Sapevate che esistono tracce nell'archeologia e nei testi biblici, di una controparte femminile del Dio chiamato YHWH? Conoscete il contesto politico della transizione dal poli-teismo al monoteismo? Römer utilizza i tesori della scienza biblica per fornire una lettura intelligente dei testi che hanno contribuito a fondare la nostra civiltà e ci mette in guardia dalla tentazione di «negare il lato inspiegabile di Dio». In un momento in cui i fondamentalisti stanno estendendo la loro influenza, questo è un libro essenziale.
In Italia e in altre nazioni europee l'attività di assistenza in campo sociale, educativo e sanitario delle chiese (che qui chiamiamo con il termine del Nuovo Testamento «diaconia») si è molto sviluppata dall'Ottocento a oggi, anche in presenza di un esteso sistema di welfare pubblico. Le istituzioni diaconali protestanti e cattoliche sono diventate importanti datori di lavoro per migliaia di persone, e assistono professionalmente un numero sempre più consistenze di persone. Ciò pone alle chiese e alla teologia una serie di problemi e di responsabilità, anche etiche, dato che le porta a operare nel vasto campo delle scelte sociali e politiche.
«Da dove proviene il male e perché esiste?». Questa antica domanda non ha ancora trovato una risposta unica ed esauriente e questo vale sia per il pensiero laico sia per quello religioso. Nella stessa Bibbia il problema viene posto senza essere veramente risolto. È come se, nella buona creazione di Dio, il male si sia introdotto come elemento straniero e nemico. La pandemia da Covid 19 e la guerra in Ucraina sono «due espressioni del male che ci hanno aggrediti, come persone e come società, in modo del tutto inaspettato. È come se delle forze a noi ostili ci avessero colpiti alle spalle provenendo dall'esterno di noi, invisibili eppure distruttive e tali da coglierci impreparati non solo dal punto di vista tecnico-scientifico e organizzativo, ma anche psicologico. [...] In questi tre anni di pandemia e di lockdown ci siamo detti: "nulla sarà più come prima - usciremo migliorati da questa esperienza". Ma francamente non si vede sorgere all'orizzonte una visione veramente nuova della vita e della morte, del bene e del male. [...] Probabilmente il nostro mondo ha bisogno di più tempo per elaborare seriamente le vicende attraverso cui sta passando e per cercare soluzioni che devono necessariamente essere globali, per uscire dall'impasse in cui si trova e per uscirne veramente "migliore". Ma è chiaro che occorre fare i conti con la nostra storia, la storia che ci ha condotti fin qui. I contributi contenuti in questo libro cercano di fare il punto su questa intricata materia». (Paolo Ribet)
Attraversando sessant'anni di teologia delle donne, dall'emancipazionismo al pensiero queer, l'autrice esplora il paradosso al cuore della fede cristiana: per trovare o salvare la propria vita bisogna perderla. Il libro s'interroga sull'idea di Dio che ha generato tale paradosso per chiedersi se, in un mondo che stenta a liberarsi da molteplici forme di dominio, esso faccia parte del problema o possa esserne ancora la soluzione. "Attraverso le tre parole che compongono il titolo di questo libro, "Dio, vuoto e “genere", indico il nucleo della fede cristiana. Per diventare umano Dio si svuotò. La cosa non finisce lì, però, perché il cristianesimo insegna che l'umano, per trovare la propria vita o, in qualche caso, per diventare divino, deve fare altrettanto. Per salvarsi, dunque, bisogna perdersi ed è su questo paradosso che le teologie femministe in questo volume riflettono. Il termine tecnico per questo processo che investe sia l'umano sia Dio è kenosi ed è fondamentalmente il tema di questo volume, che non nasce dal vuoto ma ha un piccolo iter personale". (Elizabeth E. Green).
Una dozzina di donne e uomini "normali" - giovani e meno giovani, vicini alla chiesa e non, cattolici e protestanti - hanno letto il Nuovo Testamento insieme al noto studioso svizzero Ulrich Luz e hanno posto le loro domande e obiezioni critiche alle bozze del suo libro. Il risultato è un libretto originale, «testato dai lettori», che, con un linguaggio comprensibile, in-forma su Gesù, il cristianesimo primitivo e gli scritti del Nuovo Testamento un pubblico non specialistico.
In questo libro, a un tempo importante e coinvolgente, W. Eugene March, studioso di Antico Testamento, sviluppa una teologia della terra, sostenendo che, poiché il mondo appartiene a Dio, noi non "possediamo" la terra. Piuttosto, la terra è un prestito di Dio e noi abbiamo il compito di usarla in modo responsabile e giusto. March esamina poi in dettaglio il rapporto tra Israele e palestinesi, ripercorrendone la storia e l'influenza sul conflitto odierno.
Due giganti del pensiero cristiano del Novecento si confrontano in un dibattito teologico sull'interpretazione della Scrittura nella chiesa e nella società. Qual è il rapporto tra l'analisi scientifica del testo e il suo annuncio dal pulpito, tra la teologia accade-mica e la prassi della comunità cristiana? Cento anni dopo, le domande e le risposte di Barth ed Harnack manifestano un'attualità sorprendente.
I vangeli sono da secoli oggetto di studio, ma quanto sappiamo effettivamente della loro composizione originale? Attingendo alle più recenti ricerche sull'uso della memoria e agli studi sulle fonti dell'antichità, nonché esaminando i metodi e le tecniche di scrittura del i secolo, l'autore ci guida lungo un percorso che ci permette di comprendere più in profondità i meccanismi di redazione dei vangeli. «La presente opera sostiene che la memoria ha svolto un ruolo importante nella composizione dei vangeli. Gran parte di questo libro è dedicata alla spiegazione di tale affermazione e all'analisi delle sue implicazioni. La nostra ipotesi di lavoro fondamentale è che gli evangelisti facevano affidamento principalmente sul ricordo del materiale a loro disposizione. Ciò non significa negare che gli evangelisti consultassero fonti scritte, ma piuttosto affermare che, almeno nell'atto della composizione, il loro uso primario delle fonti (scritte o orali) avveniva spesso attraverso la memoria piuttosto che con il contatto visivo o uditivo, o almeno che dovremmo presumere che fosse così in assenza di prove evidenti del contrario». (Eric Eve)
I profeti di ogni tempo non guardano solo al futuro, ma raccontano ciò che deve essere ricordato, sostenuto e fatto in un dato momento. Così, i profeti forniscono un orientamento soprattutto per il presente. In questo senso, la teologia di Jürgen Moltmann è sempre stata una teologia profetica. Un discorso su Dio radicato nel presente e orientato all'azione per un fu-turo migliore: una teologia politica della speranza. La catastrofe causata dalla pandemia somiglia un po' alla valle oscura del Salmo 23. Dio non ci evita la valle della morte, ma ci accompagna nelle nostre paure, cammina con noi nell'oscurità, senza risparmiarci l'attraversamento di questa valle oscura. Dio soffre assieme a noi per le nostre paure, e tuttavia conosce la strada giusta per noi. Per questa ragione non temo alcuna sventura, perché la sua lealtà, nella mia sventura, mi accompagna. «È vicino e difficile da comprendere Dio», scrisse Hölderlin: Dio è più vicino a noi di quanto ci sia dato comprendere, e proprio per questo è così difficile da definire. Eppure, possiamo confidare nella sua vicinanza. La fiducia in Dio porta fiducia in se stessi, quando è sincera. Tutte le previsioni scientifiche sono diventate incerte, la certezza del futuro del mondo moderno è stata infranta, ora è tempo di sperare.
Attraverso le sue lettere, Paolo risponde a situazioni concrete. Interpreta in modo sempre nuovo il vangelo condiviso dalle diverse comunità perché diventi "lieta notizia" gratuita ed esigente per i diversi ascoltatori della sua parola. La ricezione e la rilettura di queste lettere così fortemente vissute, e di tradizioni paoline, sono state all'origine di comprensioni di-verse e rinnovate del messaggio cristiano. «Nelle sue lettere, Paolo propone, del credo cristiano condiviso, un'interpretazione tale che i partners del dialogo scoprano il senso della loro esistenza. Una teologia viva e creativa, che non si accontenta di attingere a un deposito di fede da trasmettere, ma che si sforza di farlo fruttificare, dando senso alle situazioni variegate della vita comunitaria, permettendo di affrontare conflitti e sfide nuove. Questo pensare in dialogo, questa tensione tra fedeltà all'origine, al vangelo trasmesso dalle prime comunità cristiane, e pertinenza nell'attualità particolare ad ogni comunità, predispongono le lettere di Paolo, e le tradizioni sull'apostolo, a essere recepite, rilette, riscoperte in modo, certo fedele all'origine, ma an-che creativo e attento a nuove situazioni e sfide nella vita del credente». (Yann Redalié)
Lungo tutta la tradizione cristiana non è mai venuta meno quella dialettica intergenerazionale che ne ha scandito sia le spinte evolutive sia i processi involutivi. Da qui nasce l'esigenza di guardare alla teologia del futuro, facendo i conti con alcune teologhe e teologi, di diverse chiese, che della stagione profondamente connotata dal Vaticano II hanno discusso le istanze e favorito la recezione. Soprattutto dopo un periodo in cui si è cercato di offuscarne la memoria. Da sempre la vita delle chiese dipende anche dalla qualità della riflessione teologica e, soprattutto, dalla sua capacità di guardare in avanti, preparando il futuro. La morte di alcuni teologi, uomini e donne, che hanno segnato la storia del pensiero nella seconda metà del Novecento e che hanno elaborato la loro teologia intrecciandola con le aspettative del preconcilio, gli entusiasmi del concilio e le fatiche del postconcilio, non può significare l'interruzione della trasmissione che, di generazione in generazione, assicura alla chiesa la sua fedeltà al vangelo e un'apertura alle ragioni del futuro. Da qui è nato questo libro in cui un buon numero di teologi e teologhe riflette su alcuni di quei protagonisti che, scomparsi di recente, si sono mostrati capaci di pensare nel loro tempo la chiesa e il mondo di domani. Postfazione di Cristina Simonelli.
Paolo nacque, visse e morì da ebreo. Non fu un apostata ma un figlio d’Israele che facendosi seguace di Gesù aderì a un movimento messianico e apocalittico di riforma all’interno del giudaismo. Senza sminuire alcuno dei suoi aspetti più originali e creativi, l’indagine restituisce il contesto ebraico della predicazione paolina incentrata non su un messaggio di esclusione ma sull’annuncio della misericordia di Dio per i peccatori. Secondo una certa tradizionale interpretazione cristiana, Paolo avrebbe presentato il battesimo e la fede in Cristo come unica ed esclusiva via di salvezza. Ma quando si rileggono gli scritti di Paolo all’interno del giudaismo del I secolo, le sorprese non mancano. Per Paolo la giustificazione offerta ai peccatori attraverso la morte del Cristo non sostituisce la Torah e la legge naturale, che restano le vie primarie di salvezza, ma a loro si aggiunge: i giusti ebrei hanno la Torah; i giusti tra le genti hanno la loro coscienza; e i peccatori, le pecore perdute della casa d’Israele e tra le nazioni che siano cadute senza speranza sotto il dominio del male, hanno il Cristo al cui perdono potersi fiduciosamente affidare.
Gabriele Bertin rilegge in chiave critica alcuni testi biblici salienti su Mosè – particolare identità maschile posta come norma per le successive, nonché emblema di un rapporto esclusivo con Dio e, al tempo stesso, mediatore con il popolo di Israele – mettendoli in dialogo con i gender, men’s e queer studies nel contesto della violenza contro le donne e degli episodi di omo-transfobia di questi nostri tempi.
La visione binaria dell’identità che traspare dai testi biblici, e che presenta un complesso di atteggiamenti attesi e propri di un uomo e non di una donna, e viceversa, è un elemento caratteristico della cultura redazionale da cui provengono e con cui anche la figura di Mosè dovrebbe fare i conti. Gabriele Bertin ne propone quindi un’analisi e una rilettura con categorie di nuova matrice, in particolare dei men’s studies, che guardano con occhio critico al concetto di maschilità, specialmente di fronte al dilagare della violenza uomo-donna e uomo-uomo e all’impoverimento che ne deriva per la costruzione dell’identità maschile.
«Intenderei porre il mio lavoro come inizio di una riflessione che porti a riconoscere la criticità, determinata sessualmente, dei testi biblici e, di conseguenza, dei tratti delle maschilità che vi sono rappresentate, come rottura di una visione monolitica e superiore della maschilità, non solo rispetto al femminile ma anche a possibili identità maschili».
Gabriele Bertin
Le pagine seguenti si propongono come un florilegio delle risposte date nei primi decenni del cristianesimo alla domanda su chi è Gesù. È un recupero del linguaggio proprio delle prime comunità che, essendo esse stesse diversificate, hanno pensato e parlato di Gesù in modi differenziati. Ci si propone di cogliere sul nascere, dal vivo, l'autentico pensiero sulla identità di quell'«ebreo morto troppo presto» (Nietzsche), espresso dai primi credenti. «Il secolare patrimonio culturale del pensiero e dell'arte dimostra che sono stati davvero molti i pensatori e gli artisti, per non dire dei santi, ad aver tratto ispirazione dalla figura e dalla vicenda di Gesù di Nazaret, «che non è improprio definire tra le più dense di pathos e di logos mai offerte dalla storia». Vale perciò la pena scandagliare i suoi lineamenti sulla base dei testi più antichi che lo riguardano e ne rivelano una stimolante pluralità di volti». (Romano Penna)
«L'ebraismo è considerato la più antica religione monoteistica. Quando parliamo di "invenzione di dio" non immaginiamo che un giorno alcuni beduini si siano riuniti in un'oasi per creare il proprio dio o che, più tardi, alcuni scribi abbiano inventato da zero YHWH come dio tutelare. Questa "invenzione" deve piuttosto essere intesa come costruzione progressiva derivata da tradizioni sedimentate i cui strati sono stati messi sottosopra dalla storia fino a far emergere una forma inedita. Quando analizziamo come si è sviluppato il discorso su quel dio e su come questi sia infine diventato il Dio unico, possiamo vedere, proprio lì, una sorta di "invenzione collettiva", sempre in reazione a precisi contesti storici e sociali». (Thomas Römer)
I saggi contenuti in questo volume – scritti da un teologo e da uno storico, dalle rispettive prospettive e in dialettica fra loro – vogliono rappresentare un aiuto ad approfondire e a “rileggere” il pensiero teologico di Lutero e le ripercussioni che questo ha avuto nei secoli successivi, nonché offrire qualche spunto e, magari, qualche “sorpresa” alla riflessione su una figura che rimane centrale nella storia, non solo della Riforma protestante.
«I due autori sono coscienti delle discussioni storiografiche in corso ma offrono consapevolmente un approccio “vecchio stile” incentrato sul pensiero di Martin Lutero. Questo innanzi tutto perché a livello storico resta innegabile che per i protagonisti del Cinquecento le questioni teologiche avevano un significato profondo, non semplice da comprendere per la nostra cultura secolarizzata: la teologia può ancora aiutare a comprendere questa storia.
Il secondo motivo è che l’analisi del pensiero di Lutero porta chi legge al confronto con un’esistenza teologica paradigmatica (vissuta nella fede cristiana), ed è soltanto in questo senso che la giustificazione per fede mantiene la sua centralità. La testimonianza di Lutero e degli altri riformatori resta una voce fraterna che merita la nostra attenzione critica».
Fulvio Ferrario, Lothar Vogel
L'identità degli abitanti del sito archeologico di Qumran, in cui furono rinvenuti i rotoli del Mar Morto, continua a interessare non solo gli studiosi ma anche il grande pubblico. La ricerca di Silvio Barbaglia, anche attraverso una rilettura originale del Documento di Damasco, sposta il baricentro delle origini della biblioteca di Qumran dalla Giudea all'Egitto, presso Eliopoli, dove sorse e si sviluppò un nuovo centro istituzionale e cultuale degli ebrei, con un proprio tempio legittimo.
«Per molti secoli, lo sguardo rivolto a persone di fede ebraica è stato improntato a pregiudizi, falsità e mezze verità, malevoli accuse. A lungo, i cristiani hanno preso le distanze dagli ebrei in modo diffamatorio, trasmesso false informazioni sull’ebraismo e spesso, per ignoranza, non sono stati consapevoli di ciò che è comune alle due tradizioni di fede. Nei trascorsi decenni di dialogo cristiano-ebraico abbiamo imparato che non possiamo parlare dell’ebraismo senza parlare al tempo stesso della fede cristiana. Una rinnovata visione dell’ebraismo deve anche mutare la presentazione che i cristiani fanno di sé, se non vogliamo continuare a descrivere la nostra identità come separazione dall’ebraismo e sua denigrazione».
Hans-Christian Knuth
Chiesa evangelica luterana unita di Germania
«A partire dagli anni Settanta del XX secolo – gli stessi in cui ebbe inizio l’impresa che ha condotto a questo libro – in Germania ci si rese conto che – come cristiani –, oltre a fare i conti con la Shoah, era necessario impugnare il tradizionale antigiudaismo. Di più, occorreva passare dall’ignoranza, o peggio ancora, dai diffusi stereotipi relativi agli ebrei, alla conoscenza e, se possibile, al dialogo, per giungere a una nuova visione, anche teologica, dell’ebraismo. Tutto ciò deve diventare patrimonio del “cristiano qualunque”, così come, per troppo tempo, pregiudizi, stereotipi e immagini distorte hanno fatto parte del bagaglio del “normale” membro di chiesa cristiana».
Daniele Garrone
In questo classico scritto, il teologo evangelico Vittorio Subilia non propone all’uomo moderno apologie confessionali o soluzioni religiose o ecclesiastiche, bensì la «ricerca critica, tormentata eppure fiduciosa, dell’essenza del messaggio cristiano», punto di riferimento per orientare diversamente la vita, esercitare una funzione valutativa rispetto a tutte le sue concezioni e trasformarlo in soggetto libero dai poteri del mondo.
«Può ancora avere senso proporre un problema confessionale in un’epoca di crisi e di trapasso, non di generazioni, ma di civiltà, in cui si avverte l’impressione diffusa che i fondamenti stessi della vita, accettati da tradizioni millenarie, vacillino? L’unica conclusione coerente che si potrebbe trarre a lume di logica è che il libro che ci accingiamo a scrivere non debba essere scritto. La questione sta esattamente in questi termini? Oppure il discorso protestante non è per caso un discorso che non ha niente a che fare con un’apologia del protestantesimo ma va al di là di tutte le incarnazioni storiche di cristianesimo, compresa quella protestante? Se questi punti interrogativi possono essere ribaltati in affermazioni, le pagine che seguono potranno avere una loro utilità, forse una loro necessità».
Vittorio Subilia
Con il progressivo assorbimento dei domini orientali nella compagine dell’impero di Ottaviano ebbe inizio una stagione di durissimi conflitti tra Roma e il popolo di Israele: gli ebrei e, successivamente, i cristiani non potranno infatti non misurarsi con un’ideologia incentrata sulla divinità dell’imperatore e sul suo potere assoluto in terra, un confronto da cui verrà alla luce quel nuovo mondo spirituale di cui vivrà il Medioevo.
In queste pagine Eric Noffke studia il modo in cui l’ideologia imperiale romana fu propagandata in Oriente, in particolare nella terra d’Israele e nella diaspora ebraica. Imperniata sulla figura e sul culto dell’imperatore, tale ideologia fu perlopiù sostenuta dalle classi dirigenti giudaiche mentre, nel popolo, suscitò la reazione di quanti affermavano la signoria di Dio.
Influenzò soprattutto la nascente teologia cristiana che, in alcune sue espressioni, divenne una vera e propria contro-ideologia con Cristo, unico vero Signore, al centro della storia umana, il che, paradossalmente, ne facilitò l’assorbimento fino a permettere a Costantino di fare del cristianesimo la religione di Stato.
«La preghiera è una pratica umana comune, ubiqua e ricorrente. È l’umano protendersi verso il Santo Mistero e la Santa Ultimità, un riconoscimento che gli esseri umani e le loro comunità sono penultimi e si pongono in dialogo con Colui che, benché appena accessibile, viene comunque invocato».
Walter Brueggemann
In tutta la Bibbia si trovano toccanti esempi ed episodi di preghiera. In questo suggestivo volume, il noto studioso Walter Brueggemann legge e illustra con competenza e profondità dodici preghiere dell’Antico Testamento legate ad Abramo, Mosè, Anna, Davide, Salomone, Giona, Geremia, Ezechia, Esdra, Neemia, Daniele e Giobbe. Aprendosi al testo biblico – che grida gioia e dolore, svela le profondità dell’esperienza umana oltre che l’amorevolezza di un Dio misericordioso che sempre ascolta – Brueggemann mostra come questi dodici antichi testi di preghiera possano rendere viva nel presente l’antica pratica umana del pregare.
Gianni Marmorini analizza la figura di Isacco – figlio lungamente desiderato e atteso da Sara e Abramo, secondo patriarca di Israele che, tuttavia, nella Bibbia non ha mai il ruolo di protagonista e appare privo di personalità propria, incongruenza che chiede di essere interrogata – caratterizzandolo come il figlio non perfetto, disabile, che porta alla luce la questione cruciale dell’accettazione del limite e dell’imperfezione.
«La presentazione di Isacco come un “neurodiverso”, figlio autistico di un padre ormai vecchio, non è una novità assoluta, ma non sono molti gli studi che tentano di renderla credibile con un’appassionata ricerca letteraria. Gianni Marmorini ha così ricercato nel testo biblico alcuni indizi che farebbero pensare alla “diversità” di Isacco. Certo, mille indizi non costituiscono una prova, ma importa poi così tanto risalire alla sicurezza storiografica degli eventi, quando si avverte che una cosa può essere profondamente vera, anche quando non si ha la certezza assoluta dell’evidenza? Isacco sono io, sei tu, siamo tutti noi, perché Isacco è una metafora del limite e del suo al di là, che assomma in sé sofferenza, paradosso e accoglienza».
Massimo Grilli
Se i racconti biblici sull'attività di Gesù sono fedeli alla realtà dei fatti, nei resoconti storici del tempo dovrebbe esservene traccia: quali prove vi sono, dunque, nei documenti non canonici o non cristiani dell'esistenza storica dell'uomo chiamato Gesù di Nazareth? Come venne visto dai contemporanei, ebrei di ogni tendenza, romani e pagani in genere? Frederick F. Bruce approfondisce la nostra conoscenza di Gesù studiandone in dettaglio le tracce nelle fonti più diverse: ebraiche, pagane, apocrife e islamiche, con particolare riferimento a Giuseppe Flavio, ai manoscritti del Mar Morto, al Vangelo di Tommaso e al Corano. Grande attenzione è inoltre dedicata ai detti di Gesù non inclusi nei Vangeli canonici e alle prove legate alle scoperte archeologiche.
Com’è possibile che le Epistole di Paolo propongano un messaggio sociale egualitario e al contempo avallino la schiavitù, la subordinazione delle donne o la condanna dell’omosessualità? Marcus J. Borg e John Dominic Crossan rispondono a questa domanda riportando alla luce l’immagine radicale – oscurata ed eclissata nei secoli – dell’apostolo.
Una tra le figure più importanti delle origini del cristianesimo e autore chiave dell’esegesi protestante, l’apostolo Paolo resta controverso per molti credenti, la sua immagine positiva e respingente a un tempo. Marcus J. Borg e John Dominic Crossan ne spiegano l’apparente contraddittorietà sulla base di accreditati studi storico-biblici, mostrando come le ultime lettere dell’apostolo furono create dalla chiesa primitiva per smorzarne l’etica egualitaria.
Oltre il «Paolo conservatore» delle epistole controverse e quello «reazionario» delle lettere riconosciute come posteriori alla sua morte, riemerge così il «Paolo radicale» dei testi autentici, addomesticato teologicamente per conformarlo alle norme della società imperiale romana.
Sono rari i filosofi che si sono interessati alla chiesa in quanto idea. In queste pagine inedite, risultanti da un incontro teologico di più giorni, Paul Ricoeur sviluppa una riflessione del tutto originale che si può considerare, a un tempo, come militante testimonianza di un periodo di passaggio e come banco di prova, come laboratorio di temi filosofici sviluppati, altrove o in seguito, in modo indipendente. Viene alla luce un aspetto del pensiero di Ricoeur troppo spesso trascurato, in cui i lettori potranno cogliere un approccio filosofico nuovo, radicale, la cui ampiezza annuncia alcune delle sue opere ulteriori, la prova di uno sforzo intellettuale innovativo, anche per lui stesso, e dell'importante ruolo che il filosofo ricoprì nella vita intellettuale della Chiesa riformata di Francia». (Dalla prefazione di Olivier Abel)
Attraverso l’analisi e il dialogo interno tra una selezione ragionata di brani poetici biblici – dalla cantica del mare tra Mosè e Miriam al canto di Debora, dalla preghiera di Anna al lamento di Davide – messi in relazione tra loro per analogia, contrasto o altri elementi, Sara Ferrari si propone di dimostrare il ruolo fondamentale della poesia nella Bibbia e restituirne il giusto valore.
Riportati in originale e in traduzione a cura dell’autrice, i brani presentati, alcuni dei quali spesso percepiti come più lontani, toccano temi che si impongono come essenziali – la celebrazione delle opere divine, la gioia e il dolore, la donna quale oggetto e soggetto di poesia, Gerusalemme come fonte di letizia e disperazione –, mostrando ai lettori tutta la loro profondità e freschezza.
Nella sua complessità, ogni essere umano è come un libro che ha bisogno di essere letto, interpretato e compreso con la stessa cura, attenzione e rispetto che gli esegeti riservano ai testi biblici. Sergio Manna ci presenta qui i principali strumenti per acquisire e affinare la capacità di leggere e comprendere quello che il pastore presbiteriano Anton T. Boisen, fondatore della pastorale clinica, chiamava «documento umano vivente».
Frutto di studi di teologia pastorale e, soprattutto, di riflessioni sulle esperienze maturate sul campo in vent’anni di pratica pastorale in ambito comunitario e clinico, il libro di Sergio Manna propone un approccio pratico ed efficace alla cura e all’assistenza umana e spirituale delle persone che soffrono, di anziani, malati, morenti, dei loro familiari e di quanti, a diverso titolo, operano in questo ambito.
Al di là delle numerose similitudini con l’approccio psicologico, cui è dedicato ampio spazio, Manna si concentra sul proprium della cosiddetta «cura d’anime» che, nell’accompagnare ciascuna persona, sana o malata, nella sua globalità, unicità e irripetibilità, nella sua situazione concreta e particolare, si pone anche all’ascolto dei bisogni spirituali e teologici del singolo.
Per Ermanno Genre, la diaconia – che nel cristianesimo primitivo indica ogni forma di azione della chiesa, l’annuncio dell’evangelo come il servizio verso i poveri – costituisce l’identikit dell’agire della chiesa nel mondo e rinvia al ministero stesso di Gesù, mettendo sempre in gioco la sua identità e credibilità.
Nel mondo protestante «diaconia» è il servizio reso al prossimo, ciò che per i cattolici è «caritas» e che, in prospettiva generale e laica, si indica con la parola «solidarietà». In queste pagine Ermanno Genre invita a riflettere sulle radici bibliche dell’agire cristiano nel mondo e sui suoi mutamenti nel corso del tempo, in particolare rispetto al cristianesimo primitivo: dal Medioevo alla Riforma fino ai movimenti religiosi del Pietismo e del Risveglio, cui si deve l’organizzazione della diaconia cristiana moderna.
Non manca un esame delle sfide e dei problemi della diaconia valdese dal dopoguerra a oggi, inclusa la dibattuta questione dell’Otto per mille, fino alle nuove prospettive della solidarietà internazionale.
Indice testuale
Prefazione
di Giovanni Comba
Abbreviazioni
Introduzione
Diaconia come identikit della chiesa
1. La Bibbia ha radici profonde
2. Diaconia e Nuovo Testamento
3. Diaconia nella storia
4. I riformatori e la diaconia
5. Il primato dell’agire diaconale
6. La difficile gestione dell’eredità
7. Le nuove prospettive
Appendice I
Nuove povertà, nuova diaconia? Le sfide della globalizzazione
Appendice II
Carta della diaconia
Bibliografia
Biografia dell'autore
Ermanno Genre
ha insegnato Teologia pratica presso la Facoltà valdese di Teologia di Roma ed è professore invitato in diverse facoltà cattoliche.
Tra le sue pubblicazioni presso Claudiana ricordiamo: Gesù ti invita a Cena. L’eucaristia è ecumenica (2007), Martin Bucer. Un domenicano riformatore (2010), Introduzione alla bioetica. Bioetica e teologia pastorale in dialogo (2013), Osea. L’adultera perdonata (2014).
In queste pagine evocative e appassionate, Carla Ricci ricerca nei testi apocrifi del Nuovo Testamento le tracce di Maria di Magdala, ritrovando una «memoria di lei», una «memoria del cuore», una Maddalena amata di Gesù e prediletta «donna di luce», proprio per questo osteggiata e cancellata dalla tradizione. La ricerca di Carla Ricci nella letteratura «dell'altrove», una letteratura di comunità dedite a conservare «memorie altre», nello specifico di Maria Maddalena, propone tre linee di trasmissione femminile, sottese ai testi, su Gesù e le donne: la memoria dei racconti della passione e risurrezione; dei dialoghi legati agli insegnamenti riservati a Miriam; e delle seguaci di Cristo. Attraverso i testi apocrifi ritrovati nei secoli scorsi si rivela una verità «altra» in cui l'Autrice scopre le tracce di una memoria di Maria Maddalena, amata «donna di luce» di Gesù, non a caso avversata e rimossa. Non manca un contributo al tentativo di ricostruire i modi, i perché e i quando della trasmissione e della cancellazione della memoria. Con il testo integrale del Vangelo di Maria e, per la prima volta in Italia, la riproduzione delle pagine del papiro del Vangelo di Maria.
A cinquecento anni dall’affissione delle 95 tesi di Lutero, il teologo Fulvio Ferrario affronta la crisi delle chiese protestanti nel mondo secolarizzato di oggi – un mondo in cui può sembrare difficile immaginarne un qualche futuro – facendone un’occasione per ripensare il fondamento della Riforma, ovvero l’annuncio di Gesù, proprio in quel difficile contesto.
«È stato detto chiaramente: la Riforma non ha alcun futuro, almeno nell’Europa che l’ha vista nascere. La crisi delle chiese protestanti sembra infatti irreversibile: emorragia di fedeli, crollo di rilevanza per l’opinione pubblica, difficoltà finanziarie. Stando a tali non disinteressati profeti di sventura, il quinto centenario dell’avvio della Riforma luterana – che cade il 31 ottobre 2017 – potrebbe dunque somigliare a un vero e proprio funerale. Questo libro intende prendere sul serio la drammatica situazione attuale, considerandola tuttavia un’occasione per ripensare la ragion d’essere della Riforma, l’annuncio di Gesù Cristo, nel contesto dell’Europa secolarizzata. Ieri come oggi, il protestantesimo è semplicemente un invito a essere cristiani nel segno della libertà e della creatività dello Spirito. Questo testo è scritto nella fiducia che la Riforma abbia un futuro, perché ce l’ha il Cristo che essa testimonia» Fulvio Ferrario.
Sopravvissuti entrambi alla Shoah, lo psichiatra Viktor E. Frankl e il teologo Pinchas Lapide si confrontano in queste pagine sul senso della vita e sulla religione: un dialogo profondo "tra chi si prodiga per favorire, a seconda dei casi, la guarigione o la salvezza dell'essere umano". Nel 1984, a Vienna, lo psichiatra e neurologo Viktor E. Frankl e il teologo Pinchas Lapide - entrambi ebrei, entrambi sopravvissuti alla Shoah - avviarono un dialogo sul senso della vita e sull'esperienza religiosa tentando di aprirsi fino in fondo alla prospettiva dell'altro. Ne nacque un intenso dialogo interdisciplinare sulla guarigione e la salvezza, tra psicoterapia e teologia, tra scienza e fede, percorsi spesso in contrasto, qui riavvicinati all'interno di un medesimo, forte, desiderio di ricerca della verità. Un dialogare prezioso sulla sofferenza e la colpa, ma anche sull'amore e il senso della vita, per comprendere i limiti del proprio sapere e aprirsi alla tolleranza.
Moglie di Abramo e madre di Isacco, Sara è una figura chiave nella Bibbia anche solo per il suo ruolo nella nascita del popolo di Israele. Per gli studiosi tradizionali, tuttavia, è spesso un personaggio insignificante, passivo, quando non una donna meschina, dura ed egoista. Tammi J. Schneider la rilegge in ottica femminista mettendola al centro della storia della Genesi.
Sociologia, psicologia e teologia del padre (e del figlio)
La "famiglia cristiana"
Che cosa hanno da dire le donne?
A partire dalla constatazione che oggi la nostra società vive una grande trasformazione in assenza, o quasi, di quella figura che è sempre servita da suo imprescindibile punto di riferimento - il padre - , la teologa femminista Elizabeth Green interroga alcuni aspetti del Dio padre, in particolare in riferimento a genere e genitorialità.
Negli ultimi anni la figura del padre è diventata oggetto di riflessione per quanti studiano i cambiamenti nel comportamento umano a livello sociale e individuale. Man mano che il padre è diventato meno presente o addirittura assente dalle nuove configurazioni famigliari, eccolo riapparire e occupare un posto centrale sullo schermo o nei libri. Ovvero, da quando il protagonismo delle donne è un fatto consolidato in Occidente, da quando le relazioni tra donne e uomini sono in uno stato fluido e sono emersi nuovi modi di vivere la famiglia, ecco tornare alla ribalta il Padre. Il problema è che ciò accade in un contesto che non si è affatto liberato dalla vecchia immagine patriarcale, tuttora riproposta anche nel cristianesimo.
Elizabeth E. Green
Con sintesi e chiarezza, Fischer ripercorre la storia della multiforme idea e rappresentazione degli angeli - messaggeri, custodi celesti, pesatori d'anime o spiriti malvagi -, dallo zoroastrismo alle attuali dottrine delle chiese passando per l'Antico e il Nuovo Testamento, l'angelologia dello Pseudo-Dionigi e la Scolastica, le Riforme e l'Illuminismo.
Letizia Tomassone delinea il suo discorso sui cambiamenti climatici attraverso il confronto con le riflessioni sulla giustizia ambientale e il ruolo dell'essere umano nella natura, le teologie ecofemministe, con la loro analisi del rapporto tra discriminazione delle donne e disprezzo dell'ambiente, le pagine della Bibbia sul posto della natura nella creazione e nella salvezza, la teologia della creazione di Calvino e le posizioni del dibattito ecumenico internazionale.
Con la ricerca che sfocia in questo libro, ho voluto dare più sistematicità al senso di interconnessione con la natura e il pianeta e fornire qualche strumento di discussione in più alle comunità cristiane che cercano di praticare una fede che faccia la differenza nella sostenibilità sociale, sul piano della giustizia, dell'ambiente e delle relazioni tra uomini e donne.
Letizia Tomassone
Quest opera di Sergio Rostagno sul pensiero luterano - incentrata sulle convinzioni elaborate da Lutero nel periodo dell'insegnamento universitario e contenente anche un ampio commento alla Libertà del cristiano del 1520 - contribuisce a dismettere il luogo comune che vede nel Riformatore tedesco unicamente il teorico della fede senza le opere.
Matthew Fox - ex domenicano espulso dall'ordine dall'ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Joseph Ratzinger, e ora sacerdote della Chiesa episcopale americana - denuncia la mancanza di compassione, tipica della società contemporanea, come perdita di una delle capacità fondamentali dell'essere umano.
Lidia Maggi ricerca nelle Scritture, all'interno di una storia spesso coniugata al maschile, quei fili sottili che consentono di narrare con voce femminile le meraviglie di Dio e la storia della salvezza.Fanno capolino figure di donne che con la loro presenza offrono testimonianza di un Dio che sfugge alle semplificazioni religiose, che ama nascondersi dietro i dettagli e agire tramite figure ai margini.
Il libro espone i lineamenti fondamentali della fede cristiana, com'è presentata dal Credo di Nicea-Costantinopoli, accolto da tutte le chiese. Le antiche parole della tradizione cristiana costituiscono il filo conduttore che accompagna la riflessione attraverso le domande e le inquietudini della chiesa e della società del nostro tempo, in un cammino che cerca la propria guida nel Dio di Gesù. Nessuno è obbligato a intraprendere tale cammino, ma esso si offre a ciascuna e a ciascuno come lieta possibilità di accogliere la chiamata alla libertà di credere.
In questo nuovo libro Lidia Maggi continua, nel Nuovo Testamento, la ricerca di quei fili sottili che nelle Scritture consentono di narrare le grandi meraviglie di Dio con voce femminile. Qua e là, in una storia coniugata al maschile, fanno infatti capolino donne che, senza occupare la scena principale, testimoniano un Dio che sfugge alle semplificazioni e un libro, la Bibbia, che riserva continue sorprese a chi è disponibile ad aguzzare la vista.
Chi pensasse che "Il Dio queer" sia semplicemente un altro libro sulla fede cristiana e l'omosessualità sbaglierebbe: la teologia queer proposta da Marcella Althaus-Reid è molto di più e proviene da un universo concettuale e spirituale altro che non cessa di provocare e di stupire. Per l'autrice, parlare di Dio queer significa parlare di una trascendenza foriera di trasformazione, di una fonte immanente di scompaginazione rivoluzionaria, per far emergere ciò che contraddice lo status quo, e dunque anche le norme che regolano la sessualità e il potere che ne deriva.
"Semplicemente cristiano" è una lettura essenziale per chiunque voglia considerare i veri fondamenti - il cuore - della fede cristiana e la trasformazione che essa consente in ogni area della vita personale e sociale, nonché una lettura sulla rilevanza del cristianesimo per il mondo contemporaneo.
La preghiera di Karl Barth nasce da tre seminari tenuti a Neuchâtel tra il 1947 e il 1951: il grande teologo riformato vi presenta la preghiera attraverso il pensiero dei riformatori, i catechismi riformati e il Padre nostro. Per Barth, la preghiera è innanzitutto un dialogo con Dio che soccorre il credente, necessità esistenziale e grido in cui questi chiede al Signore di aiutarlo, di accompagnarlo e sostenerlo nella fede e negli sforzi per vivere in fedeltà all'evangelo. La preghiera è quindi anche adesione del cuore al cammino con il Cristo.
Come si coniuga la promessa di una vita in pienezza espressa da Gesù nel Vangelo di Giovanni - "sono venuto perché abbiate vita in abbondanza" - con la sofferenza della croce? La risposta di François Vouga e Letizia Tomassone è in questo dialogo a distanza tra due percorsi a tratti paralleli e a tratti divergenti. In un itinerario storico, la teologa Tomassone ripercorre la nascita di una perniciosa interpretazione sacrificale della morte di Gesù che implica l'idea della sottomissione alla violenza come necessaria alla salvezza. Con una lucida analisi esegetica, lo studioso Vouga mostra invece come, lungi dal supportare tale interpretazione, il Nuovo Testamento ponga al centro la gratuità del dono di sé e della salvezza, ovvero la fiducia nel Dio della vita.
"Il titolo che, dopo molte esitazioni, ho scelto per questo saggio, 'Nella città. Riflessioni di un credente', ne indica al tempo stesso il proposito e la natura. Non ho voluto scrivere un trattato sistematico e completo di teologia politica. Non ne ho né la vocazione né i mezzi. Eppure, in questi ultimi anni, per ragioni diverse, sono stato spinto a riflettere in veste di responsabile ecclesiastico, teologo e credente su questioni legate alla società, a parlarne e discuterne con amici o in gruppi di lavoro. Le riflessioni, molto spesso occasionali, sempre modeste, che qui propongo, sono all'origine di queste pagine". (André Gounelle)
La filosofia si è occupata in molti modi e sensi della Bibbia che, a sua volta, l'ha influenzata, prima ancora che per i suoi contenuti, per la sua stessa struttura di testo e libro. Un rapporto non ovvio, quello tra Bibbia e filosofia, data la pretesa autoritativa avanzata dalla prima e, viceversa, la strutturale autonomia del filosofare. Attraverso alcuni tra i più significativi esempi di confronto filosofico con il Grande Codice - da Spinoza e Kant ai contemporanei, dalla tradizione ebraica a quella marxista -, il volume intende interrogarsi sulla qualità del rapporto dialettico intercorrente tra la apparente fissità dello scritto e la libertà del pensiero, in particolare rispetto all'oggi.
Per Walter Brueggemann lo scalmo - la pace - è "la sostanza della visione biblica di una sola comunità che abbraccia tutto il creato" e si riferisce "a tutte quelle risorse e a tutti quei fattori che rendono gioiosa ed efficace l'armonia comunitaria".
Analizzando i principali riferimenti biblici - dalla Genesi agli insegnamenti di Gesù -, Brueggemann mette quindi in luce una vera e propria teologia biblica della pace, intesa come dono divino ,ma anche come compito, sottolineandone la straordinaria rilevanza per la ricerca di giustizia nel mondo odierno