"Mia madre è sempre stata una persona scomoda, non solo per le autorità russe, ma anche per la gente comune. Scriveva la verità, nuda e cruda, su soldati, banditi e civili finiti nel tritacarne della guerra. Parlava di dolore, sangue, morte, corpi smembrati e destini infranti." Giornalista di "Novaja Gazeta", uno dei principali quotidiani dell'opposizione russa, Anna Politkovskaja ha raccontato fino alla sua morte la seconda guerra in Cecenia, la corruzione, i delitti e le omertà della Russia di Putin. Il 7 ottobre 2006, quando è stata uccisa nella sua casa nel centro di Mosca, il suo volto è diventato il simbolo della libertà d'espressione. Sua figlia Vera aveva ventisei anni e da quel giorno si è battuta insieme al fratello Il'ja per avere giustizia. Ha vissuto sulla sua pelle tutte le lentezze e le ambiguità della macchina della giustizia russa, le informazioni contraddittorie, le ipotesi più assurde. E soprattutto ha lottato per ricordare la lezione della madre: "siate coraggiosi e chiamate sempre le cose con il loro nome, dittatori compresi". Dopo l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, il cognome Politkovskaja è tornato a essere oggetto di minacce di morte al punto da doversi trasferire in una località segreta con la famiglia. Ha scritto questo libro perché sua figlia, la nipote che Anna non ha mai conosciuto, e il mondo intero possano ricordarsi sempre la storia unica di una donna che non ha mai nascosto il suo dissenso per la politica di Vladimir Putin e che non ha avuto paura di denunciare le violazioni dei diritti umani in Russia compiute da un ex ufficiale del Kgb diventato l'artefice di un minaccioso disegno imperiale.
Da dove nascono la guerra, l'avidità, lo sfruttamento, l'insensibilità alle sofferenze altrui? E qual è l'origine della disuguaglianza, ormai riconosciuta come uno dei problemi più drammatici e radicati del nostro tempo? Da secoli, le risposte a queste domande si limitano a rielaborare le visioni contrapposte dei due padri della filosofia politica: Jean-Jacques Rousseau e Thomas Hobbes. Stando al primo, per la maggior parte della loro esistenza gli esseri umani hanno vissuto in minuscoli gruppi ugualitari di cacciatori-raccoglitori. A un certo punto, però, a incrinare quel quadro idilliaco è arrivata l'agricoltura, che ha portato alla nascita della proprietà privata. Poi sono apparse le città, e con esse si è affermata l'organizzazione fortemente gerarchica di quella che chiamiamo «civiltà». Per Hobbes, al contrario, la necessità di imporre un rigido ordine sociale si è imposta per contenere la natura individualista e violenta dell'essere umano, altrimenti sarebbe stato impossibile progredire organizzandosi in grandi gruppi. Quasi tutti conoscono queste due storie alternative, almeno nelle loro linee generali: riassumono le idee più diffuse sulla storia dell'umanità e la sua evoluzione, e hanno contribuito a definire la nostra visione del mondo. Ma pongono anche un problema: entrambe dipingono la disuguaglianza come una tragica necessità; un elemento che non potremo mai cancellare del tutto, in quanto intrinsecamente legato al vivere comune. Una visione che non convince affatto gli autori di questo libro, decisi a gettare nuova luce sul passato della nostra specie. In una sintesi tanto meticolosa quanto di largo respiro, che coniuga i risultati delle ricerche storiche e archeologiche più recenti al contributo di pensatori provenienti da culture diverse da quella occidentale, il sociologo David Graeber e l'archeologo David Wengrow ci raccontano una storia diversa - più articolata e ricca di chiaroscuri - dell'evoluzione sociale dell'Homo sapiens. Una storia illuminante e attendibile, dalla quale ripartire per provare a immaginare un futuro diverso.
Al giorno d'oggi, la metafora più diffusa per descrivere il cervello è quella che lo paragona a un computer: la sua struttura fisica corrisponderebbe all'hardware, la mente al software. La psiche in via di sviluppo di un neonato non sarebbe altro che un database da riempire di informazioni. Una simile visione ci porta spesso a interpretare i nostri processi mentali quasi fossero programmi, capaci di offrirci soluzioni semplici, rapide e lineari a ogni problema. Esperienze, pensieri, ricordi e sentimenti plasmano senza sosta le nostre reti neurali, che a loro volta determinano il modo in cui pensiamo e sentiamo. Paragonarci a delle macchine, per quanto meravigliose e sofisticate, ci porta a travisare la nostra natura. Sempre più spesso, invece, la psicologia e la biologia contemporanee tendono a recuperare una metafora antica ma efficace: l'idea che possiamo coltivare il nostro io più profondo, che lo si chiami mente o animo, proprio come faremmo con un giardino. Combinando mirabilmente scienza e letteratura, psicoanalisi e racconto, indagine teorica e consigli pratici, questo libro si propone di ricordarci una verità fondamentale, che chi lavora a contatto con la natura conosce da sempre: prenderci cura di un orto o un giardino, di piante che crescono seguendo il proprio ciclo vitale, può influire in modo positivo sulla nostra salute, il nostro benessere psicologico e la nostra autostima. I carcerati cui viene concesso di dedicarsi a coltivare un piccolo giardino hanno meno probabilità di ricadere nel crimine; i giovani a rischio che si sporcano le mani di terra hanno più probabilità di finire gli studi; gli anziani che si dedicano all'orticultura vivono meglio e più a lungo. Dai richiedenti asilo ai giovani in carriera, dai veterani di guerra ai neopensionati, Sue Stuart-Smith ci racconta storie illuminanti di persone che lottano con depressione, lutti e dipendenze, per mostrarci quanto poco sappiamo ancora del potere rigenerativo che la natura può esercitare sulle nostre vite.
Cattolica inquieta e provocatrice, Christine Pedotti si domanda che cosa dicano veramente i Vangeli a proposito delle donne. L'immagine tradizionale è, per molti di noi, quella di Gesù accompagnato dai dodici apostoli; le donne, se ci sono, restano sullo sfondo. Persino sua madre Maria, cui molti fedeli riservano una devozione assoluta, viene a malapena nominata da alcuni evangelisti. L'autrice si propone di interrogare il testo «con gli occhi e gli orecchi liberi da due millenni di interpretazioni prevalentemente maschili». Il risultato è una visione inedita, originale e al contempo rigorosissima, del Salvatore in conversazione con le tante donne che incrociano il suo cammino. Gesù instaura con loro un contatto spirituale e spesso anche fisico: le ascolta, le abbraccia, risponde alle loro domande, discute assieme a loro con interesse e senza mai perdere la pazienza, come gli capita a volte con i suoi interlocutori maschili. Sembra, in molti casi, preferirle. Se siamo pronti ad accostare quei racconti con sguardo libero da pregiudizi, ogni incontro, ogni scambio e ogni gesto ci rivela l'impressionante modernità del messaggio evangelico: in nessun luogo si troverà un «elogio della maternità»; mai si fa l'elenco dei «doveri di una moglie». Nell'appassionata lettura di Christine Pedotti, Gesù non si rapporta alle donne sulla base del loro sesso: si apre a loro in quanto persone.
La battaglia delle donne per l'uguaglianza ha alle spalle una storia lunga, ma nell'ultimo secolo tante cose sono cambiate in meglio; fino al primo Novecento non potevano nemmeno votare, e oggi generano il 40 per cento del PIL mondiale. Se il volume d'affari che muovono nei soli Stati Uniti fosse l'economia di una nazione a sé, avrebbe un posto di diritto nel G7. Possiamo dunque dirci soddisfatti, e affermare di aver sconfitto le disuguaglianze? Tutt'altro. A livello globale, ad esempio, gli uomini hanno ancora il doppio delle probabilità di occupare una posizione di leadership, e nelle economie più avanzate le donne percepiscono solo il 62 per cento dello stipendio accordato ai colleghi maschi. Ancora, sebbene siano responsabili di metà della produzione agricola mondiale, esse costituiscono appena il 20 per cento dei proprietari terrieri. Negando a metà dell'umanità il diritto a una piena emancipazione stiamo causando danni irreparabili sotto il profilo sociale, economico e persino ambientale. Le pagine di questo libro disegnano una storia fatta di violenze, schiavitù, emarginazione; raccontano di spose bambine comprate come oggetti e di donne che non hanno nemmeno diritto alla terra con cui sostentarsi; di accademiche isolate e insegnanti bullizzate. Disuguaglianze il cui costo umano è incalcolabile, ma che secondo la Banca mondiale ci fanno perdere ogni anno centosessantamila miliardi di dollari. È quella che l'autrice chiama economia doppia X: una fonte ineguagliabile di benessere - in ogni senso del termine - che va sprecata a causa di pregiudizi insensati. Unendo dati statistici e storie di vita, Linda Scott ci ricorda quanto ancora resta da fare, e ci indica la via per costruire un futuro migliore. Perché il cambiamento non solo è possibile: è necessario. Il pieno sviluppo dell'economia doppia X assicurerebbe infatti la crescita dei Paesi sviluppati, riducendo rischi e sprechi, mentre nelle nazioni più povere compenserebbe la spinta al disastro generata dal millenario predominio maschile. Tutti obiettivi che non possiamo più permetterci di ignorare.
"Noi riteniamo di per sé evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità." Le parole di Thomas Jefferson nella Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti (1776) hanno definito sin dall'inizio agli occhi del mondo le caratteristiche uniche dell'"esperimento americano". In questo racconto, Jill Lepore ha messo le "verità" di Jefferson al centro della sua indagine su oltre cinque secoli di storia. La narrazione inizia con Cristoforo Colombo, nel 1492, e si conclude nel Paese diviso e tormentato della presidenza Trump. Gli americani di oggi discendono da conquistatori e da conquistati, da schiavi e da proprietari di schiavi, da immigrati e da coloro che hanno combattuto l'immigrazione. "Una nazione contraddittoria sin dalla sua nascita è destinata a discutere per sempre sul senso della propria storia." Perché, in quel giovane Paese votato alla libertà, non tutti erano liberi? Le razze diverse da quella bianca dominante, le donne, le persone omosessuali hanno potuto davvero esercitare i loro "inalienabili diritti"? La democrazia americana ha mantenuto tutte le sue promesse? Le manterrà in futuro? Aneddoti rivelatori su grandi figure e personaggi dimenticati, storie di presidenti e di avventurieri, ritratti di criminali e di idealisti. L'assetto politico e giuridico, il giornalismo e la tecnologia: dalle assemblee delle piccole città coloniali alle grandi macchine elettorali ottocentesche, dalle prime trasmissioni radiofoniche agli ambigui sondaggi su internet. Con questo monumentale quadro di uomini e donne, idee e illusioni, menzogne e verità, Jill Lepore ha creato la grande storia degli Stati Uniti d'America per il XXI secolo.
Incendi causati dalle pareti a specchio dei grattacieli, impianti radar in tilt, edifici che tremano perché al dodicesimo piano qualcuno fa esercizio sulle note di The Power, ponti che oscillano più del dovuto, sistemi informatici destinati a fermarsi il 19 gennaio 2038, atleti di tiro a segno che non si presentano alle Olimpiadi, jet militari offerti in regalo a un trentesimo del loro valore con i punti della Pepsi. Cosa può causare tutto ciò, scatenando disastri o andandoci quantomeno molto vicino? Semplice: degli errori matematici. Anche se per natura abbiamo una certa comprensione della matematica basilare, ci riscopriamo parecchio stupidi quando si tratta di quella formale, sviluppata a partire dalle nostre conoscenze intuitive. Non veniamo al mondo con la capacità innata di gestire frazioni, numeri negativi o logaritmi; a scuola impariamo - lentamente e a fatica - a superare questi limiti, ma appena smettiamo di usare certi concetti il nostro cervello torna alle «impostazioni di fabbrica». Il problema è che il mondo moderno è interamente costruito sulla matematica: ingegneria, informatica, finanza, medicina le nostre esistenze scorrono immerse nei numeri e nelle loro applicazioni. Di solito non ce ne accorgiamo, perché tutto fila alla perfezione e la matematica fa egregiamente il suo lavoro dietro le quinte della nostra quotidianità. Talvolta, però, un intoppo più o meno grave ci ricorda che le nostre vite possono cambiare in modo drastico per un banale errore di calcolo. Spaziando con sagacia e ironia dagli antichi egizi a Bill Gates, dalla birra agli iPhone, Matt Parker ci mostra come sviste in apparenza innocue possono avere effetti bizzarri o catastrofici. Tra sfide logiche, battute sul codice binario e storie dall'indiscutibile fascino, l'autore ci insegna a imparare dalle insidie della matematica, per ricordarci sempre di che potente alleato essa sia.
Viviamo nell'era del digitale, è un dato di fatto, e gli schermi sono ovunque: in ufficio, a scuola, a casa, nelle nostre tasche. Per dovere o per svago, gli occhi tornano sempre lì. Specie quelli dei più giovani, visto che li usano come principale - se non unico - canale d'intrattenimento. Qualche cifra? In Occidente, i bambini sotto i due anni trascorrono in media tre ore al giorno davanti a un monitor. Tra gli otto e i dodici anni le ore diventano cinque, e salgono a sette tra i tredici e i diciotto. Possibile che un'attività tanto pervasiva non impatti sul loro sviluppo? Per anni ci siamo lasciati cullare dal mito che vedeva nei nativi digitali i fortunati destinatari di un balzo evolutivo, da Homo sapiens a Homo numericus: multitasking, più attento e intuitivo, pronto a cogliere le infinite possibilità offerte dalla Rete. Una visione dorata diffusa anche da media, sedicenti «esperti» e divulgatori non meglio qualificati. Troppo a lungo gli interessi di pochi e l'accondiscendenza di molti ci hanno spinti a ignorare i messaggi allarmati della scienza, proprio come è successo per il tabacco, i cambiamenti climatici e gli alimenti pieni di zuccheri. Sì, perché le ricerche sono ormai concordi: tutto quel tempo passato davanti a uno schermo ha gravi conseguenze su salute, comportamento e capacità intellettuali dei nostri figli. Finalmente, in queste pagine, un neuroscienziato ci presenta i dati per come sono: preoccupanti, e tali da imporre un immediato cambio di rotta.
La creatività: una delle doti peculiari dell'Homo sapiens, qualcosa che ci definisce come specie e come individui; la capacità, a lungo ritenuta unica, di realizzare opere d'arte o trovare soluzioni innovative ai problemi e agli stimoli del mondo. Grazie a essa abbiamo creato macchine sempre più avanzate, ormai in grado di superarci in molti ambiti. Ma se il sogno di riprodurre le caratteristiche della mente umana è antichissimo, lo sviluppo di una vera e propria intelligenza artificiale - in grado di apprendere dall'esperienza e migliorarsi - è un percorso ben più recente. Oggi che l'intelligenza artificiale è una realtà in via di affermazione, la domanda è: potrebbe a sua volta dimostrarsi creativa? Musica, arti visive, letteratura, matematica, persino l'elaborazione di una nuova lingua: i passi avanti in questi campi sono stati enormi, e tali da far ritenere che si sia sulla strada giusta per raggiungere traguardi un tempo impensabili. Possibile che, in un futuro prossimo, le macchine siano in grado di aiutarci a tener viva la nostra immaginazione? Marcus du Sautoy - studioso e divulgatore di fama internazionale - ripercorre in questo libro i progressi compiuti negli ultimi anni dal machine learning, oltre a esaminare la natura profonda della creatività umana e a descrivere i processi matematici che vi sono implicati. Il risultato è un volume ricco e affascinante, che offre un'analisi innovativa del mondo dell'IA e dell'essenza di ciò che chiamiamo «essere umano».
A parte alcune, come Eva, Maria e Maria Maddalena, le donne nella Bibbia sono in genere eclissate dalle loro controparti maschili più famose. Ciò non solo rispecchia il ruolo generale delle donne nella società occidentale, ma anche la natura patriarcale delle religioni ebraica e cristiana. Eppure, un più attento studio della Bibbia rivela che una volta le donne erano considerate pari agli uomini piuttosto che soggette a loro. Da Abigail a Sefora, il libro racconta la storie delle donne che popolano le pagine del Vecchio e Nuovo Testamento. Storie straordinarie di vero amore, devozione e pietà ma anche sesso, tradimento e violenza. E talvolta di vendetta contro gli uomini che le hanno sottomesse e sfruttate.
In "Fuoco e furia" Wolff aveva descritto la prima fase dell'amministrazione Trump. Con "Assedio" ha scritto un reportage altrettanto esplosivo su una presidenza sotto attacco su quasi ogni fronte. La cronaca di "Assedio" comincia all'avvio del secondo anno della presidenza Trump e termina con la consegna del rapporto Mueller, rivelando un'amministrazione sempre più sotto il torchio degli inquirenti e un presidente via via più suscettibile, imprevedibile e vulnerabile.
Iliade e Odissea raccontati come una grande avventura.
«Versi capaci di svelarci l'enigma del domani e di chi, ancora, non siamo diventati» – Andrea Marcolongo
L'Iliade e l'Odissea sono, non per caso, i più antichi longseller della storia: la loro voce continua a parlarci di un'umanità che sentiamo infinitamente più vicina dei duemilacinquecento anni che ci separano da quando sono stati composti. Come possono rimanere così impassibili allo scorrere del tempo? Come può l'avvicendarsi delle epoche lasciare da sempre intatta la loro attualità? Per scoprirlo, Sylvain Tesson si è ritirato per qualche mese in un isolotto delle Cicladi, immerso nella luce che riverbera sull'intonaco bianco delle case e nel vento, primo sostegno ai naviganti che solcano il mare, con la sola compagnia dell'aedo e delle sue Muse. Il risultato è al contempo romanzo, studio e viaggio, animato da eroi che sono prima di tutto uomini, divinità che scendono al fianco dei loro protetti e poi gli altri grandi protagonisti: la hybris, la volontà di superare i limiti umani; il fato, la bellezza, la forza, il lutto, la guerra, l'amore. Tematiche universali che ci mostrano come in realtà l'uomo sia da sempre uguale a se stesso e che i sentimenti che agitano gli eroi in battaglia non sono diversi da quelli che sperimentiamo anche noi, tutti i giorni.
Perché qualcuno, si chiede Shakespeare, dovrebbe appoggiare un leader palesemente inadatto a governare, una persona pericolosa e impulsiva, malvagia e subdola, o indifferente alla verità? Perché, in alcuni casi, le prove di crudeltà non sono un deterrente, bensì un'attrattiva capace di trascinare seguaci soddisfatti? "Da questo momento," dichiara Macbeth "il primo moto dell'animo sarà / tutt'uno con il moto della mia mano." Ma allora le istituzioni che dovrebbero impedire alle persone comuni, e ancor più ai leader delle nazioni di agire sulla spinta di ogni impulso folle, dove sono? E quali sono i meccanismi psicologici che conducono una nazione a dimenticare i propri ideali e persino il proprio interesse? Nonostante siano passati secoli, i re e i contadini di Shakespeare gettano luce ancora oggi sul carattere delle masse e dei loro agitatori, trovando rinnovata chiarezza nelle osservazioni di Greenblatt. La fragilità improvvisa delle istituzioni, il disordine delle classi dirigenti e la rabbia populista come conseguenza della crisi economica sono tutti elementi per comprendere la politica moderna, ma anche quello spirito popolare di umanità che per Shakespeare rimase per sempre l'unica vera speranza, perché "si può soffocare, ma mai spegnere del tutto".
Nel settembre del 1944 l'esercito del Terzo Reich sta lentamente arretrando verso la Germania, mentre gli Alleati avanzano in Belgio puntando ai Paesi Bassi. Intanto, sul fronte orientale, anche l'Armata rossa mette pressione ai generali tedeschi, ormai in balia di Hitler sempre più ansioso e delirante. Per il feldmaresciallo britannico Bernard Montgomery è l'occasione perfetta: vuole mettersi al comando delle operazioni alleate nel continente, una risposta alla nomina - a suo parere ingiusta - di Dwight Eisenhower come comandante supremo. "Monty" sostiene con vigore un piano a dir poco ambizioso: l'operazione Market Garden, con la quale prendere il controllo dei ponti che attraversano il basso Reno e sfondare in territorio nemico. Una prima ondata di truppe paracadutate oltre le linee tedesche aprirà la strada all'avanzata trionfale della fanteria. Ma gli alti ufficiali stanno dimenticando una massima fondamentale della strategia militare: nessun piano sopravvive intatto all'incontro con il nemico. Troppe cose devono andare lisce perché l'operazione riesca. Quel piano avventato si tradurrà in un disastro costato la vita a migliaia di soldati, costretti a giorni di scontri incessanti circondati dai nemici, fino alla tragica e disperata ritirata. Ma il prezzo più alto lo pagheranno i civili olandesi, schierati da subito al fianco dei liberatori e presto schiacciati dalla terribile rappresaglia nazista. Antony Beevor, utilizzando fonti inedite o trascurate, conduce il lettore nel cuore degli scontri, mostrandoci la terribile realtà dei combattimenti che il generale tedesco Kurt Student definì «l'ultima vittoria tedesca».
Quali strumenti possiamo lasciare ai nostri figli per interpretare il mondo in perenne mutamento in cui viviamo? Come possiamo far fronte alla valanga quotidiana di notizie deprimenti che ci arriva dai media, dai social e dalla politica? Perché prestiamo più attenzione alle notizie negative, quelle che ci danno l'impressione che tutto stia lentamente, ma inesorabilmente, andando a rotoli? Di quali irragionevoli pregiudizi è vittima il nostro pensiero? Attraverso un attento studio dei dati, Hans Rosling, il "maestro Jedi dei dati", dimostra che le cose non stanno andando così male e che, anzi, siamo di fronte a un radicale miglioramento. Per capirlo dobbiamo però imparare a guardare ai fatti con curiosità, a metterli in prospettiva e a saperci stupire: basta pensare alla vita dei nostri nonni per accorgerci degli enormi passi avanti che stiamo facendo, in ogni campo. Per esempio, non ha più senso parlare di "mondo occidentale" e "mondo in via di sviluppo", aumentando il baratro tra noi e il resto del pianeta, quando ormai quasi tutti i Paesi stanno raggiungendo lo stesso livello in termini di istruzione, di opportunità e di crescita. Abbiamo tutti la possibilità di usare la forza dei fatti a nostro vantaggio, per capire e non lasciarci accecare dalla rabbia, dall'ignoranza, dalle semplificazioni. Grazie anche a storie ed esempi di una chiarezza disarmante, Rosling ci sprona a essere curiosi, ma non si limita a fare domande, ci risponde avvalendosi della verità dei fatti.
"Da dove vengono l'Iliade e l'Odissea, poemi emersi dagli abissi e proiettati verso l'eterno? Come si spiega che un racconto antico di duemilacinquecento anni abbia conservato una luce tanto vivida, come lo scintillio di una calanca? Perché questi versi immortali sono ancora in grado di svelarci l'enigma del nostro domani?" Sylvain Tesson, viaggiatore instancabile, guarda alla vita e alla letteratura come un'avventura, un'esplorazione perenne, il luogo in cui sfidare i propri limiti. E nessuno meglio di Omero ha saputo raccontare la ricchezza del mondo, come quello raffigurato sullo scudo forgiato da Efesto per Achille. Tesson si ritira nella natura delle isole Cicladi, sulle sponde di quel mare greco dove nacquero gli uomini e gli dei che animano l'Iliade e l'Odissea e ci racconta le vicende dei protagonisti facendosi forza delle parole di Omero stesso. Le avventure di Achille e Ulisse sono spunto per illuminare i temi centrali dei poemi: la forza e la bellezza, il peccato di 'hybris', il fato e il destino, l'uomo e la guerra, l'importanza della natura. Temi antichi di straordinaria attualità. Questo libro, romanzo, studio e viaggio insieme, è un invito a rileggere i classici, a spegnere computer e cellulari per dedicare qualche momento a questi versi, che non smetteranno mai di parlarci. Tra mari e campi di battaglia, creature mostruose, incantesimi e filtri magici, inganni e affanni umani, assemblee divine, Tesson ci porta con sé in un altro dei suoi viaggi, questa volta tra pagine e parole, partendo dalla mitologia per raccontare il contemporaneo.
Il 1968 segnò un passaggio cruciale della storia moderna. E non solo per i moti studenteschi e gli omicidi di Martin Luther King e Robert Kennedy. In quell'anno, secondo il generale William Westmoreland, la guerra in Vietnam sarebbe dovuta entrare in una nuova fase, perché «le speranze del nemico erano alla fine». In un certo senso il comandante delle forze statunitensi aveva ragione, ma i piani dei Viet Cong non prevedevano la resa. La notte tra il 30 e il 31 gennaio, in corrispondenza del capodanno locale, il Fronte di liberazione nazionale diede il via a una vasta operazione militare divenuta celebre come offensiva del Tê´t: alle due e trenta del mattino diecimila uomini scesero dalle montagne e conquistarono – oltre a centinaia di altri obiettivi considerati inespugnabili – la capitale intellettuale e culturale del Paese, Huê´. I comandi americani, però, rifiutarono di accettare la portata di una simile disfatta, e a lungo si ostinarono a mandare in avanscoperta piccole unità di marines, sistematicamente trucidati. Solo tempo dopo il tenente colonnello Ernest Cheatham avviò la riconquista della città, combattendo quartiere per quartiere. Ventiquattro giorni di scontri terrificanti, che alla fine costarono la vita a decine di migliaia di persone tra militari e civili. Quella di Huê´ fu di gran lunga la battaglia più sanguinosa dell'intera guerra, e cambiò per sempre l'approccio americano al conflitto: da allora, anziché di vittoria, si cominciò a parlare di disimpegno. Attraverso una mole di documenti senza precedenti e interviste a reduci di entrambi gli schieramenti, Mark Bowden ricostruisce con precisione ogni fase di quello scontro, raccontandoci un momento che cambiò per sempre il destino della guerra, e del mondo intero.
Dopo il crollo dell'Unione Sovietica e dei regimi comunisti europei abbiamo pensato che la vittoria della democrazia fosse definitiva e che il nuovo millennio avrebbe portato con sé un futuro di pace mondiale. Non è andata così. Dalla Russia di Putin, l'autoritarismo si sta espandendo in Europa e in America e, oggi, l'Occidente assiste a un impensabile ritorno di tendenze nazionaliste e populiste la cui origine è da ricercarsi nel collasso delle istituzioni democratiche. In questo suo nuovo libro, Timothy Snyder spiega i motivi che hanno provocato il crollo della democrazia in Russia. Nell'epoca dei social network e delle fake news non è stato difficile per bot e troll pilotati da Mosca influenzare le opinioni pubbliche facendo leva sul malessere serpeggiante in una società disillusa dall'economia in crisi. Dall'invasione dell'Ucraina all'annessione della Crimea, dalla Brexit alla manipolazione delle elezioni americane ai bombardamenti in Siria, Snyder ripercorre i principali eventi che in questo decennio hanno condotto allo stallo delle democrazie, convinto che la paura di un ritorno ai genocidi di cui siamo stati testimoni nel passato possa essere sconfitta solo dalla ragione della società liberale fedele ai principi di uguaglianza e solidarietà. Perché «l'individualità, la resistenza, la collaborazione, la novità, l'onestà e la giustizia non sono semplici luoghi comuni o preferenze, bensì fatti della storia».
Cosa fa di noi le persone che siamo? Quali sono le sensazioni, le emozioni che costituiscono l’impalcatura e la materia prima della nostra esistenza? Per Françoise Héritier esiste, in ciascuno di noi, un mondo prezioso da custodire e difendere: una zona di luce fatta di emozioni semplici e fugaci che accendono il nostro sguardo e ci tolgono il respiro, sorprendendoci di continuo. Lì è celata la bellezza delle piccole gioie quotidiane, che nei ricordi si confondono l’una con l’altra: un bel giro di valzer, la discussione con un professore, le caramelle al bergamotto di Nancy, l’offesa irreparabile di un amico, le grandi eroine di Almodóvar, una dichiarazione d’amore sotto la pioggia. Riprendendo il filo del Sale della vita, l’autrice torna a riflettere sull’essenza della vita, nelle sue insondabili e più imprevedibili declinazioni. Lo fa con l’ironia e la finezza dei grandi intellettuali, con la forza di chi ha vissuto la malattia, addentrandosi dove il buio è più fitto con i passi leggeri di chi ha capito quanto sia fragile, ma pervicace, la felicità.
Brunhilde Pomsel fu vicina come pochi altri suoi contemporanei a uno dei più grandi criminali della storia: Joseph Goebbels, il ministro della Propaganda di Hitler. Sempre al suo fianco, sempre ai suoi ordini come segretaria e dattilografa. Brunhilde non si interessava di politica. Per lei venivano prima il lavoro, la sicurezza materiale, il senso del dovere nei confronti dei superiori, il bisogno di sentirsi parte di un sistema. Poco dopo l'ascesa di Adolf Hitler, si iscrive al Partito nazionalsocialista per assicurarsi un posto alla radio. Nel 1942 si trasferisce al ministero per l'Istruzione pubblica e la Propaganda ritrovandosi così accanto all'ufficio di Goebbels e nel centro nevralgico del potere nazista. Vi rimane fino alla capitolazione, nel maggio del 1945. Durante gli ultimi giorni di guerra, quando le truppe sovietiche sono già a Berlino, anziché cogliere l'occasione per fuggire resta nel bunker a battere a macchina i comunicati. Poi, per settant'anni, non racconterà niente a nessuno. Dal cuore di Berlino, l'autrice dipinge un ritratto inconsapevole, eppure inquietantissimo, della Germania prima, durante e dopo il Reich, raccontando una realtà sconcertante che mostra quanto l'indifferenza e la disillusione possano influenzare la democrazia. «Prima che la storia si ripeta» scrive Thore D. Hansen «individuare le analogie tra passato e presente ci offre l'opportunità di calibrare con cura la nostra bussola morale, in modo da renderci conto quando sia giunto il momento di schierarci, di alzarci e di opporci apertamente alla radicalizzazione. Con quanta superficialità prendiamo in considerazione i nostri criteri morali di valutazione? Per quali fini primitivi, immediati, banali e superficiali o per quali successi apparenti siamo pronti a sacrificare la nostra coscienza? Sono domande alle quali la storia di Brunhilde Pomsel non può e non potrà mai dare una risposta universalmente valida. Solo la disponibilità a riflettere di ciascuno di noi potrà produrla.»
Ispirata dalla plastica contrapposizione fra la Torre del Mangia e la Piazza del Campo a Siena, potente metafora urbanistica delle due forme antitetiche in cui si è incarnato il potere nella società umana - quella verticale e centralistica delle strutture gerarchiche e quella orizzontale e distribuita delle reti -, la rilettura dell'età moderna e contemporanea proposta da Niall Ferguson è intesa a restituire al modello organizzativo «reticolare» quel valore di forza propulsiva del cambiamento che gli storici hanno a lungo misconosciuto o, comunque, sottovalutato. Pur prendendo nettamente le distanze dai teorici della cospirazione, che attribuiscono a élite e sette segrete (i massoni, gli Illuminati, i banchieri ebrei) il ruolo di effettivi manovratori delle leve del potere, Ferguson mostra come la storia umana sia caratterizzata dall'alternarsi di lunghe epoche segnate dal predominio delle gerarchie e di periodi più brevi, ma straordinariamente intensi e dinamici, di egemonia delle reti, favorite anche da radicali innovazioni tecnologiche. Guardando poi all'epoca moderna, l'autore considera più da vicino le due grandi «ere delle reti»: i tre secoli che dall'invenzione della stampa, dalle importanti scoperte geografiche e dalla Riforma sono culminati nel crollo dell'ancien régime a fine Settecento, e gli ultimi cinquant'anni che, a partire dagli anni Settanta del Novecento, hanno visto l'impetuosa espansione della tecnologia digitale e la rapida diffusione delle reti sociali odierne, che hanno letteralmente rivoluzionato la vita di gran parte dell'umanità. Ma al riconoscimento e alla rivalutazione del ruolo delle reti nella storia Ferguson associa, contestualmente, una sferzante critica dell'utopia libertaria di «netizen» liberi e uguali nell'ultrademocratico e paritario regime del web, che gli appare caratterizzato piuttosto dagli eccessi di violenza sui social e dall'estrema vulnerabilità a ogni tipo di propaganda, compresa quella terroristica, e a ogni forma di «fake news». Al punto che, per lui, solo il modello gerarchico può garantire un qualche principio di stabilità geopolitica perché «la lezione della storia è che affidarsi alle reti per governare il mondo è una ricetta perfetta per l'anarchia».
Fuoco e furia, libro di Wolff Michael, edito da Rizzoli. Nel novembre 2016, l'elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti dà il via a un vero uragano nella politica americana, il più violento dai tempi del Watergate. Il risultato è un libro che Trump ha tentato invano di bloccare e che è diventato un caso mondiale perché racconta da una prospettiva unica la storia appassionante di un mandato imprevedibile e impetuoso quanto il presidente stesso.
Negli ultimi anni la meditazione è passata dall’essere una pratica elitaria a rimedio per risolvere qualunque problema, dal sovrappeso alle relazioni di coppia e al successo nel lavoro. La plasticità del cervello, per cui la struttura di questo organo è influenzata dalle emozioni e dagli stati mentali, è ormai ampiamente condivisa e ha aperto la strada a una serie di metodi di “training mentale” che si propongono di migliorare la vita emotiva e intellettuale.Daniel Goleman e Richard J. Davidson raccontano in questo libro il loro interesse più che trentennale per la meditazione e le ricerche fondamentali che li hanno resi dei luminari rispettivamente nella psicologia e nel neuroimaging, spiegando la verità medica su quello che la meditazione può fare veramente per noi, e come trarne il massimo beneficio.Facendo piazza pulita dei miti popolari e delle distorsioni pseudo scientifiche, gli autori dimostrano che, al di là del benessre mentale, la meditazione può condurre alla modifica permanente dei tratti della personalità, facendo emergere qualità come l’altruismo, l’empatia e la compassione. Per ottenere questo risultato, però, sono necessari alcuni elementi che attualmente mancano nella versione più comune di mindfulness: come il feedback personalizzato e una visione del Sé più ampia di quanto non accada ora. Per questo, basandosi sugli ultimissimi dati ottenuti nel laboratorio diretto da Davidson, gli autori indicano nuovi metodi per sviluppare un addestramento mentale più efficace e più duraturo.
Narrata in pochi versetti all’inizio della Genesi, la storia di Adamo ed Eva ha avuto, nei secoli, un influsso determinante sulle concezioni delle origini e del destino umani. Pochi racconti si sono dimostrati così tenaci, così diffusi e così “reali”. L’insistenza sulla verità letterale della narrazione biblica diventò uno dei pilastri dell’ortodossia cristiana e i pittori rinascimentali conferirono un persuasivo senso di realtà ai primi esseri umani e così alla loro storia. Ma a che cos’è dovuta la sua fortuna? Perché ha affascinato tante menti brillanti e tanti artisti straordinari? È la domanda che si pone Stephen Greenblatt in “Ascesa e caduta di Adamo ed Eva”, a cui risponde facendo rivivere il racconto della nascita dell’umanità attraverso le sue numerose e diverse interpretazioni: dagli antichi rabbini ai protocristiani, dai codici di Nag Hammâdi agli esegeti coranici, da Agostino a Tommaso, da Milton a Whitman e Mark Twain, passando per van Eyck, Masaccio, Hieronymus Bosch, Dürer e Michelangelo, in una galoppata mozzafiato tra capolavori dello spirito e della fantasia. “Gli uomini non sanno vivere senza storie. Alcuni di noi le creano di professione e altri – compreso il sottoscritto – dedicano la vita adulta a cercare di comprenderne la bellezza, il potere e l’influenza.” Oggi, per molti di noi, quella storia è un mito. L’Illuminismo e Darwin hanno svolto il loro compito, e la comprensione delle origini è stata liberata dalla morsa di un’illusione un tempo potente. “L’uomo e la donna nudi nel giardino, con strani alberi e il serpente parlante, sono tornati nella sfera dell’immaginazione da cui erano originariamente emersi.” Ma non per questo hanno perso il loro fascino. Adamo ed Eva sono al tempo stesso un’incarnazione della responsabilità e della vulnerabilità umane, della possibilità di scegliere la ricerca della conoscenza disobbedendo alla massima autorità oppure, in alternativa, della possibilità di lasciarsi sedurre fino a operare una scelta insensata, dalle conseguenze catastrofiche e indelebili. “Tengono aperto il sogno di un ritorno, in qualche modo, un qualche giorno, a una beatitudine che è stata perduta. Possiedono la vita – la peculiare, intensa, magica realtà – della letteratura.” La stessa che trapela da ogni pagina di questo libro.
Rodrigo Borgia fu papa per circa nove anni, dal 1492 al 1503, con il nome di Alessandro VI. Considerato dalla Chiesa un pontefice devoto, promotore di riforme ecumeniche e persecutore degli eretici, il papa Borgia riconobbe sei figli da madre ignota, e quattro nati dall'amante ufficiale, Vannozza Cattanei. La famiglia Borgia ebbe così facile accesso alle strade del potere, laico e religioso, e i figli di Rodrigo furono protagonisti del rinascimento italiano per contraddizioni ed eccessi: dai delitti occultati al libertinaggio nella curia romana, dalle voci di amori incestuosi al più sfacciato nepotismo. Un sistema fondato su abusi e sregolatezze, che regnò su Roma fino ai primi anni del Cinquecento. Eppure, la città risorgeva dalle sue ceneri: non divenne solo centro di divertimenti lussuosi e occasioni di spettacolo, ma un nuovo polo di mecenatismo, dove a trionfare erano la vita intellettuale e l'amore del bello. Jacques Heers ci porta dietro le quinte della città papale in un secolo pieno di ombre, dai successi militari di Cesare Borgia ai matrimoni turbolenti di Lucrezia, e non manca di indicarci anche le luci: da un lato i vizi di una politica sfrenata, fondata su favoritismi e sprechi, dall'altro un'epoca di fervore e rinnovamento, che ci ha lasciato in eredità i grandi monumenti del cristianesimo, e quella bellezza sfarzosa che fa ancora brillare Roma in tutto il mondo.
Lo spettro della fine degli studi classici si aggira fra noi da molto tempo. Ovunque, in Occidente, ci si dispera per il declino della fortuna del greco e del latino nelle scuole, per la chiusura delle facoltà di lettere antiche. Si vorrebbe addirittura che l'Unesco dichiarasse le lingue classiche «patrimonio dell'umanità», quasi fossero delle rovine preziose o una specie in via di estinzione. In questa decadenza, però, vi è qualcosa di paradossale: infatti, se da un lato i classici sono in declino «per definizione» (lo sono, cioè, da sempre), dall'altro sul loro destino il dibattito fra gli specialisti sembra non conoscere requie. E, soprattutto, sembra non lasciare alcuna speranza. Questo probabilmente perché continuiamo a guardare al mondo antico con rimpianto e nostalgia, o perché non riusciamo a liberarci dal timore di non poter preservare ciò che amiamo. Forse è la paura di veder svanire il fondamento della cultura occidentale. La nostra identità. Fare i conti con i classici ci invita a guardare alla cultura e alla storia greca e latina con occhi diversi. E a sottrarci al luogo comune secondo cui il dialogo con gli autori antichi sia un «dialogo con i morti». Innanzitutto perché studiare i classici significa confrontarsi non soltanto con la letteratura, la poesia, la filosofia, il teatro del mondo greco-romano, ma anche con tutti coloro che nel corso dei secoli li hanno affrontati, citati o ricreati. E poi perché in questo dialogo i veri interlocutori siamo noi. Noi che come ventriloqui diamo voce a ciò che gli antichi hanno ancora da dire, proiettiamo su di loro angosce e desideri, non smettiamo di interrogarli sui grandi temi-concetti-parole che da oltre duemila anni definiscono il nostro orizzonte culturale. E misuriamo senza posa la distanza che ci separa dal loro universo. Al quale, nonostante tutto, rimaniamo inevitabilmente legati. Perché la tradizione greca e latina non è qualcosa da imparare a memoria e declamare, ma è qualcosa con cui interagire e battagliare. Qualcosa che invita al confronto, all'avventura e alla sfida, nel tentativo di ritrovare quella connessione creativa capace di liberare tutta l'energia e la tensione di cui i classici sono ancora intrisi.
Nel 2005, W. Chan Kim e Renée Mauborgne hanno cambiato per sempre il panorama internazionale del business con il bestseller "Strategia oceano blu" e il suo nuovo modello per scoprire mercati incontestati per la crescita e battere la concorrenza. Quando hanno adottato la loro teoria e hanno cominciato a ripensare radicalmente le proprie strategie, molti leader e manager, però, non sapevano come iniziare e, soprattutto, come convincere i membri del proprio team a sposare un concetto direttamente in contrasto con le regole tradizionali del loro settore. Cercavano passi concreti e un processo sistematico da seguire per creare e catturare oceani blu minimizzando i rischi. Oggi, dopo aver venduto più di 3,6 milioni di copie del libro, tradotto in 44 lingue e commentato in migliaia di articoli, W. Chan Kim e Renée Mauborgne affrontano questa nuova sfida con un decennio di nuove ricerche ed esempi di come leader in diversi settori e organizzazioni hanno operato il cambiamento applicando il processo e gli strumenti descritti qui. "Oceano blu: cambiare" è la guida definitiva per portare voi, il vostro team e la vostra organizzazione a nuovi livelli di fiducia, creazione di mercato e crescita. Con un approccio sistematico in cinque passi, che comprende l'osservazione della psicologia umana per costruire la fiducia delle persone, "Oceano blu: cambiare" mostra come: trovare il punto di partenza e costruire il migliore team possibile; usare gli strumenti giusti per capire dove ci si trova e dove ci si può avventurare per creare nuova crescita; re-immaginare i confini del proprio mercato; scegliere e sviluppare la "mossa oceano blu" migliore; testare e perseguire il cambiamento oceano blu più promettente. Pieno di lezioni apprese sul campo, di imprese riuscite ma anche di fallimenti, "Oceano blu: cambiare" è una lettura indispensabile per leader, manager, imprenditori e chiunque sia impegnato a costruire un futuro irresistibile.
Nel 1993, quando arrivò negli Stati Uniti, Alessio Fasano, giovane gastroenterologo pediatrico, era convinto di poter sviluppare un vaccino per il colera. I casi della vita, invece, lo portarono a percorrere un'altra strada: quella della celiachia e dei disturbi legati al glutine. Grazie al suo impegno e al suo instancabile lavoro di ricerca, con il suo team nel giro di pochi anni è stato in grado di aprire nuovi scenari per la diagnosi e il trattamento dei disturbi legati al glutine. In particolare per la celiachia, malattia autoimmune della quale fino agli anni '90 si sapeva assai poco: sembrava colpire una percentuale minima della popolazione e soprattutto pareva presente solo in alcune parti del mondo. La diagnosi, poi, richiedeva tempi lunghissimi, sempre ammesso che si arrivasse a una valutazione certa. Al professor Fasano si deve la fondazione del Center for Celiac Research, presso il Massachusetts General Hospital for Children, istituto che ha scritto e sta tuttora scrivendo la storia della celiachia e della sensibilità al glutine. È lì che con un gruppo di ricercatori appassionati e ostinati è riuscito a cambiare il modo in cui il mondo guarda a questa malattia, oggi riconosciuta come autoimmune, l'unica di cui si conosca il fattore scatenante. Passione e dedizione sono le prime caratteristiche di un buon medico, ma anche disponibilità ad ascoltare i pazienti e a seguirli nel percorso che li porta inevitabilmente a stravolgere la loro vita e le loro abitudini. E a gioire con loro quando tornano alla salute, perché il celiaco, ed è questa un'altra buona notizia, può condurre una vita del tutto normale. Questo libro nasce dal rapporto diretto del professor Fasano con i suoi pazienti, dei quali ha raccolto i dubbi, ascoltato le necessità, alleviato le urgenze e dato risposte alla domanda fondamentale: che cosa posso mangiare? Così "Senza glutine" offre consigli su come comportarsi per essere certi di fare le cose giuste per evitare insidiose contaminazioni alimentari, a scuola, al lavoro, al supermercato, in giro per il mondo, nella cucina di casa... E regala anche gustose ricette, tutte rigorosamente glutenfree - alcune provenienti dalla terra d'origine dell'autore, il Sud Italia -, capaci di non far rimpiangere gli alimenti del «prima».
I bambini nascono programmati per apprendere e per amare, e ogni giorno la psicologia cognitiva e le neuroscienze ci rivelano il loro potenziale straordinario. Tuttavia, il sistema educativo tradizionale sembra ignorare tanto i meccanismi naturali dell'apprendimento umano quanto i principi fondamentali dello sviluppo. E la scuola, anziché essere un luogo di gioia e di emancipazione, spesso si rivela un ambiente inadeguato, se non addirittura un ostacolo al nutrimento dell'intelligenza dei bambini... Seguendo le «leggi naturali del bambino» è possibile però rivoluzionare l'educazione. Lo dimostrano i risultati ottenuti da Céline Alvarez nel corso di una sperimentazione condotta in una scuola dell'infanzia di Gennevilliers, un comune a nord di Parigi, in un quartiere periferico e «problematico». Dando piena attuazione ai principi pedagogici di Jean Itard, Édouard Séguin e in particolare di Maria Montessori, Alvarez è riuscita laddove il sistema tradizionale di solito fallisce: ha creato un ambiente confortevole, accogliente e ricco di stimoli; ha concesso ai bambini tempo, fiducia, libertà e attività coinvolgenti; soprattutto, ha dato loro la possibilità di imparare a interessarsi agli altri, ad ascoltare, a creare solidi legami sociali. In breve, ha messo i suoi alunni in «contatto col mondo» e con se stessi. E inevitabilmente le straordinarie performance in tutte le discipline, dalla scrittura alla matematica alla lettura, non hanno tardato ad arrivare, in modo spontaneo.
Dopo la caduta del Muro di Berlino e il fallimento del socialismo reale e della pianificazione statale centralizzata, l'economia capitalistica di mercato è diventata il modello dominante, se non esclusivo, di organizzazione delle società contemporanee. Ma, come dimostra la crisi finanziaria globale che da circa un decennio ha drammaticamente peggiorato le condizioni di vita di milioni di persone, la prevalenza del profitto e dell'interesse privato sembra disegnare scenari molto diversi da quello di una comunità fondata sul principio della pari dignità dei cittadini e sul patto sociale della riduzione delle ineguaglianze. Che fine ha fatto, in questi ultimi decenni, la ricerca del bene comune, che dovrebbe essere il compito e il fine di una società giusta? E in che modo la teoria economica può contribuire al concreto perseguimento di questo obiettivo? Per rispondere a queste domande, l'economista premio Nobel Jean Tirole propone al lettore non specialista un singolare percorso all'interno della scienza economica che consente di individuare le politiche e le istituzioni che possono promuovere il bene comune - il cui punto d'arrivo è l'acquisizione delle informazioni necessarie per affrontare efficacemente le grandi sfide del nostro tempo. Sotto la sua guida sicura, le tante questioni che interrogano oggi l'umanità - la rivoluzione digitale, con i nuovi modelli economici a cui dà vita, l'innovazione tecnologica, la concorrenza e la regolamentazione settoriale - emergono in una luce inedita e, al contempo, si rivelano potenziali strumenti per superare alcune diffuse criticità del contesto attuale. Le soluzioni, sostiene con forza Tirole, esistono. Prima fra tutte, comprendere a fondo la semplice verità che la somma degli interessi individuali degli agenti economici non si tramuta in bene comune, grazie alle sole virtù del mercato, ma perché ciò accada è indispensabile l'intervento correttivo di un'istanza pubblica e regolatrice.
Accompagnare un essere umano al limite estremo della vita, essere testimone partecipe ed empatico del momento del trapasso è un'esperienza fondamentale, che cambia radicalmente la visione dell'esistenza e, quindi, il modo di vivere di chi non ha paura di connettersi con gli altri e con il loro dolore. Dopo essere stato per anni «seduto sul precipizio della morte» allo Zen Hospice di San Francisco di cui è stato cofondatore, nel suo libro Frank Ostaseski rivolge al lettore «cinque inviti» che scaturiscono, oltre che da numerose vicissitudini personali, talvolta drammatiche, dai racconti di tanti pazienti terminali che, dialogando con lui - maestro di cure compassionevoli -, si sono confrontati da vicino con la morte. "Non aspettare": non sprecare il tempo, non rinunciare a vivere ogni momento della vita in maniera consapevole. "Accogli tutto, non respingere nulla": sii aperto e ricettivo al mondo esterno, con la mente e con il cuore. "Porta nell'esperienza tutto te stesso": accetta ogni tua parte interiore, sii completo, anche se imperfetto. "Impara a riposare nel pieno dell'attività": in ogni situazione quotidiana, cerca di ritagliarti momenti di pausa, silenzio, distacco, per poterti incontrare con te stesso. "Coltiva la mente che non sa": sii curioso e affina la tua capacità di sorprenderti e meravigliarti. In pagine dense di emozioni e di ricordi, illuminate da citazioni colte e dalla grazia della semplicità, Ostaseski traccia un percorso di consapevolezza, accessibile a ognuno di noi, la cui meta finale è quella di farci capire che vita e morte sono inseparabili e acquistano il loro senso una dall'altra, e che ogni morte è qualcosa di unico e di significativo, una preziosa opportunità di saggezza e di guarigione, non solo per chi muore ma anche per coloro che continuano a vivere. Perché "la morte è molto più di un evento medico. E un tempo di crescita, un processo di trasformazione che ci apre alle più profonde dimensioni della nostra umanità. La morte risveglia la presenza, cioè un'intimità con noi stessi e con tutto ciò che è vivo".
Il mondo sta cambiando. E sta cambiando a una velocità mai sperimentata prima. Tecnologia, globalizzazione e cambiamenti climatici sono forze in costante accelerazione, che rischiano di travolgere la civiltà contemporanea. In un'epoca del genere, moltissimi aspetti delle nostre società devono essere completamente ripensati, e l'errore più grande che potremmo fare è scegliere di isolarci in preda al panico. Thomas Friedman, saggista e editorialista del «New York Times», propone piuttosto di fermarsi un istante a riflettere, per comprendere meglio il mondo che ci circonda. E "Grazie per essere arrivato tardi" è la sua personale pausa. Facendo di necessità virtù, e approfittando dei ritardi altrui, Friedman scende dall'ottovolante della propria vita frenetica e analizza con ordine i fatti che ci hanno condotti al punto in cui siamo. A cominciare da una domanda: «Cosa diavolo è successo nel 2007?». Nel 2007 Steve Jobs presentò il primo iPhone, Hadoop rese i Big Data accessibili a tutti, Facebook si aprì al mondo, Twit-ter cominciò a diffondersi a livello globale, Airbnb fu concepito da due ragazzi a corto di soldi, Google lanciò Android e Amazon la rivoluzione degli e-book. All'inizio degli anni Duemila il progresso tecnologico e scientifico ha subito un'accelerazione senza precedenti, dettando nuovi ritmi, nuove regole, nuove convenzioni sociali, raggiungendo una velocità tale da eccedere la normale capacità di adattamento degli esseri umani e della società. E questo mentre anche altre forze primarie richiedono l'attenzione e il coinvolgimento di tutti. La globalizzazione ci vuole inter e iperconnessi, flessibili e adattabili, e ci dà gli strumenti non solo per accettare un mondo del lavoro in continua evoluzione, ma anche per inventarne uno nuovo. Nel contempo, Madre Natura chiede di pagare pegno. Il cambiamento climatico è un dato di fatto: la desertificazione dell'Africa subsahariana e le migrazioni verso il Nord del pianeta delle popolazioni che fuggono dalla povertà ne sono la dimostrazione più tangibile. Friedman esamina con cognizione di causa le tre forze più potenti al mondo - la Supernova, il Mercato e Madre Natura - per cercare di capire i meccanismi che stanno alla base di questa Epoca delle Accelerazioni. E propone delle soluzioni. Da scrupoloso editorialista qual è, sa di dover smuovere la mente e il cuore dei propri lettori, in modo da spingerli non solo a riflettere, ma anche ad agire diversamente in futuro. Come lo stesso Friedman afferma, «questo libro è un gigantesco editoriale sulla realtà di oggi».
"Dalla crisi di oggi nascerà una Chiesa che avrà perduto molto. Diventerà più piccola, bisognerà ricominciare tutto da capo. Tuttavia, nonostante i cambiamenti, la Chiesa ritroverà ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio uno e trino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell'assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine. Metterà la fede e la preghiera di nuovo al centro e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica." Queste parole, pronunciate a Natale del 1969 ai microfoni della radio dell'Assia, appartengono a uno dei testi di questo libro, che raccoglie una scelta di meditazioni, prediche e conferenze radiofoniche tenute da Joseph Ratzinger quando era ancora "solo" professore, ordinario di dogmatica e storia dei dogmi, la "carriera" che aveva scelto e che ha dovuto poi abbandonare perché chiamato a un compito più grande. A distanza di anni colpisce non solo l'attualità dei temi trattati da Ratzinger - il rapporto della fede con la scienza; i dubbi dell'uomo moderno riguardo a Dio, alla fede e alla Chiesa; il problema dell'accettazione dei dogmi da un lato, la sete di Dio nella solitudine della città dell'uomo dall'altro - ma anche e soprattutto la sua lucida analisi del futuro della Chiesa: la sua visione, all'indomani del Concilio Vaticano II, ha trovato riscontro negli sviluppi post-conciliari. Da queste pagine emergono anche le due anime inscindibili della personalità di Ratzinger, che abbiamo imparato a conoscere negli Angelus e nelle Catechesi del mercoledì: quella del teologo e quella del pastore. Esse contengono in nuce il pensiero del futuro pontefice, segnato dal costante richiamo all'amore paterno di Dio quale "centro della fede cristiana" e costituiscono il lascito spirituale di Benedetto XVI.
Dalla fine del XIX secolo, l'Osservatorio astronomico di Harvard iniziò ad assumere alcune donne come "calcolatori umani". L'"harem" - così veniva talvolta deriso il personale femminile - era formato da signore di tutte le età: esperte di matematica, astronome dilettanti, mogli, sorelle e figlie dei professori; alcune laureate, altre semplicemente appassionate. Attraverso l'"universo di vetro" che avevano a disposizione, formato da circa mezzo milione di lastre fotografiche su cui erano impresse le immagini delle stelle, queste studiose fecero alcune scoperte straordinarie: svilupparono un sistema di classificazione che fu accettato a livello internazionale ed è ancora in uso; intuirono la verità sulla composizione chimica dei cieli, e definirono una scala per misurare le distanze nello spazio. Alla loro storia Dava Sobel dedica il suo libro più appassionato, arricchito dai testi inediti di diari e lettere: "Quando hanno letto i nomi dei membri" scrive Annie Jump Cannon, una delle protagoniste, "mi sono assai meravigliata di scoprire che ero stata inserita nella Commissione per la classificazione degli spettri stellari, e una delle esperienze inattese è stata la riunione con i suoi membri. Sedevano a un lungo tavolo, quegli uomini provenienti da varie nazioni, e io ero l'unica donna". Era stata lei a studiare per anni gli spettri stellari, e fu lei a parlare per tutto il tempo.
Da oltre un secolo la fisica teorica sembra progredire in una marcia inarrestabile di trionfi. Dopo le grandi rivoluzioni della relatività einsteiniana e della meccanica quantistica, la ricerca del Santo Graal di una Teoria del Tutto ha prodotto frutti clamorosi: il modello cosmologico standard ci ha permesso di definire l'evoluzione dell'universo dal Big Bang fino ai suoi possibili destini ultimi, mentre l'imponente architettura matematica della teoria delle stringhe ci offre una visione elegante della struttura essenziale della materia e dello spaziotempo. Tutto bene, dunque? Roger Penrose ci mostra le cose non stanno esattamente così. Quanto l'indiscutibile eleganza della teoria delle stringhe e la sua conseguente popolarità impediscono di dedicare le nostre ricerche a ipotesi forse meno spettacolari ma più solide? Quale base reale hanno i voli di fantasia delle teorie cosmologiche attuali, erette sul dogma del modello inflazionario? E la precisione straordinaria delle predizioni della meccanica quantistica giustifica la fede cieca nell'affidabilità dei suoi traballanti fondamenti concettuali? In questo suo saggio Penrose ci fornisce uno spaccato profondo e sorprendente del valore e delle debolezze della nuova scienza fondamentale.
Per gli antichi greci la hybris era il peccato peggiore che un capo potesse commettere. Era l'atteggiamento di somma tracotanza con cui i mortali, nella loro follia, si opponevano agli dèi. Chi peccava cadeva in disgrazia, precipitava da grandi altezze a profondità inimmaginabili. Dopo aver scritto numerosi libri sulla guerra nelle sue varie forme, Alistair Hor-ne riflette su quali sono i tratti comuni che contraddistinguono i conflitti armati nel corso della storia. Tra quelli che emergono con maggiore evidenza c'è proprio la hybris, nel Novecento in particolare. Perché i generali vittoriosi non sanno quando è il momento di fermarsi? Nel corso del 1941, la hybris avrebbe indotto Hitler a commettere, uno dopo l'altro, i tre enormi errori della sua carriera, errori di proporzioni storiche e fatali: l'operazione Barbarossa, la decisione di invadere la sterminata terra di Russia; la tardiva decisione di attaccare Mosca, costi quel che costi - come aveva fatto Napoleone un secolo e mezzo prima; la dichiarazione di guerra agli Stati Uniti l'11 dicembre, soltanto una settimana dopo che la sua offensiva su Mosca si era alla fine bloccata. È quella la data in cui Hitler perde definitivamente la fiducia nei suoi generali per confidare solo nella propria stella. Se la hybris è parte della condizione umana, profondamente radicata, persistente, pervasiva e potenzialmente letale, cosa possiamo fare oggi per evitarne le conseguenze? "Con il mondo di fronte a pericoli sempre più minacciosi provenienti da leader ambiziosi, da bande di signori della guerra e terroristi, dobbiamo tenere conto, come fecero gli antichi greci, delle terribili sciagure che si abbattono su coloro che liberano dal vaso di Pandora il bacillo dormiente dell'arroganza."
Tutti i cittadini abituati da secoli alla democrazia possono facilmente cedere alla tentazione di considerarsi per sempre al riparo dai totalitarismi che hanno insanguinato il Novecento. Per Timothy Snyder, autore di opere sull'Europa tra Hitler e Stalin e sull'Olocausto, questo "è un riflesso sbagliato". Oggi non siamo "più saggi degli europei che nel xx secolo videro la democrazia cedere a fascismo, nazismo o comunismo. Uno dei nostri vantaggi è di poter imparare dalla loro esperienza". Per questo, Snyder trae venti lezioni dalla storia del Novecento, venti esortazioni per evitare di ripetere oggi, nell'era di Trump, della Brexit, dei nazionalismi e dei populismi, gli errori di un'epoca tragica. C'è una parola che ritorna in questo libro, una parola che ha echi classici e illuministi e mantiene intatto il senso di minaccia che l'accompagna: tirannia. La storia insegna che la tirannia più insidiosa non è quella che s'impone con la violenza, per mezzo di un repentino colpo di Stato, ma quella che acquista potere attraverso una serie di cedimenti progressivi da parte dei cittadini. Per questo, se c'è una cosa che ci insegna la storia è proprio l'importanza di resistere: "Qualcuno dovrà farlo. Conformarsi è facile. Fare o dire qualcosa di diverso può sembrare strano, ma senza quella sensazione di disagio non c'è libertà".
Perché le persone invecchiano in modo così diverso l'una dall'altra? Perché alcune arrivano alla terza età con la mente lucida, fisicamente sane e piene di energia, mentre altre, magari più giovani, mostrano precocemente i segni e gli acciacchi tipici della vecchiaia? E, soprattutto, si può fare qualcosa per ritardare gli effetti più invalidanti della terza età? Elizabeth Blackburn, biologa molecolare premio Nobel per la medicina, ed Elissa Epel, psicologa della salute, si confrontano con questi interrogativi alla luce dei risultati di una loro recentissima, e per molti aspetti rivoluzionaria, ricerca, che ha identificato i principali «responsabili» dell'invecchiamento degli esseri umani nei telomeri, le minuscole porzioni di DNA che rivestono le parti terminali dei cromosomi, proteggendoli dal deterioramento del materiale genetico. Con il passare del tempo, infatti, i telomeri tendono ad accorciarsi e, quindi, a perdere di efficacia nella loro azione di prevenzione del deperimento cellulare. La velocità con cui la loro lunghezza si riduce, però, non è costante e uguale per tutti, ma cambia da individuo a individuo, e dipende tanto da fattori genetici (come alcune malattie, fortunatamente rare) quanto dall'equilibrio psichico e dallo stile di vita. La buona notizia - ed è questa la straordinaria scoperta delle due autrici - è che tale processo non è affatto irreversibile, anzi ciascuno di noi può fare qualcosa per bloccarlo o, addirittura, invertirne la direzione. Le numerose evidenze scientifiche raccolte da Blackburn ed Epel hanno infatti dimostrato che nutrirsi in modo sano e naturale, praticare una corretta attività fisica, affrontare le situazioni stressanti senza lasciarsene sopraffare, e persino prendersi cura dell'ambiente in cui si vive, sono armi efficacissime non solo per contrastare l'accorciamento dei telomeri, ma anche per favorirne la crescita, in modo che possano continuare a svolgere al meglio la loro funzione.
Aaron James è il massimo teorico mondiale della stronzaggine. Come ha dimostrato nel suo libro precedente, "Stronzi". "Un saggio filosofico", si definisce tecnicamente "stronzo" "l'individuo che, nell'ambito delle relazioni interpersonali, si arroga in modo sistematico privilegi che non gli competono, sulla base di un inossidabile (ed erroneo) senso di superiorità che lo rende immune alle recriminazioni di altri soggetti". Oggi James prosegue la sua ricerca filosofica sull'irresistibile ascesa di questa categoria concentrandosi sul nuovo presidente americano, Donald Trump. Come ha fatto a sedurre gli elettori? Perché non riusciamo a staccare lo sguardo da lui, stupiti, sconcertati, scossi e divertiti nello stesso tempo? E ancora: quali caratteristiche specifiche deve avere uno stronzo per ottenere simili risultati in modo tanto spettacolare? Delle molte specie che fanno parte dell'ecosistema degli stronzi, Trump, esattamente, a quale tipo appartiene? E questo gli conferisce o no i requisiti per occupare la più alta carica politica del più potente Stato del mondo? E, soprattutto, che rischi può rappresentare - e magari quali vantaggi può portare - la presidenza Trump per la democrazia? Rispondere a queste domande significa guardare dentro se stessi, riflettere sui fondamenti del nostro contratto sociale, indagare la natura dell'ordine e dell'autorità in una democrazia moderna.
La Rivoluzione russa del 1917 ha destabilizzato l'assetto politico dell'Europa e del mondo intero, e oggi tutti conoscono gli sconvolgimenti che ha provocato. Le interpretazioni storiografiche sono state molteplici. Il giudizio storico sulla personalità di Lenin, sulle sue motivazioni e le sue intenzioni, ha subito una sorta di congelamento. Si considerava un idealista, scrive Sebestyen, e nei rapporti personali si comportava nel modo in cui era stato educato: come un gentiluomo dell'alta borghesia. Non era interessato ai dettagli della morte delle sue vittime, le soppressioni erano politicamente necessarie e gli individui nient'altro che dei numeri. Guidato dall'idea che il fine giustifica i mezzi, pur di rimanere ben saldo al potere mentì senza vergogna, offrendo al suo popolo soluzioni semplici a questioni complesse. Voleva il potere e voleva cambiare il mondo. Dopo il crollo dell'URSS, il dibattito si è fatto meno politicizzato, ma è in questo libro che si indaga il ruolo di Lenin e della Rivoluzione alla luce dell'enorme mole di nuove informazioni emerse su di lui in seguito all'apertura degli archivi segreti dell'ex Unione Sovietica: dalla Russia violenta, tirannica e corrotta in cui visse agli scritti di filosofia ed economia marxista, fino alla relazione con le donne della sua vita.
Un mistero - o un paradosso - avvolge l'India contemporanea: il paese vanta un indiscusso primato per l'eccellente preparazione dei suoi tecnici e professionisti, i suoi «primi della classe» altamente competitivi sul mercato del lavoro occidentale, eppure il suo sistema scolastico esclude o trascura la gran parte di coloro che dovrebbe educare e che, non a caso, appartengono alle categorie sociali più svantaggiate, i poveri e le donne. Perché l'iniquità e la disuguaglianza non riguardano solo la scuola, ma tanti, troppi ambiti della vita sociale indiana, dall'assistenza sanitaria alla previdenza sociale, fino alle svariate e clamorose forme di discriminazione castale, tuttora ampiamente vigenti. Nei brevi saggi raccolti in queste pagine, Amartya Sen fissa alcune priorità nella serie di problemi che ostacolano il pieno sviluppo economico e democratico del suo paese e delinea condizioni e modi per farvi fronte: le questioni della giustizia sociale, della povertà, delle disuguaglianze, della parità tra i sessi, dell'istruzione, dei diritti d'espressione e del ruolo dei media sono, fra le tante, al centro della sua riflessione appassionata e partecipe, illuminata da una vasta competenza e sempre ispirata a principi di equilibrio e di apertura antidogmatica alla molteplicità delle prospettive. Ma non è solo all'India - ai preziosi contributi che la sua civiltà millenaria ha dato all'umanità nel passato e al suo presente difficile ma anche ricco di iniziative e di grandi potenzialità - che Sen dedica le sue attenzioni, poiché anche il mondo globale contemporaneo è afflitto, e su scala molto più larga, dalle medesime piaghe: ingiustizia, fame, dispotismo, guerra, esclusione, sfruttamento. Nell'invocare la piena realizzazione dei diritti di tutti nella prima e più grande democrazia dell'Asia, Sen ci mostra che «ciò che dovrebbe toglierci il sonno» non riguarda solo l'India, ma anche tutte le altre zone del pianeta, dove applicare un'idea concreta di giustizia, ovvero centrata sulla realizzazione più che sui princìpi o sulle istituzioni ideali, equivarrà sempre a promuovere la vita umana e a migliorare il mondo in cui viviamo. Una lezione che ci viene da uno dei maestri del pensiero contemporaneo e che è doveroso ascoltare.
«Un intero universo di significati va perduto se si assumono l'ideologia razziale, l'escalation bellica e la burocrazia dello sterminio come categorie dominanti nella spiegazione dell'Olocausto. E questo perché la domanda "Come mai i nazisti bruciarono la Bibbia ebraica?" richiede un'immaginazione che sappia cogliere cultura, sensibilità e memoria storica del popolo tedesco.» Nel fissare l'obiettivo di questo suo documentatissimo saggio, Alon Confino inaugura un nuovo filone di ricerca nella pur vasta e variegata letteratura sulla Shoah, basato sul presupposto che la «soluzione finale», incarnata da Auschwitz nella prima metà degli anni Quaranta, sia stata anticipata e resa possibile dalla narrazione messianica e rivoluzionaria elaborata dai nazisti dopo l'ascesa di Hitler al potere nel gennaio 1933. Stando a questa storia, gli ebrei - in quanto responsabili di tutti i mali del mondo, dall'alba dell'umanità all'epoca moderna, passando per l'età protocristiana e della Germania medievale, e di ogni forma di corruzione morale, decadenza e degenerazione - rappresentavano un passato che doveva essere estirpato per consentire la nascita di un nuovo impero e di una nuova civiltà. E perché potessero sorgere un nuovo ordine europeo e un nuovo tipo di cristianesimo, anche la civiltà ebraica andava cancellata, recidendo il suo legame storico con le origini culturali e religiose della Germania. Così, bruciando Bibbia e sinagoghe, come avvenne nella cosiddetta «Notte dei cristalli» tra il 9 e il 10 novembre 1938, e che vide la partecipazione attiva o la passiva complicità di cittadini di ogni età e condizione sociale, il nazismo cercò di modificare non solo la plurisecolare storia dei tedeschi e degli ebrei, ma anche di azzerare il ruolo di questi ultimi nella nascita della civiltà cristiana. Secondo Confino, quindi, il germe della volontà genocida non fu inoculato dai nazisti nel popolo tedesco attraverso l'ideologia antisemita o la scienza della razza, bensì promuovendo un fenomeno culturale molto più ampio - un mondo simbolico condiviso di parole, rituali, immagini e fantasie - che portò i cittadini del Terzo Reich, favorevoli o contrari che fossero, a trovare plausibile se non auspicabile la prospettiva di un mondo senza ebrei. Da quel momento la persecuzione e lo sterminio divennero non solo possibili, ma pienamente giustificabili.
La capacità di parlare in pubblico è un'arte antica quanto il linguaggio. Uomini e donne si riunivano intorno al fuoco per ascoltare storie che sapessero farli viaggiare nel tempo e nello spazio. I bravi narratori riuscivano a creare immagini, suscitare speranze, ispirare sogni nella mente di chi li ascoltava. Dal piccolo accampamento iniziale all'iperconnesso mondo contemporaneo, il potere dell'oralità è cresciuto a dismisura, così come la responsabilità di chi sale su un palco e condivide le proprie idee. E la «condivisione delle idee per il bene di tutti» è la missione che il TED si è dato. Nato negli anni Ottanta come programma annuale di conferenze inerenti tecnologia, intrattenimento e design (TED è l'acronimo di Technology, Entertainment, Design), sotto la guida di Chris Anderson, che dal 2001 ne è il curatore, il TED è diventato un'organizzazione mediática dedicata alla diffusione delle idee a livello globale. Con la messa online dei video delle sue conferenze, a partire dal 2006, le TED Conference raggiungono oggi il miliardo di visualizzazioni ogni anno. Fedele alla filosofia del TED, con questo manuale Anderson vuole condividere con il mondo l'idea che più gli sta a cuore: il modo migliore per veicolare le idee. E lo fa non solo svelando i trucchi per diventare eccellenti oratori - provare il discorso all'infinito, suscitare empatia, indossare gli abiti giusti - ma proponendo una nuova concezione del parlare in pubblico. Perché non esiste un unico «modello TED Talk» a cui ispirarsi: ogni oratore è unico, e così ogni discorso. Ma chi prende la parola deve imporsi di essere solo uno strumento: deve mettere in secondo piano l'atavica paura di una figuraccia, e lasciare che a salire sul palco sia un'idea in grado di essere d'ispirazione agli altri. Che si tratti di un ragazzino keniota che ha inventato un modo per tenere i leoni lontani dalla fattoria dei genitori, o l'istrionico Sir Ken Robinson che taccia il moderno sistema scolastico di uccidere la creatività nei bambini, oppure Monica Lewinskv che racconta il suo lungo percorso per riuscire a superare il trauma della vergogna, non è il «chi» ciò che conta, ma il «cosa». E, naturalmente, il «come».
Prima o poi nella vita succede a tutti: di fronte a una decisione che ci sembra impossibile da prendere, all'improvviso, quasi miracolosamente, ogni tassello trova il suo posto. La soluzione è semplice e soprattutto è sempre stata lì, a portata di mano. Ma cos'è questa illuminazione? Come arriviamo alla scelta che con il senno di poi ci pare l'unica giusta, l'unica possibile, l'opzione che, se ignorata, tornerà a tormentarci a lungo? Per Hannah Monyer e Martin Gessmann la risposta è semplice: grazie alla memoria. Partendo da due punti di vista completamente diversi - quello della neurobiologia e quello della filosofia - i due autori ripensano in modo anticonvenzionale la struttura della memoria, che non esiste per nascondere il vissuto dentro i suoi "cassetti", ma per rielaborarlo costantemente. Le informazioni rilevanti possono così sovrascrivere quello che c'era in principio. Questa prospettiva rivoluzionaria ci offre una nuova comprensione del "lavoro" quotidiano del ricordare e, soprattutto, del dimenticare: tracciare la strada verso il futuro. "L'uomo non ha a disposizione altre facoltà in grado di gestire un compito così complesso e delicato."
Il ritratto politico e umano di un grande protagonista del Novecento. La vicenda tragica di un Paese e di un popolo dominati da un leader carismatico e brutale
“La storia mi assolverà.” Così, nel 1953, Fidel Castro lanciava il suo atto d’accusa al regime di Fulgencio Batista, che di lì a pochi anni sarebbe stato rovesciato dalla rivoluzione. Proprio con il fallito assalto alla caserma della Moncada, che costò a Castro il carcere e l’esilio, furono poste le basi del Movimiento 26 de Julio, nelle cui file maturarono le premesse per la guerriglia che nel 1959 avrebbe condotto Castro al potere, dando avvio alla dittatura più lunga della storia. Un dominio assoluto, esercitato per quasi cinquant’anni su una piccola isola, la cui posizione strategica ne ha fatto spesso l’ago della bilancia nei precari equilibri internazionali durante e dopo la Guerra fredda. Ma chi era davvero Fidel Castro? Dopo anni di ricerche, Serge Raffy traccia il ritratto vivido di un personaggio complesso e inquietante, figura camaleontica, Líder Máximo, “Stalin dei tropici”, ripercorrendo le tappe della sua vita e della sua parabola politica: dalle umiliazioni patite nell’infanzia – Castro era figlio illegittimo di un grande proprietario terriero – a un’adolescenza segnata dalla rigida educazione ricevuta dai gesuiti, dalla laurea in giurisprudenza all’incontro con gli esuli cubani negli Stati Uniti fino agli ultimi anni all'ombra del fratello Raúl.L’accurata ricostruzione storica di Raffy è ricca di rivelazioni su aspetti poco noti della vita di Fidel, come i suoi amori tumultuosi, ufficiali e non, e le decine di rocamboleschi tentativi di omicidio dei quali fu vittima. Ma questo libro getta nuova luce anche sulle relazioni di Castro con la Cia e il Kgb; svela i retroscena della “crisi dei missili”, che nel 1962 tenne il mondo col fiato sospeso, e dell’assassinio di John Fitzgerald Kennedy; ricostruisce la trama degli eventi che condussero alla morte di Che Guevara, alla tentata invasione della Baia dei Porci, al ruolo giocato da Cuba nella tragica fine del presidente cileno Salvador Allende; denuncia le sistematiche violazioni dei diritti umani, i processi sommari, l’eliminazione metodica degli oppositori al regime; si interroga sul futuro assai incerto del Paese. Quello tracciato da Raffy è il profilo realistico e obiettivo dell’ultima grande figura del Novecento, specchio delle contraddizioni politiche e delle tensioni internazionali.
Cos’è il gusto dell’altro? La percezione di se stesso come un altro? Come possiamo capire di non essere soli? Si cammina insieme – ci mostra l’autore ripercorrendo l’itinerario della sua vita – ci si stanca, ma si condivide la fatica e si condivide la ricerca, perché la tensione verso la meta – che non è un luogo misterioso, ma la presenza di colui che è “Dio con noi” “tutti i giorni, fino alla fine del mondo” – serva da bussola per orientarsi nel presente e affrontare coraggiosamente le sfide che dovremo affrontare.
Alla metà degli anni Settanta, Stephen Hawking fece una serie di scoperte inquietanti, secondo cui i buchi neri potrebbero evaporare, o anche esplodere, e distruggere tutta l'informazione della materia caduta al loro interno. I fisici hanno impiegato i successivi quarant'anni a mettere ordine alle conseguenze di questo risultato, finora indimostrato. In queste due lezioni, Hawking ritorna sul tema chiave della sua ricerca per raccontarci qual è il punto della situazione, e cosa rimane da capire sullo spazio, sul tempo, sulla nostra parte nell'universo. "I buchi neri rappresentano una sfida al principio più fondamentale che riguarda la prevedibilità dell'universo e la certezza della storia", scrive. E ci coinvolge nell'ultima puntata di un'appassionata disputa scientifica, iniziata parecchi anni fa, tra la fisica classica della relatività generale e la fisica quantistica.
Da quando nel 1916 Einstein predisse l'esistenza delle onde gravitazionali minuscole increspature nello spaziotempo generate da eventi insondabili la scienza si è preoccupata di indagare se tali vibrazioni possano essere registrate. Perché, in questo caso, potremmo osservare il nostro universo attraverso il suono: il "sibilo" del Big Bang, il "canto" simile a quello delle balene delle supernovae che esplodono, le "vibrazioni" prodotte dalla collisione di due buchi neri. Il 14 settembre 2015 la previsione di Einstein ha ricevuto una clamorosa conferma: per la prima volta due interferometri del progetto statunitense LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory) hanno rivelato gli effetti di una potentissima collisione di due buchi neri avvenuta 1,3 miliardi di anni fa, e che è stata percepita sulla Terra come un lieve "tremore". Ma forte abbastanza da provocare un vero e proprio terremoto nel campo della astrofisica. Janna Levin racconta con divertita leggerezza e un linguaggio accessibile l'affascinante storia di un secolo di ricerca, di ipotesi teoriche e di esperimenti scientifici, ma anche di creatività, tic, aspirazioni e ossessioni, raccolta dalla viva voce di Rai Weiss, Kip Thorne e Ron Drever, i tre scienziati che hanno dato vita al progetto LIGO.
Come può un'intelligenza sopra la media essere un peso da portare anziché un dono di cui essere fieri? Com'è possibile che ostacoli, anziché favorire, la nostra felicità? E come invece possiamo sfruttare al massimo il nostro pensare e sentire fuori dal comune? L'autrice, celebre psicologa francese, si occupa per la prima volta della plusdotazione intellettiva degli adulti: una condizione quasi impossibile da diagnosticare, e che riguarda in realtà un numero altissimo di persone. Caratteristica peculiare di questa condizione, oltre all'iperattività cerebrale, è l'ipersensibilità emotiva - e quindi nervosismo, tendenza alla depressione, empatia eccessiva, amplificata reattività emotiva. L'intelligenza è una grandissima forza, certo, ma anche un continuo, estenuante interrogarsi che può generare sofferenze, incomprensioni, derive esistenziali. "Strani rapporti" - ha scritto Maurice Blanchot "l'estremo pensiero e l'estrema sofferenza aprono forse il medesimo orizzonte? Forse soffrire è, in definitiva, pensare?"
Esistono limiti alla conoscenza umana? In un'epoca in cui la scienza sembra darci accesso ai misteri più profondi del mondo fisico, rimane qualcosa che non arriveremo mai a comprendere? In questo suo nuovo saggio Marcus du Sautoy esplora sette confini dello scibile per trovare una risposta a tali interrogativi. Riusciremo mai a stabilire che cos'è la coscienza, a svelare la natura del tempo, ad afferrare i paradossi della meccanica quantistica, a districarci nei meandri della teoria del caos, a scoprire quale destino attende l'universo, a capire se l'infinito è un'entità reale o solo un concetto astratto? Con la chiarezza espositiva e l'arguzia consuete, du Sautoy ci accompagna in un fantastico viaggio di esplorazione dell'ignoto. Ogni tappa comincia da un oggetto semplice - un dado da gioco, un violoncello, un orologio da polso, un piccolo campione di uranio-238 acquistato su internet, un modellino in cartone dell'universo, un'applicazione per smartphone, un bigliettino natalizio - per condurci alle frontiere della ricerca attuale, dove le domande più profonde ci costringono a ragionare non solo di scienza ma anche dell'esistenza di Dio; e a scoprire insieme all'autore che probabilmente non arriveremo mai a conoscere ogni cosa, ma che è proprio questa corsa senza fine verso un traguardo irraggiungibile a dare sempre nuova linfa alla ricerca scientifica e ad alimentare la nostra sete di conoscenza.
Per i viaggiatori che si fermavano sul bordo della strada a sbirciare i fiori o che allungavano il collo dai finestrini del treno per scorgere un angolo dello stagno, il giardino di Monet a Giverny era una visione paradisiaca. "Un Paradiso dove, all'ombra di alcuni alberi, i fiori variopinti giocano sul prato illuminati dal sole che filtra a chiazze tra le fronde mosse dalla brezza" scrisse un giornalista. Eppure quel luogo ameno era lo stesso in cui Monet, lottando con le sue tele, contemplava quello che il suo primo critico definì "il nulla insondabile": le ninfee - "silenti e misteriose più di ogni altro fiore" - ossessione decennale di un artista che inseguiva il sogno della forma e del colore fin quasi all'autodistruzione. "Ho intrapreso qualcosa di impossibile. Non dormo più per colpa loro", confessò Monet al suo amico Georges Clemenceau. Ma dietro ogni fiore c'è forse una donna? Una donna inaccessibile, proibita? Ross King ricostruisce lo scenario che fa da sfondo al "folle incantamento" di Monet e alla realizzazione di questi dipinti sfuggenti e misteriosi, in cui - forse più che in ogni altra opera dell'impressionismo - possiamo scorgere la scintilla della modernità.
Nel 1937 Mosca è la sede di grandiosi processi politici in cui le colpe degli accusati, del tutto inventate, vengono comunque minuziosamente analizzate. Al tempo stesso, la città vive uno stato di esaltazione. Il Commissario del popolo alterna la compilazione di liste di migliaia di dirigenti e operai da fucilare alla supervisione dei lavori della nuova metropolitana, le cui stazioni vengono inaugurate una dopo l'altra. Il Bolsoj, la piazza Rossa, le dacie in periferia, le esposizioni, ma anche i luoghi delle esecuzioni e i campi di lavoro nella zona del canale, a nord. E le vacanze estive, le strutture sportive, i cinema, le vetrine dei negozi e le feste danzanti. "Che fossero collaboratori o persino vittime, tutti si ritrovarono risucchiati, in un modo o nell'altro, nel grande movimento in cui si erano impegnati e che giunse alla sua fine solo nel 1938. La città non era altro che un enorme cantiere in continua trasformazione."
Fin dai tempi di Adam Smith, il pensiero economico ha tessuto le lodi del libero mercato che, quasi fosse governato da una mano invisibile, riuscirebbe a conciliare la ricerca dell'interesse personale con il benessere dell'intera società, trasformando il vantaggio individuale in bene comune.
A questa concezione idilliaca lanciano una sfida radicale due premi Nobel dell'economia, George Akerlof e Robert Shiller, sostenendo che i mercati ci procurano tanti danni quanti benefici, e lungi dall'essere fondamentalmente benigni sono intrinsecamente disseminati di trappole e di esche cui finiamo per abboccare. Perché ogni volta che c'è un profitto da ricavare, i venditori non esiteranno a sfruttare le nostre debolezze psicologiche, la nostra superficialità e la nostra ignoranza per manipolarci e piazzarci la loro merce al prezzo più alto.
È più che legittimo, quindi, applicare all'intero ambito dell'economia quella nozione di «phishing» nata fin dagli albori di Internet per definire il raggiro online, la «pesca degli ingenui» cui carpire informazioni, dati e, in definitiva, denaro. Ma mentre quella compiuta in Rete è un'azione illegale, un reato perseguito per legge, in economia è da sempre una pratica comune e indiscussa: raggirare ed essere raggirati è parte integrante dei rapporti fra gli attori del mercato.
Per dimostrare la loro tesi, Akerlof e Shiller riportano una gran quantità di aneddoti ed episodi che rivelano come il phishing riguardi chiunque e ogni aspetto della nostra vita: spendiamo tutto il nostro denaro e poi ci preoccupiamo di come arrivare a fine mese; siamo, spesso senza saperlo, succubi della pubblicità; paghiamo troppo l'auto, la casa e le carte di credito; compriamo farmaci che si rivelano inefficaci, se non addirittura dannosi.
Nell'esplorare a fondo il ruolo della manipolazione e del raggiro nell'economia odierna e nel raccontare le storie delle persone che hanno cercato di opporsi al loro dilagare, i due autori forniscono un contributo importante alla spiegazione del paradosso per cui in un'epoca come la nostra, in cui la produzione di ricchezza ha raggiunto livelli senza precedenti, tanti continuano a condurre una vita di miseria e di silenziosa disperazione.
George A. Akerlof, economista e professore all'Università di Georgetown, ha vinto il premio Nobel per l'economia nel 2001.
Il 22 luglio 2011, Anders Breivik uccide settantasette persone. Vestito da poliziotto, irrompe tra i giovani che partecipano al meeting annuale dei laburisti norvegesi sull'isola di Utoya, a circa trenta chilometri da Oslo. L'uomo è in divisa, e forse per questo all'inizio nessuno bada al fatto che tra le mani ha una mitraglietta. All'improvviso la impugna e apre il fuoco. Poi usa un fucile da caccia, un'arma automatica e una pistola, mentre attorno a lui i ragazzi cercano inutilmente una via d'uscita. Dopo l'attentato e durante il processo che ne è seguito tutto il mondo ha iniziato a porsi delle domande, come è potuto accadere? Perché è accaduto? E chi è Anders Breivik? Åsne Seierstad si è trovata in una posizione unica per interrogarsi sulla vicenda: corrispondente di guerra pluripremiata, si è occupata per anni di persone coinvolte in conflitti violenti. Qui, per la prima volta, si interroga su ciò che è avvenuto a casa sua, nel suo Paese, basandosi su un corpus enorme di deposizioni, interviste ad amici e familiari, registri comunali, testimonianze, generando una ricostruzione così precisa che per il New York Times "dovrebbe essere fatta studiare nelle scuole di giornalismo". Descrive un personaggio irripetibi1e e le sue turbe ma anche il contesto da cui proviene, la famiglia in cui è cresciuto, il sentiero scosceso che lo ha portato a macchiarsi di un delitto che non si può spiegare.
La notte del 24 marzo 1945, la contessa Margit Batthyamy-Thyssen e il marito, ricchi eredi di una tra le dinastie più in vista della Germania nazista, danno una festa principesca per le SS del distaccamento locale nel loro castello di Rechnitz, al confine tra Austria e Ungheria. Intorno alla mezzanotte, la furia dei nazisti - e forse di tutti gli ospiti - si abbatte su un gruppo di ebrei ungheresi rinchiusi vicino alla proprietà in attesa di essere deportati. Vengono uccisi in centottanta, dopo aver scavato lo propria fossa, mentre al castello il ricevimento continua, si balla e ci si ubriaca. Ma uno dei peggiori crimini nazisti della fine della Seconda guerra mondiale è per l'autore una questione personale: la "padrona di casa dell'inferno" è Margit, una zia di cui in famiglia non si parla mai. Era presente all'eccidio? Vi ha partecipato? Che cosa è veramente accaduto quella notte? Per rispondere a queste domande Sacha Batthyany, guidato dal diario della nonna che a sua volta nasconde un segreto inconfessabile, intraprende un viaggio alla ricerca della verità, dalla Svizzera in cui è cresciuto all'Ungheria delle origini della sua famiglia, dall'Austria del dopoguerra alla Siberia dei Gulag, fino a Buenos Aires, nel salotto di una sopravvissuta di Auschwitz, dove scopre il segreto che cambierà lo sua vita e il suo destino. "È il patto segreto di noi discendenti, nipoti dei carnefici o delle vittime. Tutti noi andiamo a prenderci qualcosa, un pezzo di esistenza."
Miliardi di dati personali immagazzinati nel cuore di granito delle Montagne Rocciose, archivi polverosi contenenti i registri dei deportati nelle prigioni della Tasmania, un laboratorio di Oxford che segue le tracce delle popolazioni dell'antica Britannia, moderne società private che custodiscono in immense banche dati il DNA di milioni di individui e nuovi detective della genetica in grado di documentare un'ascendenza diretta con Gengis Khan... Come si conserva il passato dell'umanità? Quale ruolo svolgono i cromosomi dell'uomo di Neanderthal nel nostro corredo genetico attuale? In che modo l'eredità biologica e culturale caratterizza la nostra specie? Attingendo a ricerche all'avanguardia nel campo della genetica, Christine Kenneally, pluripremiata giornalista australiana, in "Storia invisibile della razza umana" risponde a queste e ad altre domande, le stesse che da sempre gli uomini si pongono riguardo alle proprie origini, come del resto testimoniano le innumerevoli genealogie dell'Antico Testamento, le ossessioni dinastiche delle famiglie reali e, più di recente, il crescente interesse per la genealogia reso possibile dai progressi nella decodificazione del genoma. Infatti, se l'eredità della razza umana è un tesoro che ci è stato trasmesso sotto forma di antichi manufatti storici, essa è custodita anche nel nostro DNA, e quindi nei nomi che portiamo, nelle emozioni e persino nelle credenze e negli atteggiamenti che si tramandano da un'epoca all'altra...
Fu nelle colonie greche del Mediterraneo, tra il VI e il V secolo a.C., che vennero formulate le prime congetture sulla sostanza fondamentale di cui è fatto il mondo. "Fisici" e filosofi erano alla ricerca dei principi costituenti dell'universo, e questa indagine da Talete a Eraclito, da Parmenide a Democrito condusse alle prime, originali risposte circa la natura e l'apparenza delle cose. Nell'indagare e descrivere una realtà sottostante e unificatrice, gli antichi greci erano come gli scienziati moderni. Ma, secondo il premio Nobel per la fisica Steven Weinberg, la somiglianza finisce qui. Infatti nessuno a Mileto, a Efeso, ad Abdera o ad Atene cercò mai di "spiegare" come le teorie sul principio fondamentale del kosmos rendessero conto delle apparenze, così come nessuno tentò di verificare o anche solo giustificare le proprie ipotesi. Non si trattava di pigrizia intellettuale. Semplicemente, i greci non ne avvertivano la necessità e "non lo avevano mai visto fare". Per arrivare a una comprensione scientifica del mondo si dovrà attendere, per Weinberg, la grande rivoluzione intellettuale che, tra il XVI e il XVII secolo, condurrà alla "scoperta" della scienza moderna, vale a dire quell'insieme di pratiche, di canoni e di procedure con cui oggi guardiamo ai fenomeni dell'universo.
Il design, l'architettura e l'arte fanno parte della nostra vita quotidiana: ne vediamo degli esempi negli oggetti che ci circondano, per le strade della città in cui abitiamo, nelle nostre passioni e abitudini. Quello che forse non abbiamo mai notato è come l'universo artistico sia profondamente legato a quello matematico: vi siete mai domandati, ad esempio, da quale posizione sia meglio osservare una statua? O perché abbiamo l'impressione che le ballerine di danza classica sconfiggano la forza di gravità? O ancora, vi siete mai chiesti che rumore fa il silenzio? Con la consueta abilità nell'analizzare la realtà che ci circonda nei suoi aspetti apparentemente più incomprensibili, il grande matematico John D. Barrow dimostra come numeri e arte non siano poi così distanti tra loro, e lo fa attraverso una serie di esempi divertenti, formule, aneddoti bizzarri e curiosità per guidarci alla scoperta dei legami tra queste discipline: un tour di cento tappe che ci introduce ai misteri delle più disparate forme d'arte, dalla scultura alla letteratura, dall'architettura alla danza, dalla pittura al design, spiegandoci come la matematica ne possa svelare le segrete dinamiche. Capiremo così perché i diamanti brillano, perché un soprano può spaccare un bicchiere di cristallo senza toccarlo e perché la cabina doccia è il posto in cui si canta meglio. Rivisitando il quotidiano con un'ottica inedita, questo saggio arricchisce la nostra comprensione sia degli oggetti matematici sia degli oggetti artistici.
Dei sette papi di questo libro - da Pio XII a Francesco - Hans Küng, il "grande vecchio" della teologia dissidente, ha avuto un'esperienza diretta: Pio XII è il papa della sua giovinezza, che ha modo di vedere da vicino da studente a Roma; Giovanni XXIII e Paolo VI sono i papi del Concilio, a cui partecipa come perito (Paolo VI lo riceve invitandolo a mettersi al servizio della Chiesa); con la meteora luciani ha un breve scambio epistolare; Giovanni Paolo II è il papa-nemico, sotto il quale gli viene tolta la missio canonica; Ratzinger è suo collega al Concilio e poi a Tubinga, prima di schierarsi dalla parte di Wojtyta; con Francesco è "simpatia a prima vista": il papa gli scrive chiamandolo hermano, fratello. Per ognuno di loro Küng ha un ricordo, un aneddoto. Questo libro non comprende dunque sette biografie di pontefici o una carrellata di date, o men che meno un'agiografia: offre invece sette ritratti usciti dalla penna di un autore che ha avuto modo di conoscere e "vivere" da vicino questi protagonisti. Un autore che non è uno storico né un "osservatore impegnato", ma un compagno di viaggio, un attore che ha partecipato con loro agli avvenimenti di un'epoca, l'evento che ha segnato la storia della Chiesa degli ultimi cinquant'anni, e la carriera di Hans Küng, è il Concilio Vaticano II, che voleva interpretare il Vangelo in modo nuovo, offrendone un criterio di lettura adatto ai tempi.
La fine della Seconda guerra mondiale non fu immediata. Non ci fu nessun ritorno istantaneo alla pace: decine di milioni di profughi, sopravvissuti e prigionieri rimasero in preda alla fame, alle malattie, alle vendette dei vincitori. Le macerie delle città bombardate rimasero dov'erano per anni, soprattutto nella Germania sconfitta. Il primo anno del dopoguerra segnò anche il culmine delle tensioni tra Truman e Stalin, mentre in Cina vennero gettate le premesse per l'ascesa di Mao; si affermò il Congresso Nazionale Indiano di Gandhi, mentre in Medio Oriente prendeva corpo l'idea di uno Stato d'Israele. Quando comincia una guerra e quando finisce? Quali sono le tracce che non si possono cancellare? Ogni guerra genera altre guerre?
Nel 2011, con l'inizio delle proteste contro il regime siriano di Bashar al Assad, César - questo il nome in codice - e i suoi colleghi agenti militari ricevono l'ordine di fotografare i corpi delle persone morte nelle strutture di detenzione gestite dall'esercito. Sono i cadaveri degli oppositori al regime arrestati nel corso delle manifestazioni di protesta. César decide di copiare di nascosto molte delle fotografie e conservarle in modo sicuro, per aiutare i parenti delle vittime a conoscere la verità sulla sorte dei loro cari. Dopo due anni però i timori per la sua incolumità e quella dei suoi familiari lo hanno spinto a lasciare il Paese e cercare asilo in Europa.
"Sono stata sequestrata due volte. Ho avuto un grave incidente stradale. Due dei miei autisti sono morti mentre lavoravano per me. Non ho potuto assistere alla nascita dei figli di mia sorella, ai matrimonio di amici, ai funerale di persone care.
Ho lasciato innumerevoli fidanzati e altrettanti mi hanno mollata. Ho lottato per trovare un equilibrio, per quanto imperfetto, fra il mio ruolo e di madre e quello di fotoreporter. La fotografia ha delineato il modo in cui guardo il mondo; mi ha insegnato a godere della vita a cui torno, quando poso la macchina fotografica.»
Com'è nato il denaro? Da quando il lavoro è una merce? Che ruolo ha avuto il debito nelle società di mercato? In una lettera appassionata alla figlia adolescente, il ministro delle Finanze del governo Tsipras ripercorre le tappe fondanti della storia dell'umanità alla ricerca delle origini della disuguaglianza, attraversando i grandi temi dell'economia "per consentire al lettore di vedere la crisi con occhi diversi e di capire le vere ragioni per cui i governi si rifiutano caparbiamente di prendere le decisioni che porterebbero alla liberazione delle nostre società, in Europa, in Grecia e in tutto il mondo". Economista radicale e militante anti austerity, Yanis Varoufakis si rivela anche un narratore, capace di raccontare l'economia come un'epopea in cui i contadini senza terra e gli eroi dell'"Iliade", gli operai inglesi e Oscar Wilde lottano fianco a fianco per un'idea di società alternativa a quella imposta dal capitale. "È incredibile la facilità con cui tendiamo a considerare 'logica', 'naturale' e 'giusta' la distribuzione della ricchezza che abbiamo sotto gli occhi, specialmente se ci favorisce. Quando ti sembra di propendere per questo tipo di pensieri, ricorda: tutti i bambini nascono nudi, ma per alcuni è già stata pronunciata la condanna alla fame, allo sfruttamento e alla miseria. Non cedere mai alla tentazione di accettare una spiegazione logica per le disuguaglianze che finora, da ragazza che sei, hai ritenuto inaccettabili."
L'immagine più diffusa della Germania nazista è quella di uno Stato onnipotente che catalogò, represse e sterminò un'intera classe di cittadini. Eppure tutti i principali crimini tedeschi furono commessi in aree dove le istituzioni erano state distrutte, smantellate o gravemente compromesse: lo sterminio di cinque milioni e mezzo di ebrei, di oltre tre milioni di prigionieri di guerra sovietici e di circa un milione di civili nelle cosiddette operazioni antipartigiane si verificò sempre in zone di vuoto statale. Quando si scarica la responsabilità dell'Olocausto sullo Stato moderno, l'indebolimento dell'autorità appare come un bene: un'interpretazione errata che spiana la strada a crimini futuri. Avvalendosi di fonti mai consultate in precedenza e testimonianze inedite di sopravvissuti, uno tra gli storici più brillanti della sua generazione dimostra attraverso un'analisi originale e meticolosa che le motivazioni reali della catastrofe comprendono molti elementi ritenuti secondari per lungo tempo: dallo smantellamento degli Stati al panico ecologico di Hitler, pericolosamente vicino alla paura che proviamo oggi di fronte alla crisi ambientale e alla diminuzione progressiva delle risorse vitali. Non abbiamo alcun motivo di considerarci eticamente superiori agli europei degli anni Trenta e Quaranta, o meno vulnerabili a idee come quelle che Hitler riuscì a tradurre in realtà con tanta efficacia.
John Connolly e James "Whitey" Bulger sono nati e cresciuti in un quartiere popolare di South Boston. Molti anni dopo, alla metà degli anni Settanta, s'incontrano in segreto in una notte di plenilunio sul lungomare della città: Connolly è un agente dell'Fbi, Squadra speciale contro il crimine organizzato; Bulger uno dei principali gangster della città (e, incidentalmente, fratello del presidente del Senato del Massachusetts). Connolly ha in testa un'idea: portare Bulger nell'Fbi come informatore da usare nella crociata contro la mafia, e diventare grazie a lui un pezzo grosso dell'agenzia. I piani di Bulger sono diversi: mira a trasformare l'accordo con i federali in un nullaosta per la sua attività criminosa. Da allora l'ascesa di Bulger è inarrestabile: da boss a padrino della criminalità organizzata di Boston, passando dal gioco d'azzardo e dallo strozzinaggio all'omicidio, dalla gestione del traffico di droga al contrabbando di armi, fino a entrare nella lista dei dieci criminali più ricercati dall'Fbi. Per Connolly un vero e proprio patto col diavolo, con tanto di cene, bevute, mazzette, in cui l'agente federale per quasi trent'anni protegge Bulger e i suoi tenendoli fuori dalle inchieste e sabotando le indagini delle altre forze di polizia nei loro confronti.
Maestro spirituale tra i più ascoltati del nostro tempo, il Dalai Lama non si è mai stancato di promuovere una visione della società radicata in una profonda comprensione della natura umana. Daniel Goleman ha intrapreso insieme a lui un percorso di riflessione sul nostro futuro, affrontando temi come il rispetto universale e la pace, una politica basata sulla consapevolezza e la condivisione, il dialogo tra le religioni e l'importanza della gentilezza e della compassione nei rapporti umani. Queste pagine, che raccolgono tutti i più importanti insegnamenti del maestro tibetano, ci mostrano come questi siano supportati da evidenze empiriche. Ma non solo: ci indicano il modo in cui metterli in pratica attraverso l'esempio di persone che hanno saputo volgere la propria compassione al servizio del bene. Sviluppare un profondo equilibrio interiore, sapere riconoscere e gestire le proprie emozioni, una intelligente educazione sentimentale: sono queste le chiavi della crescita interiore e quindi del progresso umano. "Distogliendoci dalla nostra solita dieta mentale fatta di preoccupazioni, frustrazioni, speranze e timori, la compassione sposta la nostra attenzione su qualcosa di più grande e questo ci motiva, ci dà energia. Anche solo il riuscire a evadere dalla prigione dei nostri piccoli drammi quotidiani porta felicità."
Trovare la persona giusta non è semplice, ma è almeno possibile? O sono più realistici i calcoli del matematico Peter Backus - un single di vecchia data che ha stimato che il numero delle civiltà aliene nella nostra galassia supera quello delle sue possibili partner? In qualsiasi modo la pensiate, una formula segreta dell'amore esiste e per una volta la chimica non c'entra: è tutta questione di numeri. Per esempio, la teoria dei giochi massimizza le nostre probabilità di conquistare chi ci piace; quella dell'arresto ottimale ci aiuta a trovare la persona della nostra vita; con i modelli di Murray applicati alle dinamiche dei litigi possiamo evitare il divorzio... E possiamo anche rispondere a domande fondamentali: qual è il limite oltre il quale nella vita di coppia è meglio non scendere a compromessi? Che cosa, esattamente, ci fa trovare attraente qualcuno? Perché, soprattutto sui social network, essere bellissimi non è un vantaggio? Brillante, arguto e accessibile a tutti, questo libro ci mostra i modelli ricorrenti grazie ai quali possiamo capire e prevedere moltissimi fenomeni, compreso il modo in cui cerchiamo e amiamo la nostra metà, e ci offre i suoi consigli (matematicamente verificati) per trovare quella persona così speciale per noi.
Un adulto medio trasporta all'incirca un chilo e trecento grammi di microbi. Il che fa di questo piccolo esercito di microscopici alieni insediati dentro di noi uno degli organi principali del nostro corpo. Pesante come il cervello e appena più leggero del fegato. Ma quanti microbi ospitiamo? Rob Knight, da anni impegnato a studiare e a mappare questo incredibile universo, ci dice che sono almeno dieci volte le cellule propriamente umane. Il che, in pratica, significa che noi non siamo noi. Questi dati sorprendenti, frutto di scoperte pionieristiche rese possibili dalle tecnologie di ultima generazione, ci dimostrano non solo che i microbi sono molto più numerosi di quanto pensassimo, ma che influiscono in modo fondamentale sulle più importanti funzioni vitali, come la digestione e i meccanismi immunitari. E persino sulla nostra personalità. Inoltre, se consideriamo queste piccole forme di vita indipendenti (e interdipendenti), come parte del nostro patrimonio genetico complessivo, la conclusione è che più del 99 per cento delle informazioni genetiche che veicoliamo è di origine microbica. Siamo di fronte a un "secondo genoma", potenzialmente più determinante del primo (quello ereditato dai genitori) a cui l'autore in queste pagine ci introduce con grande chiarezza, aprendoci le porte di un mondo che fino a pochi anni fa nemmeno sospettavamo esistesse e che potrebbe avere implicazioni rivoluzionarie nella diagnosi e nella cura di malattie anche gravi.
Henry Kissinger non ha resistito e ha voluto regalarci una linea guida, un nuovo modo per capire ed osservare quello che accade a livello internazionale e lo fa con Ordine mondiale, un compendio storico politico del grande diplomatico che mette insieme storia, geografia, politica e passione. A 91 anni lo stratega di relazioni mondiali ha un punto di vista più lucido che mai e sorprende come riesca a spiegare nelle pagine di questo incredibile saggio i problemi del mondo moderno. Il suo punto di vista è occidentale, questo è certo, ma rilegge gli avvenimenti moderni, guardando il passato, quello che è accaduto e che si riflette sull’oggi. Le guerre di religione, l’avanzata della Cina, il declino americano e le guerre di religione si incastrano in un unico casellario di pedine in cui l’equilibrio mondiale è, appunto, tutto da definire. Kissinger allora aspira ad un nuovo equilibrio delle potenze e ad una sorta di governance globale a cui si possa far riferimento. Così sembra invece di viaggiare ad occhi bendati e le nazioni sbandano, prive della conoscenza del proprio passato, essenziale invece per Kissinger per guardare con la lente d’ingrandimento il presente. Tutto si ripresenta e i fenomeni storici ritornano: il Medio Oriente sembra vivere la guerra dei Trent’anni che visse l’Europa mentre la Russia di oggi sembra l’Europa di secoli fa, alla ricerca di espansione e di nuovi territori e culture da conquistare. Gli stati però sembrano molto dipendenti uno dall’altro, forse troppo, e questo crea solo minore capacità decisionale e maggior caos. L’appello alla comunità internazionale che spesso sentiamo nominare per Kissinger è negativo perché svela quanto in realtà essa sia assolutamente indefinita. Colpevole sembra essere la globalizzazione selvaggia, senza limiti, senza regole che hanno appunto reso un Paese dipendente dall’altro. La politica estera è allo sbando e allora bisogna cercare di raggiungere un nuovo equilibrio. Ordine mondiale lo traccia e convince il lettore con stratagemmi e dinamiche internazionali.
"Per me morire felici non significa morire senza malinconia né dolore, bensì andarsene consensualmente, accompagnati da una profonda soddisfazione e dalla pace interiore. Del resto, è questo il significato della parola greca eu-thanasia: 'morte felice', 'buona', 'giusta', 'lieve', 'bella'." In queste pagine uno tra i massimi teologi cattolici del nostro tempo, il grande ribelle Hans Küng, prende posizione su un argomento delicato e a lungo tabù, ribadendo con grande forza la sua posizione: il diritto di decidere quando morire non è in contraddizione con la fede e con il rispetto della vita perché il Dio cristiano è un Dio caritatevole e misericordioso, non un crudele tiranno che vuole per i suoi figli la sofferenza fine a se stessa. Le parole di Küng - da tempo membro dell'associazione elvetica "Exit", forse la più nota organizzazione al mondo che accompagna i malati inguaribili che desiderano essere aiutati a morire - smuovono definitivamente le acque del grande dibattito, perché per la prima volta un teologo cattolico si esprime apertamente a favore dell'eutanasia. La malattia del fratello Georg, ucciso a ventitré anni anni da un tumore cerebrale, i casi di premorte studiati dalla dottoressa Kübler-Ross e la demenza del collega e amico Walter Jens sono state le esperienze chiave che lo hanno portato alla convinzione che morire dignitosamente sia un diritto inalienabile.
"Oltre il terrorismo, oltre la paura, oltre le prime pagine dei giornali e lo 'scontro di civiltà', c'è una cosa che non viene mai abbastanza sottolineata: ciò che oggi sta avvenendo nell'islam è un conflitto interno fra musulmani, non una guerra fra islam e Occidente. L'Occidente è la vittima di una rivalità che infuria nell'islam su chi scriverà il prossimo capitolo della sua storia." Dall'ascesa di Maometto nell'Arabia del VI secolo alla violenza fondamentalista, e attraverso i traumi della decolonizzazione, Reza Aslan contrappone all'idea superficiale di uno scontro di civiltà una profonda ed eccitante esplorazione dei millecinquecento anni di conflitto all'interno della civiltà islamica, per arrivare a comprendere in che modo la guerra al terrorismo sta alterando gli equilibri di potere in Medio oriente e nel mondo intero. Con un occhio alla fede e uno alla storia, animando un secolo dopo l'altro attraverso una narrazione vivida e ricca di risonanze, risponde agli interrogativi più pressanti: qual è l'essenza dell'islam? E una religione di pace o di guerra? Che cosa ha in comune Allah con il Dio degli ebrei e con quello dei cristiani? È possibile che uno Stato islamico annoveri la democrazia, il pluralismo e i diritti umani tra i suoi valori fondanti? Il mondo musulmano sta oggi vivendo una fase di transizione di cui è fondamentale comprendere il significato, perché "come le riforme del passato sarà un evento terrificante, un evento che ha già iniziato a travolgere il mondo".
Nel 1948, dopo essere sopravvissuti alla Seconda guerra mondiale e alla Shoah abbandonando la Francia occupata dai nazisti per la Svizzera, Anna e Armand Jacoubovitch acquistarono una vecchia casa di pietra in un remoto e pittoresco borgo nella Francia del sud. Pochi anni dopo Anna fece le valige, prese con sé i due figli e la macchina da scrivere e se ne andò. A parte un breve incontro, Anna e Armand non si videro né si parlarono più fino alla morte. Nessuno dei due si risposò né rivelò mai il motivo della separazione. Questo libro è il racconto avvincente del viaggio intrapreso dalla loro unica nipote alla scoperta di ciò che accadde tra la nonna, medico psichiatra, e il nonno, interprete al processo di Norimberga, il quale dopo essere stato lasciato non pronunciò mai più il nome della moglie. Per scoprire le radici del loro silenzio, Miranda abbandona i suoi progetti e si trasferisce nell'Ardèche, s'immerge nella lettura di lettere, materiale d'archivio, fonti secondarie e interroga i suoi reticenti nonni sul loro passato ottenendo brandelli della loro storia. E mentre ricostruisce le vicissitudini di Anna e Armand durante i cupi anni della guerra e il naufragio del loro matrimonio, Miranda combatte con l'eredità traumatica dell'Olocausto, il peso della storia, le complessità della memoria. E ritrova se stessa imparando non solo a sopravvivere, ma a vivere serenamente con l'uomo di cui si è nel frattempo innamorata.
È difficile stare al passo in un mondo che non accenna a tirare il freno. Le gratificazioni professionali, la serenità in famiglia, il divertimento, rischiano di diventare mete irraggiungibili, anziché approdi sicuri. La ricerca incessante di soddisfazione sembra il modo migliore per non trovarla. Ma un'alternativa c'è, ed è la stessa praticata da viaggiatori instancabili e maestri del pensiero come Leonard Cohen e Thomas Merton, Henry Thoreau e il Dalai Lama, Marcel Proust ed Emily Dickinson: basta scegliere di rimanere immobili. Per mezz'ora o un mese, nella propria stanza o su un eremo himalayano, non importa. Ciò che conta è il coraggio di staccare la spina, di rifugiarsi in uno spazio tutto per sé, per riuscire a osservare la vita dalla giusta distanza e quindi affrontarla con più grinta e saggezza. "Preferirei di no" rispondeva Bartleby lo scrivano, a metà dell'Ottocento, alle richieste del suo datore di lavoro. "Preferirei di no" è quello che, secondo Pico Iyer, dovremmo dire tutti di fronte al pericolo che lo stress si trasformi presto in un'epidemia globale, come rivelano le stime dell'Organizzazione mondiale della sanità. Correre senza sosta può impedirci di vedere dove stiamo andando. La vera rivoluzione, l'unica in grado di dare all'esistenza un valore nuovo, è smettere di fare. E cominciare a essere.
Il 5 novembre 1990 il rabbino Meir Kahane, fondatore della Lega di difesa ebraica, viene assassinato con un colpo d'arma da fuoco durante un incontro pubblico al Marriott Hotel di New York. Il 26 febbraio 1993 un furgone giallo esplode nel parcheggio sotterraneo del World Trade Center, uccidendo sei persone e ferendone oltre mille. Dietro i due attentati, tra i primi compiuti dalla cellula terroristica che prenderà il nome di al-Qaida, c'è la mano dello stesso uomo, El Sayyid Nosair, un ingegnere egiziano con una moglie americana e tre figli. Zak, uno di loro, racconta oggi, da una prospettiva unica, il prima e il dopo di quegli atti scellerati. La conversione all'Islam della madre, il matrimonio dei genitori, la serenità di un'infanzia normale, e poi la moschea, la rabbia crescente del padre, il fondamentalismo, l'addestramento alla jihad, fino allo sparo che cambierà per sempre la vita della sua famiglia. Solo dopo anni di frustrazione e sofferenza, povertà e isolamento, Zak riuscirà a fare i conti con il fantasma del padre e ad abbracciare la causa della nonviolenza. Questa è la sua storia.
Il capitalismo non è più sostenibile. A meno di cambiamenti radicali nel modo in cui la popolazione mondiale vive, produce e gestisce le proprie attività economiche - con i consumi e le emissioni aumentati vertiginosamente - non c'è modo di evitare il peggio. Cosa fare allora? Il messaggio è dirompente: si è perso talmente tanto tempo nello stallo politico del decidere di non decidere, che se oggi volessimo davvero salvarci dal peggio dovremmo affrontare tagli così significativi alle emissioni da mettere in discussione la logica fondamentale della nostra economia: la crescita del PIL come priorità assoluta. "Non abbiamo intrapreso le azioni necessarie a ridurre le emissioni perché questo sarebbe sostanzialmente in conflitto con il capitalismo deregolamentato, ossia con l'ideologia imperante nel periodo in cui cercavamo di trovare una via d'uscita alla crisi. Siamo bloccati perché le azioni che garantirebbero ottime chance di evitare la catastrofe - e di cui beneficerebbe la stragrande maggioranza delle persone - rappresentano una minaccia estrema per quell'élite che tiene le redini della nostra economia, del nostro sistema politico e di molti dei nostri media."La via d'uscita che intravede Naomi Klein non è una Green Economy all'acqua di rose, ma una trasformazione radicale del nostro stile di vita. "La buona notizia è che molti di questi cambiamenti non sono affatto catastrofici; al contrario, sono entusiasmanti".
Piantagioni di tabacco nella Carolina del Nord su cui non cresce più nulla, acciaierie dismesse dell'Ohio ridotte a scheletri arrugginiti, complessi residenziali della Florida trasformati in cattedrali nel deserto dalla crisi immobiliare, scuole pubbliche della California in caduta libera. È difficile stabilire quando tutto questo abbia avuto inizio. Quando la più forte economia del mondo abbia mostrato i primi segni di cedimento. Quando le istituzioni che tenevano unito un paese abbiano cominciato a sgretolarsi - lacerate dalle lotte intestine, dalla corruzione, dal venir meno di regole e valori condivisi -, mandando in frantumi dopo quasi mezzo secolo la "Repubblica di Roosevelt". Ed è difficile immaginare la vita quotidiana di milioni di cittadini comuni, lasciati soli tra le macerie e costretti a improvvisare i propri destini individuali. Sono le ferite aperte dell'America quelle che George Packer, brillante giornalista del "New Yorker", ci invita a guardare in questo viaggio nella storia recente degli Stati Uniti. Un viaggio che dalle stanze del potere politico a Washington arriva al cuore del potere finanziario di Wall Street, passando attraverso la rivoluzione hi-tech della Silicon Valley e i desolati paesaggi urbani della Rust Belt colpiti dalla deindustrializzazione. Un viaggio tra comunità disgregate, città in rovina, stabilimenti smantellati o delocalizzati, lavoratori con sempre meno diritti e tutele e un ceto medio che la crisi economica ha fatto scivolare inesorabilmente verso la povertà.
Nel 1915, dopo anni di studi pazzi, intuizioni folgoranti e idee sbagliate, Albert Einstein manda alle stampe un articolo con il suo capolavoro, la "Teoria della Relatività Generale": un'equazione, una sola, in cui è racchiusa la più grande rivoluzione scientifica del XX secolo. Dalla fisica nucleare agli esperimenti del Cern, quella della relatività è una storia splendida e avvincente, forse complicata quanto la teoria stessa. I buchi neri furono concepiti sui campi di battaglia della Prima guerra mondiale; l'espansione dell'universo venne ipotizzata da un prete belga e da un meteorologo russo; Jocelyn Bell scoprì le stelle di neutroni grazie a una rete metallica e a una sgangherata struttura di legno e chiodi... Il salto compiuto da Einstein ha trasformato nel profondo la grande fisica del Novecento e cambiato per sempre il nostro modo di pensare la struttura della realtà, dando il via a un processo di revisione concettuale che è tuttora in corso. Consentendoci di arrivare più lontano di quel che avremmo mai immaginato.
Dall'infanzia e la giovinezza in Svizzera, dove matura la decisione di farsi sacerdote, agli anni dell'insegnamento universitario e della maturità a Tubinga, Hans Küng, il teologo "ribelle", narra una vita di fede e di battaglie per il rinnovamento della Chiesa, in nome di un cristianesimo che muova dal Vangelo e da Gesù Cristo e sappia cogliere i bisogni dell'uomo di oggi. Dopo gli studi romani al Collegio Germanicum et Hungaricum e il dottorato a Parigi, Küng inizia una brillante carriera all'università di Tubinga che lo porta a partecipare al Concilio Vaticano II come perito, a fianco di Joseph Ratzinger. In un'udienza privata, Paolo VI gli chiede di entrare nel servizio della Chiesa, ma Küng non accetta. In seguito, di fronte a una gerarchia cattolica che tradisce le speranze conciliari e si rivela sempre più sorda alle mutate esigenze dei credenti, scrive libri che gli regalano fama mondiale e diventa una delle voci cattoliche progressiste più ascoltate. La controversia con la gerarchia si fa sempre più acuta fino a culminare, nel 1979, con la revoca della Missio canonica, la licenza all'insegnamento della teologia cattolica, dopo la quale Küng passa a insegnare presso l'Istituto per la ricerca ecumenica dell'università. Il provvedimento gli fornisce così l'occasione di avviare iniziative per promuovere il dialogo interreligioso e il Progetto per un'etica mondiale.
Per gli ingegneri è la capacità di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi; per gli psicologi è la risorsa che consente di superare traumi e dolori più rapidamente; in ecologia descrive la predisposizione di un sistema a ritrovare l'equilibrio dopo uno shock esterno. Oggi il concetto di "resilienza" affascina soprattutto gli economisti, ed è facile capire il perché. Gli sconvolgimenti che affrontiamo quotidianamente si verificano a un ritmo sempre più intenso e irregolare, sfuggendo così a ogni previsione. I casi più gravi - dai disastri naturali alla recente crisi finanziaria diventano pietre di paragone, ma cresce anche il numero dei traumi non altrettanto famosi, amplificati dallo strisciante aumento delle vulnerabilità del sistema: una città è mandata in malora dalla dislocazione economica; un'azienda viene annientata dalla globalizzazione; una trasformazione ecologica rende impraticabile uno stile divita secolare. La volatilità, in ogni settore, è oggi diventata la norma e pare destinata a rimanere tale. In tutto il mondo scienziati, politici, tecnologi, imprenditori e attivisti si stanno ponendo la medesima domanda: perché un sistema crolla mentre un altro riesce a riprendersi? "Se è vero che non siamo in grado di controllare le maree del cambiamento, possiamo però imparare a costruire imbarcazioni migliori; a progettare o ridisegnare organizzazioni, istituzioni e sistemi capaci di assorbire meglio gli sconvolgimenti.
Il 21 dicembre 1988, John Wood cancellò la sua prenotazione sul volo Pan Am 10 - che sarebbe esploso di lì a poco sopra la cittadina di Lockerbie, in Scozia - perché si era lasciato trascinare a una festa aziendale; il 26 febbraio 1993, l'avvocato era nella sua stanza al trentanovesimo piano di una delle Torri Gemelle quando un'autobomba deflagrò alla base dell'edificio; l'11 settembre 2001 lasciò il suo ufficio appena prima degli attentati. È innegabile: a volte si verificano fatti che appaiono così improbabili, inattesi e inverosimili da far pensare che nell'universo ci sia qualcosa che non comprendiamo. Di sicuro ci fanno dubitare del fatto che a spiegarli sia sufficiente un'accidentale confluenza di eventi, e spesso ci inducono a ipotizzare l'esistenza di forze invisibili che governano il corso delle cose. Ma perché ciò che è universalmente riconosciuto come molto improbabile accade di continuo? A prima vista sembra una contraddizione, ma non è così: ci sono persone che vincono la lotteria più volte, fulmini che colpiscono ripetutamente lo stesso, sfortunatissimo uomo... A chi non è mai capitato di pensare a una persona e subito dopo ricevere una sua telefonata? O di avere un sogno premonitore? In questo saggio, David Hand ci conduce attraverso il territorio assai sfuggente della probabilità, e lo fa parlandoci di economia, di psicologia della percezione e di fisica contemporanea, ma anche di obbligazioni, di lotterie e gatti neri.
Il primo dicembre 2012, Glenn Greenwald, giornalista americano da anni in prima fila nella difesa delle libertà civili, riceve un'email firmata "Cincinnatus": il suo interlocutore vuole "che le persone possano comunicare in piena sicurezza" e gli propone di dotarsi di un efficace sistema di cifratura, senza il quale "chiunque si metta in contatto con lui corre gravi rischi". Solo così "Cincinnatus" potrà fornirgli alcune informazioni di sicuro interesse. Qualche mese più tardi quelle "informazioni" inonderanno per settimane telegiornali, quotidiani, siti internet, sconvolgeranno la politica americana, chiameranno in causa Google, Facebook, Yahoo, Microsoft, Apple e scuoteranno le relazioni tra gli Stati Uniti e i loro principali alleati. "Cincinnatus", infatti, è Edward Snowden, un giovane informatico che ha lavorato per la CIA e la NSA, l'onnipotente Agenzia per la Sicurezza Nazionale, ed è disposto a rinunciare alla ragazza che ama, agli amici e a un ottimo stipendio, rischiando l'ergastolo e forse la vita, pur di rivelare al mondo il più gigantesco programma di sorveglianza di massa mai concepito e realizzato: la NSA ha obbligato le società telefoniche a fornire i tabulati di tutte le comunicazioni tra cittadini americani e con l'estero, ha acquisito dati dai server dei giganti dell'informatica e di internet, ha spiato leader politici o funzionari europei o aziende concorrenti di società americane, può accedere ai testi di miliardi di email.
"Una volta chiesi a Steve Jobs quale riteneva fosse la sua creazione più importante. Ero convinto mi rispondesse l'iPad o il Macintosh, invece disse la Apple. Fondare un'industria che durasse nel tempo, spiegò, era più difficile e più importante che fare un bel prodotto." A tre anni dalla sua scomparsa, Steve Jobs continua a essere studiato in tutte le business school come un modello unico di creatività, capace di coniugare in modo innovativo tecnologia e bellezza, strategia economica e fantasia. Imprenditore geniale, ma anche uomo dal carisma spietato, di lui spesso si sono messi in luce gli aspetti più ruvidi della personalità, senza considerare che questi erano parte integrante del modo in cui ha portato la sua azienda a raggiungere traguardi straordinari. Con la Apple, Jobs è riuscito a creare prodotti vincenti e a sviluppare nuove occasioni di business, rivoluzionando in pochi anni differenti settori, dall'informatica alla telefonia, dall'editoria alla musica. E questo grazie alla propria inventiva e alla determinazione con cui ha guidato la sua squadra. Partendo dai colloqui che hanno ispirato la biografia best-seller del creatore della Apple, Walter Isaacson torna a parlarci di lui, in un testo che riassume le regole e i segreti dell'eccezionale successo del geniale imprenditore che ha rivoluzionato in pochi anni il mondo dell'economia e del business.
Era il 1978 quando due giornalisti seguirono Christiane e i suoi amici negli angoli più bui della metropolitana di Berlino. Fu un viaggio all'inferno, raccontato in un libro che divenne il simbolo di una generazione falciata e trasformò la protagonista nell'incarnazione dell'inquietudine giovanile. Trentacinque anni dopo, Christiane ci impressiona e ci commuove come allora raccontandoci un'intera vita di solitudine e disperazione: la disintossicazione, gli anni felici e folli insieme agli idoli del rock e della letteratura, le ricadute, la lotta per la sopravvivenza in un carcere femminile, le amicizie pericolose, le malattie; gli aborti, e un figlio adolescente di cui le è stata sottratta la custodia. "Non ho più niente. Non ho più amici, e nessuno può immaginare cosa mi tocca passare ancora oggi, solo perché sono quella che sono. Sono questi i momenti in cui guardo fuori dalla finestra e mi chiedo: 'Farà poi così male buttarsi di sotto?'". Christiane non ha paura di scoprirsi, ed è ancora una volta la sua spietata onestà a fare di questo memoir un racconto coraggioso e commovente: "lo sono e resterò sempre una star del buco. Un animale da fiera. Una bestia rara. Una ragazza dello zoo di Berlino".
Siamo circondati da una foresta di parole, ciascuna delle quali mormora, si agita per attirare la nostra attenzione e spuntarla sulle altre. Quali scegliere allora? Di quali appropriarsi per arrivare al cuore delle nostre emozioni, delle nostre storie? Françoise Héritier torna a interrogarsi sulla materia di cui è fatto il gusto della vita, invitandoci questa volta a riscoprire colori, significati e valori che in segreto associamo alle parole. Perché quando si trovano investite di un sovrappiù di potere, quando le riconfiguriamo a nostro personale uso e consumo, quando si caricano di una parte di mistero, le parole ci trascinano per mano nel vortice sorprendente e imprevedibile della fantasia primordiale: la Libellula diventa allora "una damina altezzosa vestita di organza bianca", lo Scarponcino "un ometto autoritario" e Rossellini "un piatto a base di filetto"... È un gioco che ci conviene prendere molto sul serio: a chi saprà riscoprire il gusto delle parole l'autrice promette un rimedio contro la noia della realtà.
Perché l'Italia è precipitata nella crisi peggiore degli ultimi trent'anni? La colpa è della Germania, dell'austerity imposta dall'Europa, della moneta unica? O della mediocrità della classe dirigente? Esiste una via d'uscita, una ricetta per rifare il Paese? Per rispondere a queste domande, Alan Friedman, forse il giornalista straniero che conosce meglio la realtà italiana, parte da quegli anni Ottanta in cui l'Italia era la "quinta potenza economica del mondo" e pareva avviata verso una vera modernizzazione per arrivare fino alle drammatiche vicende degli ultimi anni. Attraverso conversazioni con i protagonisti dell'economia e della politica, da cinque ex presidenti del Consiglio (Giuliano Amato, Romano Prodi, Silvio Berlusconi, Massimo D'Alema, Mario Monti) a Matteo Renzi, Friedman fa luce su retroscena che nessuno ha finora raccontato. Il racconto delle vicende politiche degli ultimi anni assume una nuova luce, rivelando ciò che spesso è stato omesso o taciuto. E si combina con un ambizioso e sorprendente programma in dieci punti per rimettere il Paese sul binario della crescita e dell'occupazione. Il tempo delle mezze misure è finito, e Friedman, in questo libro coraggioso, offre una ricetta di riforme di vasta portata.
Il 20 maggio 2010, Craig Venter ha annunciato al mondo la creazione del primo essere vivente in laboratorio: una cellula sintetica - ottenuta cioè a partire da un cromosoma artificiale - in grado di dividersi e moltiplicarsi. Un'entità minuscola, che ha segnato nel profondo il cammino della ricerca scientifica, cambiando per sempre il nostro punto di vista sulla vita: le nostre conoscenze del genoma umano, per esempio, ci permetteranno presto di modificarlo per curare malattie e disfunzioni, aumentare la nostra resistenza in condizioni critiche e vincere i limiti imposti dalla natura. Eppure, al di là dei facili entusiasmi, resta la necessità di confrontarsi con le difficoltà di un campo di studi appena nato. Per esempio, siamo riusciti a sintetizzare una forma di vita molto primitiva a partire dai suoi elementi di base e da Dna sintetico, ma potremo mai fare lo stesso con le cellule recenti, che sono il risultato di miliardi di anni di evoluzione? Scienziato geniale e imprenditore spregiudicato, Craig Venter ci racconta la lunga strada che ha fondato l'ingegneria della vita: dai deliri di onnipotenza dei medici medievali alle prime ricerche di biologia molecolare, dalla scoperta negli oceani di microrganismi in grado di sopravvivere in situazioni estreme al recente sequenziamento del genoma umano, dalle prospettive straordinarie al pericolo di terrorismo biologico fino alle delicatissime questioni etiche, simili a quelle affrontate da Oppenheimer nei suoi studi sul nucleare.
Monaco 1929. La madre di Edgar è pianista, il padre editore, casa sua è abitualmente frequentata da Thomas Mann, Carl Schmitt e Richard Strauss. Di fronte a casa sua abita un uomo il cui volto comincia allora a comparire sulle pagine dei giornali: Edgar lo osserva salire e scendere dalla sua Mercedes nera senza sapere nulla di lui e senza curarsene troppo. Fino al 1933, quando quel suo vicino, Adolf Hitler, viene nominato cancelliere del Reich e la sua vita, così com'era prima, finisce: ciò che fino ad allora gli era sembrata un'avventura si trasforma in un incubo, tra rappresaglie, arresti e fucilazioni. Il suo migliore amico Ralph non gli parla più, e sua madre la sera firma con gli occhi rossi le croci uncinate che disegna sui suoi quaderni di scuola. "È la fine della Repubblica mio piccolo Bürschi, guarda molto attentamente. Non devi dimenticare", proverà a spiegargli suo padre davanti alle immagini dei deputati in camicia bruna che si scambiano il saluto. Edgar e la sua famiglia dovranno partire, ma per andare dove? Come vivranno? Chi incontreranno? In questo libro, insieme romanzo di formazione e documento storico, l'autore ripercorre la sua infanzia vissuta nel pieno del fervore culturale e artistico della Germania di Weimar, fino all'incubo improvviso del nazismo e delle persecuzioni razziali: "Me la ricordo bene, la mia infanzia. I miei compagni di scuola ariani mi invitavano alle loro feste di compleanno. A quei tempi non esisteva neppure la parola 'ariano'..."
L'umanità sta vivendo un periodo di profondi cambiamenti, un periodo di vera e propria crisi globale - educativa, economica, ecologica, morale - ebe coinvolge "tutto un modo di intendere la realtà e di intendere noi stessi." Di fronte al "senso di sradicamento e di abbandono" ebe sperimentiamo sulla nostra pelle bisogna essere forti e "non perdere la speranza". È questo il messaggio ebe papa Francesco consegna al lettore attraverso le meditazioni qui raccolte perché, giorno dopo giorno, ci accompagnino per un intero anno. Sono frammenti presi dai suoi scritti e dai suoi pensieri, parole semplici che vengono dal cuore del papa e parlano al cuore degli uomini: imitano a recuperare il senso della gratuità, del rispetto per l'altro, della solidarietà; a "tendere le mani di fronte al dolore e alla povertà", a "inchinarsi ai bisogni dell'altro", a superare le divisioni, a non cedere alle tentazioni del "facilismo"" che rende deboli, a dare la priorità all'amore sulla ragione senza voltare le spalle alla verità, ad avere il coraggio di piangere. Non grandi rivelazioni o frasi a effetto, ma le parole del pastore che parla al suo gregge con la tenerezza di un padre: quella stessa tenerezza che Dio ha verso tutti i suoi figli.
La lotta armata contro l'apartheid, i quasi trent'anni di carcere, il trionfo politico e la costruzione di un Sudafrica per tutti basato sul dialogo e la riconciliazione razziale: quella di Nelson Mandela è una straordinaria vicenda politica e umana che ha ispirato migliaia di uomini e leader in tutto il mondo. Richard Stengel ha condiviso con Mandela una parte importante di questo cammino. In questo libro raccoglie per noi la sua eredità attraverso la rievocazione di alcuni episodi fondamentali della sua vita, mettendone in luce gli aspetti più privati e raccogliendo il patrimonio inesauribile dei principi che lo hanno guidato nei momenti più drammatici: sul coraggio, che è più dell'assenza di paura; sul valore della squadra e della fiducia; sulla calma e la lucidità necessarie a fare la scelta giusta: "perché è meglio essere lenti e prudenti piuttosto che veloci solo per dare l'impressione di essere decisi"; sull'importanza non secondaria di farsi da parte al momento giusto: "perché anche deporre le armi può essere una vittoria". "A chi afferma che tutto accade per una ragione precisa, Mandela avrebbe risposto che la ragione siamo noi e che le cose succedono perché siamo noi a volerle" scrive Stengel, catturando nel profondo lo spirito di un combattente straordinario; offrendoci una prospettiva diversa da cui guardare la nostra vita e il mondo che diamo per scontato; spronandoci a riflettere sulle tracce che lasciamo dietro di noi.
Nella Palestina del I secolo, un predicatore ebreo venuto dalla Galilea lanciò un movimento rivoluzionario che proclamava la venuta del Regno di Dio, minacciando così l'ordine costituito dei dominatori romani e della gerarchia religiosa ebraica. Fu arrestato, torturato e ucciso come sovversivo. Alcuni decenni più tardi, i suoi seguaci dissero che era il Figlio di Dio, trasformando un giovane ribelle in un simbolo e ponendo le basi di una religione destinata a diffondersi nel mondo intero. In questa biografia, Reza Aslan mette a confronto i testi evangelici con le numerose fonti dell'epoca, dalle opere dello storico ebreo Giuseppe Flavio ai documenti romani, per raccontare la complessa figura di Gesù: un uomo di pace che esortava i seguaci a prendere la spada, un esorcista e guaritore che si proclamò Re dei Giudei, un messia inconsapevole della sua natura. Così questo libro non solo diventa l'appassionante ricostruzione di una delle epoche più tumultuose e più decisive della storia, ma illustra anche in modo coerente come la Chiesa, a partire dall'apostolo Paolo, abbia plasmato l'essenza della cristianità, oscurando l'uomo vero che era Gesù. "Il che è un peccato. Perché l'unico aspetto che uno studio esauriente sul personaggio di Gesù dovrebbe rivelare è che Gesù di Nazaret, l'uomo, è stato tanto convincente, carismatico ed encomiabile quanto Gesù il Cristo. Una persona, in sostanza, in cui vale davvero la pena credere."
"Dopo aver percorso una lunga strada, la civiltà umana è giunta a un bivio. Bisogna scegliere uno dei due sentieri. Entrambi conducono verso l'ignoto. Uno porta alla distruzione dell'equilibrio climatico, all'impoverimento di risorse insostituibili, al degrado di valori esclusivamente umani e alla possibilità che la civiltà come la conosciamo giunga alla fine. L'altro porta al futuro." Da cosa dipende dunque il destino della prima èra davvero globale della storia, la nostra? Secondo l'autore, dalle risposte che sapremo dare a sei grandi questioni: la globalizzazione, con il nuovo rapporto e le tensioni tra capitale, lavoro e mercato; internet e la "mente globale" che collega miliardi di persone; il passaggio di poteri dagli Stati Uniti ai Paesi emergenti ma anche dai sistemi politici ai mercati; il rapido esaurimento delle risorse del pianeta; la rivoluzione delle biotecnologie e della genetica. E infine, la rottura radicale del rapporto tra gli uomini e gli ecosistemi naturali. Questo saggio che si avvale di dati, rapporti e approfondimenti precisi e aggiornati, rappresenta il culmine di un lavoro pluriennale volto a presentare quello che i maggiori esperti al mondo ci dicono riguardo al futuro che stiamo creando. Perché, spiega Gore, "abbiamo già attraversato epoche di trasformazioni rivoluzionarie, ma nessuna che fosse così intensa o così carica di pericoli e opportunità come quella che si sta dischiudendo davanti a noi."
Il 9 gennaio 2007 Steve Jobs annunciò di voler rivoluzionare il mondo della telefonia mobile lanciando sul mercato l'iPhone. Critici e addetti ai lavori pensarono subito che, questa volta, il carismatico dominus di Apple, dopo aver messo a soqquadro l'industria discografica grazie all'iPod e a iTunes, avesse fatto il passo più lungo della gamba: i grandi operatori telefonici avevano sempre esercitato un controllo ferreo sull'intero settore delle telecomunicazioni ed era difficile ipotizzare che qualcuno potesse anche solo intaccarne il predominio. In realtà, il nuovo smartphone si sarebbe rivelato il primo vero computer tascabile che, grazie alla tecnologia dello screen multitouch, avrebbe concentrato nei polpastrelli delle dita le funzioni fino ad allora svolte da mouse, tastiera e stilo. Google, altra multinazionale dotata di ingenti capitali e di un'incredibile capacità di innovazione, che già alla fine del 2007 presentò la sua ultima creatura, Android, un sistema operativo in grado di contendere lo scettro a iOS. Inevitabile, dunque, che si scatenasse una guerra senza esclusione di colpi, destinata a finire nelle aule di tribunale: la posta in gioco non era solo il primato nelle vendite, ma la conquista dell'intero ecosistema web. Fred Vogelstein ripercorre le fasi salienti di questa sfida a suon di brevetti tra Apple e Google, che coinvolge alcune delle maggiori aziende di telefonia come Samsung e Motorola.
L'attenzione è una risorsa mentale sottile, sfuggente, invisibile quasi, e per questo generalmente poco considerata. Eppure riveste un'importanza enorme rispetto al modo in cui affrontiamo la vita, ci mette in connessione con il mondo, plasmando e definendo la nostra esperienza: i suoi effetti, come hanno spiegato in questi ultimi anni le neuroscienze, si fanno sentire nella maggior parte delle cose che facciamo. Dall'autoconsapevolezza, fondamento della gestione del proprio sé, all'empatia, radice della competenza nelle relazioni con gli altri, gli ambiti in cui occorre sapersi muovere sono molti: soprattutto oggi, assediati come siamo da una marea di dati che ci spinge a ricorrere quotidianamente a scorciatoie prive di metodo. Gli ambienti in cui viviamo, pieni di tensioni, tentazioni e obiettivi contesi, tendono a confonderci, e la nostra capacità d'attenzione è fondamentale per trovare un'armonia che lasci spazio sia alla felicità sia alla produttività. "Il funzionamento dell'attenzione è in gran parte assimilabile a quello di un muscolo: se la usiamo poco si infiacchisce, mentre se la facciamo lavorare bene acquista vigore" spiega Goleman in questo nuovo studio, mostrandoci i benefici che possiamo ricavare dal suo rafforzamento e i modi in cui possiamo raggiungere questo obiettivo. E lo fa senza mai dimenticare l'altra faccia della medaglia: la creatività, il massimo punto di equilibrio tra concentrazione e distrazione, attenzione selettiva e aperta.
Secondo un noto adagio, la mela non cade mai lontano dall'albero, ossia un figlio assomiglia sempre ai suoi genitori. Ma i bambini descritti in questo libro sono mele cadute altrove, in un altro frutteto, a volte in un altro mondo. Sono sordi o nani, affetti da sindrome di Down, autismo, schizofrenia o molteplici gravi disabilità; sono bambini prodigio, bambini concepiti in uno stupro o che commettono reati, sono transgender. Eppure, le loro famiglie, spesso accomunate da un profondo senso di isolamento, imparano a tollerare, accogliere e infine a essere orgogliose di figli tanto diversi. Giorno dopo giorno, questi genitori cercano di rispondere a una domanda cruciale: fino a che punto è possibile accettare i figli per quello che sono, aiutandoli, magari anche contro le proprie aspettative e i propri desideri, a trovare la loro autentica identità? Attingendo a quarantamila pagine di trascrizioni di interviste condotte con oltre trecento famiglie, Andrew Solomon esplora l'universo della diversità e della sofferenza, in un racconto corale in cui si intrecciano le molteplici esperienze di persone normali poste di fronte a sfide eccezionali. Che si tratti di impianti cocleari per sordi, di allungamento degli arti per bambini affetti da nanismo, di interventi chirurgici di riassegnazione del sesso, l'approdo finale di questo viaggio nella differenza è la conquista della compassione.
Restiamo svegli con gli occhi sbarrati dopo la telefonata di un amico preoccupato? Facciamo strani sogni se non teniamo fede a un impegno? Perdiamo le staffe per un ingorgo? E quando ci innamoriamo, non è forse un'estasi quella di cui cadiamo prede? Le emozioni pervadono la nostra vita. Alcune ci inseguono, altre ci sfuggono. A volte ci feriscono o addirittura ci consumano, altre volte invece ci consentono di librarci al di sopra di tutto e di tutti. Ma cos'è un'emozione? Le neuroscienze ci hanno spiegato cosa succede nel nostro cervello quando proviamo paura, amore, odio, rabbia; eppure, dopo decenni di ricerche e molte teorie, non esiste ancora una definizione di emozione che ne contempli tutti gli aspetti. Non solo: siamo davvero sicuri che il copione neurale del cervello possa dirci tutto su ciò che proviamo? Ognuno di noi, per essere consapevole di un'emozione, deve poterla riconoscere come parte integrante del proprio repertorio psicologico e culturale; definire una teoria delle emozioni significa allora decifrare anche il codice della realtà complessiva in cui viviamo, le sue pratiche e i suoi significati. Partendo dalla propria esperienza professionale e personale, l'autore ci illumina sui molti nodi ancora da districare quando si tratta di emozioni, e lo fa prendendo le mosse dalla scienza, ma attingendo a piene mani anche alla letteratura, all'arte, al teatro, alla filosofia e alla psicoanalisi.
Da qualche anno chef osannati come rockstar, libri di ricette e programmi televisivi hanno conquistato un pubblico sempre più vasto: le cucine "postmoderne" hanno completamente rivoluzionato le nostre pietanze, al punto da stravolgere diete e abitudini che negli ultimi decenni si erano un po' fossilizzate. Eppure, nonostante questa profonda fase di cambiamento, sui nostri fornelli e sulle nostre tavole ci sono cose che, salvo qualche piccola miglioria tecnica, resistono da secoli uguali a se stesse: posate, pentole, bicchieri, piatti... Oggetti in apparenza semplici che sono in realtà il risultato di millenni di evoluzione, di modifiche e ripensamenti indissolubilmente legati alla storia dell'uomo e delle sue abitudini: quando gli antichi Romani inventarono la patella, per esempio, non potevano certo immaginare che avrebbe conservato un posto d'onore nelle nostre credenze. Con la penna leggera e ironica dei grandi divulgatori, Bee Wilson - che è anche gourmande e cuoca sopraffina - racconta la storia del mondo dalla prospettiva inedita delle rivoluzioni tecnologiche che hanno interessato le nostre cucine: dalla scoperta del fuoco all'uso del ghiaccio, dall'invenzione della ciotola alla "batterie de cuisine" di Julia Child, dalle dimore vittoriane di fine Ottocento alle tormentatissime vicende della forchetta, che dall'essere un'arma appuntita associata con il diavolo è diventata il più indispensabile attrezzo dell'Occidente.
"Per quelli che mi incontrano la prima volta, sono stupido. Profondamente stupido. Di colpo però, quando mi capita di nominare l'autismo, alcuni cambiano completamente atteggiamento. Da idiota che ero, divento un piccolo genio. Il che, in Fin dei conti, è lo stesso, fatta eccezione per la capacità di estrarre radici tredicesime." Josef Schovanec ha la sindrome di Asperger: muto fino all'età di sei anni, è solo grazie alla determinazione dei suoi genitori che si è salvato dall'ospedale psichiatrico. La diagnosi sbagliata di un trauma psichico irreversibile ci avrebbe infatti privato per sempre di un'intelligenza fuori dal comune: il bambino che non era stato giudicato idoneo a frequentare la prima elementare, l'adolescente tanto spesso trattato come un ritardato mentale, l'uomo che fatica a dire buongiorno o a entrare in un caffè, e per il quale l'atto quotidiano più insignificante, come comprare il pane o fare una telefonata, diviene una fonte d'angoscia insostenibile, oggi ha un dottorato in filosofia, parla correntemente diverse lingue, scrive discorsi e tiene conferenze in tutto il mondo. Il suo stato di autistico, racconta in questo libro, non è però qualcosa di lontano dalla normalità (un handicap o un tratto di genialità "aliena"), ma una condizione quotidiana, con vantaggi e svantaggi: dall'attaccamento ad alcune passioni (lui le definisce "manie" o "dipendenze") ai piccoli problemi di tutti i giorni.
Chi era la singolare figura che ha dato il nome al cristianesimo? Come moltissimi altri cattolici prima del concilio, Küng è cresciuto con l’immagine di Cristo tramandata dalla tradizione: il Figlio di Dio assiso in trono, frutto di una “cristologia dall’alto”. Ma il vero Gesù Cristo il battagliero teologo svizzero lo ha conosciuto dopo i suoi studi romani, attraverso la moderna esegesi: “dal basso” ovvero “dalla prospettiva dei suoi primi discepoli ”, come reale figura della storia. “L’essenza del cristianesimo, infatti, non è nulla di astrattamente dogmatico [...] bensì è da sempre una figura storica viva”: Gesù Cristo. È lui il fondamento dell’autentica spiritualità cristiana. A lui dobbiamo ispirarci per il nostro rapporto col prossimo e con Dio stesso. Ed è a lui che la Chiesa deve riferirsi; è il suo vissuto – ciò che ha predicato, combattuto e patito – che deve diventare il criterio di orientamento e di vita; è alla verità storica delle origini che occorre tornare per combattere le amnesie, le dissimulazioni e gli occultamenti correnti.
In questo libro Hans Küng affronta il tema a cui ha dedicato la sua vita di studioso e di cristiano, già portato alla luce nella sua opera capitale Essere cristiani: il Gesù storico così come lo incontriamo nel Nuovo Testamento, nei tratti essenziali del suo annuncio, del suo comportamento e del suo destino unico. Lo annuncia agli uomini e alle donne di oggi come una figura viva del nostro presente.
In gioventù, Shlomo Sand aveva fatto proprio l'impegno di Ilya Ehrenburg: avrebbe continuato a professarsi ebreo finché al mondo fosse rimasto anche un solo antisemita. Ma, forse proprio a causa dell'antisemitismo, l'identità ebraica ha subito una deformazione, è diventata una sorta di essenza eterna (perfino genetica, secondo gli scienziati sionisti) fino a trasformarsi nell'alibi per una politica aggressiva e autoritaria: così Israele è una democrazia che discrimina i suoi cittadini in base alla religione, visto che i non ebrei non godono degli stessi diritti degli ebrei, i matrimoni misti sono mal tollerati e la società è "una tra le più razziste del mondo occidentale". Come può allora "chi non è religioso ma umanista, democratico e dotato di un minimo di onestà, continuare a definirsi ebreo?" La risposta è un attacco al cuore di Israele, ma anche un incontro doloroso dell'autore con la propria storia, una riflessione profonda e culturalmente articolata sul senso di un'identità tormentata e sempre in bilico. Mettere in discussione i concetti chiave e le fondamenta del nostro sistema di pensiero è molto più difficile che orientarsi in base a pregiudizi e a frasi fatte, spiega Sand, ma è solo attraverso la voragine di dubbi e perplessità che si apre sotto i nostri piedi quando facciamo i conti con le logiche sotterranee del nostro passato che il futuro inizia a compiersi: "Sono figlio di ebrei sopravvissuti all'inferno europeo degli anni quaranta senza mai smettere di sognare una vita migliore".
La teoria dell'evoluzione ha cambiato per sempre il nostro modo di concepire la vita sulla Terra, eppure il maestoso edificio costruito da Darwin non fu esattamente un viaggio rettilineo dal mito alla scienza: funzionò in realtà quasi per miracolo - tra errori, equivoci e imprecisioni - almeno fino alle scoperte di Mendel sui meccanismi dell'eredità biologica. A sbagliare, però, Darwin fu in ottima compagnia. Lord Kelvin, uno dei più grandi scienziati della seconda metà del diciannovesimo secolo, sostenne perentoriamente che la Terra non poteva essere più vecchia di qualche milione di anni; Linus Pauling, fondatore della biologia molecolare e due volte premio Nobel, propose un modello del DNA del tutto errato perché temeva di essere battuto sul tempo dai colleghi; l'astrofisico Fred Hoyle definì sarcasticamente "Big Bang" l'esplosione che dette origine all'Universo perché non vi credeva (ma era lui ad avere torto). Einstein stesso volle elaborare una teoria generale delle forze naturali senza tener conto della meccanica quantistica semplicemente perché non l'aveva mai studiata. "Un genio non sbaglia. I suoi errori sono cercati e sono l'anticamera delle scoperte" diceva l'Ulisse di Joyce e ci ricorda Mario Livio in questo nuovo saggio; un viaggio al cuore del pensiero scientifico attraverso gli scivoloni di cinque menti eccelse indotte in errore da vanità, ambizione o eccessiva fiducia in sé.
“Esco nella strada che brucia! Intorno a me, tutto è in fiamme. Il ghetto è un mare di fuoco. È spaventoso. Nessuno sa dove scappare. Il muro del ghetto è completamente circondato, nessuno può entrare o andar via. I vestiti ci bruciano addosso. Il fumo ci soffoca. Molti, quasi tutti, invocano Dio. Muto come una sfinge, Dio non risponde. E voi, popoli della Terra, perché tacete, non vedete che ci stanno uccidendo? Perché non dite niente?” Così termina il diario ritrovato di una giovane testimone di uno degli episodi più atroci della Seconda guerra mondiale: l’annientamento del ghetto di Varsavia.
È l’aprile del 1943 quando Himmler incarica il generale delle SS Jürgen Stroop di radere al suolo il quartiere e di sterminare i ribelli che pochi mesi prima avevano osato insorgere contro la furia nazista. La stessa sorte toccherà a tutti gli abitanti superstiti. Tra loro c’è un bambino che, immortalato con le mani alzate e il volto impaurito, diventerà l’immagine simbolo dell’Olocausto.
Ma chi è? Che ne è stato di lui? È riuscito a salvarsi? Per rispondere a queste domande, Dan Porat ricostruisce le vicende di quel giorno e della distruzione del ghetto di Varsavia. Lo fa ripercorrendo più di sessant’anni di storia in un libro che intreccia le vite di quel bambino, di una giovane ebrea attiva nella resistenza e di tre soldati SS; un libro in cui assieme alla narrazione viva e partecipata di quel dramma scorrono le fotografie selezionate da Stroop per documentare la “Grosse Aktion” nazista, e altre inedite scovate dall’autore in anni di ricerche: volti e gesti di uomini e donne comuni che il caso destinò a essere vittime o carnefici.
Perché presso diverse culture è il fegato, e non il cuore, la sede della vita spirituale e affettiva dell'uomo? Possiamo non essere "legalmente" proprietari del nostro corpo? Monna Lisa non ha le sopracciglia e noi non lo notiamo: com'è possibile? Gli universi culturali e simbolici del corpo umano sono infiniti, sempre diversi nel corso della storia dell'umanità. In questo libro Aldersey-Williams ne traccia un ritratto sorprendente, ricco di scoperte e clamorose smentite, soffermandosi su significati e caratteri attribuiti alle sue parti e ai suoi organi: dagli studi di Leonardo sull'armonia delle proporzioni alla presunta purezza del sangue e della razza, dal cannibalismo alla simbologia dello scheletro, da Frankenstein ai robot umanoidi, dai crani rimpiccioliti di alcune tribù amazzoniche al cervello di Einstein, conservato a Princeton e studiato ancora oggi per scoprire il segreto del suo genio. Con scarsi risultati, a dir la verità: notizie bomba sui modi in cui la genialità si manifesta nel corpo fisico per ora non ci sono arrivate. Familiare eppure misterioso, il nostro corpo ha da dirci su noi stessi molto più di quanto immaginiamo.
Un addio coraggioso, un inno all'amore e alla felicità, il racconto struggente di chi continua a vivere preparandosi a morire.
Gli occhi di Cédric Villani brillano dello scintillio quasi febbrile di chi ha trovato la sfida della vita: la dimostrazione che lo tormenta, la soluzione che gli sfugge. Insieme al suo complice Clément Mouhot la insegue per più di due anni, fino a quando, nel 2010, la medaglia Fields lo consacra nell'Olimpo dei matematici mondiali e il nuovo teorema viene accettato per la pubblicazione: cento pagine di un edificio meraviglioso costruito con le geometrie dei simboli. Questo libro è la storia di quell'avventura. Il racconto di una sfida, di viaggi e notti insonni, di ossessioni, rivalità, rivincite e ispirazioni. Villani ripercorre una caccia matematica che lo porta da Kyoto a New York, da Princeton a Hyderabad, in corsa contro il tempo e i ricercatori concorrenti. Parla dei suoi maestri Boltzmann, Poincaré e Landau, della musica che l'ha spronato, del conforto della famiglia. E di quel momento di lucida esaltazione in cui "tutto sembra concatenarsi come per incantesimo". Entriamo così nella mente di un genio capace di contagiare con il suo entusiasmo e di trasformare la matematica in un mondo abitato dalla passione, dall'avventura e dal mistero. Un universo parallelo di cui non abbiamo mai sospettato l'esistenza e che scopriamo, guidati da Cédric Villani, come affascinati esploratori. Anche se la realtà è più complessa e la ricerca non è mai finita: "Ciò che oggi scriviamo sulla lavagna" diceva il Galileo di Brecht, "domani lo cancelleremo".
Di che cosa è fatta la materia? Che età ha l'universo? Perché i continenti paiono tessere staccate di un puzzle? Che cosa provoca gli tsunami? Perché esistono tanti tipi di piante e animali? Chi fu il primo uomo (o donna)? Richard Dawkins, il più famoso biologo evoluzionista del mondo e grande divulgatore scientifico, ha dedicato la carriera a spiegare le meraviglie della scienza a un pubblico adulto. Ora fa squadra con l'artista Dave McKean e usa la sua straordinaria capacità divulgativa per illustrare la magia della scienza ai lettori di tutte le età. Con la sua messe di nozioni, esperimenti ideali ed eventi straordinari, corredati di splendide illustrazioni, "La realtà è magica" spiega una gamma vastissima di fenomeni naturali, dall'infinitamente grande all'infinitamente piccolo. Il volume non solo estrae dalla miniera della scienza tutti gli indizi utili alla comprensione del mondo, ma induce anche il lettore a pensare come uno scienziato: se gli antichi ci hanno tramandato affascinanti miti sulla nascita del mondo e della vita sulla Terra, è la scienza, afferma l'autore, a rispondere con chiarezza ai molti interrogativi che da sempre affascinano e attanagliano l'uomo. La realtà è magica rappresenta una guida illustrata ai segreti del mondo che ci circonda, un viaggio nel tempo e nello spazio che continuerà per molti anni a informare e divertire i lettori.
Dell’opera capitale di Joseph Ratzinger, Gesù di Nazaret, sono usciti finora i due volumi dedicati alla vita pubblica del Salvatore, Dal Battesimo alla Trasfigurazione (Rizzoli 2007) e Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla Risurrezione (Libreria Editrice Vaticana 2011).
Oggi, finalmente, si ha tra le mani il nuovo e atteso testo sull’infanzia di Gesù.
In questo agile volume il Papa analizza i testi dei Vangeli nel tentativo – riuscito - di accompagnare il suo lettore a porsi una serie di domande cruciali: È vero ciò che è stato detto? Riguarda me? E se mi riguarda, in che modo lo fa? Joseph Ratzinger – Benedetto XVI in questo coinvolgente scritto fa cogliere al suo lettore il rischio, sempre presente in ogni cultura, di presentare il vangelo come un semplice fatto del passato.
Per questo andando, come nei precedenti volumi, oltre l’esegesi storica porta il Vangelo nel presente, nell’oggi di ogni donna e di ogni uomo.
Nell’imminenza del Natale, questo volume è certamente un aiuto per coloro che sono impegnati nel cammino verso e con Gesù ed è anche una guida per l’uomo in ricerca e inquieto che, davanti al mistero della Natività, si pone la domanda: “Gesù da dove viene?”
JOSEPH RATZINGER è nato a Marktl am Inn, in Germania, il 16 aprile 1927. Ordinato sacerdote nel 1951, arcivescovo di Monaco e Frisinga e cardinale nel 1977, prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede, è stato eletto papa il 19 aprile 2005 con il nome di Benedetto XVI. I due volumi del Gesù di Nazaret sono presenti nel catalogo BUR.
PREMESSA. Da L’infanzia di Gesù, di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, Rizzoli – LEV, 2012
Finalmente posso consegnare nelle mani del lettore il piccolo libro da lungo tempo promesso sui racconti dell’infanzia di Gesù. Non si tratta di un terzo volume, ma di una specie di piccola “sala d’ingresso” ai due precedenti volumi sulla figura e sul messaggio di Gesù di Nazaret.
Qui ho ora cercato di interpretare, in dialogo con esegeti del passato e del presente, ciò che Matteo e Luca raccontano all’inizio dei loro Vangeli sull’infanzia di Gesù. Un’interpretazione giusta, secondo la mia convinzione, richiede due passi. Da una parte, bisogna domandarsi che cosa intendevano dire con il loro testo i rispettivi autori, nel loro momento storico – è la componente storica dell’esegesi. Ma non basta lasciare il testo nel passato, archiviandolo così tra le cose accadute tempo fa. La seconda domanda del giusto esegeta deve essere: È vero ciò che è stato detto? Riguarda me? E se mi riguarda, in che modo lo fa?
Di fronte a un testo come quello biblico, il cui ultimo e più profondo autore, secondo la nostra fede, è Dio stesso, la domanda circa il rapporto del passato col presente fa immancabilmente parte della nostra interpretazione. Con ciò la serietà della ricerca storica non viene diminuita, ma aumentata. Mi sono dato premura di entrare in questo senso in dialogo con i testi. Con ciò sono ben consapevole che questo colloquio nell’intreccio tra passato, presente e futuro non potrà mai essere compiuto e che ogni interpretazione resta indietro rispetto alla grandezza del testo biblico. Spero che il piccolo libro, nonostante i suoi limiti, possa aiutare molte persone nel loro cammino verso e con Gesù.
Castel Gandolfo, nella solennità dell’Assunzione di Maria in Cielo
15 agosto 2012
Joseph Ratzinger – BENEDETTO XVI
ESTRATTI. Da L’infanzia di Gesù, di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, Rizzoli – LEV, 2012
(…) Gesù è nato in un’epoca determinabile con precisione. All’inizio dell’attività pubblica di Gesù, Luca offre ancora una volta una datazione dettagliata ed accurata di quel momento storico: è il quindicesimo anno dell’impero di Tiberio Cesare; vengono inoltre menzionati il governatore romano di quell’anno e i tetrarchi della Galilea, dell’Iturea e della Traconìtide, come anche dell’Abilene, e poi i capi dei sacerdoti (cfr. Lc 3,1 s).
Gesù non è nato e comparso in pubblico nell’imprecisato “una volta” del mito. Egli appartiene ad un tempo esattamente databile e ad un ambiente geografico esattamente indicato: l’universale e il concreto si toccano a vicenda. In Lui, il Logos, la Ragione creatrice di tutte le cose, è entrato nel mondo. Il Logos eterno si è fatto uomo, e di questo fa parte il contesto di luogo e tempo. La fede è legata a questa realtà concreta, anche se poi, in virtù della Risurrezione, lo spazio temporale e geografico viene superato e il “precedere in Galilea” (Mt 28,7) da parte del Signore introduce nella vastità aperta dell’intera umanità (cfr. Mt 28,16ss).
Da pagina 36 del manoscritto
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(…) Maria avvolse il bimbo in fasce. Senza alcun sentimentalismo, possiamo immaginare con quale amore Maria sarà andata incontro alla sua ora, avrà preparato la nascita del suo Figlio. La tradizione delle icone, in base alla teologia dei Padri, ha interpretato mangiatoia e fasce anche teologicamente. Il bimbo strettamente avvolto nelle fasce appare come un rimando anticipato all’ora della sua morte: Egli è fin dall’inizio l’Immolato, come vedremo ancora più dettagliatamente riflettendo sulla parola circa il primogenito. Così la mangiatoia veniva raffigurata come una sorta di altare.
Agostino ha interpretato il significato della mangiatoia con un pensiero che, in un primo momento, appare quasi sconveniente, ma, esaminato più attentamente, contiene invece una profonda verità. La mangiatoia è il luogo in cui gli animali trovano il loro nutrimento. Ora, però, giace nella mangiatoia Colui che ha indicato se stesso come il vero pane disceso dal cielo – come il vero nutrimento di cui l’uomo ha bisogno per il suo essere persona umana. È il nutrimento che dona all’uomo la vita vera, quella eterna. In questo modo, la mangiatoia diventa un rimando alla mensa di Dio a cui l’uomo è invitato, per ricevere il pane di Dio. Nella povertà della nascita di Gesù si delinea la grande realtà, in cui si attua in modo misterioso la redenzione degli uomini.
Da pagina 38 del manoscritto
La crescita della Cina è destinata a scalzare gli Stati Uniti dalla loro posizione dominante? Probabilmente no. La logica della strategia dei grandi imperi finirà infatti per imporre la propria legge, fermando la corsa cinese verso la supremazia. Il problema è come ciò potrà accadere. Una rapidissima crescita economica, che continua nonostante la crisi, combinata con ambizioni di influenza politica planetaria e con il rafforzamento militare, non può che destare preoccupazioni, e scatenare l'opposizione delle altre potenze. La peculiare storia della Cina, Paese grande e a lungo isolato, circondato da territori scarsamente popolati, ha prodotto intere generazioni di leader con una debole propensione alle relazioni internazionali. Ma questi stessi leader ora sono chiamati a una sfida cruciale: accettare una crescita sbilanciata, economica ma non militare, o aprire a una vera democrazia. Solo così la loro nazione potrà espandere pacificamente la sua influenza liberandosi dai conflitti che premono ai suoi confini. In caso contrario, la resistenza globale colpirà anche la crescita economica cinese, scatenando una pericolosa instabilità. Edward N. Luttwak racconta in questo libro il presente e il futuro di una terra ancora misteriosa ma ormai centrale per le sorti del mondo. "Non guardo a questo Paese e alla sua gente da osservatore distaccato, ma da persona che ne condivide speranze e preoccupazioni" scrive. Tra queste ultime, la principale è la rotta di collisione tra Cina e America.
A Jalalabad, in Afghanistan, un distaccamento delle forze speciali della marina americana si prepara a entrare in azione: controllano il funzionamento delle armi portatili, verificano l'efficienza dei collegamenti radio, provano i mirini laser e i visori notturni, regolano le cinghie di imbragature ed elmetti. A Washington, Obama riunisce nella Situation Room della Casa Bianca le massime cariche di esercito e servizi segreti per passare in rassegna un'ultima volta il piano d'assalto: per il prestigio del Paese e del suo governo la posta in gioco è colossale. È il 1 maggio 2011: dopo mesi di sorveglianza e dieci anni di indagini, analisi e preparativi sempre più sofisticati, due Black Hawk silenziati e verniciati di nero attraversano nel buio il confine del Pakistan verso Abbottabad per chiudere la caccia iniziata all'indomani dell'undici settembre. Meno di un'ora dopo, uno dei militari trasmette via radio il messaggio in codice: "Geronimo E.K.I.A." enemy killed in action. L'America ha ucciso bin Laden. In questo reportage, Mark Bowden ripercorre la coreografia dell'intervento. Attingendo a fonti esclusive presso Casa Bianca, Cia e Pentagono svela retroscena non solo dell'operazione ma della guerra al terrorismo: dalla "vena madre" di documenti rinvenuta nel "raid di Sinjar" del 2007 all'identificazione di un misterioso "Passeggiatore" dietro le mura di cinta del complesso di Abbottabad; dagli interrogatori dei prigionieri di Guantanamo alle simulazioni dei Navy Seals in Nevada.
Non ci sono più i leader di una volta. Pessima notizia? No, forse è meglio così. Ora che il concetto di intelligenza emotiva è entrato a pieno diritto nella nostra società, anche la vecchia e logora concezione della leadership basata sul potere e sull'autorità è stata definitivamente scalzata. Perché non bastano più l'attitudine al comando e le competenze tecniche per ottenere risultati, far quadrare i bilanci aziendali, salvare imprese e organizzazioni dalla bancarotta. Occorre essere in grado di mobilitare le energie migliori del proprio gruppo di lavoro, sapere giocare sulle motivazioni profonde di ognuno e allo stesso tempo analizzare lucidamente le proprie, esercitare la difficile arte dell'autocontrollo e della critica senza rinunciare all'empatia. In questo libro, Daniel Goleman ci spiega come essere capi migliori, più efficienti e più amati. Con un'ammonizione: adottare un unico stile di comando non è più sufficiente. La leadership del futuro è fluida: a seconda delle circostanze, dovremmo assumere le caratteristiche del capo visionario, di quello "allenatore", del federatore, del democratico, dell'incalzante e dell'autoritario. Perché sapere governare e gestire gli stati d'animo di chi lavora con noi è la chiave dell'armonia e del talento creativo che soli possono garantire lo sviluppo economico e culturale, nelle piccole comunità aziendali come nell'intera società.
Tra il 1494 e il 1495 Leonardo da Vinci, pictor et ingeniarius ducalis presso la corte di Ludovico il Moro a Milano, riceve l'incarico di realizzare un grande affresco nel refettorio del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie. Il soggetto, l'Ultima Cena di Nostro Signore, è tradizionale, ma l'opera - in cui Leonardo sperimenta tecniche di pittura murale a secco per eludere i limiti coloristici e di composizione posti dalla rapida esecuzione sull'intonaco fresco - segnerà un punto di svolta nella storia dell'arte. Ross King scava nei misteri del Cenacolo vinciano dipingendo a sua volta un affresco colorato e vividissimo della vita e delle vicende politiche di Milano e dell'Italia all'alba dell'era moderna, tra intrighi di potere, guerre e profondi sommovimenti politici. Attingendo a una grande messe di documenti noti e meno noti, alla sua competenza di esperto di arte rinascimentale e alla verve stilistica che ne ha fatto un apprezzato romanziere, King ci conduce insieme a Leonardo per le vie della Milano dell'ultimo decennio del Cinquecento a caccia di volti espressivi per i suoi apostoli e di libri appena giunti dalle stamperie di Venezia; sul ponteggio nel refettorio di Santa Maria delle Grazie ad applicare strati su strati di colori alla ricerca della tonalità perfetta; nei suoi alloggi in Corte Vecchia a parlare di matematica con Luca Pacioli e di architettura col Bramante, a progettare macchine volanti e a tenere a bada Gian Giacomo Capretti, il suo garzone di bottega.
Nel 1417, in un'epoca in cui per impadronirsi di un testo antico si poteva rubare o uccidere, l'umanista Poggio Bracciolini scoprì in un monastero tedesco l'unica copia sopravvissuta del poema filosofico di Lucrezio, "De rerum natura". Oggi "Il manoscritto" racconta l'impatto delle idee di Lucrezio - intorno agli atomi, agli dèi e alla loro assenza, alla felicità umana - su artisti e pensatori come Botticelli e Giordano Bruno, Montaigne e Shakespeare, Freud e Einstein. Con il passo e la felicità del narratore Greenblatt dimostra in queste pagine che i grandi libri cambiano la storia del mondo.
"Ho bisogno solo di qualche migliaio di morti da gettare sul tavolo delle trattative": così nell'estate del 1940 Mussolini giustifica all'allora capo di stato maggiore, Pietro Badoglio, l'ingresso dell'Italia nella Seconda guerra mondiale. E quando un anno dopo Hitler invade la Russia il Duce, abbagliato dalla possibilità di una vittoria veloce a fianco dei nazisti e della spartizione del bottino, invia in poche settimane un corpo di spedizione a sostegno delle truppe tedesche. Il prezzo di questa decisione, frutto di un calcolo cinico quanto catastroficamente sbagliato, è altissimo: dei 220.000 soldati italiani che nella primavera 1942 sono dislocati sul Don solo 100.000 tornano a casa. Impreparati sul piano militare, mal equipaggiati, guidati da comandi incompetenti e costretti a subire continue umiliazioni anche dai propri alleati, soccombono alla forza d'urto dell'esercito sovietico e al martirio della ritirata, alla fame, al gelo, alle condizioni disumane dei campi di lavoro e di rieducazione. Alla fine della guerra, le esigenze dei veterani si perderanno nel turbinio della retorica patriottica e la verità sul trattamento ricevuto da parte dei russi e le grandi sofferenze patite verrà sacrificata alle esigenze della propaganda politica: "Dite che siete stati bene" ordinerà qualcuno. A settant'anni dalla campagna di Russia, Hope Hamilton ripercorre la storia del corpo degli alpini attraverso le testimonianze di chi partecipò alla spedizione.
Tutti conosciamo la felicità, e malgrado ciò ci sfugge. Questo libro ci insegna a ritrovarne le tracce, come briciole di pane nella memoria: vacanze, libri, amici, un pranzo in riva al mare, la maionese fatta in casa, una foto in bianco e nero, la tromba di Chet Baker, le dune di Dakar, una serata speciale sotto la pioggia sottile di Parigi... In un gioco di immagini, associazioni e rimandi Françoise Héritier compone una riflessione sull'essenza della vita, che è insieme esperimento letterario e inno d'amore per la quotidianità.
Pochi secondi prima che una pioggia di cenere oscuri il cielo, qualcuno traccia su un muro un ultimo disperato messaggio: "Sodoma e Gomorra". Oltre mille anni dopo, un monaco crea sul pavimento di una cattedrale un enorme e sofisticato mosaico che racchiude una chiave d'accesso al sapere umano e a quello mistico. Trascorre un secolo e un monarca illuminato costruisce un'intera città sul modello dell'antica Gerusalemme, per opporsi al monopolio spirituale del papato, impegnando le menti migliori della sua corte nella realizzazione di un castello fantastico: un capolavoro di simmetria di cui ancora oggi non è chiara la finalità. Sembrano i tasselli di una trama romanzesca o storie di Paesi remoti, invece il teatro di questi avvenimenti è proprio l'Italia. Sono infatti innumerevoli le stranezze, i dettagli curiosi o inquietanti che riempiono le nostre città: la statua di un elefante che mostra i quarti posteriori a una chiesa, un reticolo di catacombe o un pozzo o un giardino dalle perfette geometrie, un santuario che incrocia l'immaginario religioso con quello macabro, una Torre di Babele nel cielo di Roma e molto altro ancora. Nel "Disegno segreto", che prosegue sul sentiero intrapreso nel suo primo bestseller sulla Cappella Sistina, Roy Doliner ci guida alla riscoperta dell'Italia e del suo patrimonio artistico e mistico. Individua aspetti nuovi e significativi di opere da sempre sotto i nostri occhi che non abbiamo mai del tutto compreso
Il 25 gennaio 2011 piazza Tahrir straripa di dimostranti. È ormai chiaro che le difese del potere si stanno sgretolando, la gente si è svegliata, l'esercito interverrà. Wael Ghonim scrive su Twitter: "Buongiorno, Egitto! Mi sei mancato negli ultimi trent'anni". La scintilla della rivolta l'ha accesa lui, su facebook, coordinando la protesta dalla sua pagina "Siamo tutti Khaled Said", dedicata al giovane torturato e ucciso dalla polizia nel giugno 2010. La reazione dei giovani egiziani, nauseati da decenni di soprusi e sfiancati da un regime inamovibile, è quasi miracolosa. E Wael finisce in prigione, arrestato con l'accusa di fomentare il dissenso. La sua prima intervista dopo il rilascio, appena emerso dall'incubo degli interrogatori, farà il giro del mondo: in lacrime davanti alle telecamere incita i suoi connazionali a continuare a manifestare. La ribellione riprende vigore e poche ore dopo Mubarak si dimette. "Non sono io l'eroe: voi siete gli eroi!" grida il giovane blogger alla folla, ed è per tutti il nuovo leader del movimento. A un anno da Piazza Tahrir, Wael Ghonim racconta quei giorni, le piazze affollate, il carcere, riflette sulle proteste popolari che oggi stanno percorrendo il pianeta, ma soprattutto ci ricorda come Internet sia stata fondamentale per abbattere un potere autocratico e violento. Come è accaduto? Come potrebbe accadere ancora, con altri poteri, in altre parti del mondo?
"Un libro come questo dovrebbe richiedere in realtà l'impegno di una vita. E forse neppur tanto basterebbe." Così, a metà degli anni Settanta, scriveva nella nota introduttiva a "Essere cristiani" un Hans Küng non ancora quarantenne, e non era una semplice dichiarazione d'intenti: avrebbe dedicato l'intera esistenza (fino alla promozione del dialogo interreligioso e al "Progetto per un'etica mondiale") proprio allo scopo che sta al cuore di questo volume, rintracciare le costanti del cristianesimo, "le divergenze rispetto alle religioni universali e agli umanesimi moderni e al tempo stesso, il patrimonio comune alle Chiese cristiane separate". In "Essere cristiani", dunque, egli disegna le coordinate di un cammino che è ed è stato il suo ma che è al contempo quello di tutta la società e di ogni fedele, mettendo in luce gli elementi determinanti ed esclusivi del "programma cristiano" a partire dalla figura di Gesù. "Fu la concretezza di questa figura storica e del suo destino a innalzare il cristianesimo primigenio al di sopra delle contemporanee dottrine filosofiche della salvezza, delle visioni gnostiche, dei culti misterici. E la concretezza storica della sua figura è rimasta nei secoli il nerbo della fede cristiana rispetto a generiche 'Weltanschauungen' religiose, costruzioni filosofiche astratte e ideologie politico-sociali."
Otto anni fa uno tsunami di trenta metri rase al suolo la città indonesiana di Banda Aceh, dove vivevano 250.000 persone, nel giro di pochi minuti; nel 2005 un innalzamento di oltre otto metri del livello del mare, dovuto all'uragano Katrina, travolse le dighe intorno a New Orleans, sommergendo la città e uccidendo quasi duemila persone. Effetti del surriscaldamento del pianeta? Non solo, perché con queste inspiegabili forze della natura conviviamo da sempre: maestose, terrificanti, inafferrabili, le onde hanno fatto dell'oceano un'eterna frontiera. Che siano portatrici di morte e distruzione o simboli della vita che continuamente si rinnova, l'uomo ne è affascinato: le cavalca, le sfida, le asseconda, prova a prevederle. Ma nessuno sa davvero come si comportino nelle loro forme più estreme, e pochi conoscono il variegato sottobosco di coloro che a questo mistero hanno dedicato la loro vita. Susan Casey ci spalanca le porte di un mondo tanto seducente quanto complesso raccontandolo con le parole e le esperienze delle persone che lo conoscono meglio: studiosi, meteorologi, marinai, esperti di recuperi marittimi. E surfisti. Perché nella sua indagine, accanto al rigore della scienza, trova spazio la combinazione di devozione, saggezza e follia di eroi del surf come Laird Hamilton, Dave Kalama, Brett Lickle. I loro corpi portano i segni delle tante avventure, centinaia di punti di sutura, fratture di ogni tipo e infortuni spesso gravi.
È il 1941. Theo Coster ha solo tredici anni quando, insieme a molti suoi coetanei, è costretto a lasciare l'istituto che frequenta per iscriversi a una scuola ebraica. Tra i suoi nuovi compagni di classe c'è una ragazzina intensa e intelligente, Anna Frank. Nessuno di loro ha scelto la nuova scuola, e la separazione dagli amici non ebrei è soltanto l'inizio. Mattina dopo mattina i banchi si svuotano, gli sguardi degli insegnanti si fanno più angosciati, il mondo fuori dalla classe più irto di pericoli, e le vite di quei ragazzi precipitano nell'incertezza, poi nel terrore. A quei giorni lontani, alle peripezie che seguirono, ma anche al valore di un'amicizia che resiste al tempo e ai lutti rendono omaggio, con questo libro, Theo Coster e gli altri compagni sopravvissuti dello Joods Lyceum. Settant'anni dopo tornano ad Amsterdam per ripercorrere i momenti salienti della loro adolescenza insieme ad Anna, visitano la sede della loro scuola, la casa di lei e l'ormai tristemente famoso rifugio sul retro. Rievocano i bombardamenti, le persecuzioni, la liberazione. Alcuni, come Theo, si sono salvat; grazie a un'anomalia nei documenti dell'anagrafe; altri perché non hanno mai smesso di nascondersi, scappando di città in città per tutta l'Europa; altri ancora sono usciti vivi dai campi di concentramento. "I nostri giorni con Anna" è la storia di un legame ritrovato, il racconto di un viaggio alla riscoperta del tempo perduto, la testimonianza di un passato che non si può dimenticare.
Quando nel 1503 Copernico lascia l'Italia con la prospettiva di una tranquilla e redditizia carriera ecclesiastica in Polonia, il suo progetto di rifondare l'astronomia è già delineato. Nei suoi appunti, che nutre senza tregua per decenni, non esita a ribaltare quel che si dice del mondo e degli astri, né ha paura di contraddire scienziati, teologi e filosofi che seguono ostinati il dettato biblico. Certo, sono tempi pericolosi per opporsi alle teorie dominanti: Copernico si censura, si confida solo con una manciata di colleghi, evita il proselitismo, teme il ridicolo o peggio. I grandi stravolgimenti a cui assiste - la Riforma protestante, la rivolta dei contadini, la guerra tra Cavalieri teutonici e Turchi ottomani - lo turbano, così come il rischio che le conseguenze del suo lavoro di scienziato si ripercuotano sulla sua vita rispettabile di uomo di Chiesa. Poi, il giovane matematico Retico travolge come un ciclone la sua quieta esistenza e lo convince a dare alle stampe - nel 1543, l'anno della sua morte - il "De revolutionibus orbium coelestium". È però solo più di mezzo secolo dopo, quando il telescopio di Galileo sconvolgerà ulteriormente l'equilibrio dei cieli, che i timori di Copernico si avvereranno. Nel 1616 una commissione di undici teologi voterà sul sistema copernicano: giudicheranno che un Sole in quiete al centro del mondo è formalmente eretico perché in contrasto con le Sacre Scritture, e stabiliranno che l'universo eliocentrico è un'assurdità.
Quando, nel luglio 1971, Henry Kissinger, all'epoca consigliere per la Sicurezza nazionale del presidente americano Nixon, si recò in missione segreta a Pechino, le relazioni diplomatiche fra Stati Uniti e Cina erano interrotte da più di vent'anni. Durante questo periodo, dopo aver combattuto un'aspra guerra in Corea ed essersi fronteggiati in diverse gravi crisi internazionali, i due paesi si consideravano nemici dichiarati, portatori di ideologie antitetiche. Alla luce di tali premesse, ogni tentativo di riavvicinamento tra le due potenze sembrava destinato a un sicuro fallimento. Se tale obiettivo fu raggiunto, gran parte del merito va attribuito alla personale determinazione e lungimiranza di due uomini: il Grande Timoniere della Cina comunista Mao Zedong e il controverso presidente americano Richard Nixon. Giunti alla comune conclusione che, di fronte alle minacce della guerra fredda e della crescente potenza sovietica, le differenze ideologiche dovessero essere accantonate, Mao e Nixon sfidarono l'opposizione delle rispettive classi politiche e opinioni pubbliche e avviarono uno storico rapporto di collaborazione. Dal suo osservatorio, Kissinger ricostruisce lo scenario internazionale che fece da sfondo alle sue missioni in Cina e ai suoi incontri con i principali leader cinesi: dai cauti approcci iniziali allo storico incontro ufficiale tra i due presidenti nel 1972, Kissinger colloca riflessioni ed eventi nella più ampia cornice della millenaria storia cinese.
Il petrolio e gli altri combustibili fossili, le fonti energetiche su cui si basa l'odierno stile di vita nei paesi dell'Occidente, sono in via di esaurimento, e le tecnologie da essi alimentate stanno diventando obsolete. Intanto, i mali che affliggono il mondo globalizzato - crisi economica, disoccupazione, povertà, fame e guerre - sembrano aggravarsi anziché risolversi. A peggiorare le cose, si profila all'orizzonte un catastrofico cambiamento climatico provocato dalle attività industriali e commerciali ad alte emissioni di gas serra, e che già entro la fine di questo secolo potrebbe mettere a repentaglio la vita dell'uomo sul pianeta. La nostra civiltà, quindi, deve scegliere se continuare sulla strada che l'ha portata a un passo dal baratro, o provare a imboccarne coraggiosamente un'altra. E non ha molto tempo per farlo. Dopo trent'anni di studi e di attività sul campo, Jeremy Rifkin decreta la fine dell'era del carbonio e individua nella Terza rivoluzione industriale la via verso un futuro più equo e sostenibile, dove centinaia di milioni di persone in tutto il mondo produrranno energia verde a casa, negli uffici e nelle fabbriche, e la condivideranno con gli altri, proprio come adesso condividono informazioni tramite Internet. Questo nuovo regime energetico, non più centralizzato e gerarchico ma distribuito e collaborativo, e che segnerà il passaggio dalla globalizzazione alla "continentalizzazione", dovrà poggiare su cinque pilastri...
Prostrato dalla crisi finanziaria, minato da politiche sconsiderate, afflitto da una popolazione sempre più anziana e impreparata, gravato da un debito pubblico esorbitante, il vecchio Occidente vacilla sull'orlo di un abisso. L'altra metà del mondo, invece, guidata da un manipolo di Paesi intraprendenti, ricchi di forza lavoro e di liquidità, sta spezzando la sua antica egemonia e punta a strappargli il primato economico, e non solo. La Cina, in apparenza inarrestabile, infrange ogni record di produttività, spianando la strada alla Russia, all'India, al Brasile, alla Corea del Sud. È troppo tardi per reagire? Dambisa Moyo, economista acuta e controcorrente, ci spiega in questo libro le ragioni del nostro declino annunciato: dalla crisi dei mutui alla lotta globale per le risorse, dalla "bomba a orologeria" dei sistemi pensionistici alla grande sfida dello sviluppo tecnologico, dall'irresponsabilità delle banche alla compiacenza dei governi. Ci attendono tempi difficili e scelte sofferte - sostiene Moyo - ma forse non tutto è perduto. Nonostante i clamorosi errori dell'America e dell'Europa, è ancora possibile rimboccarsi le maniche e scommettere sull'intraprendenza, la determinazione, l'inventiva e la capacità di reagire che hanno sempre consentito all'Occidente di uscire vincitore dalle sfide più dure.
Questa è l'incredibile storia vera di un uomo che ha dedicato la sua vita a scrivere il libretto di istruzioni per l'universo. Dalla nascita sotto le bombe all'infanzia nella grande casa che risuonava di musica e di bizzarro lessico familiare. Dai giorni di scuola, leader naturale tra i compagni che lo soprannominarono "Einstein" nonostante i voti scarsi, alla terribile scoperta dei primi sintomi di una malattia degenerativa incurabile, la sclerosi laterale amiotrofica. È il 1963 e Stephen Hawking ha ventun anni. Secondo i dottori gliene restano da vivere al massimo altri due. Con la minaccia di una morte prematura che incombe sulla sua testa, questo svogliato studente di fisica di Oxford si lancia nel campo delle ricerche cosmologiche, rendendosi conto che c'è "una quantità di cose importanti che avrei potuto fare se la mia condanna fosse stata sospesa". Oggi, sta per festeggiare il settantesimo compleanno, è un genio riconosciuto del nostro tempo, e la radiazione che porta il suo nome potrebbe trovare una conferma definitiva. Questa è anche la storia di una grande avventura del pensiero. Kitty Ferguson, che da oltre vent'anni collabora con Hawking, intreccia con sapienza al racconto della sua vita quello della sua ricerca: la conciliazione fra la relatività generale e la meccanica quantistica, la Teoria M e la prospettiva di una "Teoria del Tutto", il paradosso dell'informazione, l'espansione dell'universo e la possibile esistenza di un multiverso iperdimensionale.
Che cosa c'era prima del Big Bang? Partendo dalla domanda che da anni impegna gli astrofisici, Roger Penrose si interroga sul carattere straordinario dell'evento che ha dato origine all'universo. Sfruttando e rileggendo in modo originale le più grandi scoperte cosmologiche degli ultimi decenni - dalla materia oscura all'energia oscura, dalla radiazione cosmica di fondo ai buchi neri e alla loro evaporazione finale prevista da Hawking - avanza una proposta che raccoglie tutti questi elementi in una spiegazione unitaria, mostrando come il destino ultimo del cosmo, con la sua espansione sempre più accelerata, possa di fatto essere reinterpretato come un nuovo Big Bang. La "cosmologia ciclica conforme" ci presenta così la storia dell'universo come una (infinita) successione di eoni, dove la fase finale dell'uno coincide con l'inizio di quello seguente. E risolve i numerosi problemi lasciati aperti dalle ipotesi precedenti - multiverso, nascita di nuovi universi dai buchi neri, modelli oscillanti tra espansione e collasso - senza sovvertire il quadro generale classico, basato su teorie fisiche e matematiche ampiamente accettate. Con "La strada che porta alla realtà" Roger Penrose ci ha presentato una guida accessibile ed esaustiva alle leggi che governano il nostro universo. Con "Dal Big Bang all'eternità", scritto in uno stile illuminante e comprensibile ma ricco di apparati e possibilità di approfondimento, compie ora un ulteriore passo avanti e apre una prospettiva cosmologica completamente nuova.
"Questo è un libro che avrei preferito non scrivere" dichiara Hans Kung, ma non ha potuto tirarsi indietro di fronte allo spettacolo della sua Chiesa che si condanna alla morte. Negli ultimi tre decenni infatti la Chiesa cattolica ha affossato gli impulsi promettenti del Concilio Vaticano II e ha abbracciato di nuovo una visione retrograda della società e del proprio ruolo: per esempio, l'appello costante alla tradizione non è un richiamo alla purezza delle origini, ma un tentativo di mantenere un papato autocratico e medievale che ha già irrigidito la struttura ecclesiastica e la dottrina morale. Dalla Controriforma alla condanna della scienza, dalla negazione dell'evoluzionismo alla visione ristretta della sessualità, Roma ha scelto di rimanere cieca e sorda di fronte ai problemi dei fedeli, perdendo la presa sulla realtà. Né ha saputo riconoscere le questioni che tormentano i suoi ministri, prima fra tutte l'obbligo del celibato, una delle cause del calo di vocazioni che condiziona negativamente la cura pastorale. La dura analisi di Küng ripercorre la storia e gli errori del Vaticano, ne diagnostica con chiarezza i mali e propone le uniche cure possibili per risanarlo e riportarlo, presente e vivo, in mezzo alla gente: lasciarsi alle spalle i vecchi pregiudizi, condannare (non solo a parole) gli sbagli del passato, abolire le gerarchie a favore di una struttura democratica, e instaurare un dialogo aperto con i credenti e le altre confessioni.
Dopo anni di porte in faccia, nel 1492 Cristoforo Colombo riesce a partire per il suo storico viaggio, rinunciando al compenso e accettando una percentuale sugli eventuali guadagni. È stato capace di mettere d'accordo i vincoli economici e politici dei sovrani di Spagna con il suo desiderio di tentare l'impresa. La morale? Comprendere le vere motivazioni delle parti in causa e adottare il loro punto di vista è il primo passo per anticipare l'esito di una trattativa: per quanto complessa possa essere, basta ridurre tutti i fattori (che sono meno numerosi di quanto si pensi) in termini matematici secondo un modello preciso; il risultato indica quale strategia adottare e cosa succederà. Quello di Colombo è solo un esempio: in moltissimi casi prevedere e influenzare il modo in cui andranno le cose è più facile di quanto pensiamo. E che si tratti di un governo ostile che può far esplodere il mondo o di un negoziante disonesto, non fa differenza. In questo libro Brace Bueno de Mesquita, consulente della Cia ed esperto di negoziazioni politiche internazionali, svela i segreti di un metodo perfezionato negli anni, grazie al quale il 90 per cento delle sue predizioni si sono rivelate esatte. Dimostra l'efficacia del sistema analizzando la prevedibilità di alcune svolte storiche, dalla caduta di Sparta alla diffusione di al-Qaida in Pakistan. Spiega quali forze agiscono veramente dietro ogni accordo. E suggerisce una brillante soluzione per le questioni più scottanti del presente.
Bellezza, simmetria, perfezione: da sempre questi concetti hanno guidato l'uomo nella sua ricerca di una spiegazione ultima della realtà e dell'universo. I più grandi filosofi e scienziati, da Platone a Einstein, hanno inseguito con fede incrollabile l'idea che debba esistere un principio unificatore per connettere tutti i fenomeni in un quadro organico. Ma quali sono i presupposti e i fondamenti di questo monoteismo della ragione? Nessuno, secondo Marcelo Gleiser, fisico e cosmologo che si è formato proprio sulla teoria delle stringhe, la moderna incarnazione scientifica del mito di un'unitarietà compiuta ed eterna. Nel corso della sua carriera, Gleiser ha maturato una visione opposta: è l'imperfezione a dominare il mondo, ma non per questo la sua bellezza viene meno; anzi, appare ancora più abbagliante. Nei primi istanti del Big Bang fu un'asimmetria a rendere possibile il dominio della materia sull'antimateria; nell'universo che si è evoluto grazie allo squilibrio primordiale è la casualità il motore che crea ogni struttura nuova e complessa, dalle molecole organiche alla vita. In questo saggio illuminante, Gleiser ripercorre le forme che la teoria del tutto ha assunto nel tempo e dimostra con chiarezza cristallina perché le scoperte più recenti nel campo dell'astronomia, della fisica e della biologia vanno in direzione opposta.
Perché l'altra fila della coda è sempre più veloce di quella in cui siamo noi? Come spingere a mano un'auto nel garage senza farle colpire il muro? Quanto tempo ci vorrà perché il nostro recente investimento finanziario raddoppi di valore? La matematica non serve solo a calcolare i moti dei pianeti o a elaborare complicati sistemi informatici. Nella vita quotidiana ci può sorprendentemente svelare alcune semplici verità che spesso ignoriamo e aiutare a risolvere comuni problemi o dilemmi che ci circondano. John D. Barrow ha raccolto cento applicazioni insolite e curiose della matematica, che ci spiegano "cento cose essenziali che non sapevamo di non sapere" e grazie alla riconosciuta competenza in materia e attraverso uno stile divulgativo, ci accompagna in un universo affascinante e molto meno astratto di quanto generalmente crediamo. Un libro rapido, ricco di illustrazioni e schemi esplicativi, in cui il matematico Barrow fa scendere la matematica dal piedistallo e la mette al servizio delle situazioni concrete della vita di tutti noi.
Marx il profeta, lo "scienziato", il filosofo della prassi: che cosa resta, in questo primo scorcio di terzo millennio, del pensatore forse più discusso, temuto e influente degli ultimi centocinquant'anni? Con questa raccolta di articoli e studi, redatti nell'arco di quasi sessant'anni ma rielaborati per l'occasione, il principale storico marxista si pone alla testa di una tendenza che da qualche tempo, dopo l'eclissi degli anni Ottanta e Novanta, sta riportando a una rilettura radicale dell'autore del Capitale. Perfino i detrattori - soprattutto all'indomani della crisi finanziaria - hanno dovuto riconoscere la forza e la lucidità del suo pensiero. Non più imbalsamato da opposte ideologie, Marx può essere considerato per quello che è sempre stato: un grande pensatore, uno stilista esemplare, un pioniere. Con l'autorevolezza di un maestro della storiografia, Hobsbawm ricostruisce l'ambivalente epopea del marxismo, dai moti del 1848 alla caduta del muro di Berlino, dal Gramsci dei Quaderni, oggetto di un caloroso tributo, al crollo dell'Urss. Sedici saggi che indagano la genesi di opere fondamentali, dal Manifesto del partito comunista al Capitale, passando per gli ermetici Grundrisse; ne studiano, dati alla mano, la circolazione e la diffusione; interrogano la fortuna e le metamorfosi del pensiero marxista in alcuni momenti chiave, come l'Inghilterra tardo-vittoriana, l'Europa fascista, la Guerra fredda, il 1989, ponendo il problema di una scomoda eredità.
Dalla Carboneria alla spia Litvinenko, dal cadmio di Van Gogh ai pavimenti della Casa Bianca, dal cloro in tavola a quello sui campi di battaglia:
GLI ELEMENTI CHIMICI SONO TUTTO INTORNO A NOI.
E CI RACCONTANO I LORO SEGRETI.
Favole periodiche è ricco di aneddoti imprevedibili e stravaganti. Un vero spasso da leggere.
– “Financial Times”
Forse il piombo può predire il futuro, ma di sicuro sarà lo zinco ad accompagnarci nell’ultimo viaggio. Gli antichi coniarono l’espressione “età dell’oro”, ma su ben altre sostanze furono costruite le fortune dei grandi imperi: Roma si arricchì col bronzo e l’Inghilterra della regina Vittoria si espanse su tutti i mari grazie al ferro e al carbone.
Lo scienziato Haber incoraggiò l’uso massiccio del cloro come arma durante la Prima guerra mondiale sostenendo che non era letale, ma morirono centinaia di migliaia di soldati. Attraverso questi e molti altri aneddoti, il chimico Hugh Aldersey-Williams rilegge la tavola periodica come un grande racconto di cui sono protagonisti gli elementi, la loro storia e le loro curiosità. Che siano di moda come il silicio dei microchip o poco considerati come l’antimonio, che siano nobili o decaduti, tutti sono diventati parte della nostra storia culturale, dando forma e sostanza ad arte, miti, letteratura, musica, architettura, economia. Incontreremo il ferro sceso dal cielo sotto forma di meteoriti, l’oro dei Nibelunghi, il coraggioso soldatino di stagno di Andersen, le luci al neon di Las Vegas, l’arsenico e il tallio degli avvelenatori nei romanzi gialli, l’argento virginale e lo zolfo demoniaco.
Se Hugh Aldersey-Williams è divenuto un vero esperto della tavola di Mendeleev lo deve a una passione per la chimica coltivata fin da ragazzino. Ed è con lo stesso spirito di scoperta che in questo libro curioso, colto e divertente accompagna il lettore tra racconti ed esperimenti alla scoperta dei segreti degli elementi. Rendendo omaggio alle umili tessere che, spesso a nostra insaputa, decretano vita, morte e fortuna di ognuno di noi.
HUGH ALDERSEY WILLIAMS, un chimico dagli spiccati interessi artistici e letterari, ha collaborato per cinque anni con “The New Statesman” come critico di design e scrive con regolarità sull’“Independent”, il “Guardian” e “New Scientist”. Fra gli ultimi suoi libri pubblicati in lingua inglese, ricordiamo Panicology, Findings e The Most Beautiful Molecule.
“Non fare domani quello che puoi fare oggi” diceva Benjamin Franklin, ma molti di noi si riconoscono piuttosto in Mark Twain, che consigliava: “Non fare domani quello che potresti fare dopodomani”. La tendenza a rimandare i problemi e la loro soluzione sembra essersi molto accentuata nella nostra società, impulsiva ed egocentrica. Eppure la procrastinazione non rende felici: chi la pratica sa che gli costerà cara, che gli procurerà guai, che lo renderà più triste e spesso oppresso dai sensi di colpa. Dopo avere spiegato in che cosa consiste il fenomeno, Piers Steel, autorevole studioso del tema, traccia i profili dei vari tipi di procrastinatori: c’è chi non riesce a cominciare, chi comincia ma si perde nei dettagli, chi infine si lascia tentare dalle mille distrazioni che lo circondano. L’autore guida poi il lettore a capire, attraverso una serie di test, quanto sia profonda la sua propensione a rimandare azioni e decisioni, e lo aiuta a tenerla sotto controllo, tramite tecniche capaci di spingerlo ad affrontare le decisioni da cui rifugge.
Dove e quando è iniziato l’universo? Perché c’è “qualcosa” invece che “niente”? E soprattutto il “grande disegno” del nostro universo è opera di un benevolente creatore o la scienza può offrire un’altra spiegazione? Stephen Hawking si cimenta con la sfida più difficile, la questione che da sempre divide filosofi , scienziati, teologi. Insieme al fisico Mlodinov presenta le ultime scoperte del pensiero scientifico e spiega, d’accordo con la teoria quantistica, che il cosmo non ha una singola storia o esistenza ma che invece ogni possibile storia dell’universo “esiste simultaneamente”: ci sarebbe un “multiverso”, cioè tanti universi che spontaneamente si formano dal nulla. Combinando le più recenti scoperte è possibile spiegare, secondo Hawking, gran parte delle leggi che governano il cosmo, anche se rimane un lato misterioso che la scienza non è ancora riuscita a svelare. Un’opera rivoluzionaria che spiega in maniera semplice come le nuove teorie stanno cambiando radicalmente il nostro sistema di pensiero.
La fede nel libero mercato ci ha portato al disastro.
Occorre confutarne i dogmi e riscoprire un’economia più equa.
E più efficace.
L’ennesima recente crisi lo ha confermato: il capitalismo non è una scienza esatta e, proprio come il socialismo, ha limiti intrinseci che rischiano di portare la società al collasso, non solo economico. Dopo anni di fede cieca e immotivata nel libero mercato, come trasformare questo sistema empirico e imperfetto in uno che finalmente funzioni? Bisogna renderlo più giusto, risponde Hans Küng, perché l’etica è un principio di comportamento che va applicato in ogni settore, economia compresa. Alla base devono esserci due imperativi morali: la reciprocità, cioè non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te, e l’umanità che – sembra ovvio dirlo ma alla prova dei fatti non lo è – impone di trattare ogni essere umano come tale. Su queste linee si fonda un’etica intesa non come dottrina teologica o filosofica, bensì come “atteggiamento morale interiore” di fondo, un ethos ispirato a un patrimonio di norme e modelli comuni a tutte le grandi religioni e culture, e come tale condivisibile da credenti e non.
Tra analisi concreta e spiritualità, Küng passa in rassegna le nuove sfide del nostro tempo, esaminando da una parte la globalizzazione e l’evoluzione dei mercati, dall’altra interrogandosi su concetti chiave come giustizia, equità, remunerazione. E, in nome di un’economia “onesta” che abbia sempre come fine ultimo l’uomo e la sua dignità, lancia un appello per una moralizzazione del capitalismo, sulla scorta dell’esperienza renana dell’economia sociale di mercato: la creazione di un nuovo canone di valori e regole di condotta che guidi il comportamento dei soggetti garantendo la sostenibilità e la salvaguardia del bene comune.
HANS KÜNG (1928) è un sacerdote, teologo e filosofo svizzero. Ha partecipato come esperto al Concilio Vaticano II. Nel 1979 la Congregazione per la dottrina della fede gli ha revocato l’autorizzazione a insegnare la teologia cattolica. Con Rizzoli ha pubblicato tra gli altri Ebraismo (1993), Cristianesimo (1997), Islam (2005), tutti presenti in BUR, e Ciò che credo (2010)
Qualche giorno di ferie, un viaggio organizzato che salta e Aron, un giovane ingegnere americano, ne approfitta per dedicarsi alla sua passione di sempre: le scalate. Arrampicatore esperto che non teme di uscire in solitaria, improvvisa un’escursione nel Blue John Canyon, nello Utah. Lascia detto solo quando ritornerà, ma non dove è diretto: una leggerezza che si trasforma in un pericolo mortale. Mentre scende in un canyon, sceglie un appoggio instabile e si ritrova sul fondo, con il braccio bloccato dal peso di un enorme masso. A nulla vale provare a smuovere la roccia o inciderla con il coltellino multiuso. Presto Aron deve arrendersi all’evidenza: è intrappolato, ha cibo e acqua per un giorno solo e nessuno sa dove si trova. Quanto può sopravvivere un uomo nel deserto? si chiede contando ansiosamente le ore. Almeno cinque lunghi giorni, durante i quali i tentativi di liberarsi cedono pian piano il passo alla disidratazione, alla stanchezza, alle allucinazioni, ma anche al ricordo di tante avventure e degli affetti che lo aspettano. È proprio la decisione di tornare a ogni costo dai suoi cari a guidarlo verso un gesto estremo: quando Aron capisce che le prossime ore gli saranno fatali, con una lama si amputa il braccio e inizia una corsa contro il tempo per risalire le ripide pareti e trovare aiuto prima di morire dissanguato. 127 ore è il racconto drammatico e coinvolgente di un’esperienza estrema, di un coraggio che supera ogni ostacolo. Ma soprattutto è la testimonianza di una passione inesauribile per la vita, per la bellezza della natura e per la montagna più aspra, quella che pone l’uomo di fronte a sfide incredibili e gli fa scoprire la forza della determinazione. La stessa che ha salvato Aron e lo ha portato a riprendere le scalate.
NON HA CIBO NÉ ACQUA.
NON HA SPERANZE DI SOCCORSO.
NON HA SCAMPO.
LA STORIA DI UNA SFIDA VERTIGINOSA TRA L’UOMO E LA ROCCIA.
QUANDO HO LETTO QUESTO LIBRO HO AVUTO UNA REAZIONE MOLTO FORTE.
VOLEVO FARNE UN FILM. — DANNY BOYLE
Un giornalista è scomparso.
Un mistero sepolto da secoli sta per tornare in vita.
Distruggendo l’Islam e il mondo.
Dove sono finiti i soldi? È l’ultima domanda che si è fatto Ned Rush, subito prima di scomparire. Quando l’amico Charles si getta sulle sue tracce sa solo che il giornalista americano stava indagando sulle immense somme spese per la mai avvenuta “ricostruzione dell’Iraq”. Quello che ignora è che Ned è incappato in un segreto che ha già fatto molte vittime: l’operazione Powerball, un complotto che tra pochi giorni costerà all’America un presidente e al resto del pianeta una guerra mondiale. Per questo, a Washington, il capo della sicurezza della Casa Bianca sta lottando contro il tempo per salvare le vite di Charles e Ned – e la propria. E per questo, nelle strade di Baghdad, i mercenari della potente compagnia di sicurezza privata Total Force hanno scatenato contro i due amici una caccia senza quartiere. Insieme al fedele interprete Hikmat e alla dolce Leyla, Charles dovrà scendere nella città sotterranea di Najaf, penetrare nel cuore della Green Zone di Baghdad, raggiungere le vie dei contrabbandieri sul confine siriano e prendere una decisione che potrebbe cambiare la storia del mondo musulmano: rivelare o no il contenuto della lettera perduta di Kerbala, il più pericoloso segreto dell’Islam?
Da un reporter di prima linea, un’avventura mozzafiato che ci conduce nel cuore di un Iraq devastato e affascinante, dominato dalla sete di denaro e di sangue. Il mistero della morte del profeta Hussein e i complotti dell’estrema destra americana, le lotte di potere delle tribù del deserto e gli intrighi dello spionaggio internazionale si intrecciano in una straordinaria opera prima, capace di muoversi ai confini tra l’invenzione narrativa e la conoscenza diretta di uno scenario politico pericolosamente reale.
Il peccato è non sapere amare.
Nelle parole di una santa che ha provato a essere anzitutto madre per chiunque le abbia chiesto aiuto, una via per riscoprire l’amore per noi stessi e per il prossimo.
La prima raccolta di meditazioni e scritti inediti di Madre Teresa dopo il bestseller internazionale Sii la Mia luce.
Quando vai in un negozio a comprarti un vestito nuovo, invece di scegliere il migliore, prendine uno che costa meno e dona ciò che hai risparmiato: questo è il consiglio che diede Madre Teresa a un uomo pronto a rinunciare a tutto pur di aiutare gli altri. La santa di Calcutta è colei che più di ogni altro ha ridefinito il concetto di amore per il prossimo come un impegno quotidiano, declinato nelle forme semplici di una dedizione costante e tenace, lontana dall’ostentazione e dall’urgenza dell’impulso. Questo intendeva dicendo che il Vangelo sono le nostre cinque dita: mani attive che si adoperano in soccorso di chi ha bisogno perché riconoscono in lui l’immagine di Cristo in Terra. Ma anche mani giunte in preghiera che trovano nel fervore della meditazione la strada per avvicinarsi a Dio e reclamare con umiltà la Sua presenza al nostro fianco.
Oltre alla testimonianza concreta dell’opera missionaria, Madre Teresa ha lasciato un ricco patrimonio di testi, illuminati dalla grazia della semplicità. Padre Brian Kolodiejchuk, postulatore della causa di canonizzazione, ha raccolto e riordinato quelli sul tema dell’amore, arricchendoli con episodi e aneddoti che tratteggiano una vita consumata nella pienezza della fede. Emerge l’autenticità di una vocazione non descritta in senso teorico, ma messa ogni giorno alla prova a contatto con i poveri, i moribondi, gli ammalati e i tanti — credenti di ogni religione o atei — che in lei hanno riconosciuto un faro di umanità. In questo diario dell’anima, la riflessione maturata nel mondo si apre a tutte le facce dell’amore — dalla famiglia alla maternità, dal lavoro alla solitudine, dal peccato alla redenzione — seguendo un intenso percorso spirituale che ha eletto come propria missione “dare, dare sino a soffrire”.
“Ero costretta ad affrontare la realtà: mio figlio era un tossico. Era incomprensibile. Dovevo accettarlo, ma come fa una madre ad accettare di perdere il figlio?” Questo il dolore che lacera Libby, educatrice di professione e genitore premuroso, quando vede il suo brillante Jeff trasformarsi nell’immagine sbiadita di ciò che era. Al principio la droga è solo una bravata da ragazzini, ma presto prende il sopravvento e mostra il suo volto più feroce: la dipendenza, la schiavitù. Tra alti e bassi, Jeff riesce a mantenere un profilo rispettabile: nessuno può immaginare che dietro a quell’uomo affermato si nasconda un’esistenza miserabile fondata su un bisogno che non si può saziare. Ma quando Libby lo vede alla sua porta esausto, quando gli carezza la fronte durante l’ennesima crisi d’astinenza, fatica a riconoscere il figlio in quel corpo scheletrico, violato e senza forza. Combattente nata, non si perde d’animo: rivuole il suo Jeff. In un intenso percorso di scoperta personale e familiare, Libby si spinge fino alle sue radici e riscopre il legame con l’Italia: al primo viaggio ne seguono molti altri, per periodi sempre più lunghi, durante i quali entra in contatto con la comunità di San Patrignano. È qui che riceve l’insegnamento più prezioso: “Stagli vicino”. Dopo quattordici anni di perdizione e sconforto, di suppliche e minacce, di disintossicazione forzata e inevitabili ricadute, le viene chiesto il sacrificio più grande: credere nel figlio al punto tale da lasciarlo andare. Solo Jeff può decidere di liberarsi. Con sincerità disarmante, Libby racconta la sua storia di madre ossessionata dai sensi di colpa e dall’impotenza, la sua lotta per salvare un figlio deciso a perdersi e la faticosa risalita che glielo restituirà forse meno perfetto ma degno di un amore ancora più grande.
Bologna 1886. Amalia Bagnacavalli è una giovane contadina nata e cresciuta a Vergato, un paesino dell’Appennino che da secoli vive di poca agricoltura e molti sacrifici. Per far fronte alle ristrettezze in cui versa la famiglia, decide di prendere a balia un orfanello dall’Ospedale degli esposti. Ma il viaggio nella città, ancora gravata da un retaggio medievale, segna l’inizio delle sue vicissitudini: dalla bambina che le assegnano — sguardo opaco, petto scavato e corpicino deforme — contrae la sifi lide, della quale faranno le spese anche il marito e la fi glia. Invece di rassegnarsi all’ingiustizia, Amalia si rivolge ad Augusto Barbieri, un giovane e ambizioso avvocato, che accetta di intentare causa al potentissimo corpo amministrativo centrale degli ospedali di Bologna e al suo presidente, il conte Isolani. Un’avventura più pericolosa di quanto una popolana analfabeta possa immaginare, che la porterà a fare i conti con un mondo più grande di lei e con la disonestà degli uomini, mentre la malattia divora il suo corpo e la sua famiglia. Frutto di un paziente lavoro di scavo negli archivi e di una felice vena narrativa, La sfi da di Amalia ricostruisce con rigore e partecipazione le vicende dei protagonisti e il lungo iter processuale, riportando alla luce una storia sorprendentemente attuale. Che vede Amalia, eroina moderna, sovvertire la condanna atavica alla sopportazione e dare voce a quell’oppresso e povero mondo delle campagne che, alleandosi alla nascente borghesia cittadina, si lancia all’attacco dell’antica aristocrazia. Una storia che è anche il ritratto di una società in trasformazione, già proiettata verso la voglia di riscatto che animerà le lotte di classe del Novecento.
Dopo aver definito Berlusconi “inadatto a guidare l’Italia” si è sentito accusare di essere “anti-italiano”. E per provare il contrario, ha viaggiato per un anno intero su e giù per la penisola. Dal Politecnico di Torino alla Fiera Addiopizzo di Palermo, da una chiacchierata con Nichi Vendola a un’udienza con Giorgio Napolitano, dai capitalisti toscani agli inventori pugliesi, Bill Emmott, giornalista inglese innamorato dell’Italia (seppure spesso esasperato da essa), ha visto cose che molti italiani non possono nemmeno immaginare. In questo libro, racconta il suo viaggio in una nazione molto più sfaccettata, colorata e ricca di creatività e voglia di fare di quella “ufficiale”: una realtà, purtroppo, sommersa dal malaffare e da una politica incompetente. Perché giudici efficienti come il torinese Mario Barbuto ottengono risultati, ma solo lottando contro una gestione della giustizia straordinariamente lenta e farraginosa. Imprese all’avanguardia come la napoletana Tecnam crescono, ma intralciate dalle pastoie di una legge sul lavoro troppo garantista. E in molti altri settori — da un’università ormai allo sfascio a un’informazione ostaggio dei poteri forti — non sono certo le idee, le energie e il talento a mancare, ma la meritocrazia, le infrastrutture, gli incentivi. L’analisi di Emmott non fa sconti: non sarà con il voto di simpatia che l’Italia si risolleverà dalle ultime posizioni nelle classifiche mondiali. Perché l’intera storia del Paese è quella di una lotta continua tra Buona Italia e Mala Italia e quest’ultima, al momento, sta vincendo. Ma non deve per forza essere sempre così, e dalla riforma elettorale a quella della giustizia, dal rinascimento accademico a quello imprenditoriale, per una nazione che sappia ritrovare l’orgoglio e la buona volontà le vie da percorrere sono molte e sono aperte. Certo, però, sono tutte in salita.
Bill Emmott, scrittore indipendente, è stato dal 1993 al 2006 direttore dell’“Economist”. Nel 2003 ha vinto il premio “È giornalismo” per il lavoro della rivista nel trattare le notizie sull’Italia. Scrive regolarmente per il “Times” a Londra e “la Stampa” in Italia. Ha scritto molti libri sul Giappone, in Italia è uscito Asia contro Asia (Rizzoli 2008). Vive nel profondo della campagna inglese, ma passa un sacco di tempo negli aeroporti.
“Con i paraocchi delle
ideologie dominanti è difficile
vedere il comune, anche se
è ovunque intorno a noi.”
Al di là della proprietà,
al di là del pensiero
unico liberalcapitalista
c’è il bene comune.
“Il problema che il libro pone è certo quello davanti
a cui tutti ci troviamo: tentare la costruzione di una
società libera anche nelle nuove condizioni della
globalizzazione, che non è solo economica ma
coinvolge profondamente la nostra mente e i nostri
stessi affetti, desideri, sogni.”
— Gianni Vattimo su Impero
Dopo il comunismo e il capitalismo, oltre Karl Marx e Adam Smith c’è la vera alternativa: il “comune”, ovvero il bene comune. Insieme di conoscenze, linguaggi, affetti, energie, mobilità e natura, questo patrimonio generale è ciò a cui deve tendere la moltitudine se vuole modifi care davvero, dalle radici, l’impero economico odierno. Non attraverso l’insurrezione armata o la violenza sovversiva. Ma con una serie di pratiche che mira a restituire alle masse quello che appartiene loro di diritto, da sempre: la sovranità. In questo ultimo capitolo della trilogia inaugurata da Impero e proseguita con Moltitudine, Michael Hardt e Antonio Negri delineano un modo rivoluzionario di pensare la nostra epoca, completando un’opera destinata a essere per il XXI secolo ciò che il Capitale è stato per il XX. Dalla critica alle teorie del fascismo globale alla marginalizzazione umiliante delle classi produttive, dalle contraddizioni del sistema mondiale alla fi ne progressiva della funzione del capitale, dal fallimento dell’unilateralismo alla crisi che fa ormai da sfondo alla nostra vita, gli autori ci guidano in un percorso in cui modernità e tradizione, passato e futuro convivono. E propongono una serie di azioni politiche indispensabili per opporsi a quei poteri che lavorano non solo per sfruttare in privato ciò che è risorsa naturalmente data alla moltitudine, ma per bloccare la potenza straordinaria di quest’ultima, per arrestare la vitalità di un pensiero e di comportamenti capaci di essere autenticamente collettivi. Un’opera senza pari nel pensiero contemporaneo, un libro ricco e polifonico che cerca di “afferrare la scintilla che manderà a fuoco la prateria”. Per rivoluzionare il mondo ripartendo dalla povertà, dall’amore, dall’uomo.
La nobiltà di spirito
non è un privilegio di casta.
È la giusta ambizione di ogni
vita degna di essere vissuta.
La vasta cultura dell’autore, il suo impegno incrollabile nella difesa degli ideali liberali e l’agilità della sua penna fanno di questi saggi una guida preziosa.
— Mario Vargas Llosa
Rob Riemen ha scritto uno dei rari libri di cui c’è un disperato bisogno.
— Azar Nafisi
“I valori umanistici classici implicano una fondamentale fi ducia nel potere, sempre imperfetto ma costantemente corroborato, dello spirito umano” aff erma George Steiner. Portavoci, spesso incarnazioni di questi valori furono grandi fi gure come Socrate, Baruch Spinoza, Walt Whitman, Thomas Mann e Leone Ginzburg. La consapevolezza di vivere un’epoca di crisi, segnata dalla guerra o dall’abbrutimento, ma soprattutto la strenua volontà di opporsi alle derive del loro tempo ne accomuna il lascito umano e intellettuale: la determinazione a non perdere di vista la destinazione morale dell’essere umano, anche nelle tenebre della storia, anche nel fondo di un carcere. In La nobiltà di spirito Rob Riemen si sforza di mettere in salvo il messaggio di queste grandi fi gure “inattuali” per legarle al nostro travagliato presente, ricostruendo una genealogia spirituale che va dall’Atene di Pericle all’Europa dei totalitarismi. Ripercorre una catena di esistenze esemplari spese alla ricerca di una libertà che non sia arbitrio, ma aspirazione a una vita giusta; di una saggezza che non sia erudizione, ma inseguimento dell’assoluto pur nell’imperfezione della conditio humana; di un coraggio che non sia vanagloria, ma forza di lottare per gli ideali intramontabili dell’umanesimo occidentale. E ci invita a rifl ettere sulle radici della tradizione europea, per riappropriarci di un’eredità in pericolo, e credere di nuovo nella cultura intesa come unico rimedio all’atrofi a morale e intellettuale.
Rob Riemen (1962), filosofo e saggista, è cofondatore dell’istituto olandese Nexus, che organizza incontri con le principali personalità della cultura mondiale, e di cui dirige l’omonima rivista. La nobiltà di spirito, già tradotto in dieci lingue, è il suo primo libro.
“Mussolini volle fingere
di aver preso il potere
con la forza, di averlo
conquistato sul campo di
battaglia. Ma la sua ascesa
al potere, tecnicamente
parlando, avvenne
all’interno della legge.”
Un’Italiadevastata e in crisi; unParlamento fragile e passatista; la debolezza sul piano internazionale e la crisi economica; il malcontento della classe operaia e dei braccianti; il timore di una rivoluzione rossa; un Paese ancora incapace di concepirsi unito. È questa la singolare congiuntura di eventi che creò le condizioni di una dittatura destinata a essere abbattuta solo dopo la più distruttiva delle guerre. Questo libro racconta l’ascesa di un politico avveduto e calcolatore che seppe usare la retorica futurista – a partire dal suo giornale – per cavalcare un desiderio di rinnovamento diffuso e insieme tranquillizzare le élite sociali assumendo i toni di un governo liberale. Sottovalutato dagli oppositori e dai suoi stessi alleati, si presentò come il leader carismatico di un partito che, dapprima ininfluente, conquistò rapidamente il gradimento degli elettori. Sfruttò le debolezze di un sistema parlamentare corrotto e trasformista e le spaccature interne all’opposizione per affermarsi come unico portavoce di un progetto forte e riconoscibile. Investito dal consenso popolare, il 29 ottobre 1922 l’homo novus attraversò un’Italia fantasma sul treno notturno Milano-Roma per ricevere dal re l’incarico di formare il nuovo governo, guidando da Presidente del consiglio la simbolica marcia su Roma in testa al corteo delle camicie nere. Ebbe così inizio il Ventennio. In un disegno sintetico e puntuale, Sassoon mette a fuoco le ragioni storico-politiche e le dinamiche sociali e culturali che hanno portato all’ascesa trionfale del Duce. In condizioni particolari, ma non certo irripetibili.
Donald Sassoon è nato al Cairo e ha studiato a Parigi, Milano, Londra e negli Stati Uniti. Allievo dello storico Eric Hobsbawm, è ordinario di Storia europea comparata presso il Queen Mary College di Londra. È autore di diversi volumi sulla storia d’Italia, fra cui Togliatti e la via italiana al socialismo (Einaudi 1980) e Cento anni di socialismo (Editori Riuniti 1997). Con Rizzoli ha pubblicato Il mistero della Gioconda (2006) e La cultura degli europei (2008).
Nel 1994 ,Tony Blair sale alla ribalta come leader del Labour inglese: è l'inizio di un vero e proprio terremoto politico. Nel giro di pochi anni, trasforma radicalmente il partito e raduna attorno a sé un vasto consenso nel Paese, ottenendo la più grande vittoria laburista di tutti i tempi alle elezioni del 1997 dopo 18 anni di governo conservatore. Un viaggio è il racconto in prima persona della vita politica, durante e oltre gli anni vissuti da Primo ministro inglese, di uno dei leader centrali degli ultimi decenni, rieletto al governo con tre successivi mandati in anni turbolenti. Per la prima volta, Blair parla del suo ruolo nei grandi eventi della storia recente, dalla morte della principessa Diana alla guerra contro il terrorismo. Spiega le decisioni strategiche necessarie a reinventare un partito e ad affrontare le battaglie sull'istruzione e la salute, avviando la maggior riforma dei servizi pubblici dal secondo dopoguerra. Descrive le relazioni con colleghi come Gordon Brown e con altri leader mondiali come Mandela, Clinton, Putin, Bush, Berlusconi. E analizza l'aspetto etico di decisioni difficili come l'intervento in guerra: in Kosovo, Sierra Leone, Afghanistan e la più controversa di tutte, l'Iraq. "Un viaggio" è anche il libro sulla natura e sugli usi del potere politico. Tony Blair ripercorre gli alti e bassi della sua carriera con uno stile franco, coraggioso e non privo di ironia, offrendo una riflessione sull'uomo che sta dietro al politico e allo statista.
Lui e la sua musica
appartengono agli spazi aperti,
dove il battito d’ali dei piccioni
assomiglia a una platea che applaude.
Un genio dimenticato
dal mondo incontra
un giornalista distratto.
E cambia la sua vita.
Lopez descrive magnificamente l’effetto della
musica su un’anima che lotta per sovrastare il caos della follia.
— The Washington Post
Non si separa mai dal suo carrello, indossa quello che gli capita e dorme per strada a Skid Row, il quartiere più degradato di Los Angeles, dove bazzicano solo prostitute, tossici e diseredati dimenticati da Dio. Però quando suona il violino di fronte alla statua di Beethoven, Nathaniel Ayers diventa un altro: non più il farneticante senzatetto di colore, ma un virtuoso capace di esprimere con quello strumento scordato tutta l’armonia e il sentimento della musica. Il giornalista Steve Lopez lo sente e ne resta affascinato. Che vicenda si nasconde dietro un uomo che non ha di che vivere ma conosce intere sinfonie, che dorme in mezzo ai topi ma è in grado di accordare gli strumenti? Giorno per giorno, ne raccoglie le parole sconnesse, i ricordi, le sfuriate e i deliri, fino a ricostruire la storia di una promessa della musica che, nero in un mondo di bianchi, era riuscito a entrare nella più celebre accademia musicale americana, la Juilliard School. Dove, la competitività esasperata e l’ansia di raggiungere un’inarrivabile perfezione avevano scatenato la sua schizofrenia e l’avevano confinato in un mondo di paranoie e ossessioni, estraniandolo gradualmente dalla scuola e dalla famiglia. Non dalla musica, però, unico legame rimasto fra lui e il mondo. E proprio grazie al potere consolatorio delle note, Steve Lopez tenta di liberare Nathaniel dagli antichi fantasmi e di restituirlo alla realtà, attraverso graduali progressi, improvvisi trionfi e violente ricadute. Questa è la storia vera di un’amicizia inattesa, complessa e a tratti straziante tra un giornalista affermato e un barbone, che insegna a entrambi il senso più profondo di se stessi, ma è anche una riflessione sui limiti e sulle potenzialità del genio, sospeso in precario equilibrio tra i vertici dell’eccellenza e le brusche discese nei meandri della follia.
Steve Lopez, giornalista, tiene dal 2001 una rubrica sul “Los Angeles Times”. Proprio sulle colonne del quotidiano ha pubblicato gli articoli sulla storia di Nathaniel Ayers da cui ha tratto Il solista.
Atleti, intellettuali e spie:
sul palcoscenico di una Roma torrida e romantica
rivivono gli indimenticabili protagonisti
di giochi olimpici entrati nella leggenda
e del grande gioco
della politica internazionale.
“Maraniss racconta con la precisione di uno storico
e lo stile avvincente di un romanziere.
Roma 1960 si popola così di personaggi strani
e di storie segrete o dimenticate.”
– La Repubblica
“Chi ama lo sport e la politica
deve avere questo libro.”
– International Herald Tribune
“Roma, nel 1960, fu spazzata dalle Olimpiadi come da una ventata di freschezza.” In una città che cerca di scrollarsi di dosso le pesanti eredità del fascismo, già immersa nella Dolce Vita e nel boom economico, approdano dai quattro angoli della Terra le delegazioni sportive di quelle che passeranno alla storia come le prime Olimpiadi dal dopoguerra a tornare ai fasti del passato, ma nel contempo le ultime dell’era romantica, ispirate ancora a una concezione aristocratica e “non professionista” dei Giochi. In questo periodo cominciano infatti a emergere nuove forze destinate a mutare profondamente lo sport in generale: gli sponsor, le tecnologie, il doping. “Eravamo galletti ruspanti e non bronzi di Riace” ricorda Livio Berruti, oro nei 200 metri, “ora anche il più sano ha bisogno di supporti medici specializzati.” E le prime Olimpiadi in mondovisione sono anche il palcoscenico di un equilibrio politico mondiale in rapida evoluzione, con Usa e Urss al centro di una sfida a suon di medaglie e di propaganda, un altro volto di quella Guerra fredda che nel giro di due anni porterà alla crisi dei missili. Roma 1960 intreccia le cronache mozzafiato e le personalità eccezionali di quei diciotto giorni a scenari politici e questioni sociali che avrebbero segnato i decenni successivi, ricostruendo il ritratto collettivo di un’Italia perduta, popolata per un’intensa stagione da personaggi entrati nel mito. La medaglia gettata da Cassius Clay; la riscossa degli atleti delle ex colonie di cui Abebe Bikila, il “corridore scalzo” etiope, diventa il simbolo; le leggendarie Tigerbelles, afroamericane che sfidano, vincendo, i pregiudizi maschilisti e razziali del pianeta intero. Senza dimenticare le gesta meno confessabili degli ambigui personaggi che nell’ombra inseguivano il potere o il denaro, ben consapevoli che quel “semplice” evento sportivo stava scrivendo una pagina fondamentale nella storia del secolo breve.
I fuggiaschi avanzavano sempre
di notte, nel gelo, per paura dei posti
di blocco cinesi. L’unica luce sul loro
cammino erano le stelle, oppure,
poco prima dell’alba, ma solo allora,
la luna nuova. Le montagne colossali
si stagliavano nere contro un cielo
scuro, solo qua e là si indovinavano
chiazze di neve, pareti rocciose
e brandelli di nubi.
“Quando l’uccello di ferro solcherà i cieli e i cavalli avanzeranno su ruote, il popolo dei tibetani si spargerà per il mondo come le formiche, e la dottrina del Buddha raggiungerà la terra degli uomini rossi”: quest’antica profezia risuona finalmente chiara quando la Cina invade il Tibet e tenta di sradicarne la cultura secolare. Mola e il marito Tsering, entrambi monaci, non possono accettare la violenta repressione dei culti che praticano da sempre e sfidano in pieno inverno le nevi dell’Himalaya per raggiungere il Dalai Lama nel suo esilio indiano. Poco cibo sulle spalle, abiti leggeri e due bambine al seguito — una delle quali muore nella fuga — è tutto quello che hanno con sé. Ad accoglierli, un Paese in fermento, poverissimo, che riserva loro solo miseria e lavori pesanti per sopravvivere. E infine il trasferimento in Svizzera, la promessa di una vita nuova e la timida scoperta del mondo occidentale. Yangzom Brauen, ultima erede di questo viaggio, ripercorre l’epopea della sua famiglia attraverso la vita di due donne: la nonna Mola, monaca e madre dalle mille risorse, che ha conosciuto la morte da bambina, ha scelto la meditazione da ragazza e da allora è diventata la tenace depositaria di un antico buddismo popolare destinato a sparire con la sua generazione; e Sonam Dölma, sua figlia, che giovanissima abbandona la realtà che conosceva per seguire il futuro marito. Dai loro ricordi Yangzom ha imparato ad amare un Tibet ormai scomparso — quello delle capanne di frasche degli eremiti, delle lampade a burro, del fumo delle offerte che si innalza verso il cielo dai monasteri in alta quota — ma che si è impresso come una ferita aperta nella memoria di chi l’ha vissuto e nella coscienza di un popolo ancora in lotta per salvarlo.
Yangzom Brauen (1980) è un’attrice, modella e attivista pro Tibet. Figlia di una profuga tibetana e di un etnologo svizzero, è cresciuta a cavallo tra due culture, tra l’Europa e il retaggio buddista della sua famiglia. Oggi vive tra Los Angeles, New York, Berlino e Zurigo, lavorando nell’industria
“Un libro utile per le donne…
indispensabile per gli uomini!”
Daniel Goleman sul Cervello delle donne
• Nel cervello dei maschi lo spazio dedicato all’impulso
sessuale è due volte e mezzo maggiore rispetto a quello
delle donne. Che lo hanno sempre sospettato.
• Sono gli ormoni rilasciati dal suo cervello a far
cadere l’uomo in un sonno profondo dopo il sesso.
Da tenere a mente se lei invece è in cerca di coccole.
• Gli adolescenti hanno il cervello così pieno di testosterone
da percepire i volti altrui più aggressivi di quanto sono
in realtà. Ecco perché ce l’hanno con il mondo.
L’amore, il sesso, il tradimento, la paternità: non sono solo il carattere e le circostanze sociali, ma anche e soprattutto i geni e gli ormoni a determinare cosa succede nell’universo complesso e affascinante che è il cervello maschile. La neuroscienza ha scoperto per esempio che gli uomini usano circuiti cerebrali alternativi rispetto alle donne per elaborare informazioni connesse a difficoltà emotive: ecco perché, davanti alle lacrime di lei, la mente di lui attiverà il processo “soluzione del problema” e non quello “comprensione e consolazione”, e cominceranno a volare le stoviglie. La risonanza magnetica evidenzia che nel maschio l’organo sessuale recepisce l’attrazione più rapidamente del cervello: se lei è abbastanza vicina, può quindi accorgersi che gli piace un attimo prima che se ne accorga lui. Ricerche sui topi hanno decretato che esiste un ormone della monogamia: se lui tradisce non è colpa solo di “quella scostumata”. Con molti esempi concreti tratti dalla sua lunga esperienza di neuropsichiatra, Brizendine svela finalmente i segreti dell’organo maschile più incompreso. Che non resta immutato dall’infanzia alla vecchiaia: il cervello inondato di testosterone dell’adolescente è molto diverso da quello di un neopapà, addolcito da un’incursione di ormoni femminili, ma anche da quello di un innamorato o di un pensionato. Rendersi conto che incompatibilità e catastrofi relazionali sono in gran parte il risultato di “incomprensioni chimiche” è dunque il primo passo per fare la pace con se stessi e con le proprie pulsioni. E magari per farla finita con l’eterno e forse ingiusto grido di esasperazione femminile: “Ma non capisci proprio niente!”.
L’avventura del Santo Graal
della cartografia:
il certificato
di nascita dell’America.
“Oltre alle tre parti conosciute dell’orbe terracqueo, ne esiste una quarta
che si estende al di là dell’oceano, e che ci è sconosciuta.”
— Isidoro di Siviglia (ca. 600 d.C.)
Stampata in mille copie nel 1507, scomparsa per secoli, ritrovata nel 1901 da un gesuita tedesco, e infine acquistata nel 2003 dalla Biblioteca del congresso per dieci milioni di dollari. Sembra la trama di un thriller ma è cronaca: la storia vera della mappa di Waldseemüller, la prima testimonianza a noi nota della parola “America” e una tra le prime rappresentazioni del mondo che indichino l’esistenza di una terra inesplorata e di un altro oceano fra Europa e Asia. Un’intuizione incredibile, dato che il nuovo continente sarebbe stato riconosciuto come tale solo nel 1513. Fu solo un caso? O Martin Waldseemüller e il suo collega Matthias Ringmann avevano accesso a documenti di esplorazioni precedenti, di cui oggi si è persa la memoria? Da questa domanda si dipana una saga affascinante che dai monasteri benedettini del Medioevo ci porta nel cuore dell’età delle scoperte, nel fermento intellettuale e politico di un tempo che cambiò letteralmente la faccia della Terra. Dalle pagine di Lester riemergono le voci di Cicerone, che descrisse un mondo circolare diviso in cinque zone, di Matthew Paris che poneva l’est in cima alla mappa, di Amerigo Vespucci i cui piccanti resoconti delle abitudini degli indigeni convinsero Waldseemüller a dare il suo nome al nuovo continente, e di moltissimi altri. In questo libro ricco e avventuroso sono gli stessi esploratori che salparono verso l’ignoto, e gli scienziati che con le loro intuizioni scardinarono i preconcetti della geografia, a guidarci alla scoperta di un mondo nuovo: il nostro.
Il compito della grande poesia è aiutarci
a diventare liberi artisti di noi stessi.
Dal viso che varò mille navi di Marlowe alla strada annerita di Eliot, passando per mille altre voci: è una cornucopia di versi quella che Bloom apre per noi con la padronanza e il lirismo di un sommo sacerdote della critica letteraria. Sfogliando le pagine del canone poetico occidentale, restituisce lo splendore di un linguaggio capace di rinnovare “i contorni più sottili delle parole”, insegna l’arte di distinguere il superbo dal mediocre e di riconoscere il genio nel suo continuo rinnovarsi. Una guida per orientarsi nel gioco di specchi che è la parola. E per goderne.