di coloro che sgozzano, decapitano, massacrano e si fanno esplodere; il terrorismo del lavaggio del cervello che trasforma i musulmani in robot dell'odio. I terroristi e i predicatori islamici si sentono investiti della missione di sottomettere l'intera umanità all'islam, perché determinati a ottemperare letteralmente e integralmente a ciò che Allah prescrive nel Corano e a ciò che ha detto e fatto Maometto. Ecco perché è corretto affermare che l'islam si fonda anzitutto su Maometto, in quanto l'Allah del Corano è conseguente a Maometto. L'Allah coranico è una creatura di Maometto, non c'era prima di Maometto, non c'è laddove non si creda in Maometto, e cesserà nel momento in cui non si crederà più allo stesso Maometto che lo ha inventato.
La convivenza con i musulmani è diventata un tema centrale della vita interculturale e interreligiosa in Europa. Molti possono essere i modi per affacciarsi al complesso e variegato mondo islamico; quello che si propone in questo lavoro prende avvio da un istituto giuridico-religioso che meglio di altri sa esprimere l'essenza dell'Islam: il matrimonio islamico. Nella visione islamica tradizionale, le norme matrimoniali e sull'organizzazione della famiglia appartengono al nucleo più intimo e irrinunciabile del diritto basato sul Corano, rivelando lo stretto e intrecciato rapporto del diritto musulmano con la rivelazione coranica e la vita concreta del musulmano. Addentrandosi nell'analisi delle regole matrimoniali emerge la visione islamica della sessualità che assume contorni più definiti mano a mano che vengono affrontate le fondamentali questioni di etica sessuale. Spunti di comparazione con la disciplina matrimoniale del diritto canonico consentono di evidenziare le peculiarità del modello patrimoniale islamico e interrogarsi sulla sua più profonda natura: semplice contratto o istituzione sacra?
È ridicolo se non aberrante pensare a Dio come a Qualcuno che abbia nella Sua agenda l'obiettivo di "vincere". La Sua onnipotenza si ferma di fronte alla nostra libertà, chiamata semmai ad essere "convinta" o meglio "avvinta" in una genuina esperienza religiosa. L'interiorità di quest'ultima è palesemente secondaria o del tutto assente in quasi tutto ciò che si pretende di dire o di fare in Suo nome. Il fine non può che essere l'uomo, vale a dire un'umanità fatta di volti e di storie uniche e irripetibili al servizio della quale ogni occasione dovrebbe apparirci come una suprema grazia dataci non tanto per dimostrare che stiamo dalla parte giusta, ma da quale parte ci situiamo nell'eterno e irrisolvibile confronto fra bene e male, luce e tenebre, vita e morte.
È necessario, dunque, chiedersi se è possibile un dialogo tra Cristianesimo ed Islam? A causa dei molteplici e complessi pregiudizi su entrambi le religioni, molti ritengono che il dialogo tra Islam e Cristianesimo sia impossibile. Il dialogo tra Islam e Cristianesimo potrà essere fruttuoso nel momento in cui da entrambe le parti ci si impegnerà a smussare i pregiudizi e i fraintendimenti che rischiano di diventare assunti. Un Dio che cerca a tutti i costi di sottomettere l'uomo a sé non è Dio. Dio non ha bisogno di sentirsi grande, di essere riconosciuto a tutti i costi. Le categorie che usiamo per leggere Dio sono troppo umane e non permettono di accettare che Dio trascende l'uomo e che non usa categorie umane di pensiero. Pertanto, ciò che rende grande una religione è proprio lo spazio che l'uomo dà a Dio, perché si possa rivelare all'uomo. Una religione diventa sempre più povera, quando si pone Dio in parametri umani. Dio non può essere interpretato secondo schemi umani. Dio non può essere conosciuto se non è Lui stesso a rivelarsi. Una religione che combatte una guerra nel nome di Dio sicuramente non risponde al desiderio di Dio.
Il mondo islamico ha nei confronti del denaro un approccio etico che si regge su alcuni principi: una parte dei guadagni va devoluta in carità, non sono previsti interessi sui prestiti e gli investimenti devono essere socialmente responsabili e lontani dal rischio e dalla speculazione. Teorizzata negli anni Cinquanta, quando molti Paesi a maggioranza musulmana hanno raggiunto l'indipendenza politica dalle potenze coloniali, la finanza islamica è stata messa per la prima volta in pratica negli anni Sessanta in Egitto, Algeria, Malaysia e Dubai. Due decenni dopo, la sua crescente diffusione - che oggi registra tassi di crescita annua a doppia cifra - ha portato anche in Europa all'offerta di prodotti conformi alla sharìha. Ma in che modo la finanza islamica si inserisce nel sistema capitalistico? E in quali forme questo fenomeno incide sull'integrazione delle comunità islamiche nelle società occidentali travolte dalla speculazione finanziaria?