L'Odissea è l'opera che più ha influito sulla psicologia e sulla letteratura europee: senza il racconto omerico Cervantes, Defoe, Stevenson, Kafka, Joyce non avrebbero scritto i loro capolavori. È il poema epico al quale l'Occidente ha affidato il senso più profondo della ricerca, del viaggio, della fantasia, del sogno, della lucidità, dell'ironia, della maschera, dell'infinita capacità di metamorfosi: esso riveste una posizione preminente e un'importanza senza eguali nella formazione dell'identità occidentale.
Il 1° settembre del 100 d.C., in occasione della sua nomina a console, Plinio pronunciò in Senato un discorso di ringraziamento all'imperatore Traiano. Capolavoro dell'oratoria antica, testo esemplare per lo stile ampio e ricercato, il "Panegirico" da un lato esalta le virtù e i meriti dell'imperatore contrapponendo loro i vizi e i difetti degli imperatori precedenti, in particolare del crudele Domiziano; dall'altro magnifica e accresce le virtù reali di Traiano fino a trasformarle in paradigmi ideali ai quali un imperatore dovrebbe conformarsi. L'elogio a Traiano diventa così un ritratto dell'"optimus princeps" destinato ad attraversare i secoli.
L'epistolario di Plinio il Giovane è uno dei capolavori della prosa latina e una miniera di informazioni sul periodo a cavallo fra il I e il II secolo d.C. Delle oltre 350 lettere che lo compongono, questo volume presenta una selezione che attinge sia alle missive private destinate a parenti, amici e colleghi, sia a quelle ufficiali indirizzate all'imperatore. Alcune sono pietre miliari della storia e della cultura dell'Occidente - come quelle sull'eruzione del Vesuvio o sui processi a carico dei cristiani, di cui costituiscono la prima testimonianza -, altre illuminano usi e costumi di Roma o i rapporti fra intellettuali e personaggi di spicco nella politica del tempo, e altre ancora sono, semplicemente, biglietti ancora oggi esemplari per gusto ed eleganza.
Modello per secoli di tutta, o quasi, la lirica italiana, il "Canzoniere" del Petrarca si configura come un'opera di estrema modernità: moderna è la consapevolezza con la quale il poeta si pone nei confronti della tradizione letteraria; moderno è il linguaggio, la metrica; moderna l'attitudine sperimentale, moderno il ruolo assegnato alla letteratura, l'afflato narrativo. Moderna la concezione dell'amore, che fonda il suo rituale su un'esperienza fondamentalmente interiore; e moderno, infine, lo spessore di quell"io" poetico che per la prima volta assurge a protagonista assoluto. Il testo dei trecentosessantasei componimenti (i "rerum vulgarium fragmenta") è accompagnato dal commento di Marco Santagata: un caposaldo della critica e della filologia, l'edizione di riferimento del "Canzoniere".
Iniziato con ogni probabilità nel 1306-07, l'Inferno è la prima delle tre cantiche che compongono la Commedia dantesca. In questi trentaquattro canti il poeta racconta l'inizio del suo viaggio ultraterreno, a partire dallo smarrimento nella "selva oscura", dove incontra il poeta latino Virgilio che sarà sua guida, giù giù per i diversi gironi, fino all'orrenda visione di Lucifero e quindi alla faticosa risalita "a riveder le stelle". Un itinerario nell'animo umano lungo il quale Dante incontra decine di indimenticabili personaggi, alle cui tristi vicende egli sa guardare con fermo giudizio ma anche con una suprema pietas che è forse il maggior segno del suo profondo atteggiamento di estrema modernità.
Nella vicenda di Faust, simbolo dell'anima umana lacerata dal conflitto tra bene e male, salvezza e dannazione, si mescolano magia e filtri di giovinezza, patti col demonio e tragedie d'amore. Già presente nella cultura europea, essa venne interpretata da autori di ogni epoca, da Christopher Marlowe a Paul Valéry, da Lessing a Thomas Mann. Goethe iniziò a stendere un testo teatrale sulla leggenda di Faust a diciannove anni e vi lavorò per tutta la vita, approdando a una versione definitiva del dramma solo nel 1831, pochi mesi prima della morte.
La terza «sublimis cantica» - come il suo autore, con profonda consapevolezza e bellezza, la definì - contiene in sé qualcosa di unico, che la rende diversa da ogni altra composizione della letteratura. Essa appare nuova anche rispetto alle prime due parti del poema, già così rivoluzionarie nell'invenzione e nel linguaggio. Perché la poesia del Paradiso non racconta vicende di uomini, non descrive paesaggi. Essa si sostanzia di cose che non si vedono e che, soltanto, per fede, si sperano. E tuttavia anche e soprattutto qui il genio di Dante riesce a esprimersi con versi di grande potenza, che si imprimono per sempre nella mente del lettore con immagini di straordinaria forza suggestiva.
Il secondo regno dantesco, «dove l'umano spirito si purga / e di salire al ciel diventa degno», è, dei tre, quello che porta nella sua struttura, sia fisica sia morale, la maggiore novità d'invenzione: si potrebbe addirittura dire che è un mondo, nel suo aspetto e nel suo spirito, soltanto dantesco. Circola per tutto il «Purgatorio» un'atmosfera difficilmente definibile, come di raccolto incanto, che avvolge il lettore fin dall'inizio e l'accompagna alle soglie del Paradiso: cogliere lo spirito di quella delicatissima aura che tutto avvolge è la via per intendere il «Purgatorio» dantesco nella profonda bellezza che lo distingue.
A Parigi, nel momento più fulgido della Renaissance francese, Mlle de Chartres sposata al principe di Clèves si innamora dell'affascinante duca di Nemours. Legata al marito da profonda stima e affetto, decide di confessargli i propri sentimenti. Narrato in una scena tra le più celebri della letteratura francese, questo gesto si rivela gravido di conseguenze per tutti i personaggi... Scritto da una dama della corte del Re Sole, colta e raffinata, amica di La Rochefoucauld e di Mme de Sévigné, e pubblicato anonimo nel 1678, "La principessa di Clèves" segna una tappa importante nella storia della narrativa occidentale. In nome della verosimiglianza della trama, della verità dei personaggi, dell'eleganza degli strumenti espressivi, La principessa di Clèves rompe con le inutili lungaggini del romanzo barocco, ed è considerato il primo romanzo psicologico. Con i dilemmi interiori della sua principessa, in bilico tra fosca inquietudine e penetrante lucidità, Mme de Lafayette ha affascinato lettori d'ogni epoca.
Opera capitale del pensiero occidentale, il "De civitate Dei" di Agostino è stato scritto tra 413 e 426 d.C, per difendere il cristianesimo contro il paganesimo e per indicare la via della salvezza dell'uomo. Questo cofanetto presenta per la prima volta un monumento della fede e della filosofia in formato tascabile di altissimo livello scientifico. Tradotto e commentato da uno dei massimi studiosi di Agostino, il teologo gesuita Domenico Marafioti, il testo si presenta particolarmente adatto per un pubblico universitario ma non necessariamente di soli specialisti.
La figura di Wilhelm Meister accompagnò Goethe per buona parte della sua vita, fin dalla giovinezza: è infatti il protagonista del suo secondo romanzo, "La vocazione teatrale" di Wilhelm Meister, composto tra 1777 e 1785. Una decina d'anni dopo Goethe tornò sul personaggio, forte di una moltitudine di esperienze (il viaggio in Italia, la Rivoluzione francese, l'amicizia con Schiller) che lo avevano portato a una maturazione intellettuale, politica e umana. Smorzato dunque lo slancio esasperi ratamente romantico delle prime opere, diede vita a "Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister", pubblicato tra 1795 e 1796 e considerato il capostipite del "Bildungsroman": in queste pagine la formazione di un artista diventa la formazione tout court di un uomo, nella quale il teatro non è che una tappa, destinata a essere superata. Come ebbe a dire un Goethe ultrasettantenne rileggendo la propria opera, "Wilhelm è di certo un 'povero diavolo', ma è solo in tali individui, non già in caratteri solidi e conchiusi, che è possibile mostrare con grande evidenza il gioco alterno della vita e i suoi mille compiti diversi".
"Un secolo e mezzo dopo la sua pubblicazione, 'Walden' è diventato un totem indiscusso della mentalità improntata al ritorno alla natura, alla tutela ambientale, all'anticonsumismo e alla disobbedienza civile... Nella fitta messe di classici americani della metà del XIX secolo, 'Walden' è quello che più ha contribuito a costruire l'odierna percezione che l'America ha di se stessa." Così si esprime John Updike sul capolavoro di Thoreau pubblicato nel 1854. L'autore vi descrive la sua "fuga" nei boschi del New England e i due anni trascorsi sulle sponde del lago Walden in una capanna. Mentre conduceva il suo esperimento di vita nella natura selvaggia, venne arrestato per non aver pagato la poll-tax, destinata a finanziare la guerra contro il Messico e la conservazione dello schiavismo. All'episodio è dedicato l'altro scritto qui raccolto, "La disobbedienza civile" (1849), che, trascendendo le ragioni contingenti, offre riflessioni di estrema attualità sulla natura della democrazia e sul rapporto tra individuo e collettività. Amati da schiere di letterati e attivisti, da Hawthorne a Eliot a Martin Luther King, questi due celeberrimi scritti di Thoreau sono vivificati da una scrittura tanto immediata e semplice quanto meditata e ricca di fascino.
Pubblicato a puntate nel 1868 sulla rivista moscovita "Russkij vestnik", L'idiota fu scritto freneticamente da un Dostoevskij incalzato dai debiti, tormentato dagli attacchi di epilessia, attratto dal canto di sirena della roulette. Eppure, nell'abisso della sua disperazione, il grande scrittore russo ha saputo dare un'opera di grande luminosità, uno di quei libri il cui valore artistico va oltre la qualità letteraria. "L'idiota" è infatti il romanzo in cui il realismo fantastico di Dostoevskij si misura con l'altissimo obiettivo di dare una rappresentazione artistica dell'uomo assolutamente buono. Un uomo, frammento del Cristo, attorno a cui prende vita quel mondo di tragedie e macchiette che è la Russia dell'Ottocento
Modello per secoli di tutta, o quasi, la lirica italiana, il "Canzoniere" del Petrarca si configura come un'opera di estrema modernità: moderna è la consapevolezza con la quale il poeta si pone nei confronti di una vastissima tradizione letteraria; moderno è il linguaggio, astratto e formale ma anche plastico e ricchissimo, dal quale pure promana una sensazione di facilità ineguagliata; moderna è la metrica, divenuta poi canonica; moderna l'attitudine sperimentale non seconda a quella dantesca; moderno il ruolo assegnato alla letteratura, moderno l'afflato narrativo. Moderna la concezione dell'amore, che fonda il suo rituale su un'esperienza fondamentalmente interiore; e moderno, infine, lo spessore di quell'"io" poetico che per la prima volta in questi versi assurge a personaggio vero e proprio, anzi protagonista assoluto. Il testo dei trecentosessantasei componimenti (i "rerum vulgarium fragmenta") è accompagnato dal commento di Marco Santagata: un caposaldo della critica e della filologia, l'edizione di riferimento del "Canzoniere".
Risalente alI'VIII secolo, "Il libro tibetano dei morti" riporta l'insegnamento sulla vita e la morte del maestro Padmasambhava, fondatore del buddhismo tibetano e onorato dai tibetani come un secondo Buddha. Proposto per la prima volta in edizione integrale, contiene una delle descrizioni più dettagliate e intense della morte, destinate ad aiutare i morenti e chi li accompagna in questo difficile momento di passaggio. Il volume viene qui accompagnato da un commento del Dalai Lama, oltre che da un ricco apparato di note, introduzioni ai singoli capitoli e glossario, che lo rendono comprensibile e fruibile anche da un ampio pubblico di non esperti.
Pubblicato nel 1840, "Un eroe del nostro tempo" è considerato una delle pietre miliari su cui si è fondata la grande costruzione del romanzo russo dell'Ottocento. Suddiviso in cinque storie, analizza con toni profondamente introspettivi la figura romantica e morbosa del giovane ufficiale Pecórin, personalità complessa nella quale si rispecchiano i tormenti esistenziali dell'autore, mirabile fusione di sangue caldo e mente fredda, tenerezza e brutalità, eleganza taciturna e spietata brama di dominio. Un eroe nel quale l'autore sostiene di aver racchiuso tutti i vizi della sua generazione, ma che è in realtà emblema della condizione eterna dell'uomo. E proprio in questo personaggio dai mille volti risiede il segreto del fascino di un romanzo dalla struttura straordinariamente innovativa, uno di quei libri da leggere e rileggere, che ha conquistato lettori di ogni nazione e secolo. Con uno scritto di Vladimir Nabokov.
"Pamela" uscì tra 1740 e 1741 e ottenne subito uno straordinario successo di pubblico in Inghilterra e nei paesi europei nei quali nel giro di un paio d'anni fu rapidamente tradotto: persino Goldoni ne trasse l'argomento per una fortunata commedia. Cuore del romanzo sono le vicende di una cameriera sedicenne, di grande bellezza e ancora più grande virtù, che resiste ai tentativi di seduzione del proprio padrone, del quale pure è sinceramente innamorata, fino a riuscire a condurlo al matrimonio. Una trama di sconvolgente novità per l'epoca, con una protagonista donna, di umile condizione sociale, e per di più impegnata in una battaglia per affermare la parità dei sessi in materia di etica sessuale. Un romanzo che appare ancora oggi di interesse per la narrazione avvincente e ricca di suspense, per la minuziosa descrizione della vita quotidiana settecentesca, ma soprattutto per la finezza dell'analisi psicologica. Richardson rappresenta infatti con vivacità e sottigliezza rare le emozioni della protagonista e trova nella nuova forma del romanzo epistolare il veicolo più adatto per l'espressione di quel "sentimento" che il Settecento, il Secolo dei Lumi, andava proprio allora scoprendo.
Sono qui raccolti gli scritti più significativi dell'enorme produzione narrativa di Tolstòj, straordinari per l'attualità degli argomenti e la modernità dell'approccio. Risalenti agli anni 1890-1910, si tratta di saggi, articoli, lettere aperte, appelli al popolo, ai governi, all'umanità, che diffusero con grande clamore quella che potremmo chiamare "l'eresia tolstoiana": il grande scrittore perora la causa della renitenza al servizio militare, teorizza la disobbedienza civile, attacca le maggiori confessioni religiose, il sistema di produzione capitalistico. Tra il fastidio e l'aperta ostilità degli ambienti accademici ortodossi, Tolstòj vuole la fondazione di un mondo nuovo, il regno del Dio-amore e dell'uomo autentico, mosso da un'esigenza di verità: ciò che occorre a ciascun individuo per comprendere il senso della propria vita e per viverla nel modo migliore.
La terza "sublimis cantica" - come il suo autore stesso, con profonda consapevolezza e bellezza, la chiamò - contiene in sé qualcosa di unico, che la fa diversa da ogni altra composizione della letteratura a noi nota. Essa appare nuova anche rispetto alle altre due parti del poema, già così rivoluzionarie nell'invenzione e nel linguaggio. Perché la poesia del Paradiso non racconta vicende di uomini, non descrive paesaggi. Essa si sostanzia di cose che non si vedono e che, soltanto, per fede, si sperano. E tuttavia anche e soprattutto qui il genio di Dante riesce a esprimersi con versi di grande potenza, che si imprimono per sempre nella mente del lettore con immagini di straordinaria forza suggestiva.
Il secondo regno dantesco, "dove l'umano spirito si purga / e di salire al ciel diventa degno", è, dei tre, quello che porta nella sua struttura, sia fisica sia morale, la maggiore novità d'invenzione, tanto da poter dire che esso è un mondo, nel suo aspetto e nel suo spirito, soltanto dantesco. Circola per tutto il Purgatorio un'atmosfera difficilmente definibile, come di raccolto incanto, che coglie il lettore fin dall'inizio e l'accompagna fino alle soglie del Paradiso: attingere lo spirito di quella delicatissima aura che tutto avvolge è la via per intendere il Purgatorio dantesco nella profonda bellezza che lo distingue.
Definiti la chiave con la quale Shakespeare era in grado di aprire qualsiasi cuore, i Sonetti presentano un lato inedito e affascinante del grande drammaturgo. Studiate a lungo dai critici alla ricerca di indizi sulla vita privata di un autore per molti versi ancora misterioso, queste poesie introducono anche personaggi straordinari come la fatale "Dark Lady" o l'odiato poeta rivale.
Pubblicate anonime a Londra nel 1798, le Ballate liriche segnarono la nascita del movimento romantico inglese, divenendo ben presto un classico. Eppure ancora oggi possono rappresentare una scoperta, perché di vere e proprie poesie "sperimentali" si tratta. Esse infatti gettano le fondamenta di un nuovo linguaggio, proiettandosi verso il mito rigeneratore dell'immaginazione e giungendo a delineare la condizione ironica e sentimentale del poeta moderno. Pur nella diversità di intenti dei due autori - Wordsworth teso a ricreare il fascino del nuovo nella realtà quotidiana, Coleridge a rendere tangibile il sovrannaturale - queste ballate sono unificate dalla grande novità della poesia romantica: lo spontaneo traboccare delle emozioni e l'aspirazione a una visione globale dlla realtà.
Testo di snodo imprescindibile per la letteratura moderna, il volume contiene alcuni capolavori assoluti della lirica occidentale, come La ballata del vecchio marinaio di Coleridge e L'abbazia di Tintern di Wordsworth.
Nella prima parte, "Il sottosuolo", il protagonista racconta la sua infanzia e la formazione della personalità più nascosta (il sottosuolo per l'appunto). Nella seconda, "A proposito della neve fradicia", ripercorre alcuni episodi della sua vita dove più emerge il "sottosuolo". Segue alcuni compagni di scuola ad una cena, sfoga poi l'amarezza per le offese subite su Liza, una prostituta incontrata in una casa di tolleranza, mostrandole con durezza che cosa l'aspetta nel futuro. Dopo qualche giorno Liza ritorna da lui col desiderio di una vita pura, ma viene trattata con disprezzo e volgarità. Per umiliarla le mette in mano un biglietto da cinque rubli, che poi ritroverà sul suo tavolo quando la donna se ne sarà andata, testimonianza della grande dignità di Liza.
Il tema del "sognatore romantico", dell'eroe solitario che trascorre i suoi giorni immerso nella dimensione del sogno, in un paradiso di illusioni, malinconicamente sofferente e lontano dall'incolore e consueta realtà dell'esistenza quotidiana, percorre come un filo d'Arianna questo racconto.
"Persuasione" racconta la contrastata storia d'amore tra due giovani, l'aristocratica Ann e il borghese Frederich, il cui sentimento riesce a superare la differenza di classe sociale e un distacco lungo sette anni. Scritto con un senso di malinconia e tenerezza del tutto insolito per la Austen, "Persuasione" è profondamente influenzato dalla sensibilità romantica della storia e della natura che si andava affermando in Inghilterra.
"Aut-Aut", testo chiave dell'esistenzialismo, pubblicato per la prima volta nel 1843, è anche l'opera in cui il pensiero di Sören Kierkegaard raggiunge il suo apice. La contrapposizione fra vita estetica e vita etica, il passaggio dall'una all'altra attraverso l'esperienza della disperazione e dell'angoscia, la scelta come fardello esistenziale, il compito della realizzazione di sé in quanto individui: sono questi i temi principali, proposti da Kierkegaard con un vigore e una lucidità che ancora oggi colpiscono il lettore per la loro forza e urgente attualità.
La storia di un prestito dato ad usura da un ebreo ad un mercante veneziano e quella del corteggiamento di una splendida dama che sposerà solo l'uomo capace di superare una singolare prova, sono al centro di una delle più brillanti e celebri commedie di Shakespeare. Divisa in cinque atti e composta intorno al 1594, "Il mercante di Venezia" ha conosciuto un'interrotta fortuna fino ai giorni nostri, sia come testo destinato alla rappresentazione che come opera di lettura.
Le mille peripezie del giovane Lazarillo de Tormes, vagabondo, accattone e schiavo di un malvagio mendicante cieco. Il primo capolavoro della letteratura picaresca spagnola del XVI secolo.
Punto di confluenza di grandi correnti culturali e popolari, il "Decameron" rappresenta nella nostra letteratura il sommo modello di lingua discorsiva e di stile prosastico. Un'opera che testimonia la completa e immediata adesione del Boccaccio a una visione realistica e moderna della vita, a una nuova etica non più trascendente ma immanente e individualistica, in breve a quell'insieme di valori tutti umani e terreni propri della civiltà trecentesca. Di tale età comunale e signorile, tramonto del Medioevo e alba di una nuova epoca, il Boccaccio fu protagonista entusiasta e appassionato.
La storia della maledizione che pesa su una nave, del magico incontro col vascello fantasma, di una colpa e di un'espiazione. In una nuova traduzione il capolavoro del grande poeta (1772-1834) del romanticismo inglese.
Inghilterra, 1939. L'ultimo sovrano per diritto divino, Riccardo II, viene deposto e assassinato. Intorno alla figura dell'ultimo discendente di Riccardo Cuor di Leone e Guglielmo il Conquistatore si crea ben presto un alone di mistero: Shakespeare si propone di rappresentare quell'atmosfera, cercando per essa un'adeguata giustificazione psicologica e una solenne espressione poetica. La leggenda di re Riccardo viene narrata nel quinto dei "chronicle plays" shakespeariani, la cui composizione risale al 1595-1596.
Lear, re di Britannia ha tre figlie tra cui vorrebbe dividere il regno, ma Cordelia, la minore, viene diseredata e va sposa al re di Francia. Il regno è diviso tra Gonerilla, moglie del duca d'Albany, e Regana, moglie del duca di Cornovaglia. Le due scacciano il padre dal regno e in sua difesa giunge con l'esercito francese Cordelia che però viene catturata e uccisa per ordine di Edmondo, usurpatore della contea di Gloucester. Lear muore di dolore, Gonerilla, innamorata di Edmondo, uccide la sorella e trama l'assassinio del marito. Scoperta, si uccide e il regno della Britannia sarà del duca d'Albany.
Riccardo, fratello di Edoardo IV, aspira alla corona. Uccide il duca di Clarence, suo fratello e ne sposa la vedova Anna. Morto Edoardo IV, diventa reggente in attesa che il figlio e successore del re, compia la maggiore età. Fa però subito rinchiudere il ragazzo con il fratello, duca di York, nella Torre di Londra. Ottiene così il trono e fa uccidere i figli di Edoardo IV. Ripudiata Anna, vuole sposare la nipote Elisabetta, ma il duca di Buckingham si ribella e si schiera col duca di Richmond che muove contro Riccardo. Il duca di Buckingham viene ucciso, ma il duca di Richmond vince in battaglia e Riccardo muore combattendo.
Quando nella casa di campagna di Nikolaj Kirsanov arriva il figlio Arkadij con l'amico Evgenij Bazarov, si delinea subito il conflitto tra vecchie e nuove generazioni. Evgenij è un giovane medico, fiducioso solo nelle scienze sperimentali, un nichilista, lo definisce l'autore, con un termine che avrebbe poi avuto grande fortuna. Le sue idee turbano Kirsanov e irritano suo fratello, lo scettico Pavel. In una città vicina i due incontrano la bella vedova Anna Odincova di cui Bazarov si innamora, ma da cui è rifiutato. Dopo un duello con Pavel, Evgenij contrae, durante un'autopsia, un'infezione che non vuole curare e muore assistito da Anna, con pietà, ma senza amore.
Fuggiasco da Venezia, dopo Campoformio, Jacopo si isola sui Colli Euganei. Qui conosce Teresa e se ne innamora, ma sa che questo è un amore impossibile, perché Teresa è promessa a Odoardo. Jacopo si mette in viaggio per l'Italia, senza una meta e ovunque vede la tragedia dell'oppressione straniera, né lo consolano le bellezze naturali o la saggezza del vecchio Parini, incontrato a Milano. La tragica conclusione è una denuncia al mondo di una doppia delusione.
Petr Verchovenskij, guidato ideologicamente dal demoniaco Stavrogin, è a capo di un'organizzazione nichilista e lega i suoi seguaci con una serie di delitti. L'ultima vittima è Satov, un ex-seguace convertitosi alla fede ortodossa. Per coprire il delitto Petr obbliga Kirillov a scrivere una lettera di autodenuncia, prima di suicidarsi. Altri delitti, apparentemente immotivati, seguono e solo il suicidio di Stavrogin che si impicca nella soffitta del suo appartamento, sembra pore fine all'azione di questi "demoni.