Di destra o di sinistra? Rivoluzionaria o reazionaria? Operaista o teorica delle radici? Femminista sans le dire o antimoderna? Impegnata o mistica? Difficile capire qual è la vera Simone Weil. La sua vita breve e intensa rischia di oscurare l'originalità della sua riflessione politica: il lavoro, la libertà, la critica dei totalitarismi e del collettivo sono i suoi temi costanti. Il pensiero di Weil si ispira a Trockij, riprende le idee di Proudhon, Sorel, Péguy, ma la sintesi a cui dà luogo è unica. Michela Nacci ci guida attraverso la vita di questa intellettuale senza mezze misure e ne ricostruisce l'ideologia sociale e politica.
I contributi più significativi della tradizione ebraica su Gesù nel periodo medievale si trovano soprattutto nella letteratura polemica ebraica anticristiana. La sua figura viene essenzialmente delineata attraverso le riflessioni su due questioni chiave: il suo rapporto con la legge mosaica e la sua divinità. Nel volume, le immagini di Gesù che si possono rintracciare in questa produzione letteraria emergono da passi selezionati di sette testi riprodotti in ebraico con relativa traduzione italiana, che coprono diverse aree geografiche e attraversano un arco cronologico che va dal XII al XIV secolo. Gli autori della letteratura polemica ebraica anticristiana, pur focalizzandosi innanzitutto sull'aspetto polemico e apologetico, si sono inevitabilmente confrontati con tematiche di natura storica. Il loro interesse per la figura di Gesù si inserisce spesso in un contesto più ampio di difesa del giudaismo dagli attacchi conversionistici. Tuttavia, è innegabile che alcune delle questioni da loro sollevate coincidano talvolta con quelle ancora dibattute dagli storici contemporanei riguardo alla figura storica di Gesù.
La necessità di insegnare ai credenti dell'islam "come fare che cosa", in tutti i campi della vita, attraversa la storia delle società islamiche dagli inizi, ma conosce oggi una fase critica senza precedenti. A fronte della quantità crescente di studi monografici, il libro propone uno sguardo d'insieme e si rivolge, oltre che agli specialisti, a chiunque sia interessato, per professione o altri motivi, a comprendere meglio l'islam. Come evidenzia nella Prefazione Caterina Bori, «nel panorama italiano non c'è ancora uno studio simile, in grado di restituire il ventaglio delle discussioni sui nodi etici, religiosi e giuridici che attraversano l'universo islamico contemporaneo». Partendo dalle premesse teologiche e giuridiche dell'atto umano, il volume procede trattando il galateo dei rapporti con Dio, gli angeli, il Corano e il Profeta. Segue l'etica familiare, sessuale, medica, economica e ambientale, il rapporto con i non musulmani, la trasmissione dell'islam ai giovani, «temi davvero rilevanti per chi, dopo aver studiato la tradizione vivente altrui, ritorna a sostare e interrogarsi sulla propria», come osserva Fabrizio Mandreoli nella Postfazione.
Dai comizi politici alle manifestazioni di piazza, dai cartelloni pubblicitari alle sfilate di moda e all'avvento di nuove tecnologie, l'uso di riferimenti religiosi ha acquistato negli ultimi anni visibilità sulla scena pubblica facendo scalpore e accendendo talvolta anche vivaci polemiche. Le ragioni di questa rinnovata visibilità sono da cercare anzitutto nel riconoscimento dell'importanza della dimensione simbolica nella costruzione della realtà. Ciò porta una molteplicità di attori sociali, collettivi e individuali, a fare pubblicamente uso di segni e immagini attinenti al mondo delle religioni al di fuori dei loro contesti originari. Il volume, in cui si intrecciano analisi condotte a livello internazionale, documenta questa tesi generale attribuendo ai mezzi di comunicazione un ruolo propulsore di tali processi. Senza dimenticare che anche le religioni tentano dal canto loro di percorrere, con qualche rischio, vie finora inedite.
Il primo docu-libro che attraverso le parole dello stesso Gigi Proietti racconta la sua visione del teatro, della recitazione, dell'arte scenica e di tante altre amenità di cui è composta la sensibilità di un artista. Un libro leggero, divertente e divertito, come il suo protagonista, che, con l'ironia, l'aneddoto comico e la risata, ha saputo insegnare a decine e decine di futuri attori e attrici come dire una battuta, come far arrivare al pubblico un pensiero, come rendere chiaro un sentimento o efficace una pausa e soprattutto l'amore per la conoscenza: "Senza conoscere non vai da nessuna parte, giovano'!". Grazie anche alla voce di tanti colleghi e amici, che hanno voluto condividere i propri ricordi del grande maestro con chi non ha avuto la fortuna di conoscerlo, il volume offre una testimonianza della sua vocazione per l'insegnamento di un mestiere bellissimo, pieno di gioie e soddisfazioni, ma anche traboccante di sudore, frustrazioni e lacrime; un mestiere che, come ripeteva spesso, "Non te l'ha comandato il medico!".
Il volume nell'intento di aiutare a comprendere meglio la complessità contemporanea rilegge le vicende dell'ultimo scorcio del Novecento, partendo dall'elezione di Bill Clinton a presidente degli Stati Uniti. Quando il leader democratico fa il suo ingresso alla Casa Bianca, l'America è un paese in attesa, pronto a voltare pagina: si è chiusa l'epoca del confronto bipolare con Mosca, la Storia ha dato ragione all'unica superpotenza rimasta. Gli effetti della "rottura" geopolitica del biennio 1989-91, però, non tardano a palesarsi, mandando in frantumi le aspettative di quanti si erano illusi che la fine della Guerra fredda avrebbe aperto il varco alla coesistenza pacifica fra gli Stati. L'inatteso disordine globale impone la necessità di definire una nuova architettura di sicurezza per fronteggiare le crisi del terzo millennio: estendere il perimetro atlantico a est diventa dunque un imperativo strategico che non prevede cedimenti, e che consegue il risultato voluto senza mettere a rischio il rapporto di cooperazione con la Russia di Boris Elcin, almeno nell'immediato. Fino all'ascesa di Vladimir Putin e alla spirale di violenza che avvolge questo tempo difficile.
Il volume propone una riflessione sul rapporto tra la guerra e la politica, dal momento che mai una guerra è nata per caso o per follia ma sempre come l'esasperazione parossistica di una concezione della politica, e il suo scoppio è la prova di un fallimento dei rapporti tra gli Stati. La guerra è politica, ma la politica non è soltanto guerra. Guardando alla storia, sia remota sia recente, si noterà che, pur cambiando le strategie militari, le dottrine diplomatiche, le istituzioni internazionali, le pubbliche opinioni e i valori, le guerre restano sempre uguali, nella ripetitiva e inutile banalità del combattere e uccidere, dove distruzione e rovine non distinguono vincitori da vinti. L'autore ne conclude che, tra gli straordinari progressi conseguiti dall'umanità nella sua storia, finora è mancato quello di abolire la guerra.
In concomitanza con le numerose crisi degli ultimi anni, gli appelli alla "solidarietà" nella sfera pubblica si sono moltiplicati e il valore dell'aiuto reciproco e della condivisione di risorse e rischi è stato ampiamente riscoperto e riattualizzato, anche con relativo successo. Eppure, l'idea di solidarietà risulta ancora ostaggio di una cattiva retorica che rende il suo richiamo innocuo e generico. Sorta nel lessico giuridico latino, sostituto moderno degli antichi legami di fraternità ed erede della Rivoluzione francese e di quella industriale, essa è sin dall'inizio concepita come risposta concreta - fondata essenzialmente sul riconoscimento di un'interdipendenza - a contraddizioni e palesi ingiustizie, così come ai problemi di integrazione sociale. Il libro ripercorre le principali tappe storico-filosofiche di un concetto in parte sottostimato e dimenticato dalla più ampia riflessione sulla giustizia, contribuendo a riscoprirne i caratteri più distintivi (primi fra tutti: reciprocità e orizzontalità) e la sua importanza decisiva sul piano politico e morale. Il testo si misura anche con le sfide e i problemi che riguardano la solidarietà europea e le prospettive di mutuo supporto su scala globale.
Nel luglio del 1323 papa Giovanni XXII canonizza Tommaso d'Aquino in una solenne cerimonia ad Avignone; ma il teologo domenicano era stato già "beatificato" alcuni anni prima nei versi del Paradiso di Dante. Nel suo viaggio ultraterreno, infatti, il poeta aveva incontrato l'anima di Tommaso mentre ascendeva fra i cieli del terzo regno. Nei canti del Cielo del Sole, dove si trovano le anime degli spiriti sapienti, egli intrattiene con l'Aquinate una lunga conversazione che acquista una valenza dottrinale e si fa indagine speculativa su un tema centrale nella sua riflessione: la nozione di sapienza. Il Tommaso d'Aquino che si trova nel Paradiso è così una figura complessa, frutto non solo della costruzione letteraria ma anche della pratica filosofica dantesca e si inquadra nell'articolata storia della ricezione dell'eredità intellettuale dell'Aquinate. Il volume indaga il modo in cui Dante Alighieri, nella sua opera, "incontra" Tommaso d'Aquino, delineando il contesto filosofico e teologico di un dialogo che nell'economia della Commedia e dei suoi contenuti assume anche un valore politico. Perché la discussione sulla sapienza, che attraversa i canti 10-13 del Paradiso, investe anche l'ideale del "re sapiente" impersonato da Salomone e prende i tratti di un'acuta e durissima critica dell'ideologia politica della corte del re di Napoli Roberto d'Angiò.
Riscoperta come uno dei fondamenti della felicità, la gentilezza è una competenza necessaria nella vita e nel lavoro. Come agire per metterla in pratica dal punto di vista linguistico? Quali sono gli scrittori del passato a cui ispirarsi? E che cosa consigliano i maestri della comunicazione di oggi? Il libro risponde a queste e molte altre domande affrontando un avvincente viaggio che parte dai classici della letteratura italiana e si conclude con un agile galateo digitale, capace di declinare i linguaggi della gentilezza nelle nostre interazioni quotidiane tra chat, e-mail e social media. Il testo è arricchito dai punti di vista di noti giornalisti, scrittori, linguisti e top manager: Corrado Augias, Marino Bartoletti, Patrizia Bertini Malgarini, Paolo Di Paolo, Guido Stratta.
Che cosa serve per insegnare ai bambini e alle bambine? Quella dei maestri e delle maestre è una vocazione o una professione? La loro bravura è una questione di pedagogia o di cultura generale e preparazione disciplinare? Dalla patente per insegnare e dalle scuole normali ottocentesche, passando per l'istituto magistrale di epoca fascista e repubblicana, in Italia si è giunti alla laurea per maestri e maestre solo venticinque anni fa. I corsi universitari in Scienze della formazione primaria sono stati un riconoscimento tardivo di una categoria che si è costruita da sé una preparazione superiore a quella che gran parte della società si aspettava. Le università si sono trovate a rispondere a una nuova domanda di formazione e di istituzionalizzazione di saperi altri: un'occasione, ma anche una grande responsabilità. Il libro ripercorre la storia dell'istruzione normale e magistrale nell'Italia unita e si sofferma sui suoi sviluppi più recenti e meno studiati, con un'attenzione ai diversi mondi cui gli insegnanti appartengono. Attingendo a fonti ulteriori rispetto a quelle loro prescritte, maestre e maestri hanno saputo anche coltivare modi esigenti di stare accanto ai bambini. Ma non ci sono esperti che bastino: per le società contemporanee, che hanno affidato loro questo compito, un'attenzione più evoluta verso i piccoli della specie è un esercizio ancora urgente di intelligenza collettiva.
Il volume ripercorre le trasformazioni del cattolicesimo italiano dalla nascita della Repubblica ai nostri giorni: il suo transito da "senso comune" a libera opzione adottata da una sempre più ridotta minoranza; un sistema di credenze che passa dall'omogeneità alla differenziazione; i vertici della Chiesa e il laicato cattolico organizzato di fronte alle sfide poste dall'incerto credere della società plurale. Tra deposito della fede e strategie di adattamento, una religione che ha concorso a guidare le scelte strategiche del nostro paese e che pare oggi destinata alla quasi irrilevanza politica.
Nei primi secoli del medioevo Roma, dopo aver perduto il ruolo di capitale dell'antico impero mediterraneo, si trasforma nel cuore morale di una nuova realtà - l'Europa continentale uscita dalle invasioni barbariche - e recupera in forme inedite la centralità e il prestigio di una capitale. Vicende politiche, trasformazioni sociali, modi di vita, dibattiti teologici, grandi personalità di papi costituiscono l'oggetto di questo libro, che narra in modo limpido e appassionante lo svolgersi degli eventi, soffermandosi in particolare sulle straordinarie manifestazioni artistiche nelle quali si espresse lo spirito dell'epoca.
Riscoperto agli inizi del Novecento come un attore decisivo del passaggio dal Medioevo all'Età moderna, Niccolò Cusano (1401-1464) è il pensatore più importante e significativo del Quattrocento. Figura di dimensione europea e insieme spirito profondamente ecumenico, per l'originalità della sua speculazione filosofica e teologica, per le sue tesi cosmologiche, che anticipano la rivoluzione copernicana, per la sua nuova visione dell'uomo e della creatività dello spirito umano, per la sua concezione del sapere scientifico e matematico, Cusano rappresenta uno snodo cruciale nella storia della cultura europea ed è in questo senso un autore imprescindibile per comprendere la genesi dell'Età moderna. Ricostruendo, in maniera ampia e documentata, il contesto storico, politico e culturale in cui si è sviluppata la sua riflessione e muovendosi attraverso i suoi scritti, di cui presenta e discute, con grande lucidità e chiarezza, i temi filosofici più significativi, questa monografia offre un'introduzione al pensiero di Cusano.
La partecipazione politica è essenziale per la democrazia, eppure sono molti gli equivoci creati dalle retoriche "partecipazioniste" e dall'uso strumentale e ideologico di processi partecipativi depoliticizzati. In questo scenario si collocano anche gli ecosistemi comunicativi digitali, che possono favorire lo sviluppo di culture e posizioni alternative ma che, al tempo stesso, sono situati dentro fenomeni sociali ed economici che ne limitano le potenzialità. Il volume analizza la partecipazione considerando l'esistenza di un doppio binario: da una parte, le lotte e l'impegno di associazioni, movimenti, gruppi sociali più o meno organizzati come pratiche di resistenza e difesa della democrazia; dall'altra, le procedure non inclusive, che finiscono per essere funzionali solo alla razionalità neoliberista. Emergono quindi forme di partecipazione "disconnesse" dalle cittadine e dai cittadini reali, esercizi a uso della nuova tecnocrazia dei processi di partecipazione, e funzionali solo alla legittimazione popolare di decisioni già prese. L'unica possibilità di "riconnessione" proviene dalla partecipazione come eguaglianza sostanziale nel prendere parte alla vita della comunità, dove si collocano le esperienze più innovative di partecipazione creativa che trovano nell'idea di "cura" non solo una risposta tattica all'interno della crisi ma anche un'inedita modalità strategica di azione politica.
Nel 1869 fu indetta a Napoli un'assemblea di liberi pensatori in concomitanza con il Concilio Vaticano I. A quell'Anticoncilio aderirono anche 185 donne che chiedevano il riconoscimento della dignità e dei diritti femminili. Tra coloro che contrapponevano l'esigenza di libertà e di emancipazione alle rigide posizioni ecclesiastiche, ebbero un ruolo da protagoniste le sorelle Giulia ed Enrichetta Caracciolo: l'una era Gran maestra di loggia massonica e combattente garibaldina, l'altra, monaca irrequieta desiderosa di affrancamento da una religiosità opprimente. Il volume racconta queste esperienze e come le spaccature createsi durante e dopo la chiusura del Vaticano i portarono alla nascita della Chiesa veterocattolica che ha aperto oggi alle donne importanti ruoli ministeriali. Con i contributi di Angela Russo, Cristina Simonelli e Nadia Verdile.
Il libro affronta il tema dell'impresa da una prospettiva multidisciplinare. La filosofia e le scienze sociali si interrogano sul senso del lavoro imprenditoriale e sui caratteri che lo definiscono nelle società contemporanee. L'incontro tra etica, filosofia, economia e ricerca sociale origina nuove concettualizzazioni sul mondo delle imprese, delineando un orizzonte di riflessione su produzione, occupazione, mercato e azioni sociali, che apre a una prospettiva di umanesimo quale spazio relazionale e luogo di realizzazione personale. Per questa via, la crescita assume nuovi significati, in relazione alle sfide della lotta alle disuguaglianze e per la promozione di un autentico sviluppo umano.
La teologia fondamentale osserva la realtà di Dio che si rivela all'uomo e la meraviglia che l'uomo gli risponda con fede. È, dunque, una disciplina aperta, dialogica, scientifica (Dei Verbum 5). Il volume dimostra il fatto che Dio è oltre l'essere, come la luce (Gv 1,9; DV 4), e che Gesù Cristo ha iniziato a rivelarlo in un linguaggio umano che oggi si ascolta nel respiro della Chiesa, per l'opera dello Spirito Santo nei credenti. Alla teologia fondamentale del XXI secolo vengono assegnati pertanto due compiti: custodire il fondamento (Dio c'è) e renderlo comunicabile e comprensibile agli uomini e alle donne di oggi (Dio c'è se lo si testimonia). Infine, il libro propone una teologia fondamentale «sotto la Croce», quella che nasce dal centurione pagano: il primo a confessare la divinità del Crocifisso osservandone il morire (Mc 15,39), preludio alla sua risurrezione. Prefazione di ?eljko Tanji?.
Il firmamento è uno scrigno pieno di storie meravigliose. Ci narrano di stelle che nascono e che morendo inseminano lo spazio cosmico con nuovi elementi, di buchi neri giganteschi, di galassie che fuggono verso l'infinito e di pianeti lontani, gemelli della Terra, dove forse alberga una vita aliena; ma anche delle vicende degli "omini boni" che per amore della conoscenza hanno spiato il cielo carpendone i segreti, e delle macchine che nel tempo hanno sostituito l'occhio in questa esplorazione senza fine. Non mancano neppure le leggendarie interpretazioni dei fenomeni, anche i più semplici, offerte dai miti, e le memorie delle relazioni, vere o presunte, tra uomini e astri. Questo libro ne offre un piccolo campionario: racconti brevi e tra loro indipendenti, sviluppati in modo semplice e fruibili nei momenti in cui il frenetico vivere quotidiano ci concede una pausa.
In questo volume, nato da un lavoro collettivo avviato nella primavera 2020, nei momenti più difficili della cosiddetta "prima ondata" di diffusione del Covid-19, sociologi, antropologi, filosofi, geografi, linguisti, politologi e storici si interrogano sui risultati delle proprie ricerche di lungo corso alla luce di un evento che incide e continuerà a incidere in maniera determinante sugli assetti del mondo. Il libro, organizzato in tre parti, non offre né facili soluzioni né profezie di sorta, ma spunti di riflessione su un tema ineludibile dal punto di vista delle scienze sociali. Nella prima parte ci si chiede come le scienze politiche e sociali possano contribuire a illuminare le cause, le interpretazioni e le rappresentazioni dell'emergenza sanitaria. Nella seconda l'attenzione si concentra sulle conseguenze della pandemia, intese come effetti di lungo o di breve periodo, sia individuali sia sociali. Nella terza parte, infine, lo sguardo viene rivolto verso le risposte istituzionali seguite all'emergenza Covid-19, evidenziando il ruolo svolto dalle dimensioni strutturali, culturali e politiche dei contesti analizzati.
La dimensione estetica associa l'umano sentire a un "comune" che si è soliti qualificare "universale" per via di una natura percettivo-sensibile di cui tutti siamo partecipi e che l'arte trasfigura in forme. Di questo sentire ci parlano le voci diversissime eppure segretamente accordate di venti figure esemplari della cultura moderna che hanno intrecciato nei loro sguardi Occidente e Oriente e che sono qui ripartite sotto tre insegne. La prima, Sguardi da Occidente, allinea le voci di Goethe, Schlegel, Schopenhauer, Montessori, Rilke, Focillon, Lacan, Malraux, Lévi-Strauss, Dorfles, Barthes, Zolla. Sotto la seconda, Sul confine tra Occidente e Oriente, troviamo Solov'ëv e Florenskij. La terza, Sguardi da Oriente, raccoglie le interpretazioni di Tagore, Nishida Kitar?, Coomaraswamy, Kuki Sh?z?, Fung Yu-lan, François Cheng. Sono venti perle di un pensiero comparativo con due secoli di storia scelte per costituire un unico filo di riflessioni sulla bellezza, sullo svelarsi inesauribile dei suoi riflessi; perché, come dice Solov'ëv, «la bellezza non appartiene né al corpo materiale del diamante né al raggio di luce che quello rifrange ma è un prodotto d'ambedue nella loro azione reciproca».
La Costituzione italiana è la più longeva della sua "generazione" in Europa. Come la Carta del 1948 entri nel vivo della storia italiana (ed europea), al di là delle retoriche, è la questione al centro di questa ricerca. Che propone un punto di vista inedito, lo studio critico delle sette ricorrenze decennali, ad opera rispettivamente di Giuseppe Parlato, Ester Capuzzo, Francesco Soddu, Mauro Moretti, Paolo Soddu, Daniela Novarese, Giovanni Orsina. Gli anniversari e l'impatto delle celebrazioni nella fibrillante storia politica, sociale e istituzionale disegnano un percorso originale e suggestivo tra priorità, cortocircuiti, e attori - prima di tutto i partiti - posizionati in una scala multilivello. I percorsi dell'attuazione e della riforma si rincorrono e si intrecciano, in una storia molto articolata e non priva di contraddizioni, che implica in ogni caso un quadro segnato da un lato dai molteplici "vincoli" esterni di una Italia europea, dall'altro dal tema sempre vivo dell'articolazione interna di una Italia plurale. Anche attraverso la periodizzante cesura dei primi anni Novanta. La Costituzione, si conferma così, in una storia accidentata, ma lineare, ricostruita nei diversi contributi con sensibilità e tagli differenti, elemento conformativo, propulsivo e dialettico.
Il volume, proseguendo il discorso avviato in "Una sposa per Gesù", descrive usi e abusi della figura della Maddalena attraverso quasi venti secoli di storia e di leggende. Dall'irrisione dei filosofi pagani all'esaltazione liturgica nelle comunità rette da donne prete cattoliche, la sua immagine rimane segno di contraddizione anche in un mondo come il nostro. Eroina di nuovi miti, che la vedono dea e regina nel panorama sfaccettato della New Age, l'importanza spirituale della Maddalena cresce solcando il web, mentre in frange conservatrici del cristianesimo rimane ancora legata all'antico stereotipo della prostituta pentita, che nemmeno l'Illuminismo e la Riforma erano riusciti a distruggere. Eppure, complice anche un falso frammento di un vangelo inesistente, siamo pronti a credere che fosse amante e forse moglie di Gesù, o magari protagonista d'una fiaba moderna "a lieto fine" per entrambi, fuggiti insieme e morti poi, circondati dai figli e in tarda età, nell'India misteriosa.
A partire dalla pubblicazione di testi inediti di Anselmo d'Aosta e della sua cerchia, il volume porta nuova luce sulla costellazione di scritti e di autori - Lanfranco di Pavia, Guitmondo d'Aversa, Bosone del Bec, Eadmero ed Elmero di Canterbury - legati alla sua ricerca e al suo insegnamento al Bec e a Canterbury. Il saggio si addentra nel settore ancora poco esplorato della produzione filosofico-teologica del mondo monastico medievale anglo-normanno dei secoli XI e XII, proponendo un'ampia ricognizione della ricchezza dei suoi contenuti e le peculiarità della loro trasmissione e rielaborazione, che manifestano la fecondità tanto delle idee quanto del metodo teologico di Anselmo. Alla luce di questi orizzonti stimolanti e promettenti, il libro colma, pertanto, una lacuna negli studi e nella recensione critica dei testi anselmiani finora pubblicati da studiosi come André Wilmart, Franciscus Salesius Schmitt, Richard William Southern e Jean Leclercq.
Uno dei più raffinati maestri del pensiero contemporaneo, l’economista premio Nobel Amartya Sen, ha dedicato la sua attenzione, sin dalle prime opere, a ricostruire i capisaldi della disciplina economica intesa come “scienza dello statista e del legislatore”. Si tratta di un orizzonte etico prima ancora che politico che affonda le sue radici nei capolavori del padre dell’economia moderna Adam Smith: Teoria dei sentimenti morali e La ricchezza delle nazioni. In una prospettiva teorica che si richiama ai classici del pensiero politico antico e moderno – da Aristotele a John Stuart Mill, da Karl Marx a John Rawls, da Samuel Huntington a Martha Nussbaum, passando per gli indiani Ashoka, Gandhi e Tagore – prende vita la critica di Sen nei confronti dell’attuale concetto di PIL, considerato quale unico indicatore della ricchezza economica. Il libro evidenzia, infatti, come per l’economista indiano la ricchezza sia rappresentata principalmente dall’umanesimo dei valori e dall’impegno dei governi per promuovere benessere e capacità individuali, in un dialogo appassionato che può unire, anziché dividere, le tradizioni culturali del mondo di oggi.
Il rapporto tra Chiesa e mondo, politica e società ha mantenuto nel contesto plurale e cangiante dell'America Latina contemporanea un peso centrale e fondativo, da cui è impossibile prescindere, nonostante crisi e turbolenze, processi di modernizzazione e globalizzazione, per avere delle chiavi di lettura e degli strumenti interpretativi. Di qui la periodizzazione scelta per un volume che intende sondare nuovi terreni storiografici: dalla Conferenza di Puebla, in Messico, promossa dall'episcopato latino-americano nel gennaio del 1979, alla Conferenza di Aparecida, in Brasile, tenutasi nel maggio del 2007, alla presenza di Benedetto XVI e dell'allora arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio. Un trentennio chiave per la storia del mondo, dell'America Latina e della Chiesa, in gran parte coincidente con il lungo pontificato di Giovanni Paolo II (1978-2005), che ridefinì il rapporto tra Roma e il subcontinente.
In un momento di grande disorientamento politico e morale, in cui tornano in voga concetti pericolosi come quello di "razza" e i discorsi denigratori sono legittimati anche da politici di primo piano, sembra quasi che l'odio non abbia più anticorpi e freni sociali: i discorsi razzisti si diffondono come virus e passano dalla sfera virtuale, social, a quella giornalistica e mediale. Come opporsi a questo meccanismo discorsivo? Un primo passo da compiere può essere quello di uscire dalla narrazione emotiva della cronaca e, mettendo in azione le discipline umanistiche, trovare delle chiavi di lettura in grado di restituire tutta la complessità del fenomeno, così da poterlo raccontare. Il volume propone un'analisi che permette di conoscere la dimensione strutturale dei discorsi dell'odio, di mostrarne le dinamiche funzionali e gli effetti che producono, in altre parole di smascherarli. Prefazione di Marcel Danesi.
Se è vero che il cattolicesimo è uno solo, esso si è sempre distinto per la sua capacità di entrare in un rapporto simbiotico specifico con i popoli e le nazioni che storicamente lo hanno abbracciato, in primis quelle europee. Ma che ne è dei cattolicesimi nazionali nell’Europa post-secolare, dove la profezia della morte di Dio sembra ormai realizzata e ci si confronta con le conseguenze, attese e inattese, di questo stato di cose? Il libro fornisce una disamina descrittiva e comparata, con un taglio sociologico-quantitativo, della sua presenza sia nei paesi (Austria, Belgio, Francia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna) che hanno in esso la propria matrice teologica, sia in quelli (Germania, Regno Unito, Paesi Bassi e Svizzera) nei quali il cattolicesimo, seppure minoritario o alla pari con il protestantesimo, ha sempre costituito un fattore decisivo del panorama religioso e socio-culturale. Ne emerge il paradosso per cui la confessione religiosa maggiormente insidiata dalle forze storiche e dalle sintesi culturali della secolarizzazione, quella cattolica appunto, pur tra gravi criticità, si rivela tuttavia la meglio attrezzata a fronteggiare la sfida dell’epoca post-secolare: trasformare il tramonto dei valori eterni nell’inizio di una loro nuova alba.
ll volume è la prima trattazione in lingua italiana, introduttiva ma il più possibile completa e aggiornata, dell’Etica delle virtù (Virtue Ethics), una corrente dell’etica contemporanea ancora poco conosciuta e coltivata nell’Europa continentale, che pone al suo centro proprio la nozione di virtù. Nonostante questo termine non sia oggi particolarmente usato e apprezzato sul piano del linguaggio comune, l’interesse che esso ha suscitato da qualche decennio permette di presentare la Virtue Ethics come un vero e proprio filone dell’etica contemporanea con radici classiche, che si distingue da quelli deontologico e utilitarista-consequenzialista. Dopo un excursus sui principali autori riconducibili alla Virtue Ethics, il libro ne prende in esame i più rilevanti e dibattuti snodi concettuali da una prospettiva tematica o problematica, ed evidenzia i nessi tra le virtù e altre dimensioni dell’agire umano. Segue, infine, un’ampia e aggiornata bibliografia.
La personalità poliedrica di Luigi ix di Francia – re e poi santo nel 1297, poco dopo la morte – viene indagata nei dieci saggi che compongono il volume. Dalla sua partecipazione alle crociate all'atteggiamento verso gli ebrei, dai rapporti con i francescani al destino delle sue spoglie contese emerge il ruolo assunto nella storia di Francia e dell’Europa. Dell’apporto dato alla vita temporale e spirituale del suo tempo sono testimonianza l’iconografia nell'arte italiana dal Medioevo all'Ottocento e la diffusione del suo culto in Sicilia tra il xvi e il xix secolo così come, nella letteratura francese, la cronaca a carattere biografico del contemporaneo Joinville e i componimenti dedicatigli da Claudel.
La previsione sociale cattura solo raramente l'interesse dei sociologi contemporanei. Ma non è sempre stato così. I "classici" della sociologia si sono cimentati con successo nella proposta di un futuro possibile alla luce di un'analisi accurata del loro presente. Questa agile antologia tematica lo dimostra raccogliendo brani originali di Durkheim, Pareto, Simmel, Tonnies, Weber, Sorokin, Veblen e Parsons tratti dai loro scritti più conosciuti ma anche da quelli di nicchia". Oltre a permettere un contatto diretto con gli autori, il testo, che si apre con un approfondimento teorico sul senso e sui metodi della previsione sociologica, vuole offrire ai cultori dello studio della società un modello di riferimento per delineare gli scenari futuri senza aver timore di guardare al domani perché ignoto. Lo scopo è quello di evitare che la ricerca si limiti a registrare con dovizia di dettagli solo ciò che di inequivocabilmente vulnerabile è presente nel contesto contemporaneo e di permettere allo scienziato sociale di "guardare oltre" con l'attenzione di chi prova a trarre il massimo vantaggio dalle potenzialità che il futuro presenta.
Le cose che diventano pezzi da museo possono essere di gran valore o solo di uso comune, ma sono state tutte scelte per aiutarci a ricordare chi siamo. Per questo, debbono subire una trasformazione radicale, smettendo di essere utili per diventare capaci di sfidare il tempo, con i loro significati e con la loro fisicità. Il nostro rapporto con i pezzi da museo non è solo intellettuale, ma ha anche un risvolto misterioso.
L'essere umano è fragile e vulnerabile, e vive in una relazione di cura in ogni momento della sua vita. In questo senso, la cura è il grado zero della nostra umanità, la possibilità stessa di esistere. Purtuttavia, essa è stata a lungo assente dal dibattito teorico politico o considerata per lo più nella sua dimensione assistenziale, come questione privata e impolitica. Di recente, però, si è aperto un canale nella riflessione filosofica che, da punti di vista anche molto diversi, la riporta al centro dell'attenzione. Il volume si inserisce in tale nuova tendenza, assumendo il tema in tutta la sua complessità: filosofica, antropologica e sociale. Focalizzandosi sulla vulnerabilità come dato ontologico dell'umanità, e partendo dall'esperienza della guerra, il testo ricostruisce una serie di passaggi teorici della modernità e della contemporaneità politica - da Hobbes a Foucault, da Weil a Tronto passando per Carlo Gnocchi e Rosanna Benzi - fondamentali per indagare la cura intesa come caregiving - cioè il prestare cura materiale e quotidiana - come pratica universale che investe una molteplicità di dimensioni, come dato esperienziale essenziale alla vita. In particolare, analizzando l'esperienza di genitori di bambini dichiarati inguaribili, l'autrice si sofferma sulla vulnerabilità nella sua versione radicale posta in relazione al contesto ospedaliero e alla pediatria territoriale.
Il dialogo ecumenico tra le diverse confessioni cristiane vive oggi una stagione di rinnovato vigore. Questo volume, il quarto promosso dal Centro di documentazione metodista, analizza varie teorie e prassi connesse ai concetti di ecumenismo e cattolicità, indagando momenti di un arco temporale che va dalle origini cristiane al pontificato di Francesco. Il metodismo, fin dai primordi innervato da motivi ecumenici, costituisce una realtà che apporta originali spunti di ricerca e riflessione.
Che cos'è la giustizia sociale e come la si può realizzare? Esistono diseguaglianze giuste o le diseguaglianze, in quanto tali, sono ingiuste? Queste sono alcune delle domande alle quali il volume risponde, ponendo la giustizia sociale come questione centrale dell'etica pubblica e mostrandone la concreta rilevanza per il disegno delle politiche. Grazie al contributo di alcuni tra i più autorevoli studiosi in materia e a un'analisi interdisciplinare, il testo combina in modo originale riflessione teorica e disamina delle possibili implicazioni in termini di policy, analizzando il rapporto tra giustizia sociale, diseguaglianze e sviluppo, e tra giustizia sociale, merito e responsabilità individuale; interrogandosi sulla possibile estensione delle questioni di giustizia a livello globale; e mettendo in evidenza il ruolo delle politiche nella riduzione delle diseguaglianze e nella promozione della giustizia sociale. Quest'ultima viene tematizzata in tutta la sua complessità ed emerge come una questione di ineludibile importanza e attualità, soprattutto per quanto concerne la possibilità tanto della realizzazione individuale, quanto della convivenza nella sfera pubblica.
Arturo Carlo Jemolo era cattolico ma non clericale; difensore dei diritti dello Stato, nei suoi rapporti con la Chiesa cattolica, ma non anticlericale; liberale e cattolico; oppositore di talune scelte del partito radicale, ma rispettato e apprezzato dai radicali; convinto anticoncordatario, ma partecipe dei lavori per le trattative della revisione concordataria; fermo sostenitore del valore essenziale del senso dello Stato, ma impegnato nella difesa del sentimento religioso e delle garanzie delle istituzioni religiose. Fermissimi e ripetuti furono i suoi no all'intolleranza, al giurisdizionalismo, al concordato, al venir meno dei valori cristiani e i suoi sì alla separazione tra Stato e Chiesa cattolica, alla scuola pubblica, al divorzio; mai democristiano, ma neppure comunista; "bastian contrario", "piccolo borghese" e "malpensante". Più di trent'anni dopo la sua morte, tenendo conto delle tante novità che hanno caratterizzato l'evoluzione della società italiana, molti sono ancora i motivi che inducono a continuare ad ascoltare la sua voce per una valutazione dei problemi civili, politici, giuridici e religiosi dell'Italia odierna, forse ancora più tormentata di quella di allora.
Il materialista afferma che tutto è materiale o dipende da ciò che è materiale; il fisicalista che tutto è fisico o dipende da ciò che è fisico. Entrambi credono di sostenere la concezione filosofica più "amica" della scienza. Ma cosa intendono con "materiale" e "fisico"? E con "dipende"? Il materialismo e il fisicalismo sono dottrine filosofiche chiare, vere e giustificate? Questo volume vuole rispondere a tali domande esaminando soprattutto il dibattito contemporaneo nel panorama della filosofia analitica. La conclusione - di certo controversa - è che non vi sono formulazioni adeguate del materialismo e del fisicalismo.
O le persone umane esistono oppure non esistono e, se esistono, allora devono essere entità di un certo tipo: cose concrete, per esempio, oppure astratte, entità materiali o immateriali, individui oppure proprietà di individui, o magari eventi o processi o qualcosa d'altro ancora. Cosa siano le persone umane - e se esistano - è una questione da sempre al centro della ricerca filosofica. Il volume offre un'introduzione critica alle principali teorie proposte dai filosofi analitici per dare a tale questione una risposta.
Nel corso dei tempi il rapporto tra scienza e religione si è rivelato di norma conflittuale, assumendo talvolta, come nel caso del processo a Galilei, anche un carattere frontale e ad alta intensità. Secoli dopo, con la discesa in campo della biologia il conflitto si è acuito arrivando a coinvolgere anche questioni esistenziali ed eticamente sensibili come la natura dell’uomo, il libero arbitrio, la presenza e la giustificazione del dolore e del male nel mondo. La visione evoluzionistica della realtà vivente è materialista e naturalistica; non ha bisogno delle nozioni di creazione, di creatore e di peccato originale per rendere conto dell’origine ed evoluzione dell’uomo, dei fenomeni dell’adattamento e della crudeltà diffusa in natura nei rapporti tra le specie. Infine, la teoria dell’evoluzione introduce il caso, spauracchio dei teologi, come co-fattore di cambiamento. Questo libro si chiede se tra la teoria scientifica dell’evoluzione biologica e il nucleo teologico delle religioni vi sia o meno un’intrinseca, sostanziale incompatibilità. Alla domanda rispondono un indologo e studiosi delle tre religioni abramitiche che, estranei a propositi apologetici, riflettono in profondità su una questione complessa, chiarendone punti oscuri, e mettendone in risalto criticità. Pur trattando di una questione all’apparenza astratta, i saggi lasciano trasparire l’intricata venatura sociale e politica che percorre in concreto il rapporto tra evoluzione e religioni.
Le grandi trasformazioni indotte dai processi di globalizzazione - dalle migrazioni alle nuove tecniche e forme di organizzazione rese possibili dall'informatica - hanno negli ultimi anni messo in primo piano le dimensioni della comunicazione e dell'intercultura. Il confronto con la diversità culturale diviene oggi un passaggio ineludibile nelle pratiche comunicative che pervadono il tessuto concreto delle relazioni sociali e della stessa vita delle istituzioni. Allo stato attuale, operare nella sfera pubblica richiede l'adozione di una prospettiva comunicativa interculturale che, oltre a riconoscere le differenze, consenta anche la pratica della mediazione per valorizzare le molte realtà di una società sempre più plurale. Il volume presenta concetti e metodi di questo campo di studi e propone una serie di concreti casi di studio.
Entro pochi anni la quasi totalità dell'informazione prodotta nel mondo sarà digitale. In una simile prospettiva i motori di ricerca risulteranno determinanti nel processo di acquisizione e consolidamento della conoscenza umana. Imprescindibile risulta perciò la verifica delle informazioni che ogni giorno riusciamo a trovare in rete. Come è possibile valutare l'attendibilità di queste informazioni? Il volume offre una riflessione originale su questo problema, delineando un paradigma epistemologico di ispirazione euristica al quale poter ricondurre qualunque tipo di ricerca di conoscenza acquisibile sul Web; paradigma sviluppato grazie ad analisi filosofiche declinate in tre specifici ambiti d'indagine: l'epistemologia della testimonianza, la teoria delle decisioni in contesti di razionalità limitata e, infine, la ricerca storica. Il risultato si inserisce nel dibattito, ancora allo stato embrionale, sul valore epistemico delle informazioni presenti sul Web; dibattito che, specie alla luce degli scenari tecnologici emergenti, costituisce uno dei temi di più stringente attualità, sia negli ambiti più squisitamente tecnici che nel settore delle scienze umane.
Il volume offre un contributo per pensare criticamente il ruolo della rete e dei media digitali nella vita quotidiana in rapporto alle istituzioni tradizionali, in particolare alla Chiesa cattolica in Italia. I rapporti della Chiesa con i processi di modernizzazione sono stati spesso controversi e caratterizzati da un'alternanza di intuizioni e chiusure, di accettazione e cautela, tanto da rendere legittima, inizialmente, l'ipotesi di un atteggiamento di resistenza nei confronti dei mutamenti creati dalla diffusione di internet. Al contrario, il mondo ecclesiale in rete si è dimostrato una realtà estremamente e inaspettatamente ricca, con migliaia di utenti anche tra le persone e i parroci più anziani, come mostra l'importante mole di dati e informazioni raccolte sul campo di cui il volume rende conto.
Chi e come comanda a Roma? Quali sono le relazioni tra economia, società e potere politico e quali conseguenze producono sulla città? Cosa è cambiato negli ultimi venti anni e cosa è rimasto invariato? Per rispondere a queste domande il libro ricostruisce e analizza il "regime dell'Urbe". Si tratta di una coalizione consolidata in cui imprenditori e proprietà fondiaria, banche, leader politici e amministratori locali, parlamentari e attori di governo nazionali e in alcuni casi anche la criminalità organizzata svolgono ruoli complementari e intrattengono relazioni collusive. Le conseguenze sono facilmente sintetizzabili: un'economia poco globalizzata e politicamente protetta, benefici concentrati per le élite politiche ed economiche, costi diffusi per la città e i suoi abitanti. Dopo la svolta del 1993, l'avvicendarsi al Campidoglio e al governo di leader e maggioranze di centro-sinistra e centro-destra ha avuto sinora conseguenze meno rilevanti di quanto spesso si ritiene, sia sulla strategia di sviluppo della città, sia sul sistema di relazioni fra politica, mercato e società.
Fino a circa trent'anni fa il mondo filosofico americano guardava a Hegel con sospetto. Esoterico, faticoso da comprendere e irrimediabilmente metafisico, Hegel - come ha scritto Terry Pinkard - era agli occhi di quel mondo l'emblema di "come molte cose potessero andare storte in un sistema di pensiero". In tempi più recenti si è potuto tuttavia assistere a una decisa inversione di rotta: pensatori di grande calibro hanno riportato il filosofo tedesco alla ribalta infondendo nuova linfa alle sue idee e coniando strumenti concettuali volti a rileggerne i testi in chiave contemporanea. Questo libro introduce al lettore cinque dei più importanti filosofi "hegeliani" d'oltreoceano (Wilfrid Sellars, John McDowell, Robert Brandom, Robert Pippin e Terry Pinkard), fornendo una prospettiva d'insieme tanto sul loro pensiero, quanto sulle rispettive interpretazioni hegeliane. Affrontando temi come la filosofia della percezione, l'epistemologia e la filosofia dell'azione, il volume traccia un percorso storico-teoretico attraverso un ambito fondamentale della filosofia americana contemporanea e mostra in che modo Hegel sia tornato ad essere una figura cardine del panorama filosofico odierno.
L'esperienza religiosa di Francesco d'Assisi è tornata di prepotente attualità e ancor più l'ideale di povertà che egli incarna. A riscoprire nel Novecento il "potere della povertà" fu Eric Voegelin, che dedicò a Francesco alcune fra le più belle pagine della sua "History of Politicai Ideas". Tale riscoperta è al centro di questo libro, che mette a fuoco la figura di Francesco da una prospettiva radicalmente nuova. La novità interpretativa si coglie immediatamente allorché si consideri che la "imitatio Christi" e l'ideale di povertà evangelica di Francesco sono, da un lato, la premessa indispensabile per una rinascita sociale e religiosa e, dall'altro, i simboli di un credo che può talvolta subire torsioni di carattere ideologico e intramondano. Voegelin soppesa con attenzione le implicazioni del messaggio di Francesco, ne evidenzia l'eccezionalità, la portata politico-simbolica e si concentra in particolare sulla componente escatologico-apocalittica, inserendo Francesco tra quelle personalità storiche che aiutano a comprendere meglio le idee, i simboli e le ideologie del XX secolo.
"Questo libro ci mostra innanzi tutto che la 'via lunga', che è l'ermeneutica critica ricoeuriana, mantiene, nella pluralità dei percorsi, l'unità della questione etica fondamentale: il compito della filosofia, inteso come problema teoretico e pratico. La via ricoeuriana è lunga per la genesi interdisciplinare dei concetti, che il filosofo elabora ripensando il campo categoriale della psicoanalisi, della teoria dell'azione, della teoria della storia, dell'epistemologia delle scienze umane; ma è una via che persegue un compito unitario, compito che Busacchi identifica con la definizione di un 'modello procedurale filosofico', o modello di un'ermeneutica critica che integri spiegazione e comprensione. Contributo fondamentale di questo libro è ricostruire i percorsi plurali attraverso cui Ricoeur si immerge di volta in volta nelle discipline e nelle metodologie, dalla psicoanalisi, alla retorica, alla storia, con una curiosità stupefacente per la formazione di campi concettuali e argomentativi: la filosofia di Ricoeur nasce come una vera e propria polifonia discorsiva, di cui l'autore di questo libro riesce sempre a mostrare l'intenzione filosofica fortemente unitaria." (Dalla Prefazione di Silvana Borutti)
"Il tema dell'essere è, fra tutti i problemi filosofici, uno dei più importanti. San Tommaso d'Aquino è stato, fra tutti i filosofi, uno dei più grandi. L'obiettivo di questo volume è quello di mostrare che su questo tema cruciale tal filosofo di prima categoria è stato del tutto confuso" (dalla prefazione dell'autore). Uno dei maggiori pensatori anglosassoni contemporanei, Anthony Kenny, noto anche per aver rivalutato il pensiero di Tommaso d'Aquino negli ambienti della filosofia analitica contemporanea, affronta in questo libro la sua famosa concezione dell'essere. E inaspettatamente vi scopre diverse incongruenze, rilevando niente di meno di dodici diversi significati di "essere" che Tommaso confonderebbe fra loro. Il libro si rivolge a tutti gli studiosi di ontologia, sia classica che contemporanea, e, inoltre, a tutti gli ammiratori del pensiero di Tommaso, interpellati dalle critiche, sempre argomentate e documentate, del filosofo inglese.
Il secondo volume della collana di Studi e ricerche del dottorato in Scienze della Regolazione raccoglie alcuni degli interventi più significativi svolti nell'ambito dei cicli seminariali tra il 2009 e il 2013. Il libro affronta i temi della qualità della regolazione in una prospettiva multidisciplinare con specifico riferimento al rapporto tra regole e sistema socio-economico. I saggi sono stati organizzati in quattro parti, secondo un approccio top-down: da macrotematiche (la globalizzazione e la crisi economica) fino agli strumenti tipici della better regulation nel contesto regionale e locale. La prima parte è dedicata all'approfondimento sulla qualità della regolazione nello scenario globale; la seconda alla riflessione in ambito europeo e nazionale; la terza alla regolazione in specifici settori; la quarta agli strumenti metodologici delle politiche di qualità della regolazione e alle esperienze in ambito regionale e locale.
Il volume tratta del "fenomeno" del marmo a Roma e nell'Impero romano, di cui segue l'uso e i significati ideologici e di prestigio ad esso connessi attraverso una ben documentata esemplificazione di monumenti "marmorizzati", rappresentativi del potere imperiale e delle classi dirigenti. Per la comprensione di tale fenomeno vengono altresì illustrati l'organizzazione delle cave statali con i relativi sistemi di appalto ricostruiti attraverso le sigle sui blocchi, il trasporto dei marmi testimoniato dai carichi naufragati nel Mediterraneo e nel Mar Nero e, infine, i grandi depositi di Roma ai piedi dell'Aventino ("Marmorata") e di Porto, dove sono stati rinvenuti centinaia di blocchi di cava non ancora utilizzati. Fondamentale è anche la ricostruzione che qui si offre delle officine specializzate nella lavorazione dei manufatti marmorei, attive sia presso le cave, sia nelle città con economia basata sul marmo (Atene, Afrodisia), sia nelle grandi capitali imperiali presso cui si erano formate maestranze dedite alla scultura di statue, di sarcofagi, di arredi domestici e alla produzione di lastre marmoree per i rivestimenti parietali e pavimentali. Il volume è arricchito da appendici che raccolgono specifici documenti archeologici e letterari e da indici delle fonti antiche, delle iscrizioni, delle località e delle "cose" notevoli.
"Dall'esistenza a Dio" è lo spregiudicato tentativo di rispondere alla domanda più importante di tutte: esiste Dio? È possibile dimostrarlo? Fin dagli albori della speculazione filosofica, gli uomini hanno cercato di costruire argomenti che, a partire dai dati più disparati, conducessero all'esistenza di un Essere sommo. La proposta di Miller è insieme antica e nuova: antica perché si rifa esplicitamente a due giganti del pensiero quali Avicenna e Tommaso d'Aquino; nuova perché non esita a dispiegare l'arsenale della logica moderna, dell'analisi linguistica e del rigore argomentativo tipico dell'odierna filosofia analitica. Il suo punto di partenza è l'esistenza di semplici oggetti materiali, il suo approdo è una causa incausata di tutto l'universo; la sua rivoluzione filosofica è la riabilitazione dell'esistenza come una proprietà di primo livello, cioè di individui, dopo le critiche durissime di Kant, Frege, Russell e Quine. Ma anche al di là dei suoi meriti intrinseci, il lavoro di Miller può essere considerato come un altro grande frutto della lezione di metodo di Tommaso d'Aquino: cercare la verità, senza pregiudizi, considerando i problemi discussi nel nostro tempo, "per lavorare ad una soluzione in grado di fare una sintesi di tutte le intuizioni valide".
Il proliferare - nel nostro paese - di gruppi, associazioni e movimenti religiosi di matrice cattolica è interpretabile come espressione del crescente bisogno di comunità in una società sempre più relativistica e frammentata. Le aggregazioni laicali sono il volto della nuova chiesa e la religiosità di militanza costituisce una nuova forma di evangelizzazione, un nuovo modo di presentarsi della Chiesa cattolica. Per tante persone, infatti, essere parte attiva delle piccole chiese, entro cui hanno scelto di militare, diventa il modo attraverso cui sentirsi parte della Chiesa universale. In Italia il pluralismo religioso si concretizza non tanto nella competizione fra differenti religioni, quanto all'interno del cattolicesimo stesso, al punto da potersi parlare di cattolicesimi, cioè della molteplicità di maniere attraverso cui gli italiani vivono ed interpretano il loro continuare a dichiararsi cattolici. Questa dimensione plurale s'incontra anche nella componente più attiva e militante del cattolicesimo e la competizione-cooperazione fra organizzazioni interne alla Chiesa cattolica si muove all'interno di un continuum desecolarizzazione-secolarizzazione. L'incontestabile vitalità del "mondo cattolico" agisce cioè in maniera ambivalente: per un verso nel tentativo di riconquista degli spazi erosi dal processo di secolarizzazione ma, per altro verso, accogliendo al suo interno principi e metodi che tendono a secolarizzare la stessa offerta religiosa.
Crisi della democrazia; inadeguatezza dei partiti, delle rappresentanze e delle élites nella risposta alle sfide della globalizzazione; una classe media sempre più frammentata ed esposta, non solo in Italia ma anche in Europa, a derive populiste che alimentano formazioni euroscettiche e, in alcuni casi, anche xenofobe. Sembra essere questa la fotografia della realtà politica contemporanea, ma la crisi viene da lontano. Il pensatore spagnolo J. Ortega y Gasset, già agli inizi del Novecento, in un testo significativo, e che conferma tutta la sua attualità, dal titolo "Democrazia morbosa", aveva individuato le patologie dell'uomo massa e della nascente democrazia. La crisi dell'uomo medio, il degrado e la svalutazione della cultura appaiono segni distintivi della nuova democrazia post-ideologica moderna. Entro tale contesto partiti in forte crisi di rappresentanza, in alcuni casi, cercano pericolose scorciatoie in un uso strumentale del termine popolo. Il risentimento per la mancata rappresentanza delle giuste istanze dei cittadini può provocare rabbia e frustrazione con risultati potenzialmente destabilizzanti per le stesse istituzioni democratiche. Occorre perciò promuovere un'Europa solidale, con un welfare rinnovato, che renda protagonisti i cittadini e non le masse. Prefazione di Stefano Ceccanti.
Come alcune intuizioni classiche anticipano, fra senso del limite, libertà e legittimazione di comportamenti individuali e collettivi c'è un rapporto stringente. Ciò conduce a ritenere che il vero ostacolo alla realizzazione del mondo comune risiede nell'interdizione progressiva della cultura del limite dai contesti di vita. Nello scenario odierno la questione è di ampia portata e si presenta con forme contraddittorie. Processi di globalizzazione e tendenze tardomoderne da una parte vanno nella direzione dell'illimitato e dall'altra procedono a ristabilire quei confini che dichiarano di voler abbattere, attraverso canalizzazioni che alimentano vie di fuga, nuovi eccessi ma anche miopie verso il problema. In un'epoca che ha voluto circoscrivere la socialità in perimetri funzionali alla gestione della complessità sociale, l'umanità rischia infatti non solo lo smarrimento del senso del limite ma anche una deriva delle proprie capacità critiche. Partendo da queste considerazioni, il volume intende recuperare il significato sociologico del limite attraverso le interpretazioni che più esplicitamente lo hanno introdotto per cogliere gli aspetti più controversi della modernità e ancor più di alcune sue declinazioni. Può essere questa una strada per riconsegnare alla sociologia l'impiego di concetti e semantiche utili ad analizzare criticamente il mondo in cui viviamo.
Se un viaggiatore percorresse da nord a sud e da ovest ad est il nostro territorio, non scorgerebbe certamente, a prima vista, né templi sikh, né moschee, così come non saprebbe riconoscere chiese ortodosse e tanto meno mandir hindu e templi buddhisti; meno ancora avvertirebbe la presenza di chiese neopentecostali africane, latino-americane o cinesi. Aprire gli occhi sul cambiamento religioso che l'Italia conosce è l'intento di questo libro. L'arrivo e il radicamento di tante donne e uomini, con le loro famiglie e con i loro figli e figlie, da più di centottanta differenti nazioni del mondo hanno prodotto un effetto del tutto inatteso: l'Italia sta divenendo una società caratterizzata da inedita ed elevata diversità religiosa. Per leggere tale diversità, occorre dotarsi di una nuova mappa e di una bussola adeguata. Le mappe, infatti, servono per viaggiare e per imparare a conoscere e riconoscere i luoghi di culto delle nuove religioni; usandole assieme alle bussole, diventa più facile orientarsi, quando si desidera comprendere la nuova cartina delle religioni d'Italia.
Il mondo in cui nasciamo, l'ambiente in cui viviamo, lo sfondo del nostro agire. Volenti o nolenti siamo sempre inseriti in uno spazio. Uno spazio che comunica, elabora azioni, suscita passioni. E dice molto sulla società, sui soggetti che lo vivono. I luoghi parlano e raccontano la nostra cultura. Ma sono anche qualcosa di cui si parla: nei media, nel turismo, nei dibattiti cittadini, nelle pubblicità, nei film. Diretto a tutti coloro che per motivi di studio, di lavoro o di semplice curiosità sono interessati a conoscere gli strumenti e i modelli che la semiotica utilizza per analizzare luoghi, progetti, percorsi, il volume mostra attraverso esempi variegati come il senso dello spazio si costruisca nelle continue negoziazioni tra gli attori sociali, nelle relazioni tra pratiche, oggetti e soggetti, nei sommovimenti e nelle trasformazioni che ogni ambiente sperimenta. È considerando la dialettica tra spazio dato e spazio vissuto, tra luoghi che parlano e luoghi di cui si parla, tra organizzazioni significanti e corpi semoventi che si possono cogliere il significato e il valore della spazialità.
Nella lunga e complessa trama storica delle tradizioni costituzionali è determinante l'incontro con le tradizioni religiose. Se è noto il percorso che, durante duemila anni, si è sviluppato fra cristianesimo, nelle sue varie denominazioni, e costituzionalismo occidentale, sicuramente meno conosciuta, se non attraverso stereotipi che contribuiscono a renderla oscura, è la storia che si impone da quasi 1400 anni nel contesto culturale islamico. Il volume, che apre la Serie "Religioni e Costituzioni", mette in luce come in realtà i due itinerari si siano intrecciati in modo complesso, con accelerazioni e ritorni, contrasti ma anche reciproche influenze: essi si sono affermati attraverso una storia reale, primariamente ed eminentemente relazionale. Ripercorrerli, nella prospettiva di creare ponti, può portare a scoperte e a sorprendenti analogie che, superando antichi e duraturi stereotipi, possono favorire il dialogo fra queste due grandi aree geopolitiche.
L'opera del filosofo e sociologo tedesco Jürgen Habermas (n. 1929) è assai conosciuta: è stata, infatti, tradotta in molte lingue e su di essa è disponibile una vasta letteratura secondaria. Il volume intende offrire al pubblico italiano un'introduzione breve, ma relativamente completa e aggiornata, del suo pensiero. Sono oggetto di attenzione la sua teoria dell'agire comunicativo; la valutazione che Habermas ha fornito di autori classici e contemporanei; la sua tesi della razionalizzazione e colonizzazione del mondo vitale e le conseguenze di questi processi per l'agire comunicativo; la sfera pubblica come fonte di legittimazione; la ricezione, infine, della sua opera. Diversamente da altre introduzioni, si è preferito evidenziare la continuità tematica del suo pensiero, piuttosto che suggerire la presenza di fasi di sviluppo. Si sono inoltre privilegiati gli aspetti sociologici della sua riflessione, piuttosto che quelli filosofici.
Il volume raccoglie le riflessioni di studiosi di diversa formazione sulle nuove dimensioni della corporeità umana prospettate dall'avvento delle converging technobgies (nanotecnologie, bioinformatica, robotica), delle neuroscienze e della biologia sintetica. Si tratta di sviluppi tecno-scientifici in grado di rendere possibili il controllo e la modificazione della materia organica a livello delle sue componenti strutturali di base, nonché il cambiamento in profondità, da un lato, delle prestazioni fisiche e intellettuali dell'uomo e, d'altro lato, del rapporto dell'uomo con l'ambiente e le risorse naturali. Il testo affronta così gli aspetti etici e bioetici, giuridici, economici e sociali dello human enhancement (che secondo alcuni condurrà ad una dimensione "post-umana", realizzando una vera e propria rivoluzione antropologica) e propone, ma anche sollecita, una riflessione sul nuovo statuto del corpo umano. A tal fine, viene utilizzata una metodologia scientifica interdisciplinare che muove da diverse prospettive d'indagine: biologica, psicobiologica, neurofisiologica, medica, fisica, ingegneristica e bioingegneristica, filosofica, bioetica, psicologica, storica, giuridica, economica, culturale e comunicativa.
In occasione del cinquantenario della Fondazione Adriano Olivetti, il libro raccoglie una scelta degli scritti (dal 1954 al 2002) di Umberto Serafini, Presidente della Fondazione nel suo primo ventennio di attività. Spiccano la lungimiranza, la concretezza degli obiettivi, la ricchezza delle strategie politiche e delle argomentazioni dell'autore. Vengono inoltre commentati i principali eventi politici della seconda metà del secolo scorso attraverso una visione "dal basso" dei poteri locali, base fondante degli Stati nazionali e delle federazioni sovranazionali. I diversi livelli di governo della cosa pubblica (dalle autonome comunità locali "a misura d'uomo" agli Stati Uniti d'Europa e oltre, fino all'intero pianeta) sono visti nei loro reciproci condizionamenti al fine di perseguire gli interessi generali dei cittadini. L'auspicio di questa pubblicazione è di favorire - in un momento cruciale dell'integrazione europea - una maggiore conoscenza del federalismo, in particolare fra gli amministratori locali, gli esponenti politici nazionali, le giovani generazioni.
Il volume illustra la parabola teorica dell’antropologo franco-americano René Girard, uno tra i più influenti e controversi pensatori viventi, nell’ormai consueta articolazione in tre fasi: la prima è caratterizzata dalla scoperta della natura mimetica, interdividuale e rivalitaria del desiderio (da Menzogna romantica e verità romanzesca ai saggi sull’Edipo re); la seconda dall’individuazione del meccanismo vittimario come sorgente della religione e delle strutture sociali (La violenza e il sacro); la terza, infine, dall’interpretazione del messaggio giudaico-cristiano come rivelazione della violenza fondatrice, rifiuto di ogni suggestione di massa ed esortazione a reindirizzare l’imitazione verso modelli non-violenti (da Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo a oggi). La tripartizione può essere interpretata anche come un percorso che parte dalla modernità, risale ai tempi arcaici e infine ritorna all’età presente, proponendone una lettura segnata da risvolti apocalittici. Tesi fondamentale dello studio è che nel pensiero girardiano siano compresenti—in una tensione irrisolta—una filosofia deterministica ed evoluzionistica, all’opera nell’analisi delle dinamiche comportamentali individuali e collettive, e una prospettiva provvidenzialistica e finalistica, funzionale all’apologia del cristianesimo.
La figura del medico che ha parimenti conseguito la laurea rabbinica e che sovente diviene guida spirituale della sua comunità consente di avvicinare in una prospettiva nuova e originale lo studio e la pratica della medicina nel mondo ebraico. Medici rabbini hanno curato illustri figure di papi e di regnanti in un periodo in un periodo in cui i corregionali vivevano in condizioni di forte discriminazione. I saggi qui raccolti attraversano il tardo Medioevo e il Rinascimento sino a giungere a oggi. Ripetutamente si punta lo sguardo verso la città di Roma, ma il panorama si estende anche a Ferrara, Padova, Venezia e altre citò italiane, alla Francia e alla Spagna, prima e dopo l'espulsione del 1492.
Attraverso una serie di lunghe interviste condotte a un gruppo ben selezionato di illustri scienziati, il volume si apre - come un compasso - dal punto di vista dello scienziato alle province di significato proprie della spiritualità, per poi ritornare al punto di partenza e mostrare come gli scienziati costruiscano un proprio sistema di simboli sacri d'interpretazione dell'evoluzione delle conoscenze umane in ambito scientifico. La figura dello scienziato che ne emerge è quella dell'ateo-spirituale. Il libro si pone come un viaggio affascinante ed inedito nel mondo della scienza che si rivolge non solo agli studiosi ma soprattutto al grande pubblico, il quale troverà nelle "tranches de vie" ampi margini di espressione ed espressività in grado di gettare nuova luce sul rapporto storicamente complesso fra religione e scienza, in una prospettiva di rinnovato dialogo che valorizza il terreno comune piuttosto che le differenze. Conclusioni con Margherita Hack.
Vale la pena insegnare la filosofia a scuola? Sulla base di quali ragioni? Spesso si ritiene che non sia necessario rispondere a queste domande, dando per scontato che la filosofia vada insegnata agli studenti che frequentano gli ultimi tre anni dei licei. Nel momento in cui la didattica della filosofia è chiamata a rinnovarsi, viene qui proposto agli insegnanti, ai formatori e agli studenti un itinerario per ripensare la presenza della filosofia nei piani di studio secondari e, allo stesso tempo, per impostare una innovativa pratica di insegnamento.
Umberto Galimberti non è soltanto un filosofo. Bensì è anche e soprattutto un pensatore. E di razza. Questo è il motivo per cui egli è assai conosciuto in Italia e all'estero. In Italia, anzi, è attualmente il filosofo. Ciò che dice, scrive e insegna, gode, infatti, di una duplice peculiarità: aver intercettato il cambiamento epocale in atto nel mondo attuale e, quindi, averlo saputo facilmente decodificare per comunicarlo all'uomo e alla donna che lo abitano con un linguaggio comprensibile. Questo volume esce in occasione del suo 70° compleanno e raccoglie parecchi saggi scritti in suo onore. Tra gli autori vi sono filosofi, medici, psicologi, psichiatri, giornalisti e, perfino, teologi. Vi è il contributo, anche, di alcuni accademici non italiani. Questo variegato e ricco spettro di interessi sintetizza al meglio l'itinerario biografico di Umberto Galimberti, ma pure la pertinenza con la quale egli è riuscito a far interagire tra loro filosofia, fenomenologia e psicologia, intessendo, per questo, un'autentica rete scientifica internazionale che conferisce al presente volume un enorme pregio e spessore accademico in quanto eccellente sintesi della filosofia italiana dell'ultimo quarantennio. "Ritorno ad Atene" è la sintesi che meglio esprime ciò che molti hanno imparato dal professore, diventato, adesso, nostro testimone: ad Atene, infatti, si ritorna nello spazio "dove l'uomo abita nelle vicinanze di Dio", nel "metaxy" dove errano i mortali: "per sempre".
Il rapporto dell'uomo con il cibo non si limita a un'equazione tra apporto calorico e dispendio energetico, né è un argomento che si esaurisce nella sola dimensione psicopatologica dei disturbi alimentari. Partendo da questo presupposto, nella prima parte del volume viene trattato il tema del comportamento alimentare nel ciclo di vita all'interno di più dimensioni, da quelle psicofisiologiche della sensazione di fame a quelle emotive del rapporto col corpo, a quelle relazionali nei giovani. A questa prima parte teorica fanno seguito alcune indagini sperimentali sulla rappresentazione del corpo e la relativa insoddisfazione e problematica in presenza di una discrepanza tra percezione individuale e Indice di massa corporea in relazione al rapporto con il cibo. Il comportamento alimentare è indagato anche nei termini della frequenza dei pasti e della distribuzione dei cibi nelle diverse fasce d'età.
La comunicazione sociale esiste davvero? Il dubbio scaturisce dalla constatazione della marginalità della disciplina, in letteratura e nell'accademia. Il libro cerca una risposta percorrendo due strade, teorica ed empirica. La prima parte si apre con una disamina critica delle definizioni classiche di comunicazione sociale, per approdare a una nuova prospettiva che ne rivaluta, accanto a quelli sociali, gli effetti culturali. Nella concezione proposta, la comunicazione sociale è il motore che alimenta la storia dei diritti umani e la diffusione della solidarietà civile. La seconda parte racconta un'indagine sul campo. Per individuare gli ingredienti che rendono sociale la comunicazione, si analizzano in chiave comparata cinque casi esemplari di giornalismo sociale. La ricerca delle variabili ricorrenti si concentra su: le condizioni che hanno favorito la nascita e la crescita di queste esperienze editoriali, i loro rapporti con il mondo del volontariato e del non profit, e con i media mainstream; ancora, le caratteristiche delle redazioni, le fonti e le routines produttive. Il viaggio restituirà una comunicazione sociale per molti aspetti rinnovata e arricchita, nelle funzioni e nello status
Le conseguenze generate dalla crisi economica e finanziaria che ha avuto origine nel 2008 hanno messo a nudo l'immagine di un'umanità ferita. Le tante disuguaglianze sociali che portano ad escludere larga parte della popolazione mondiale dal godimento di un qualche benessere confermano che questo è un mondo malato, che ha bisogno di cure e di regole per evitare di cadere in un baratro ancora più profondo nel futuro, magari dopo aver faticato enormemente per risalire la china. Il volume, dopo una presentazione delle previsioni sulla realtà contemporanea proposte dai sociologi classici ed un'analisi sintetica della visione offerta da quelli contemporanei, indica una strada possibile per contenere la vulnerabilità diffusa che attanaglia la nostra società, umanizzando la globalizzazione e gettando le basi perché un accentuato individualismo non la conduca alla deriva dell'"indecenza" permanente.
Contro la diffusa tendenza a considerare la propria civiltà oggettivamente superiore alle altre e contro l'opposta convinzione che le culture siano tutte uguali, in quanto "mondi incommensurabili" tra i quali non vi sarebbe possibilità di confronto critico ma semmai il rischio di scontro, questo volume propone una serrata difesa epistemologica ed ermeneutica del dialogo tra individui appartenenti a culture e religioni diverse. Esplorando le ragioni filosofiche del dialogo e proponendo strumenti metodologici che permettono di comprendere anche quelle che sembrano le più assurde ragioni altrui, questo lavoro vuole dimostrare come il dialogo, a prescindere dalle differenze culturali tra gli interlocutori, sia sempre in linea di principio possibile e rappresenti un insostituibile dispositivo per incrementare la capacità di problem solving. L'autore delinea l'identikit di un homo dialogicus epistemologicamente conscio che nessun valore può essere dimostrato assoluto e che interpreta il politically correct non con sospensione del giudizio su chi considera diverso, ma come libero esercizio della discussione critica. Consapevole che quella del dialogo è una scelta di vita, l'homo dialogicus rifiuta la critica ad hominem e intende trasformare le differenze in opportunità, vedendo nell'apertura a ciò che è "altro" una straordinaria occasione per ampliare il proprio orizzonte culturale, per conoscere meglio se stesso e il proprio mondo.
Non è utopia ritenere che i cittadini possano interagire con le amministrazioni pubbliche nella cura dei beni comuni. Non lo è perché di fatto già accade, grazie a tutti coloro che in vario modo mettono a disposizione della comunità tempo ed energie. Ma non lo è anche perché nella nostra Costituzione vige ormai un principio che legittima i cittadini a passare dal ruolo di utenti a quello di cittadini attivi, responsabili e solidali. È il principio di sussidiarietà orizzontale, che considera i cittadini come potenziali alleati delle istituzioni, disposti ad introdurre nella sfera pubblica il valore aggiunto rappresentato dalle loro competenze, idee ed esperienze. In tempi di crisi questa è una prospettiva che apre alla speranza perché non si limita, come fanno alcuni interpreti della sussidiarietà, ad ipotizzare interventi sostitutivi dei soggetti pubblici da parte di attori non-profit, bensì mobilita quantità crescenti di persone nella produzione, cura e sviluppo di beni comuni. I saggi contenuti in questo libro analizzano le idee e le esperienze pratiche che sorreggono questa prospettiva di nuova cittadinanza, fornendo ai potenziali cittadini attivi gli strumenti per mobilitarsi ed a chi opera nel sociale e nella politica una visione credibile di cambiamento basata sulla Costituzione.
L'affermazione dell'Unione Europea come attore globale non può prescindere dal pieno sviluppo di una credibile ed efficace politica di sicurezza e difesa comune. Sebbene l'azione dell'UE continui a soffrire di limiti e carenze, il contributo europeo al mantenimento della pace e della stabilità del sistema internazionale non può essere ignorato o banalizzato riproducendo all'infinito l'immagine stereotipata di un'Europa "gigante economico, nano politico e verme militare". Il caratteristico approccio distico e multidimensionale dell'UE alle questioni di difesa e sicurezza - in grado di combinare efficacemente la dimensione militare con quella politica, economica e civile - dota l'Europa di una ricca e variegata tool-box per intervenire nella gestione dei conflitti contemporanei. Come e con che finalità lo strumento militare è impiegato dall'UE nel processo di definizione della sua identità internazionale? La sua progressiva militarizzazione non ha forse alterato l'immagine di un'Europa "potenza civile"? Partendo da un'analisi teorica e da una ricostruzione storica dell'origine della politica europea di sicurezza e di difesa, il libro esamina le nuove minacce alla sicurezza comune e la strategia europea per farvi fronte, approfondendo nel dettaglio le operazioni di crisis management avviate dal 2003 alla recente entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
La riflessione sulla lingua, il fare grammatica, è l'anima dell'educazione linguistica, la strada maestra da percorrere dalla scuola primaria alla scuola secondaria per costruire un solido sapere linguistico, sempre più necessario in un'epoca caratterizzata da "analfabetismi" di ritorno, da un lato, e dalla crescente complessità del reale, dall'altro. La lingua infatti è lo strumento per analizzare il reale e per intervenire su di esso. In questo libro si discute dei metodi e delle motivazioni a sostegno di uno studio esplicito e sistematico della grammatica e della lingua con gli studiosi che, dagli anni Sessanta in poi, se ne sono occupati con passione e lucidità. Il volume si rivolge soprattutto a quanti lavorano nella scuola e programmano quotidianamente i loro interventi didattici in area linguistica, ma è pensato anche per quanti si occupano di insegnamento linguistico e di teoria glottodidattica all'università. La genesi di questo lavoro è legata a due eventi che si sono svolti, a cura del Centro Linguistico di Ateneo dell'Università degli Studi del Molise, nel 2008: la prima edizione delle Olimpìadi della lingua italiana (una competizione sulle conoscenze linguistiche pensata per le scuole) ed un convegno di studi sulla Didattica della grammatica tra scuola e università.
La conoscenza come nuova frontiera per la società e l'economia: il salto di paradigma più profondo dai tempi della rivoluzione industriale pone una sfida radicale ai criteri manageriali e organizzativi oggi prevalenti. Il libro ne offre una chiave interpretativa originale, e propone un modello di impresa nuovo, basato non sul paradigma della quantità, ma su quello della bellezza.
Il bullismo elettronico (cyberbullying) è un fenomeno molto recente, studiato negli ultimi anni in ambito internazionale, che implica l'attuazione di aggressioni volontarie e ripetute nel tempo attraverso l'utilizzo di nuove tecnologie di comunicazione da parte di preadolescenti e adolescenti. Lo scopo del libro è spiegare questo nuovo fenomeno, che non è stato ancora affrontato in Italia, analizzando il rapporto tra bullismo tradizionale e bullismo elettronico, descrivendo le caratteristiche di quest'ultimo e i diversi fattori di rischio ad esso associati. Il fenomeno del cyberbullying viene inoltre approfondito attraverso la descrizione di alcuni casi.
Moderno e funzionale nella sua architettura interna, il Dizionario della comunicazione coniuga esattezza scientifica, rigore metodologico e una decisa vocazione all’approfondimento con chiarezza espositiva e agevolezza di consultazione. Tali caratteristiche rendono l’opera ideale sussidio didattico per studenti universitari, ma anche valido strumento informativo per tutti coloro che operano nel settore della comunicazione. Il Dizionario è strutturato per Approcci, Ambiti e Focus. I dieci Approcci definiscono i settori disciplinari (storia, media, economia, semiotica, sociologia, psicologia, educazione, teologia, etica, politica): all’inizio di ognuno di essi un saggio introduttivo fornisce un inquadramento generale e sistematico degli argomenti, definisce i paradigmi teorico-critici e le procedure metodologiche di riferimento, tratteggiando gli sviluppi cronologici e le personalità di spicco della disciplina. Gli Ambiti sono saggi di taglio spiccatamente informativo, attraverso i quali vengono presentati, nei loro tratti salienti, argomenti, temi, percorsi e nodi concettuali fondamentali per indagare il mondo della comunicazione a partire dalla prospettiva disciplinare di riferimento. I Focus, infine, offrono schede informative che presentano correnti culturali, movimenti di opinione, invenzioni, opere, eventi e fatti di varia natura che arricchiscono e concludono gli Ambiti.
La scena più recente dell’etica filosofica ha rimesso al centro il ruolo dell’io e il lessico delle virtù; in questa luce sono stati rivisti i modi tradizionali di pensare i rapporti tra ragione, psicologia ed etica. I saggi che compongono il volume trattano questa svolta della ricerca filosofica da un punto di vista teorico e storico. Tornano a rileggere gli autori classici, come Aristotele, gli scettici e gli epicurei, Plotino, Leibniz e Hume, ma insieme intrecciano la storia della filosofia con l’elaborazione contemporanea, il dialogo con Foucault, Cavell, Murdoch, Diamond, con la psicologia morale e la critica letteraria. Il risultato è fertile e ricco. Rispetto ai modelli fondati sulla ragione e sui doveri, affiora l’importanza della varietà di modi in cui siamo educati e ci educhiamo alla virtù e agli scrupoli morali e, in modo più vasto, cerchiamo di dare una forma a noi stessi, con un’attenzione alla dimensione complessiva dell’individualità di cui sono nemici i riduzionismi metafisici e razionalistici.
Il digitale uccide il cinema? Il cinema muore oppure si rigenera nello sfavillante mondo virtuale contemporaneo? Non potremmo addirittura dire che l'evoluzione della settima arte si completa soltanto adesso? Digitalizzazione dell'intero processo produttivo, computer grafica, internet, satellite, sala digitale, home theater, visione tridimensionale, ologrammi: le nuove frontiere del cinema sono entusiasmanti, ma al prezzo di quali perdite definitive? Attraverso una narrazione accessibile e coinvolgente, Nardin risponde a queste domande, mettendo a confronto le più recenti trasformazioni tecnologiche con l'impostazione tradizionale del fare e del leggere il cinema, giungendo a un'inedita proposta interpretativa.
La televisione, sin dalla sua nascita, ha offerto materiale originale e unico nel suo genere alla ricostruzione degli avvenimenti storici, fissando immagini, parole, emozioni e atmosfere nella nostra memoria. La TV, allo stesso tempo, costituisce anche uno straordinario strumento di divulgazione storica e di interpretazione di eventi in grado di raggiungere un universo di individui estremamente ampio e variegato e di rappresentare una storia "altra", a più voci, rivolta a tutti e in particolar modo a quelle generazioni che di quegli accadimenti non hanno avuto testimonianza diretta. Il volume esplora le modalità e i limiti attraverso i quali la storia, a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, è entrata a far parte della programmazione televisiva a tutti gli effetti, decretando il successo di un nuovo genere, acquisendo la narrazione, la grammatica e le forme proprie del mezzo e affermandosi come luogo di coagulo per una memoria condivisa.
Oggi i nuovi modelli di e-learning, rivalutando il peso e la portata dell'apprendimento informale, giocano tutte le chance didattiche nella capacità di far interagire formale ed informale. È la cosiddetta svolta dell'e-learning 2.0 che intende proporre, alla luce delle nuove tecnologie emerse nell'ambito del Web 2.0, un orientamento in senso più marcatamente costruttivista dell'apprendimento a distanza. L'e-learning 2.0 supera il concetto di piattaforma e-learning intesa come contenitore "chiuso" di un processo di apprendimento, rivede la logica del learning object, dà piena attuazione al principio dell'apprendimento learner-centered e dell'insegnamento come processo di facilitazione dell'apprendimento e delle interazioni fra gli studenti, induce lo studente a prendere in prima persona il controllo del suo processo di apprendimento utilizzando la strumentazione che le tecnologie gli mettono a disposizione. Nel volume vengono così presentate le tecnologie di supporto all'apprendimento cooperativo in rete (wiki, blog, podcast, instant messaging), le tecnologie per il reperimento delle informazioni e la gestione delle fonti in rete (feed rss, social bookmarking), le tecnologie di supporto all'apprendimento per utenti mobili. L'e-learning 2.0 è dunque la nuova formazione a distanza delle generazioni digitali.
Il volume affronta il tema delle relazioni interpersonali significative che il bambino instaura con le principali figure che popolano il suo mondo sociale - gli adulti di riferimento e i pari - occupandosi nello specifico dei temi della fiducia e del coping. Nel bambino la fiducia in sé e nell'altro si sviluppa nei primissimi anni di vita attraverso le relazioni primarie che egli instaura con i genitori. In seguito, la fiducia si plasmerà grazie anche alle relazioni che il soggetto instaurerà con altre figure adulte di riferimento, insegnanti ed educatori ad esempio, e con i pari. Per il bambino, e poi per l'adulto, avere fiducia significa sapere che le persone rispetteranno gli impegni e che sugli altri, oltre che su di sé, si può contare.
Una didattica attiva è una didattica fondata sulle pratiche, ossia sulla capacità di sviluppare a scuola percorsi progettuali in cui l'esperienza è in primo piano, e vi è dunque spazio non solo per la trasmissione del sapere, ma anche per la scoperta della realtà attraverso attività di laboratorio svolte dentro e fuori il contesto scolastico. Anche gli apprendimenti infatti, come le intelligenze, possono essere multipli, se sorretti da una didattica in grado di intrecciare in modo plurale mente e corpo, esperienza e riflessività secondo un approccio transdisciplinare e di rete. Queste tematiche sono affrontate nel volume sia nelle loro dimensioni teoriche che attraverso alcune analisi di caso.
Leonardo è "premoderno", un personaggio di confine. Il suo non è più l'orizzonte fisso e trascendente del mondo della Scolastica, ma non è ancora quello matematizzante e dualistico della Nuova Scienza. Arte e conoscenza, matematica ed esperienza, fantasia e tecnologia confluiscono in un continuum che l'opera di Michelangelo, Galilei e Descartes frantumerà in precisi comparti producendo una divisione apparentemente irreversibile sul piano dell'essere come del sapere. Leonardo è vicino: anche il nostro tempo "ipermoderno" è diventato insofferente verso ogni rigida divisione del lavoro, della cultura, del "mondo della vita". Ma gli sconfinamenti portano troppo spesso alla confusione o per altro verso alla conflittualità, piuttosto che al dialogo o al contrappunto tra linguaggi, media, culture, come quello che ha lasciato in eredità Leonardo.
"La storia vuole essere obiettiva e non può esserlo. Vuol far rivivere e non può che ricostruire". Così, in un saggio del 1961, Paul Ricoeur definiva la condizione del sapere storico. Conoscenza indiretta, inesatta, costretta a servirsi di metodi e linguaggi presi in prestito da altre discipline, la storia resta pur sempre qualcosa di cui, come esseri umani, non possiamo fare a meno. Ma cosa significa conoscere il passato? Che cos'è la verità storica? Questo volume, pur muovendo da una trattazione dei lineamenti fondamentali della teoria ricoeuriana della storia, cerca di spingersi oltre, esaminando l'incidenza che le riflessioni di Ricoeur hanno avuto sugli storici, e in particolare sulle nuove generazioni della scuola storica delle "Annales" alle prese con la crisi del classico modello della storia strutturale e quantitativa.
Il filosofo alle prese con il cervello, l'organo la cui struttura non suggerisce affatto le sue funzioni. Nascosto dentro una scatola ossea, il cervello fu il viscere "misterioso" al quale Aristotele, giudicato il più grande biologo dell'antichità classica, si sforzò di assegnare una funzione. Quella prescelta, temperare il calore della regione del cuore, fu certamente sbagliata e questo libro ne spiega le ragioni. Ma è proprio vero, che Aristotele non capì nulla del cervello?
La solidarietà è uno dei termini più indagati dalla ricerca sociologica ma trae la sua origine in un tempo ben più lontano rispetto all'affermazione di questa scienza sociale. Il volume ripercorre sinteticamente le tappe salienti dell'evoluzione nell'uso del termine proposto dai sociologi più noti per giungere al nostro tempo, nel quale la realtà di tutti i giorni - fatta di minacce terroristiche, guerre interetniche, conflitti religiosi, aumento generalizzato della povertà, deterioramento dell'ambiente ed altri fenomeni non propriamente positivi - interpella ogni uomo sull'opportunità della riscoperta del significato più vero di solidarietà. Questa non va confusa con il pietismo o la volontà di offrire un aiuto a chi versa in una situazione di disagio; la solidarietà è assunzione personale e collettiva di responsabilità reciproche per il conseguimento del bene comune che scaturisce dal vivere insieme riconoscendo l'altro che ci è di fronte non come un concorrente o addirittura un potenziale nemico ma piuttosto come l'essere con il quale, entrando in relazione, è possibile sperimentare la creazione di un contesto reciprocamente arricchente. In questo incontro tra persone la solidarietà trova le sue forme di concretizzazione più feconde sulle quali provare ad edificare un nuovo ordine sociale.
La storia delle religioni ha presentato, fin qui, una fatale tendenza al dogmatismo e all'intolleranza, alla chiusura difensiva, piuttosto che all'incontro e al dialogo. Ma è un atteggiamento che ora viene delegittimato dall'avvento delle società multiculturali: anche le religioni devono aprirsi al dialogo e assimilare paradigmi di laicità, intesa come capacità di affrontare il pluralismo e di gestire un costruttivo spazio di confronto.
La presente pubblicazione riporta articoli di: Lorenzo Ornaghi, Piero Damosso, Chiara Sapigni, Lino Lacagnina, Luisa Santolini, Paolo Beni, Edorado Patriarca, Luca Borgomeo, don Vinicio Albanesi, Guglielmo Epifani, Savino Pezzotta, Luigi Angeletti, Guido Boldrin, Maria Guidotti, don Antonio Mazzi, Livio Ferrari, Giulia Maria Mozzoni Crespi, Sergio Marelli, Roberto Della Seta, Ilaria Borletti, Marco Bertotto, Michele Zanzucci, Lucia Fronza, Luigi Bobba.
La filosofia contemporanea è una forma poderosa di problematicismo. La sua potenza risiede tutta nell'affermazione che l'orizzonte del senso del reale sia il divenire. La decostruzione è la testimonianza di tale affermazione. Tali considerazioni costituiscono la base ermeneutica da cui si sviluppano le analisi di questo saggio, condotto in un serrato confronto con i testi di Jacques Derrida e tendente a dimostrare la contraddittorietà della decostruzione: per esistere, essa ha bisogno di emergere dal cerchio perenne della critica; ma per affermare l´esistenza della critica, cioè per esistere, ha bisogno di reimmergersi nella critica, lasciandosi dissolvere dalla potenza combustiva del divenire, posto come fondamento della critica stessa.
Che cosa serve per insegnare ai bambini e alle bambine? Quella dei maestri e delle maestre è una vocazione o una professione? La loro bravura è una questione di pedagogia o di cultura generale e preparazione disciplinare? Dalla patente per insegnare e dalle scuole normali ottocentesche, passando per l'istituto magistrale di epoca fascista e repubblicana, in Italia si è giunti alla laurea per maestri e maestre solo venticinque anni fa. I corsi universitari in Scienze della formazione primaria sono stati un riconoscimento tardivo di una categoria che si è costruita da sé una preparazione superiore a quella che gran parte della società si aspettava. Le università si sono trovate a rispondere a una nuova domanda di formazione e di istituzionalizzazione di saperi altri: un'occasione, ma anche una grande responsabilità. Il libro ripercorre la storia dell'istruzione normale e magistrale nell'Italia unita e si sofferma sui suoi sviluppi più recenti e meno studiati, con un'attenzione ai diversi mondi cui gli insegnanti appartengono. Attingendo a fonti ulteriori rispetto a quelle loro prescritte, maestre e maestri hanno saputo anche coltivare modi esigenti di stare accanto ai bambini. Ma non ci sono esperti che bastino: per le società contemporanee, che hanno affidato loro questo compito, un'attenzione più evoluta verso i piccoli della specie è un esercizio ancora urgente di intelligenza collettiva.