In un mondo frenetico dove la fede rischia di diventare superficiale, John MacNeil ci offre una guida indispensabile per scoprire la profondità e la potenza di una vita guidata dallo Spirito Santo. Con una prosa chiara e accessibile, l'autore ci rivela il modo in cui i credenti possono superare le sfide spirituali. Attraverso aneddoti personali, insegnamenti biblici e applicazioni pratiche, l'autore dimostra che vivere ripieni dello Spirito Santo non è un'ideale lontano, ma una realtà accessibile a tutti. Questo libro è un tesoro per chiunque desideri rinnovare il proprio cammino di fede, approfondire la propria relazione con Dio e vivere ogni momento sotto la guida dello Spirito Santo.
Con la sua opera pit conosciuta, Foscolo ha consegnato alla storia della letteratura la esperienza più intima. In forma di romanzo epistolare viene infatti narrata la forte passione amorosa che il protagonista concepisce per la "divina Fanciulla" Teresa, promessa sposa a Odoardo, Jacopo Ortis diventa quasi un alter ego dell'autore: nei suoi amori e nei suoi sentimenti vediamo adombrati quelli di Foscolo stesso, i suoi innamoramenti le peregrinazioni per l'Italia contesa tradita dagli stranieri, l'esilio del 1815 dopo la caduta del Regno Italico. Documento di una nuova sensibilità romantica, il libro ebbe grande diffusione in Europa e ad esso ispirarono in particolare coloro che combattevano la dominazione napoleonica e per le libertà nazionali.
Le Metamorfosi — poema in esametri che narra la straordinaria trasformazione dei corpi a partire dalla prima origo mundi — non possono considerarsi un vero e proprio poema epico, perché coniugano elementi della poetica callimachea e anti-callimachea, storia universale ed eziologia, armonizzandoli con forme e motivi della tragedia e soprattutto dell'elegia. Dai poeti alessandrini Ovidio riprende la sperimentazione di forme di poesia catalogica, la concezione del mito come favola dotta, ma non c'è opera di epoca alessandrina a noi nota che possa essere comparata ai quindici libri delle Metamorfosi ovidiane né per estensione, né per la cura nella descrizione del processo della metamorfosi. Nella lunga serie di sequenze narrative intrecciate attraverso la tecnica dell'epillio si coglie l'unita di concezione nello sviluppo del tema metamorfico, che fa emergere la labilità del confine tra passato e presente, l’ambiguo rapporto tra umano e divino, la combinazione di realismo ed artificio letterario.
Saggio introduttivo a cura di:
Alessio Ruta, docente a contratto di Lingua e letteratura Latina presso l'Università di Catania, ha conseguito Scientifica Nazionale a professore associato in Filologia classica e in Letteratura greca. Il suo campo di ricerca va dal romanzo greco e latino alla tradizione paremiografica, dalla poesia latina di età imperiale alla prosa epistolare.
Nuova traduzione e note a cura di: Francesco Fantuzzi ha conseguito la laurea in Lettere classiche e il Dottorato in Filologia greca e latina presso l'Università di Bologna e ora è docente di Lettere al Liceo. I suoi interessi di studi si concentrano principalmente su Catullo,l'elegia latina e alcuni aspetti della metrica.
Nella Germania, tra le poche opere etnografiche superstiti dell'antichità, composta probabilmente all'inizio del II sec. d.C., Tacito delinea a tutto tondo il ritratto degli antichi Germani: forti, coraggiosi, saldi moralmente, ma nonostante questo, ancora barbari e lontani dalla civiltà romana.
Questo scritto offre al suo autore anche l'opportunità per condannare la dilagante corruzione dei Romani e per far conoscere le istituzioni dei Germani che, a partire dal Medioevo, avranno un ruolo notevole nel quadro politico europeo. Il frequente confronto, più spesso lo scontro, tra mondo germanico e mondo latino nel corso dell'età moderna, a partire dalla riforma protestante fino al Novecento, farà della Germania uno dei testi classici più letti e discussi, anche se di frequente deformata da interpretazioni faziose, ideologiche e, come al tempo del nazismo, criminali.
Gli Epodi e le Odi di Orazio portano un soffio di novità nella tradizione poetica di Roma antica. Con i primi Orazio trapianta a Roma un nuovo genere d'invettiva letteraria: la sua indignazione verso personaggi ignoti o fittizi si fa più manierata rispetto all'aggressività dei giambi di Catullo, ma le forme metriche che egli elabora si fondano, per la prima volta, sull'originale adattamento dei più complessi metri usati da Archiloco di Paro.
Con le Odi il poeta si cimenta nel recupero delle forme della lirica greca arcaica (con particolare predilezione per Alceo), mai affrontato dai suoi predecessori, se si eccettuano gli eccentrici esperimenti di Levio e i pochi carmi prettamente lirici di Catullo. Un duplice rinnovamento letterario, riconosciuto, per il suo carattere epocale, dallo stesso Augusto, che ad Orazio affidò la composizione del solenne Carme secolare, a suggello dell'ammirazione per un poeta capace di esprimere in forme 'antiche' sentimenti moderni: dalla ricerca della vera felicità alla saggezza del modus, dalla malinconica consapevolezza della fuga del tempo alla gioia per i prudenti e pacati 'naufraghi' d'amore.
Una delle caratteristiche più vistose della poesia di Whitman è l'uso di "cataloghi". La sua maestria nell'utilizzo di questi ultimi indica, per molti critici, la sua sterminata forza generatrice, la sua apparente capacità di allineare centinaia di immagini senza mai cadere nella ripetizione, producendo, al contempo, una straordinaria varietà e freschezza. L'opera conobbe la sua stesura definitiva nel 1892, arrivando a contenere quasi 400 poesie, suddivise in 14 sezioni. Whitman, tra il 1855 e il 1892, continuò a rielaborare costantemente la sua raccolta che, perciò, può letteralmente considerarsi il lavoro di una vita.
Pubblicata nel 1788, è la seconda opera critica di Kant e la seconda opera di etica dopo la Fondazione della metafisica dei costumi del 1785. Fin dalla prefazione Kant ritiene di dover giustificare il titolo dell'opera, preoccupandosi di spiegare perché abbia scelto di intitolarla Critica della ragion pratica. Ciò che Kant ritiene di dover giustificare non è l'uso del termine "critica", ma è la parte del titolo che specifica l'oggetto dell'esame critico: sarebbe infatti naturale attendersi che esso fosse stabilito in parallelo a quello della prima Critica. Se quest'ultima si era concentrata sulla ragion pura teoretica, è lecito aspettarsi che a essere ora sottoposta ad esame sia la ragion pura nel suo uso pratico, e che pertanto l'opera si intitoli Critica della raion pura pratica. Invece nel determinare la scelta del titolo prevale il riconoscimento che in ambito pratico s'impone un'inversione del compito critico tanto al suo versante negativo. Mentre infatti in sede teoretica il lavoro critico era pervenuto a negare le pretese della ragion pura di varcare i limiti dell'esperienza, in sede pratica il lavoro critico contesta alla ragion pratica empiricamente condizionata la pretesa di essere la sola a dirigere la nostra condotta.
La piccola Gabri vive in una quotidianità caotica e priva di affetto, girovagando per le strade di Parigi con la sorellina Michette e nutrendo un sotterraneo rancore per la madre Francine, animo volubile e civettuolo, completamente concentrato su di sé e i propri amanti. Quando, però, la sorte colpisce Gabri con un'inaspettata fortuna e, al tempo stesso, la più grande delle tragedie, la sua vita viene del tutto sconvolta: da bambina scostante e riservata, si trasforma in una ragazza affascinante e piena di vita. Poco alla volta, la giovane si prenderà le sue piccole rivincite sino ad arrivare alla partita finale con la nemica di sempre. Pubblicato a Parigi nel 1928, La nemica si configura come un'aspra caricatura dell'infanzia della scrittrice e del rapporto con la madre Fanny, un intreccio di vendetta e cupe passioni che si incontreranno in molti romanzi successivi, da Jézabel a Il vino della solitudine.
Irène Némirovsky (1903-1942)
Nata a Kiev nella famiglia di un ricco banchiere ebreo, trascorre un'infanzia agiata e solitaria a San Pietroburgo, prima di trasferirsi, con la Rivoluzione d'Ottobre, in Finlandia e, poi, in Francia A Parigi si laurea in lettere alla Sorbona e si dedica completamente alla scrittura, componendo tutte le sue opere in francese. Nel 1926 sposa l'ingegnere ebreo russo Michel Epstein, mentre al 1929 risale il suo primo romanzo di successo, David Golder. Benché la su attività di scrittrice fosse ampiamente apprezzata e riconosciuta, la Némirovsky non ottiene mai la cittadinanza francese e alla fine degli anni '30 si avvicina alla fede cattolica. Vittima delle leggi razziali insieme al marito, non riesce più a pubblicare se non sotto pseudonimo. Mentre si trova con la famiglia a Issy-l'Eveque, viene arrestata e deportata ad Auschwitz, dove viene uccisa il 17 agosto 1942; la stessa sorte spetta a Michel Epstein qualche mese dopo. Le figlie Denise ed Elisabeth riescono a salvarsi e a portare con sé una valigia piena di documenti e manoscritti della madre: solo decenni dopo Denise si ritrova tra le mani i primi due volumi di un capolavoro incompiuto, Suite francese.
Le Consolationes senecane sono tre: Ad Marciam, Ad Helviam mater e Ad Polybium. Esse hanno l'obiettivo di consolare i tre personaggi, afflitti per la morte di qualcuno, attraverso argomentazioni filosofiche. La prima è rivolta a Marcia, figlia dello storico Cremuzio Cordo, in seguito alla morte del figlio; l'opera vuole muovere una riflessione in particolare sul tema del suicidio, portando esempi di altre donne colpite dalla stessa disgrazia. La seconda consolati, la quale è addolorata per l'esilio in Corsica del figlio: egli però lo rassicura in quanto tale provvedimento non impedisce al saggio di dedicarsi all'otium. L'ultima consolazione è indirizzata a Polibio, il quale ha perso il fratello: Seneca, attraverso quest'opera, vuole in realtà tessere le lodi dell'imperatore Claudio per tornare dall'esilio a Roma.
Lucio Anneo Seneca (4 a.C.-65 d.C.) nasce a Cordoba, in Spagna, verso il 4 a.C., ma è a Roma che inizia gli studi retorici e filosofici. Prima sotto Caligola, poi anche sotto Claudio cade in disgrazia e viene esiliato in Corsica per otto anni. Richiamato a Roma da Agrippina, diviene precettore del figlio Nerone e poi nel 56 è nominato console: è ormai ai vertici della carriera politica. Nerone però intende seguire le sue ambizioni, eliminando tutti i possibili avversari. Seneca allora, fallito il sogno di un regno della filosofia, sceglie di ritirarsi a vita privata. Nel 65 si trova però coinvolto nella congiura dei Pisoni, per cui, rientrato dalla Campania, lo raggiunge la comunicazione della condanna capitale. Il filosofo allora decide di togliersi la vita; con quel gesto intendeva affermare che al saggio rimane ancora un'ultima libertà, cioè la morte.
"Alla lunga il dolore si consuma: anche il più ostinato, quello che insorge quotidianamente e si ribella alle cure, è spossato dal tempo, efficacissimo mitigatore delle violenze."
L'Avaro è una commedia in cinque atti, rappresentata per la prima volta il 9 settembre 1668 al Palais-Royal con Molière nel ruolo di Harpagon e Armande Béjart in quello di Mariane, che si ispira all'Aulularia di Plauto. All'inizio non ebbe molto successo, forse per l'insolito uso della prosa in una commedia lunga o per il trionfo pressoché insuperabile dell'opera di Molière Il Tartuffo. In tutta la commedia l'ilarità quasi amara, perché l'avarizia vince su tutti i sentimenti: sull'amore filiale, sull'amore paterno e sull'amore romantico. Divertenti sono i dialoghi in cui l'essere avaro è presentato come il sintomo di una malattia. Nonostante l'evoluzione dell'intrigo della pièce, il vizio non viene mai corretto e l'avarizia trionfa fino all'ultima pagina.
Molière (1622-1673), pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin, nasce a Parigi nel gennaio del 1622 e cresce in un ambiente di ricchi commercianti e artigiani. Studia presso il gesuita Collège de Clermont e si laurea in diritto, ma comincia ben presto a frequentare gli ambienti teatrali e l'attrice ventiduenne Madeleine Béjart. Insieme alla donna, Joseph e Geneviève Béjart fonda la "Compagnie de l'Illustre Théatre" che però, ricoperta di debiti, porta l'uomo in prigione e viene sciolta nel 1645. Molière si unisce poi, insieme ai Béjart, alla compagnia teatrale itinerante dei "Comédiens du seigneur due d'Epernon" di Charles Dufresne e nel 1646 lascia Parigi viaggiando per tredici anni. Al suo ritorno è un uomo di teatro a tutto tondo (attore, direttore, autore) e a Lione ha inoltre scoperto la Commedia dell'Arte, a cui si ispira per le sue farse, apprezzate in particolare modo dal re Luigi XIV. Tra le opere di maggiore successo, oltre L'Avaro (1668), ricordiamo La scuola delle mogli (1622), Il Tartuffo o l'impostore (1664), Don Giovanni (1665), Il misantropo (1666) e Il malato immaginario (1673).
"Con quello che indossate dalla testa ai piedi ci si potrebbe vivere di rendita. Ve l'ho detto cento volte, figliolo, il vostro modo di fare non mi piace: vi date arie da principe e per andar vestito così dovete per forza derubarmi".
Nel rivalutare il ruolo di Cicerone nella storia del pensiero antico, i critici hanno recentemente sottolineato e apprezzato la passione con la quale egli rivendica un proprio spazio nel dibattito su uno dei principali motivi della filosofia ellenistica: la contraddizione tra le necessità del fato stoico il libero arbitrio. Composto nel 44 a.C., all'indomani della morte di Cesare, come ultimo momento di una riflessione teologica già avviata dall'Arpinate con i dialoghi De natura decorum e De divinazione, il trattato De fato segna inoltre il ritorno alla tecnica delle Tusculanae disputationes, con l'abulia fatalistica dei boni viri contrastata in un discorso continuo aperto alle soluzioni delle varie scuole di pensiero.
Saggio introduttivo, nuova traduzione e note a cura di:
Andrea Filippetti è dottore di ricerca in Filologia e Letteratura greca e latina e insegna Discipline Letterarie e Latino negli Istituti Scolastici di Istruzione Superiore della provincia fiorentina. Si è occupato soprattutto di medicina e poesia didascalica, di ritrattistica e fisionomica in Grecia e Roma antiche, seguendo anche la fortuna di concezioni scientifiche forme letterarie classiche fino al Rinascimento e al Barocco. Per i tipi di Rusconi Libri ha curato la traduzione commentata dei Remedia amori ovidiani (Santarcangelo di Romagna 2014), mentre per la Pisa University Press ha pubblicato Il remedium amori da Ovidio a Shakespeare (Pisa 2014), raccolta di tre suoi saggi - di cui uno inedito - sulla ricezione shakespeariana delle "cure per il mal d'amore".
Marco Tullio Cicerone (106 a.C.-43 a.C.)
Nato ad Arpino, da famiglia agiata ma non nobile, nel 106 a.C., Marco Tullio Cicerone si forma, a Roma e in Grecia, presso grandi giuristi, retori e filosofi, percorrendo tutti i gradi del cursus honorum fino al consolato (ricoperto nel 63). Convinto assertore del conservatorismo repubblicano, ci lascerà una cospicua messe di orazioni e di opere retoriche, politiche e filosofiche (mentre delle sue prove poetiche ci giungeranno soltanto frammenti). Grazie al suo ricco e articolato epistolario, l'epoca dell'Arpinate è quella che meglio conosciamo di tutta l'Antichità. Sopravvissuto a Cesare, Cicerone è raggiunto e ucciso dai sicari di Antonio sulla spiaggia di Formia nel 43 a.C.
Riscoperta nel 1333 da Francesco Petrarca, l'orazione in difesa di Archia rappresenta un appassionato elogio della poesia e dell'humanitas, e pertanto divenne subito un testo chiave per la genesi del concetto stesso di umanesimo. Ma la Pro Archia è anche un'orazione profondamente politica, in cui Cicerone riflette, sullo sfondo della crisi della repubblica, sulla funzione sociale e civile della poesia.
Saggio introduttivo, nuova traduzione e note a cura di:
Daniele Pellacani è ricercatore on Lingua e letteratura Latina presso l'Università di Bologna. Si occupa prevalentemente di letteratura scientifica, e in particolare astronomica, e della ricezione dei testi antichi nella letteratura moderna e contemporanea.
MARCO TULLIO CICERONE (106-43 a.C.)
E' senza dubbio una delle figure più importanti della letteratura latina. Oratore straordinario, fu anche protagonista dellamvita politica del suo tempo, percorrendo da homo novus tutti i gradini del cursus honorem, fino al consolato del 63 a.C., durante il quale sventò la congiura di Catilina guadagnandosi il titolo di pater patriae. Dopo aver conosciuto l'amarezza dell'esilio (58 a.C.), fu confinato ai margini della scena politica, ma continuò, attraverso le opere retoriche e filosofiche, a portare avanti il suo progetto culturale, finalizzato alla formazione di una nuova classe dirigente, capace di affrontare la crisi in cui versava lo stato. Un progetto che Cicerone perseguì fino all'ultimo, quando, dopo le Filippiche, venne ucciso dai sicari di Antonio.
"Tutte le arti che formano la cultura hanno come un legame che le accomuna, e sono unite tra loro da una specie di parentela."
Perfetta fusione tra racconto del terrore e giallo classico, Il mastino dei Baskerville, racconta l'impresa definitiva di Sherlock Holmes, la più spettacolare e la più complessa. La storia, ambientata nella landa desolata di Dartmoor, nel Devon, tra nebbie e paludi, è quanto mai suggestiva e carica di suspence. Un'oscura maledizione aleggia sulla casata dei Baskerville. Alla sua origine, un efferato crimine commesso da sir Hugo Baskerville due secoli prima. Da allora un mostro sanguinario, un enorme cane nero dagli occhi infernali, sembra perseguitare gli eredi maschi di Baskerville Hall, tutti morti in modo violento. Aiutato dal fedele Watson, Holmes tenterà, con la sua impareggiabile logica e il suo formidabile dinamismo, di districare la matassa che avvolge il caso più difficile e pericoloso che abbia mai dovuto affrontare.
ARTHUR CONAN DOYLE (1859-1930)
Arthur Conan Doyle nasca a Edimburgo da padre inglese e madre irlandese.Secondo di dieci figli è uno studente brillante e si laurea in medicina nel 1885. Mentre è assistente medico a Birmingham si appassiona alla letteratura ed è proprio uno dei suoi professori, Joseph Bell, che gli ispirerà il famoso detective Sherlock Holmes, personaggio che tentò invano di "uccidere" perché sopraffatto dalla sua notorietà. Uomo dal forte temperamento, conduce molte battaglie per mezzo della stampa e scrive saggi, racconti e romanzi di diverso genere: storico, di avventura, fantastico, del paranormale e del terrore. Insieme a Edgar Allan Poe, è fra i padri fondatori del romanzo poliziesco.
Il Mercante di Venezia, andato in scena per la prima volta nel 1596, affronta diverse tematiche care all'autore, tra cui il conflitto fra ego e amore, il pregiudizio e l'intolleranza tra ebrei e cattolici, la pietà e la legge. Tutta la vicenda, ambientata a Venezia e a Belmont, ruota attorno a due donne particolarmente astute: Porzia e Nerissa, mogli rispettivamente di Bassano e Graziano, che si fingono avvocato e scrivano per difendere i loro interessi dall'usuraio ebreo Shylock, figura ambigua e calzante rappresentazione di un uomo al tempo stesso tiranno e vittima, sacrificante e sacrificato.
Questa vivace raccolta di aforismi, pubblicati nel 1901, un anno dopo la morte dell'autore irlandese più amato - e insieme più odiato - dell'Inghilterra vittoriana, rappresenta l'espressione delle riflessioni e degli affetti più profondi, originali e sentiti, di Wilde. Numerose battute paradossali, solo in apparenza ciniche, grottesche e superficiali, lasciano trapelare l'inquietudine del suo animo, l'ipercritica e la sofferenza del poeta che in poche righe riesce a penetrare nelle pieghe più riposte dell'animo umano.
"Volete avere, di questo nostro pianeta, l'opinione ch'esso meriti un certo rispetto, e che non sia poi tanto piccolo in rapporto alle passioni che ci agitano, e che offra molte belle vedute e varietà di vita e climi e di costumi; e poi vi chiudete in un guscio e non pensate neppure a tanta vita che vi sfugge, mentre ve ne state tutti sprofondati in un pensiero che v'affligge o in una miseria che v'opprime".
Chi mente a se stesso arriva al punto che non sa più discernere tra la verità e la menzogna né in sé, né attorno a sé e arriva a non avere più stima di sé e degli altri. E, se non rispetta più nessuno, smette di amare e in mancanza di amore, per tenersi occupato e per distrarsi, si abbandona alle passioni e ai piaceri grossolani e si spinge nei vizi fino a diventare un bruto; e tutto questo solo per il suo continuo mentire a sé e agli altri. Chi mente a se stesso è anche il più suscettibile ad offendersi.
Allora disperato di dover morire, si mise a bastonare anatre e tacchini, a strappare gemme e sementi. Avrebbe voluto distruggere d'un colpo tutto quel ben di Dio che aveva accumulato a poco a poco. Voleva che la sua roba se ne andasse con lui, disperata come lui.
Le bugie, ragazzo mio, si riconoscono subito, perché ve ne sono di due specie: vi sono le buche che hanno le gambe corte e le bugie che hanno il naso lungo.
Vi vedo dappertutto, nelle stelle, nel fiume; per me siete ciò che esiste; la realtà di ogni cosa. La vita vi dico, sarebbe impossibile senza di voi
Sai, dopotutto sei un po' complicata. Oh, no, si affrettò a rassicurarlo. Non lo sono per niente, sono solo, sono solo un sacco di persone diverse, ma tutte semplici
C'è in lui qualcosa di strano, qualcosa di ripugnante, di detestabile addirittura
Le Storie Filippiche rappresentano uno dei perduti Graal della letteratura di Roma antica: una storia universale scritta in latino. Loro autore è un uomo di origine gallica, Pompeo Troppo: proprio mentre Tito Livio componeva la sua monumentale Storia di Roma, scelse invece di narrare ke vicende dei popoli più lontani, nel tempo e nello spazio. Al centro doveva spiccare la formidabile ascesa e caduta del regno macedone, da qui il titolo. Sfortunatamente, però, le Storie Filippiche sono andate perdute: tutto quello che ci resta è un Florilegio, composto qualche secolo dopo da un certo Giustino. La perdita è quindi parzialmente sanata? No: Giustino, pur limitandosi ad un'operazione apparentemente innocua come la selezione di brani, in realtà modifica nel profondo gli equilibri e le prospettive dell'originale. Il suo Florilegio, quindi, più che raccontarci la storia del mondo, rappresenta il biglietto di accesso a una camera delle meraviglie, in cui da ogni scaffale fa capolino qualcosa di stravagante: regine malvagie, sovrani obesi, bambini prodigio, fughe rocambolesche, passioni e enigmi.
La piccola Jane, povera e orfana, trascorre la propria fanciullezza in un triste asilo di Lowood, priva di qualunque di affetto. Ben presto Jane trova un modesto impiego come governante presso casa Rochester unitamente all'amore: il padrone di casa finisce per innamorarsi di lei, ma proprio quando si sta per celebrare il matrimonio tra i due, una sconvolgente verità travolge la vita della fanciulla. Il romanzo, che ha avuto un successo ininterrottamente sin dalla sua prima pubblicazione, è stato tradotto in molte lingue e più volte adattato allo schermo e sulle scene.
L'opera, che può identificarsi come un lungo viaggio per comprendere il significato dell'arte,, del tempo e dell'essenza umana, è divisa in tre sezioni. Il protagonista, identificabile con Proust, racconta la propria infanzia trascorsa nella città di Combray, la sua travolgente passione per la raffinata e opportunista Odette de Crècy e un viaggio a occhi aperti in varie località evocate anche solo dal nome. Infatti, un oggetto un luogo o anche solo il profumo di the e madeleine diventano un appiglio per ritrovare sensazioni perdute, per fondere i confini del tempo e della memoria in questa delicata e sapiente analisi psicologica.
La Teogonia di Esiodo rappresenta il primo e il più compiuto tentativo di disporre in un insieme coerente tutte le varie entità divine che - fin da remote tradizioni pre-omeriche - popolavano il mito greco. Il poeta, consapevole della vastità e delicatezza del suo compito, dedica un lungo Proemio alle Muse, sue divine ispiratrici, prima di tracciare le ampie linee di una complessa genealogia che, partendo da Chaos, il vuoto primordiale, giunge infine all'ordinato regno di Zeus, presidiato dalle prime spose del nuovo sovrano, le dee dell'intelletto (Metis) e del diritto (Themis). Il Catalogo vero e proprio è frequentemente interrotto da narrazioni primitive e terribili. In questo quadro, un ampio spazio è riservato a Prometeo, il tono che per aiutare gli uomini non esita a scontrarsi con il re degli dei, a costo di incorrere nella sua ira e di dover subire la più crudele delle punizioni.
Due fratelli gemelli, una moglie ricca e una giovane amante, un servo fedele e un parassita inaffidabile, un banchetto segreto e un mantello rubato: sono questi gli ingredienti che danno vita alla commedia dei Menecmi, che si struttura attorno allo schema dell'equivoco. I due Menecmi del titolo, identici per uno strano gioco del destino perfino nel nome, sono sulla scena - quasi paradossalmente - l'uno ignaro dell'altro e , in tal modo, generano confusione tra i vari personaggi della pièce, alimentando, con malintesi e ambiguità, una divertente serie di gag in una straordinaria comedy of errors.
Le considerazioni di Nietzsche sono dette "inattuali" perché si pongono in contrasto con i valori dominanti dell'epoca e si presentano propedeutiche alla costruzione di un nuovo futuro. Questo volume, pubblicato nel 1876, è infatti una raccolta di quattro saggi che si occupano delle condizioni della cultura europea, con particolare attenzione a quella tedesca. Le due Inattuali più significative sono la seconda, Dell'utilità e dello svantaggio della storia per la vita, in cui viene definita la storia non come fatto in sé, ma come interpretazione di chi la racconta, e la terza, Schopenhauer come educatore, in cui Nietzsche, on maniera autobiografica, interpreta il filosofo tedesco cercando in lui la soluzione di problemi propri.
Il fantasma di Sir Simon si aggira tra le antiche stanze del castello di Canterville da più di tre secoli, terrorizzando chiunque. Quando la famiglia Otis, appena giunta dagli Stati Uniti, decide ricomprare la tenuta, tutti la considerano pazza, poiché sanno che il castello è infestato. La famiglia americana, scettica, si rifiuta di credere alle storie di presenze maligne e il fantasma, stanco e sconsolato, verrà aiutato da Virginia che cambierà per sempre il suo destino. A questo si aggiungono in questa raccolta altri celebri racconti del più noto autore irlandese.
Pubblicato nel 1923 per la prima volta, "Il Libro dell'Es" rifugge ogni tipo di definizione tradizionale, in bilico tra il romanzo epistolare, il resoconto pseudoscientifico dell'attività medica di un analista e un trattato psicoanalitico. Groddeck con quest'opera non si rivolge a un'élite avvezza ai discorsi sull'inconscio, ma mira ad un pubblico ampio di cui fa parte la spettabile ma assai curiosa amica immaginaria a cui le sue lettere sono indirizzate. L'autore espone la propria concezione dell'inconscio, l'Es, termine successivamente adottato da Freud, servendosi di dimostrazioni condotte su casi clinici, aneddoti, ricordi tratti dal repertorio della sua ricca esperienza terapeutica. Con tono leggero, talvolta autoironico, l'autore espone teorie di un'audacia tale che il libro venne, infatti, messo al bando dal Nazionalsocialismo e bruciato insieme alle altre sue opere.
"Questa del Dovere è una materia comune a tutte le scuole filosofiche: e infatti chi può mai avere l'audacia di chiamarsi filosofo, se nulla medita e insegna che riguardi il dovere?"
"E avendo osservato che in "Penso, dunque sono" non vi è nulla che mi assicuri che sto dicendo la verità, se non che vedo molto chiaramente che per pensare bisogna esistere, ritenni che potevo assumere come regola generale il fatto che le cose che concepiamo molto chiaramente e molto distintamente sono tutte vere, ma che s'incontra qualche difficoltà soltanto nel decidere quali siano quelle che concepiamo distintamente".
"La vita è una salita. Finché si sale, si vede la cima e ci si sente felici; ma quando si arriva in alto, si scoprono di colpo la discesa e la fine, ovvero la morte. Avanza lentamente quando si sale, ma in fretta quando si scende. Alla sua età si è felici. Si sperano tante cose, che d'altronde non arrivano mai. Alla mia, non si aspetta più niente... solo la morte".
Le Tusculane si possono considerare sicuramente una delle più importanti opere filosofiche di Cicerone: esse raccolgono cinque dialoghi immaginari ambientati nella villa ciceroniana di Tuscolo e sostenuti da due anonimi interlocutori, conosciuti generalmente come A (Auditor) e M (Magister).
Queste disputationes, i cui singoli titoli evidenziano con chiarezza il contenuto dell'opera (come disprezzare la morte; come sopportare il dolore; come lenire le afflizioni; le altre perturbazioni dell'animo; a vivere in beatitudine la virtù è paga di se stessa), consentono al lettore di indagare la figura del retore e di comprendere che la retorica non è solamente un artificio precettistico, ma una macchina intellettuale piuttosto complessa.
"Questo africano gli richiamava in volto il sorriso. Nelle sue Metamorfosi il latino raggiungeva la pienezza: travolgeva seco limi, acque diverse, affluite da tutte le provincie; e tutte si mescevano, si confondevano in una tinta bizzarra, esotica, quasi nuova. Vezzi, particolari nuovi della società latina trovavano la loro piena espressione in neologismi scaturiti, in quell'angolo d'Africa romano, dalle necessità della conversazione. Inoltre 1o divertiva quella sua esuberanza di uomo evidentemente pingue, quella sua esuberanza meridionale. Apuleio gli appariva cosi come un gaio e salace mattacchione vicino agli apologisti cristiani che fiorivano nello stesso suo secolo: il soporifero Minucio Felice..." (J.-K. Huysmans, Controcorrente).
Il giovane James Gatz, nato da una famiglia umile, decade di andarsene dal Nord Dakota con la volontà di trasformare se stesso e la sua identità: diventa cosi Jay Gatsby. A Louisville, dove si trova per l'addestramento militare, conosce Daisy Fay, della quale si innamora; una volta tornato in Europa dopo la prima guerra mondiale, però, Gatsby scopre che la sua amata si è sposata con un noto giocatore di polo di Chicago. Qui comincia il suo percorso per riconquistarla, raccontato dalla voce narrante del romanzo, Nick Carraway, cugino di Daisy e vicino di casa di Gatsby. La zona di Long Island in cui vivono brulica di nuovi ricchi il cui unico interesse è organizzare feste e ricevimenti esclusivi, ma in realtà nasconde un mondo fatto di solitudine e fragilità. Gatsby, che ormai fa parte di questa società "sfavillante, dopo essersi reso conto che per realizzare il proprio sogno non è sufficiente possedere qualunque mezzo, subirà una fine infelice, disperato d'amore per la bella Daisy.
Il libro dell'inquietudine è stato pubblicato in Portogallo per la prima volta nel 1982. La difficoltà di lettura dei documenti originali - ritrovati in un baule dopo la morte di Fernando Pessoa - ha richiesto la loro trascrizione completa. Pessoa ci parla del disagio che sente nello stare in mezzo agli altri e del disagio che la solitudine gli procura. Non trova sollievo né nell'una né nell'altra condizione; questo logorio lo snerva e lo porta a introiettare dentro di sè e nei suoi eteronimi la sua arte e la sua capacità analitica, per poi riprodurla sulla carta in cui trova il suo sfogo.
Il romanzo satirico Cuore di cane racconta la storia della trasformazione chirurgica di un cane in uomo, ed è un'evidente critica nei confronti della società sovietica, in particolare dei nuovi ricchi che sorsero dopo la rivoluzione bolscevica. Un cane parlante agonia scruta e giudica l'umanità, fino a che un professore di medicina di fama mondiale lo salva rendendolo con sé. Un giorno, però, il padrone decide, insieme al suo assistente, di trapiantare all'animale e testicoli e l'ipofisi di un uomo morto. Da questo momento si assiste al fatidico passaggio del cane da animale a individuo e comincia ad assumere abitudini e vizi.
La prima parte risulta la più interessante: vivere secondo natura, godere della libertà interiore, esercitare la razionalità, avere come guida la virtù, ricercare il sommo bene sono argomenti sui quali anche il più spensierato degli uomini di tanto in tanto riflette. La seconda parte del dialogo invece risulta più sottile che convincente; l'intento è fin troppo scopertamente autodifensivo: è vero che la saggezza si può praticare sia nelle difficoltà sia negli agi, ma è molto meglio essere ricchi che mendicanti, godere di buona salute che essere cagionevoli, abitare in una casa confortevole che sotto un ponte e potremmo continuare. Infine nella polemica contro l'Epicureismo, che diventa l'alibi filosofico di ogni sfrenatezza e contro le dottrine che tentano di insinuare nello Stoicismo motivi edonistici travestiti da amici della virtù, troviamo un serio ammonimento: non cediamo ai facili accomodamenti fra le grandi scuole di pensiero - una specie di trasformismo etico - ma ancor più dobbiamo saper dire "no" ai piccoli e grandi compromessi che avvengono nel chiuso della nostra coscienza.
Romanzo breve pubblicato nel 1867. In esso l'autore accantona momentaneamente i grandi temi religiosi e filosofici. Il racconto, in parte autobiografico, non è tuttavia disgiunto da un profondo impegno psicologico. Attraverso le vicende del protagonista Aleksej Ivanovic che, innamorato dalla giovane e capricciosa Paolina, finisce per diventare un giocatore di professione, Dostoevskij analizza la condizione ossessiva del giocatore d'azzardo.
Controcorrente, tipica espressione dello spirito decadente, avvia la transizione alla complessità e alle inquietudini del gusto letterario moderno. Il protagonista, rifiutando l'insostenibile mediocrità del mondo contemporaneo, si ritira in una sorta di squisita clausura, popolata di sogni, di profumi esotici e di artificiose bellezze, alla quale deve poi rinunciare a causa di profondi turbamenti psichici. Con largo anticipo rispetto ai temi scottanti di Là-bas, Huysmans lascia emergere la sua curiosità nei confronti delle scienze occulte e ci dà un assaggio della ricchezza dell'arte, del suo potere anestetizzante; ci mostra quale sia la sua visione della vita, della bellezza che vi risiede, per poi aprirci gli occhi e indurci a constatare quanto tutto questo non abbia valore di fronte all'oscurità che scorge nell'anima dell'uomo.
Il dialogo "De clementia" parla di ciò per cui ogni uomo politico dovrebbe lottare: la giustizia, il benessere comune, la dignità e il rispetto dell'uomo in quanto uomo, nel segno di una clementia che pone il diritto al di sopra di ogni sopruso e di ogni inclinazione a nocere. Si tratta di un'opera di filosofia politica in cui Seneca teorizza e celebra il 'potere illuminato' e, per tale ragione, ebbe grande successo ed esercitò un notevole influsso anche sul pensiero politico dell'età moderna.
La protagonista è Mary, una bambina di origini inglesi che vive in India con i suoi genitori ricchi e anaffettivi. Rimasta orfana, Mary viene affidata alle cure dello zio Lord Craven e lo raggiunge nel suo castello sperduto nella campagna inglese. Insieme al cuginetto Colin - segregato in casa perché ritenuto malato - e ad altri due amici, Mary farà rifiorire un giardino nascosto da un alto muro e abbandonato dopo la morte della moglie, avvenuta proprio in quel luogo. Alla sua uscita, nel 1911, il romanzo non venne ben accolto poiché metteva in discussione l'idea tradizionale di educazione: i bambini infatti si stimolano e si aiutano a vicenda, sono autonomi e giudiziosi, vivono all'aria aperta e non hanno bisogno della guida costante degli adulti. Mentre nelle prime pagine Mary, Colin e Lord Craven sono personaggi cupi perché vivono ciascuno nel ricordo del proprio tragico passato, nel corso del tempo, grazie al "pensiero positivo" dell'autrice, trovano vigore, entusiasmo e gioia di vivere.
Il romanzo "La signora Dalloway", pubblicato nel 1925 e ambientato due anni prima, si svolge a Westminster, nel cuore di Londra: in una mattina di sole, la signora Dalloway esce a comprare dei fiori per la festa che si terrà la sera stessa a casa sua. Da qui la giornata si svolge come un giorno qualsiasi: riceve una visita, vede il marito, si riposa, parla con la figlia, accoglie gli ospiti alla festa. Non ci sono colpi di scena, ed è proprio l'automatismo dei gesti quotidiani compiuti dalla signora Dalloway, in quella che potrebbe essere definita "vita di superficie", che permette a Virginia Woolf di creare lo spazio per un tempo doppio, una doppia vita: grazie alla ripetitività delle azioni, la signora Dalloway può immergersi in pensieri e ricordi che si sovrappongono alla routine e che raccontano la sua storia, modificando e trasformando l'ordinarietà di sottofondo, perché, in fin dei conti, per raccontare una vita basta una giornata.
"Il fu Mattia Pascal" rappresenta una delle tappe fondamentali del complesso percorso compiuto da Pirandello nell'àmbito dell'introspezione e della rottura degli schemi narrativi del Verismo. Mattia Pascal, il protagonista, stanco e deluso dalla vita oppressiva che è costretto a condurre in famiglia, si allontana dalla sua piccola città di provincia e, approdato a Montecarlo, vince al gioco una somma considerevole. Gli si presenta inoltre l'opportunità di evadere dal mondo di false relazioni familiari e sociali: legge infatti, in un trafiletto di cronaca, che è stato ritrovato e identificato il suo cadavere. Superato l'iniziale sbalordimento, decide di approfittare delle circostanze per cominciare un'esistenza diversa; con una nuova identità, dunque, si trasferisce a Roma, alla ricerca di una vita solitaria. A dispetto delle sue modeste aspirazioni, però, le cose si complicano e la sua finzione si trasforma ben presto in un'altra forma di oppressione.
Nello "Ione" Socrate dialoga con il più celebre dei rapsodi omerici, Ione di Efeso. A fronteggiarsi nel dialogo sono allora due stili di pensiero contrapposti e inconciliabili. Da un lato lo stile del rapsodo e del "poeta", rappresentanti di una cultura dell'elogio e dell'autorità, dall'altro lo stile del filosofo, che al contrario difende un'etica o una cultura del sapere. Il poeta e il filosofo sono entrambi esseri sacri, alati e leggeri, ma le loro ali hanno una diversa natura: il primo è leggero perché ispirato e posseduto; il secondo, perché l'elemento più divino che è in lui, la parte migliore della sua anima, se adeguatamente stimolata trova in se stessa la forza di staccarsi dal corpo e ascendere verso luoghi che le sono affini.
Il "De profundis" (1897) è fra le ultime opere del grande autore irlandese. Composta in parte durante la sua detenzione nel carcere di Reading, si presenta in forma di lettera indirizzata al giovando amante Bosie. È un testo ricco di motivi e provocazioni intellettuali, ove non manca il consueto atteggiamento di ribellione contro il conformismo bigotto della società dell'epoca vittoriana, ma neppure un certo vittimismo di matrice romantica, né quel gusto per la teatralità e l'istrionismo - la maschera e il volto - che, a dispetto delle circostanze, sempre contraddistingue la scrittura di Oscar Wilde. Centrale rimane comunque nell'opera il tema dell'inevitabile isolamento dell'artista moderno. Introduzione di Silvia Mondardini.
Grande fu l'impegno etico-civile e spirituale profuso da Gandhi nel lungo processo dell'indipendenza dell'India dalla Gran Bretagna, nella prima metà del Novecento. Le inedite quanto efficaci forme di resistenza da lui attuate nei confronti dei colonizzatori - la resistenza passiva (fondata sulla non-violenza), il rifiuto di obbedire a leggi ingiuste e di collaborare con l'autorità britannica - gli conferirono un'immensa notorietà a livello internazionale, che ancora perdura. Formatosi a contatto con culture religiose diverse (indù, cristiana, ebraica, musulmana), Gandhi non rinunciò mai a una visione umanistica ed ecumenica della religione, sempre improntata all'assoluto rispetto delle diversità. Questo libro raccoglie in maniera sistematica le sue riflessioni più pregnanti sul mondo, sull'uomo, sulla vita.
Nono dei venti romanzi del ciclo de "I Rougon-Macquart", l'opera pone al centro della scena Anna, detta Nanà, un'attrice di varietà. La sua dote non è la voce, che è roca e poco intonata, ma la sua predisposizione a mostrare le procaci nudità. Donna di tutti, non si innamora mai e non riesce nemmeno a contrastare il suo demone, che le impone di umiliare i suoi amanti distruggendoli intimamente. Andrà incontro al suo destino mentre per le strade parigine si odono le acclamazioni per la dichiarazione di guerra alla Prussia (1870). Introduzione di Ottavio Cecchi.
L'opera, pubblicata nel 1521, si costituisce di sette libri ed è scritta sotto forma di dialogo tra i giovani aristocratici fiorentini e il capitano dell'esercito spagnolo Fabrizio Colonna (alter ego dell'autore), personaggi che appartengono realmente alla vita di quel tempo. Il tema centrale è quello dell'organizzazione militare di uno Stato che sia ben diretto. Come già ne "Il Principe", anche in questo trattato egli argomenta la necessità di ritornare ai "modi" impiegati dagli antichi Romani per la creazione di un esercito formato dal popolo, onde evitare i rischi che comporta il ricorso ad inaffidabili milizie mercenarie. Il Machiavelli sostiene che occorre superare il sistema feudale con una riforma degli ordinamenti militari, accompagnata di pari passo da un cambiamento dei costumi e delle istituzioni.
"Tre uomini in barca (per non parlar del cane)", celebre racconto di J.K. Jerome, nasce da un malinteso; l'autore, originariamente, aveva scritto un'opera che doveva intitolarsi "La storia del Tamigi", ricca di notizie storico-letterarie adatte ad una guida turistica. L'editore della rivista sulla quale essa venne pubblicata pensò di tagliare le digressioni storico-culturali e di salvare le gag umoristiche, facendola diventare un romanzo originale ed unico nel suo genere. Il testo è costellato da una serie di situazioni comiche sulle gioie e sui dolori della vita in barca, che coinvolgono tre amici e il fedele cane Montmorency, condite dal caratteristico humour inglese.
"Madame Bovary" fu un esempio per tutta la narrativa occidentale, tanto da far scrivere ad alcuni studiosi che è proprio da questo testo che comincia il "romanzo moderno". Siamo dentro la vita mediocre di una famiglia borghese di provincia: il medico Charles Bovary e sua moglie Emma. Ed è la mediocrità, prima ancora dell'adulterio, il cardine su cui l'autore vuole porre la sua attenzione. La piatta e pallida vita dei coniugi Bovary - borghesi più per condizione spirituale che per stato sociale - così puntigliosamente raccontata, è ciò contro cui Emma dolorosamente tenta di ribellarsi. Eppure, alla propria vita, ella non sa contrapporre altro che illusioni: l'illusione di una vita e l'illusione di un amore.
Opera poetico-filosofica, scritta sotto forma di racconto tra il 1883 e il 1885. "Un libro per tutti e per nessuno" - come recita il sottotitolo -, accessibile al lettore comune per via della sua esposizione letteraria, ma enigmatico per i contenuti mistici del testo. Il poeta e profeta Zarathustra, durante dieci anni di solitaria meditazione, matura alcuni concetti fondamentali che vuole trasmettere agli uomini: la "morte di Dio", che segna la fine epocale di tutte le illusioni e le certezze umane; il "superuomo", ovvero il superamento dell'uomo, un uomo nuovo, libero non assoggettato ai valori e ai doveri che gli sono stati imposti; l'eterno ritorno dell'uguale", che si contrappone all'idea di linearità del tempo, contenuta nel concetto cristiano di finalità e in quello scientifico-moderno di progresso, a favore di un divenire ciclico che unisce novità e ripetizione. Sulla scorta di queste idee, Zarathustra mette in discussione i valori, gli istinti e i rapporti umani in un alternarsi di elementi polemici, canti e canzoni di grande suggestione.
Attraverso l'"Agricola", scritto nei primi anni di impero di Traiano (98 d.C), Tacito intende proporre la figura del suocero, valoroso generale a cui si deve la definitiva sottomissione della Britannia, quale esempio e modello etico per la nuova classe dirigente dell'impero. Ma l'autore latino non si limita a tracciare una biografia secondo gli schemi convenzionali: la vicenda umana e politica di Agricola si intreccia con l'ampio excursus etno-antropologico della Britannia, in cui sono illustrati i costumi delle varie popolazioni dell'isola, e con riflessioni di penetrante attualità sull'imperialismo romano, di cui si mette in luce, nel celebre discorso del comandante britanno Calgaco, la natura violenta e criminale.
Fuga senza fine fu pubblicato nel 1927 e rispecchia il clima tra le due guerre mondiali facendo presagire l'avvento del nazismo. Le vicende di Tunda sono il pretesto narrativo di cui Roth si serve per dipingere con ironia gli squarci della società europea dell'epoca. Tunda, ben lungi dall'essere un eroe positivo, è un uomo in balia degli eventi, rassegnato alla propria sorte. Tunda è un "sintomo" della malattia che altri hanno già contratto. I ricevimenti mondani, la folla per le strade, le conversazioni piatte e superficiali, il denaro che conferisce valore all'esistenza e un generale senso di fugacità sono resi da Roth in modo davvero avvincente. All'interno - come in tutti i volumi Fermento - gli "Indicatori" per consentire al lettore un agevole viaggio dentro il libro.
Il romanzo si svolge su due principali piani narrativi, ai quali corrispondono due differenti ambientazioni. La prima di queste è la Mosca degli anni trenta del Novecento, in cui si trova in visita Satana nei panni di Woland, un misterioso professore straniero, esperto di magia nera, attorniato da personaggi alquanto particolari: il valletto Korov'ev, soprannominato Fagotto, un ex maestro di cappella sempre vestito con abiti grotteschi, il gatto Behemot, il sicario Azazello , il pallido Abadonna, con il suo sguardo mortale e la strega Hella. L'arrivo del gruppo porta scompiglio non solo fra i membri di un'importante associazione letteraria sovietica, la MASSOLIT, luogo di convegno dell'alta società moscovita, ma in tutta Mosca. La seconda storia, che si sviluppa nel corso dell'intero romanzo interrompendo la narrazione principale sui fatti di Mosca, rievoca gli avvenimenti accaduti a Gerusalemme durante il periodo pasquale al tempo del procuratore romano Ponzio Pilato...
Riduci
Passati alla storia come "l'età del jazz", gli anni Venti furono, secondo Fernanda Pivano, «il decennio di tutte le proteste e di tutte le rivolte, delle utopie più ottimistiche e delle delusioni più spietate». Immagine e frutto di quegli anni sono i racconti di questa raccolta: le voci, i gesti, gli emblemi esteriori ed effimeri di quel mondo di "belli e dannati" appaiono qui come riflessi in uno specchio deformante. I protagonisti dei "Racconti dell'età del jazz" diventano quindi simbolo di un'epoca storica che vide nello scrittore e in sua moglie Zelda la personificazione di un tipo ideale, ma anche della condizione umana universale, oscillanti tra opposti sentimenti e opposte situazioni, sempre costretti dagli imprevisti della vita all'improvvisazione, come in un ritmo jazz.
Luigi Pirandello, assimilando e oltrepassando la lezione di rigore, oggettività, impersonalità lucida e feroce, impartitagli dal verismo di Verga e Capuana, seppe introdurre nei genere novellistico le note stridenti e dolorose dell'angoscia che attanaglia l'uomo contemporaneo, posto impietosamente di fronte allo specchio che illumina senza velo e senza appello le sue finzioni, le sue ipocrisie, i suoi inganni agli altri e a se stesso, le sue maschere fragili e fittizie.
Petrarca si pone sullo spartiacque e sul discrimine fra Medioevo e Umanesimo, raccogliendo da un lato le tensioni e i messaggi più vividi e duraturi del primo e prefigurando, dall'altro, quell'assiduo amore per la parola dell'antico che pervase ed animò il secondo... Al pari del Dante paradisiaco, Petrarca è capace di ascendere, con il suo pensiero poetante, dalla terra al cielo, all'eterno dal tempo.
(dal saggio introduttivo di Matteo Veronesi)
Questa raccolta di aforismi, tratta dai "Parerga e Paralipomena" e pubblicata nel 1821, riscuote sin dal primo momento un successo insperato da parte del filosofo. È propriamente un trattato sulla vita felice, un insieme di fulminanti riflessioni che aiutano a rendere la vita il più piacevole possibile. Introduzione di Mauro Conti.
Scritti in uno dei periodi più sereni della vita di Oscar Wilde, questi racconti sono favole tenere e sentimentali, nate probabilmente per essere raccontate ai figli piccoli, nei confronti dei quali egli era padre affettuoso e compagno di giochi, storie che hanno il pregio di toccare con la stessa forza l'animo dei lettori maturi e di quelli più giovani, attraverso mirabili personaggi: dal Principe felice, una meravigliosa statua che rinuncia alla sua bellezza materiale solo per il desiderio di fare del bene, all'Usignolo che si sacrifica inutilmente in nome dell'Africa, al Gigante che, pentitosi del suo egoismo, apre il suo giardino ai bambini e, una volta diventato vecchio, viene accompagnato in Paradiso dal bambino che aveva amato di più. Con il suo inconfondibile talento e la sua malinconica ironia, Oscar Wilde regala al lettore grandi fiabe, narrate con uno stile leggero, in esatto equilibrio fra necessità e divagazione, sintesi e ricchezza immaginativa.
Duecentocinquanta epitaffi, duecentocinquanta voci a dire, ciascuna, l'essenza di una vita, l'essenza di una vita, l'essenza della Vita; ed è la Vita, assieme al Tempo, alla Morte e all'Umano, la grande protagonista di questa ormai celeberrima raccolta di poesie, qui presentata nella forma voluta da Edgar Lee Masters per l'edizione definitiva del 1916.
L'irrequietudine dell'animo: come riconoscerla, diagnosticarla, curarla. Solo dopo queste fasi si potrà arrivare alla tranquillità dell'animo. Ma attenzione: tranquillitas non è possesso definitivo, dal quale nulla e nessuno possa allontanarci, ma equilibrio continuamente raggiunto, perduto, recuperato, nella consapevolezza che l'animo umano vacilla facilmente di fronte alle molte, troppe insidie che sono in noi e fuori di noi. Tranquillitas quindi non sarà assenza di movimento, ma incessante attività dello spirito, in continua dialettica con se stesso.
Il titolo stesso di quest'opera ne racchiude il contenuto: figlia di Plutone e Neotete, la Follia è la divinità suprema capace di dispensare benefici agli uomini e agli dèi, dà sapore all'esistenza portando all'accettazione di sé e degli altri, genera i matrimoni e le amicizie, armonizza la società umana e domina persino sugli dèi. La Follia dissacra ma non condanna mai. Uno dei più grandi successi letterari del secolo, l'Elogio della Follia fu letto ovunque in Europa, fu tradotto in varie lingue ed ebbe numerosissime edizioni e imitazioni. Tutte le opere di Erasmo, Elogio della Follia e Colloqui compresi, furono inserite nell'Indice dei libri proibiti istituito nel 1559. Saggio introduttivo di Massimiliano Lacertosa.
Dopo le prime prove di ispirazione civile, la crisi del 1819 ("dal bello al vero") segnò una svolta nella produzione leopardiana; alla stesura delle successive canzoni si associò la composizione dei cosiddetti "piccoli idilli", le une e gli altri supportati da un pensiero sempre più lucido sul valore della scrittura letteraria e, in generale, dell'esistenza. Infine, a partire dall'aprile del 1828, Leopardi trovò un'originale misura lirica, che fu capace di rivestire di bellezza una tematica arida e desolata e che culminò negli accenti eroici e polemici del periodo napoletano. Sedimentazione attiva di questa straordinaria vicenda poetica e umana furono i "Canti", caposaldo imprescindibile della nostra tradizione letteraria e testo fondante della nuova sensibilità romantica. Essi furono pubblicati in primis nel 1831, quindi nel 1835 e, postumi, nel 1845, subendo da una redazione all'altra significative modifiche e aggiunte e definendo così il senso di un'opera aperta, di un capolavoro d'introspezione psicologica e di riflessione esistenziale.
"Ali spezzate" (1912) è il primo e l'unico romanzo breve in prosa scritto dal poeta libanese e rappresenta un contenuto germinale del suo pensiero sul ruolo maschile e femminile nella società araba, sul peso e sulla consistenza del legame matrimoniale e sul vincolo delle ricchezze e del patrimonio nella scelta del coniuge, nel perpetuarsi di relazioni di classe e di differenze di ceto. Scritto con una forte impronta autobiografica, è una storia d'amore tra due giovani che hanno da poco varcato la soglia dell'adolescenza per inoltrarsi nella fase matura dell'età adulta, strappati dal sogno, ideale e adolescenziale, del puro amore per confrontarsi con una realtà spietata e crudele che ne infrange e ne incrina il futuro.
Luigi Pirandello, uno dei massimi geni del Novecento, seppe, forse meglio di chiunque altro, illuminare ed esplorare le angosce, le dissociazioni e i contrasti interiori che lacerano la coscienza e lo spirito della modernità. In "Sei personaggi in cerca d'autore", questa visione tormentata si traduce in un vero e proprio "teatro della mente" nel cui allucinato e straniato spazio scenico la coscienza osserva e tortura ossessivamente se stessa. In altri termini, si traduce nella geniale innovazione del "metateatro", del teatro "su" e "nel" teatro, della rappresentazione che rappresenta se stessa proprio nel momento e all'atto del proprio farsi, del proprio divenire, del proprio prender forma nel tumultuoso groviglio che avvolge e intreccia la vita e la forma, la realtà e la sua ombra, l'esistenza e la maschera, la "vita nuda" e il suo illusorio fantasma.
"Uno, nessuno e centomila", pubblicato nel 1926, è il romanzo in cui appare in modo più articolato e coerente il pensiero pirandelliano circa la vita e la società, trattandosi della sua ultima opera che segna dunque il culmine di quella attualissima riflessione sulla complessità e sulla drammaticità della condizione umana iniziata con "Il fu Mattia Pascal" (1904). Il protagonista, Vitangelo Moscarda, esprime nella propria tragica vicenda ciò che potrebbe accadere a ognuno di noi: egli ha infatti scoperto di essere estraneo a se stesso, in quanto viene visto e costruito dagli altri a modo loro, dunque in "centomila" modi; prende così coscienza di non possedere una personalità, bensì tante quante gli altri gliene attribuiscono. L'ossessione lo travolge, gettandolo in un vortice di follia, e facendolo giungere a rinnegare perfino se stesso.
Il romanzo di Emily Brönte è costruito attorno al tema centrale dell'amore, un amore lacerante e divampante come il fuoco. Intriso di passioni turbinose come il vento del nord che spazza la brughiera dello Yorkshire e sibila intorno all'antico casale della famiglia Earnshaw, chiamato Cime Tempestose, questa straordinaria opera, che ne riprende il nome, racconta con potente drammaticità la storia di un nucleo familiare diviso da odio profondo, contrasti e rotture insanabili.
L'"Amleto" rappresenta uno dei più grandi capolavori di Shakespeare. Composta agli inizi del '600, mette in scena una grande metafora della vita in cui bene e male si affrontano costantemente coinvolgendo l'omonimo protagonista in un vortice di dubbi e di incertezze esistenziali. Le domande che si pone Amleto sono le stesse che si pone l'uomo moderno: vivere o morire, agire o non agire? Proprio questa caratteristica rende questa tragedia un'opera sempre attuale che grazie alla sapiente drammaturgia shakespeariana, attenta soprattutto a far emergere le sfumature psicologiche dei suoi personaggi, coinvolge ogni tipo di lettore, trasportandolo in una dimensione profonda e complessa. Saggio introduttivo di Luigi Weber.
Opera fra le più brillanti e amate dal pensatore tedesco, "La gaia scienza" (1881-1887) è una raccolta di aforismi divisa in cinque libri, preceduti da un prologo e seguiti da un epilogo. Stesa in prosa e versi, deve il suo titolo alla poesia dei trovatori provenzali, da questi denominata "gaya scienza" o "gai saber", in quanto sintesi di canto, cavalleria e spirito libero. Fra i temi che animano il testo spiccano l'aspirazione alla vittoria spirituale contro la tirannia del male e il prevalere del pessimismo, nonché una forza interiore che è disposta ad accettare la vita nella sua globalità, senza rifiutarne neppure i dolori. Ai falsi ideali giudaico-cristiani di pietà e rassegnazione, egli contrappone valori quali l'energia vitale e la volontà di potenza, propugnando un'etica squisitamente individualistica e una visione politica aristocratica.
Dalle due conferenze sul tema "Le donne e il romanzo" dell'ottobre 1928 trae origine un saggio che raccoglie tutte le riflessioni in merito della scrittrice inglese Virginia Woolf. L'opera offre un'analisi, sotto il duplice aspetto storico e culturale, del ruolo della donna nel mondo letterario, fino a quel momento di esclusivo appannaggio maschile. L'autrice, in quello che può essere considerato il primo saggio femminista, fa luce sull'incapacità della donna di affermare se stessa poiché priva o meglio privata dei mezzi necessari, e soprattutto di "una stanza tutta per sé", metafora di uno spazio in cui dar voce alla prospettiva femminile. Ed è proprio in occasione delle due conferenze e nel luogo in cui i grandi esponenti della cultura inglese escludono le donne (le università), che la Woolf decide di ridicolizzare i letterati del suo tempo e denunciare il loro atteggiamento di chiusura verso l'universo femminile.
"Gli ultimi fuochi" è il lascito di un romanzo incompiuto che Francis Scott Fitzgerald non terminò a causa di un attacco cardiaco, e che possiede tutte le caratteristiche del capolavoro letterario. L'autore vi lavorò quando la sua stella era declinata e aveva cercato, senza successo, di far carriera nel mondo hollywoodiano come sceneggiatore. La sua esperienze trova eco nell'opera che solleva il sipario sul retroscena del mondo della produzione cinematografica: Fitzgerald coglie la cupidigia degli azionisti e dei direttori amministrativi, il servilismo dei dipendenti, l'esibizionismo delle star e la facilità con cui si entra e si esce dalla scena, per essere abbandonati lontani dai riflettori. Si contano innumerevoli appunti e commenti dell'autore, intenzionato dunque a scrivere un romanzo curato nei minimi dettagli e quanto più fedele al mondo reale. Nulla, invece, è stato ritrovato sull'epilogo e l'incompiuto lascia sempre spazio all'immaginazione del lettore e a tutte le possibili alternative.
"Nubi pesanti spegnevano le stelle": eppure, a bordo del suo aereo postale, Fabien decide di proseguire il viaggio. Sono gli anni eroici dei primi collegamenti internazionali, dei pericolosi voli notturni sulle sconfinate regioni dell'America Latina. L'uragano spinge l'aereo fuori rotta, i contatti radio si interrompono, la scorta di carburante è limitata. In un'oscurità impenetrabile il pilota continua a volare. Dall'aeroporto di Buenos Aires, il responsabile dell'intera rete aerea, Rivière, segue impotente lo sviluppo della tragedia. E di fronte alla moglie di Fabien, giovane e bella, anche la sua intransigenza vacilla. Ma è un'incertezza di breve durata: i voli notturni proseguiranno, perché la vita ha valore solo quando viene vissuta con pienezza e coraggio. Questo romanzo fu pubblicato nel 1931 con la prefazione di André Gide che qui si riproduce.
Le poesie di Poe trasportano il lettore in un mondo buio, scuro, arcano, composto da personaggi solitari e ambientazioni spettrali. L'inquietudine della condizione umana e le tensioni dell'animo si celano dietro ad immagini e suggestioni gotiche e romantiche, rappresentando metaforicamente le tensioni della vita del suo tempo. Scritte con grande abilità stilistica e con una profonda allusività, le poesie offrono stupefacenti intrecci strofici e metrici e una musicalità fluida che si dilata e giunge fino ai giorni nostri. Prefazione di Charles Baudelaire e introduzione di Matteo Veronesi.
"Canne al vento" (1913) - il romanzo probabilmente più famoso di Grazia Deledda - rivela appieno una spiccata attitudine dell'autrice per la penetrazione psicologica e l'analisi socio-culturale dei drammi profondi che tormentano e talora sconvolgono le coscienze umane. La vicenda è ambientata nella terra d'origine e narra un'intensa storia d'amore immersa in un mondo quasi primordiale e mitico, ove le passioni umane sono dominate da un forte senso del peccato e da un'inesorabile fatalità. Fra tardo verismo e decadentismo, con un'impronta del tutto originale e straordinariamente suggestiva, la scrittura della Deledda mostra ancor oggi tutta la sua sapiente capacità di evocare i drammi senza tempo della mente umana.
Il "Lelius de amicitia", fortunatissimo dialogo ciceroniano risalente al 44 a.C. e dedicato ad Attico, s'immagina condotto da tre illustri interlocutori, Fannio, Scevola e Lelio, che disquisiscono sul tema dell'amicizia: cos'è, da cosa nasce e a quali fini tende. Mentre l'amicizia per i Romani è innanzitutto la creazione di legami personali a scopo di sostegno politico, la tesi di Cicerone espressa per bocca di Lelio e ispirata soprattutto a fonti di orientamento platonico e storico, è assai innovativa: la vera amicizia è un sentimento del tutto disinteressato, un rapporto insostituibile che, dopo la sapienza, rappresenta il massimo bene cui l'uomo possa aspirare. Sforzandosi di allargare la base sociale dell'amicizia al di là della ristretta cerchia della nobilitas, ponendo come sue fondamenta valori come virtus e probitas, l'amicizia viene sdoganata dall'ambito esclusivamente politico per diventare una sorta di spinta al miglioramento individuale. Introduzione di Isabella Vilardi, premessa di Anna Giordano Rampioni.
I racconti dickensiani mettono in scena una famiglia raccolta, il desiderio di stare insieme, l'amore per le cose semplici, ma preziose in un mondo popolato da fate, spiriti, folletti e creature fantastiche che portano l'uomo in una dimensione surreale, ma vissuta in maniera totalmente realistica. Come nei romanzi, anche qui l'autore svela l'altra faccia dell'Inghilterra del suo tempo, quella del malessere sociale e l'immensa e caotica metropoli con le sue case fatiscenti e le sue strade degradate. Il tono non è però mai totalmente cupo e lascia spazio al sorriso o alla risata liberatoria, al comico e al grottesco. Nei suoi racconti, Dickens disegna le sue grandi utopie natalizie facendo spesso ravvedere gli indifferenti e i malvagi e regalando così al suo lettore l'atteso lieto fine.
"La leggenda del santo bevitore" di J. Roth va ben al di là di una semplice novella, si presta a una lettura più profonda, a molteplici livelli: un racconto che può definirsi al contempo favola drammatica, saggio sulla vita, opera religiosa e manifestazione di fede. L'autore narra le nefandezze di cui è capace l'essere umano e la qualità della redenzione di un'anima semplice e pura. Il protagonista Andreas, scontata una condanna per omicidio, ce la mette tutta per tornare a essere, come lui si definisce, un "uomo d'onore". Durante il suo "percorso di espiazione" usa spesso il pernod per annebbiare i suoi pensieri, come a volersi lasciare condurre dalla vita, invece di agire. Tuttavia, il manifestarsi di una serie di miracoli e fortune che permettono all'uomo di non piegarsi alle regole e ai doveri dei comuni esseri umani, renderà il bevitore di Roth "santo". "La leggenda del santo bevitore" di J. Roth va ben al di là di una semplice novella, si presta a una lettura più profonda, a molteplici livelli: un racconto che può definirsi al contempo favola drammatica, saggio sulla vita, opera religiosa e manifestazione di fede. L'autore narra le nefandezze di cui è capace l'essere umano e la qualità della redenzione di un'anima semplice e pura. Il protagonista Andreas, scontata una condanna per omicidio, ce la mette tutta per tornare a essere, come lui si definisce, un "uomo d'onore". Durante il suo "percorso di espiazione" usa spesso il pernod per annebbiare i suoi pensieri, come a volersi lasciare condurre dalla vita, invece di agire. Tuttavia, il manifestarsi di una serie di miracoli e fortune che permettono all'uomo di non piegarsi alle regole e ai doveri dei comuni esseri umani, renderà il bevitore di Roth "santo".
Si racconta che in una grotta del monte Hira, Maometto sentì all'improvviso una voce: era l'arcangelo Gabriele che gli parlava. Questi, che portava con sé un panno su cui erano incise delle parole, gli disse: «Leggi!». Maometto restò attonito per lo stupore e rispose all'arcangelo che era analfabeta. Nonostante questo, egli ripete le parole impresse e l'angelo si allontanò. In quella notte, chiamata poi "la notte del destino", fra il 26 e il 27 del mese di Ramadàn, il messaggero celeste gli ispirò la prima frase del Corano. Era circa l'anno 610 dell'era cristiana. Introduzione di Pierluigi Valli.
Pubblicato nel 1904, "Il richiamo della foresta" è forse il libro più celebre di Jack London e sicuramente quello che ha contribuito maggiormente alla fama dello scrittore, diventando da subito un successo internazionale. Tra i ghiacci del Klondike, all'epoca della febbre dell'oro, nella vita di Buck irrompe una natura selvaggia, brutale e feroce, che attraverso numerose avventure farà emergere la sua natura istintiva e primordiale. Buck riuscirà a ritrovare l'amore per l'uomo grazie a John Thornton, che lo salva dal duro sfruttamento dei suoi ultimi padroni. Una storia affascinante e profonda, che parla ad ogni tipo di lettore e racconta il difficile rapporto tra natura e viventi.
Romanzo sicuramente autobiografico di Virginia Woolf, pubblicato per la prima volta nel 1927, "Gita al faro" è composto da tre parti: The window (La finestra), Time passes (Il tempo passa), The lighthouse (Il faro). Il tempo, che funge da sfondo alla narrazione, si concentra in tre brevissimi momenti: un tardo pomeriggio in La finestra; una notte, che in realtà si dilata in un tempo non convenzionale e non più misurabile in Il tempo passa; una mattina presto, anni dopo, in Il faro. Il lettore, a sua insaputa, viene condotto ad indagare i significati profondi della vita, della morte e della transitorietà dell'esperienza terrena. I personaggi, soprattutto la signora Ramsay, fulcro del romanzo, vengono scoperti dal narratore e dal lettore contemporaneamente, attraverso una voce che disvela le trame del pensiero come fossero generate al momento.
"Storia di una capinera" è un romanzo scritto in forma epistolare che narra la vicenda di una fanciulla destinata dalla matrigna alla monacazione. Per un breve periodo la giovane lascia il convento e raggiunge la famiglia in campagna, ove conoscerà le gioie della vita ed anche l'amore; ma la felicità dura poco ed una serie di sventure si abbatteranno sulla ragazza. Con quest'opera Verga raggiunse una notevole popolarità, dovuta all'accuratezza con cui egli si documentò sui conventi e sul folklore siciliano: questo testimonia l'interesse per il "vero" che sarà al centro dei romanzi maggiori.
Il romanzo, pubblicato in origine come feuilleton, uscì in forma completa nel 1843. In quest'opera Balzac mostra a pieno le sue doti narrative e descrittive, concentrandosi su intrighi, complotti e avvincenti colpi di scena, inseriti in una Parigi sapientemente delineata, carica di paesaggi e ambientazioni affascinanti. La storia parte da un fatto di cronaca realmente accaduto: il rapimento del conte Dominique Clement de Ris da parte di alcuni agenti di Fouché, ministro della polizia al tempo di Napoleone. Attraverso diverse vicissitudini viene tratteggiata, con grande abilità e dovizia di particolari, la società francese dell'epoca, in un noir in cui storia e politica si intrecciano alla perfezione. Il magistrale stile di Balzac conduce a un finale amaro, che fa indubbiamente riflettere, offrendo spunti interessanti anche al lettore odierno. Introduzione di Pietro Paolo Trompeo.
"La bisbetica domata", la cui data di composizione è particolarmente incerta, è probabilmente una delle commedie più rappresentate di William Shakespeare. Petruccio, giovane avventuriero di Verona, si reca a Padova per cercare moglie, e sposa, interessato soprattutto alla sua dote, la bella Caterina Minola, una giovane donna dal carattere scontroso, conquistata attraverso una serie di inganni e buffi travestimenti e con la complicità degli spasimanti di Bianca, sorella di Caterina. L'atmosfera gioiosa e le situazioni divertenti, che portano la vicenda a sciogliersi in un lieto fine, si alternano ai toni talvolta malinconici e patetici offrendo numerosi spunti di riflessione rispetto alla società dell'epoca: ipocrisia, avidità e superficialità sono solo alcuni dei temi trattati nell'opera. Ancora una volta, la drammaturgia shakespeariana offre un'analisi approfondita della psicologia dei personaggi, con un linguaggio vivace e pungente.
Studiare l'avversario, i suoi punti di forza e di debolezza; conoscere alla perfezione il terreno di battaglia, ma anche i propri limiti; giocare di anticipo, con manovre e scelte tattiche inaspettate; contare sulla massima velocità nel passaggio delle informazioni (che saranno carpite al nemico da un nutrito esercito di spie) e nell'organizzazione delle contromosse: queste sono le linee guida del libro "Arte della guerra", il trattato militare attribuito a Sun Tzu, scritto probabilmente nel VI secolo a.C. Tutto ciò farà sì che ogni azione abbia la massima efficacia possibile ed eviti inutili stragi. L'opera ha influenzato nei secoli non solo la filosofia orientale, ma anche il mondo occidentale, ispirando grandi condottieri del passato e divenendo oggi un libro di culto per migliaia di manager e dirigenti aziendali dal momento che ci insegna a gestire anche situazioni conflittuali della vita quotidiana.
Con l'"Ars amatoria" Ovidio crea un'opera sotto molti aspetti rivoluzionaria per i suoi tempi. Essa è infatti un ibrido di generi letterari: manuale d'amore, repertorio di temi e movenze della poesia d'amore latina (elegiaca in special modo), spaccato della società galante dell'età augustea. In quest'opera si intrecciano spunti letterari e repertorio mitico, istruzioni su come sedurre qualcuno e consigli su come curare il proprio aspetto, ma anche i pregi e i difetti delle posizioni da tenere nel rapporto sessuale. Un'opera che è specchio dell'epoca ma è anche capace di delineare i meccanismi che regolano i rapporti tra uomo e donna. Il tutto amalgamato da una scrittura versatile e leggera. capace di modulare registri diversi e dominarli tutti con il medesimo controllo. Un archetipo della trattatistica d'amore della tradizione occidentale, un libro eterno e universale. Prefazione di Anna Giordano Rampioni.
Nel 1906, tre anni dopo la pubblicazione del famosissimo "Il richiamo della foresta", Jack London diede alle stampe "Zanna Bianca", uno dei romanzi più tradotti, venduti e recensiti del secolo scorso. Zanna Bianca infatti è il nome indiano di un cucciolo di lupo, bello e fortissimo, disposto ad accettare qualsiasi sfida per sopravvivere, ma al tempo stesso pronto a sacrificare la propria vita per colui che ha risvegliato nel suo cuore di animale selvatico la fiducia nell'essere umano. Anche in questo libro l'autore volle ricordare la sua esperienza di cercatore d'oro nell'ambiente terribile del Grande Nord e ancora una volta scelse come protagonista un animale.
L'"Antigone" andò in scena nel 442 a.C., l'anno precedente all'elezione del poeta a stratego, come collega di Pericle (441-440 a.C.). La tradizione testimonierebbe che Sofocle sia stato onorato della strategia a Samo in seguito alla fama riportata nella rappresentazione di questo dramma. La notizia, nella sua verosimiglianza, dimostra l'impatto sul pubblico che l'opera ebbe da subito, nonostante - e forse proprio perché - l'argomento ci risulti essere frutto dell'invenzione del poeta tragico ateniese. Gli epigoni del mito dei Labdacidi, infatti, erano già stati trattati da Eschilo nei "Sette a Tebe", ma solo Sofocle pone al centro del testo l'azione di Antigone. Anzi, egli costruisce il dramma proprio intorno all'insanabile conflitto tra l'eroina e il sovrano Creonte sulla liceità di attribuire la stessa dignità di sepoltura a chi abbia combattuto a favore (Eteocle) e a chi contro (il fratello Polinice) alla propria città. Prefazione di Anna Giordano Rampini e introduzione e note di Giorgio Sandrolini.
Suggestivo e coinvolgente, "Orgoglio e pregiudizio" è non solo il romanzo più popolare di Jane Austen, ma anche quello in cui meglio l'autrice dipinge un perfetto quadro della società inglese settecentesca. Un facoltoso giovanotto proveniente dall'Inghilterra del Nord, Charles Bingley, prende in affitto Netherfield Park, una tenuta nello Hertfordshire, suscitando la curiosità e l'eccitamento delle famiglie residenti nel circondario e della famiglia Bennet in primo luogo, che, con cinque figlie da maritare, vede nella circostanza dei potenziali sviluppi matrimoniali. Storie d'amore e matrimoni, compromessi rifiutati e ricerca di un posto nella società sono al centro della vicenda, che proprio grazie alla sua semplicità esalta in maniera distintiva lo stile arguto e brillante della Austen, portando l'opera ad un livello creativo che resta tra i massimi della letteratura inglese. Introduzione di Sara Poledrelli.
La Napoli dei vicoli, quella più vera e animata, è il mondo rappresentato da Di Giacomo. Un corpo affollato, una città dai mille volti, un brulicante calderone di umanità che possiede i caratteri dell'universalità: vinti e oppressi, uomini poveri e infelici, talvolta eroici loro malgrado, occupano una posizione centrale nelle novelle dell'autore. Egli si autodefiniva, fra il serio e il faceto, "verista sentimentale", giacché non era estraneo al movimento letterario del verismo, che nel tardo ottocento andava denunciando le disumane e ingiuste condizioni di vita delle popolazioni meridionali, ma il sentimento di contenuta quanto struggente pietà per la condizione umana, di tutti gli esseri umani, è il carattere distintivo di questi racconti "di genere".
Il "Libro dei prodigi" ci offre un'esposizione ampia (dal 190 a.C. all'11 a.C.) delle credenze religiose del popolo romano nei prodigi. L'enigma legato a un autore di cui non si hanno praticamente notizie, risulta essere un elemento di grande fascino e interesse che provocò le interpretazioni più varie da parte dei filologi sia per quanto concerne la sua collocazione storica sia per quanto riguarda la sua posizione religiosa. Ma c'è di più, perché in tempi più recenti l'operetta, segnalata come appartenente al genere fantascientifico, è stata inserita nella "Biblioteca dei Misteri", una collana di scienze occulte, in quanto Ossequente, parlando di oggetti non identificati o di armi e scudi celesti, farebbe riferimento a dischi volanti e UFO. Con un saggio di Silvana Rocca.
Émile Zola ha racchiuso la sua produzione di venti romanzi, pubblicati tra il 1871 e il 1893, nel ciclo "I Rougon-Macquart. Storia naturale e sociale di una famiglia sotto il Secondo Impero". Il dodicesimo del ciclo, La gioia di vivere, dopo essere stato pubblicato a puntate sulla rivista "Gil Blas", uscì sotto forma di libro nel 1884. La storia ha inizio nel 1863 e copre un arco temporale di dieci anni: narra di Pauline che, rimasta orfana, va a vivere in Normandia presso i Chanteau, parenti del padre. L'opera è pervasa da una riflessione intimistica sul dolore e sul senso della vita poiché fu scritta dall'autore dopo la perdita della madre e dell'amico Gustave Flaubert. Colpisce la dicotomia tra i due personaggi principali: da un lato il figlio dei Chanteau, Lazare, diciannovenne irresoluto, pessimista e nichilista; dall'altra Pauline, una ragazza positiva, generosa e altruista. "La joie de vivre", che dà il titolo al romanzo, è proprio quella a cui la protagonista si aggrappa per fronteggiare tutti gli ostacoli che la vita le riserva.
"Le rane", commedia rappresentata nel 405 a.C, alla vigilia della disfatta di Atene nella guerra del Peloponneso, è fin dall'antichità una delle più famose di Aristofane. Nella prima parte Dioniso, nume tutelare del teatro - ma tratteggiato con caratteristiche buffonesche - intraprende una farsesca discesa all'Ade per riportare in vita il poeta tragico Euripide. La missione si trasforma però, nella seconda parte, in un suo problematico arbitraggio nell'imprevista sfida tra Eschilo ed Euripide. Insieme con i meriti poetici dei due avversari, simboli di due epoche ben diverse - il passato glorioso e l'oscuro presente - si delinea a più riprese, tra una risata e l'altra, una valutazione morale, ideologica e politica che conduce inevitabilmente al trionfo di Eschilo. «Eschilo, ti saluto, va' a salvare la Città nostra con buoni consigli, e gli stupidi educa: son tanti!» (w. 1500-1503): tale l'esortazione finale di Plutone, un dio degli Inferi vanamente filateniese.
Parabola di un amore fulgido e totale, Romeo e Giulietta narra della passione tra i giovani figli di due casate nemiche e delle tragiche conseguenze di questa rivalità. L'amore incondizionato dei due protagonisti causerà infatti, per una sciagurata combinazione di circostanze esterne, la loro rovina. La vicenda è diventata il simbolo per eccellenza di un sentimento profondo che si oppone con coraggio, ma senza successo, alla cultura di un'epoca, all'odio e alla lotta di due famiglie divise da un rancore antico e implacabile. Scritta tra il 1591 e il 1595, l'opera rappresenta il passaggio dal periodo iniziale a quello più maturo della produzione shakespeariana; ricca di metafore che toccano tutte le note del sentimento, inneggia ad un amore che supera le barriere della morte.
Lo psicanalista di Zeno Cosini - commerciante triestino, incarnazione dell'antieroe - consiglia al suo paziente di mettersi a scrivere la storia della sua vita. Solo rivivendone le esperienze più significative e scavando nella propria coscienza egli potrà forse superare il "disagio di vivere" che da sempre lo tormenta. Emergono così il vizio del fumo, il ricordo di una relazione con una giovane amante, la convinzione che il suo matrimonio sia avvenuto "per caso", il rapporto contraddittorio con il cognato Giulio: un susseguirsi di eventi che Zeno analizza con profondità e grande ironia. Lucido e consapevole, egli comincerà a guarire quando si scoprirà ad accettare le proprie debolezze e quelle altrui, convinto ormai che "la vita non è né bella, né brutta; è soltanto originale".
Le "Epistulae morales ad Lucilium" rappresentano l'espressione più matura della riflessione filosofica di Seneca. Si tratta di una raccolta di 124 lettere indirizzate all'amico e discepolo Lucilio, composte durante gli anni di ritiro dalla vita pubblica tra il 62 e il 65 d.C. Con una scrittura raffinata e uno stile decisamente nuovo rispetto a quello più ampolloso di Cicerone, le Lettere rappresentano uno straordinario documento del sentimento drammatico dell'esistenza. Partendo da problematiche di vita quotidiane, egli affronta argomenti di diversa natura, mettendo in luce le incertezze e le contraddizioni che lacerano ogni uomo e indicando, lettera dopo lettera, il cammino verso la libertà interiore e la virtù.
Romanzo epistolare chiaramente autobiografico, ispirato a La nuova Eloisa di Rousseau e a. I dolori del giovane Werther di Goethe, "Ultime lettere di Jacopo Ortis" narra l'infelice amore di Jacopo - esule sui Colli Euganei dopo il Trattato di Campoformio - per la "divina fanciulla" Teresa. Ma Teresa, pur corrispondendolo, è stata promessa sposa a Odoardo e per non dispiacere al padre accetta il matrimonio impostole, per cui Jacopo muore suicida. Il romanzo rispecchia le passioni e gli affetti foscoliani incentrandosi sulla malinconica vitalità del protagonista, secondo un modello di puro stile romantico.
Poema in dodici libri, composto fra il 29 e il 19 a.C, anno della morte di Virgilio. Nella prima parte Enea e i superstiti Troiani, sfuggiti all'incendio di Troia e al massacro inferto dagli Achei, vanno peregrinando sul mare. Nella seconda parte del poema, approdati nel Lazio, sono costretti a lottare contro le genti locali riportando una faticosa vittoria, ma per volere degli dei, il nome e la lingua troiana scompaiono. Iulo Ascanio, figlio di Enea, edificherà Alba Longa, da cui, dopo diverse generazioni, Romolo fonderà Roma. Dall'unione dei Troiani con i Latini nasce la civiltà romana.
Le vicissitudini sveviane con gli editori sono ben note, e si spiega così l’incipit del racconto, in cui subito ci coinvolge questo letterato quasi sessantenne che ha pubblicato un romanzo quarant’anni prima, e adesso poteva anche risultare morto: nessuno se ne sarebbe accorto. eppure non demorde, aspetta ancora il bacio voluttuoso della gloria, con qualche osso rotto, ma con gli organi più importanti intatti, e una grande stima di se stesso.
E questo dipende dallo spirito dello stesso Svevo, che in quegli anni viveva un ritorno alla gioia del raccontare e che riflette anche la ricomposizione di una coscienza critica a fronte della traumatica tensione della precedente stagione. Circola, perciò, ne La burla riuscita, come una temperie di accettazione della propria condizione umana, che appartiene alla biologia, all’età, al mondo generazionale: un complesso di riflessioni che appartengono all’inesorabilità della legge umana e sociale. Del resto – Nietzsche insegna – il cosiddetto superomismo altro non è se non la consapevolezza della propria altera solitudine, in mezzo alla sordità degli uomini.
Con una chiara intenzione autobiografica, alla svolta di una “vita” condotta fra i meandri della riflessione, il protagonista si presenta come un personaggio anziano, animato e al contempo frustrato dal trauma esistenziale della perduta gioventù: è languido e sensuale il gusto della ricordanza, che produce un fatale e inevitabile sobbalzo di coscienza, nel momento in cui si accorge che il malore è superato, ma al contempo lo illumina sui disastri che potrebbe provocargli un ritorno d’amore per una giovinetta: ecco il grande e dolente nodo tematico del personaggio, che vive e sconta il proprio novellare assorto e drammatico, ora che il duello dolente è vissuto come una implacabile tragedia. C’è tuttavia il sollievo della forma, ormai specchiata e limpida, ad alleviare la ferita dell’età. Il sollievo che acquieta le sommosse dell’io proviene sì dalla scrittura, non più nevrotica e analitica, bensì risolta e rasserenante a sospingere il protagonista a scegliersi un’altra vita, un nuovo progetto in cui l’essere e l’esistere possano reperire un nuovo punto di raffronto.
Il romanzo, noto anche con il titolo Dedalus, è il risultato della rielaborazione, da parte del suo autore, di un saggio autobiografico la cui prima stesura porta la data del 1904. Questo saggio confluì poi nell'abbozzo di romanzo Stephen hero (Le gesta di Stephen), a partire dal quale Joyce arrivò infine alla stesura definitiva del Ritratto. Classificabile come romanzo di formazione, l'opera narra le vicende del giovane Stephen Dedalus, alter-ego letterario dell'autore e insieme metafora dell'artista moderno, anticonformista e ribelle. La maturazione interiore del protagonista dall'infanzia presso i gesuiti fino agli anni universitari e alla decisone dell'auto-esilio dall'Irlanda - si esplica nella progressiva presa di distanza dai dogmatismi e dal conservatorismo e, parallelamente, nella presa di coscienza della propria vocazione artistica, autentica via verso la liberazione.
Amore per la patria, impegno nello studio e nel lavoro, sacrificio, rispetto per i genitori, gli insegnanti e le autorità: questi i valori che il libro "Cuore" difende strenuamente e che ha trasmesso a innumerevoli generazioni di ragazzi. Pubblicato per la prima volta a Milano nel 1886, il romanzo si affermò ben presto come il più celebre libro per ragazzi scritto in Italia e uno dei più famosi al mondo, grazie alle traduzioni in moltissime lingue straniere. Quando il libro uscì, l'Italia si trovava di fronte al titanico sforzo di diffondere su tutto il territorio un'unica coscienza nazionale, realizzando inoltre un'unificazione linguistica e culturale che ancora mancava. Ecco che "Cuore", con le sue pagine accorate, va letto come ambizioso tentativo di farsi catalizzatore di quel fondamentale processo.
A distanza di diversi anni dalle pubblicazioni piu classiche e paludate delle Favole di Fedro, questa nuova edizione, particolarmente ricca e aggiornata, si caratterizza per una nuova, accattivante traduzione e un apparato di note molto ampio e scientificamente affidabile, che può soddisfare sia il lettore curioso, sia quello che desidera un approfondimento, sia lo specialista. La traduzione e le note sono state affidate a Lorenzo Montanari, traduttore esperto e filologo. È presente anche un'introduzione, curata da Paola Corradini, nella quale si affronta il problema dell'identità del favolista romano, argomento più volte oggetto di posizioni non sempre coerenti e univoche. La bibliografia è aggiornata agli studi più recenti.
Per le Epistole (e soprattutto per queste del I libro) "si potrebbe parlare di un carpe diem della sapientia": nessuna definizione meglio di questa (Alfonso Traina, 1991) si attaglia alla ricerca costante della saggezza, dichiarata da Orazio fin dalla I epistola al patronus che lo vorrebbe accanto a sé a Roma per dedicarsi ancora alla poesia lirica, a cui risponde: "non ho più l'età, non ho più lo spirito". Ora è giunto per lui il momento di fare un bilancio della sua vita allontanandosi dalla stressante confusione di Roma: solo la campagna, il ritiro nell'amata villetta in Sabina, nella verità di una vita sobria, attenta alle cose semplici, gli consente di ritrovare se stesso; solo qui, lasciandosi guidare giorno per giorno dalla sua filosofia alla buona, cioè dalla ricerca della saggezza, che è una sapientia a sua misura, egli potrà raggiungere quello che gli sta a cuore: l'equilibrio interiore, quell'aequus animus che è garanzia di autàrkeia, cioè di autonomia spirituale da ogni forma di dipendenza a di potere.